Umanesimo, Rinascimento e Riforma

Materie:Appunti
Categoria:Storia

Voto:

1.7 (3)
Download:678
Data:07.02.2006
Numero di pagine:10
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
umanesimo-rinascimento-riforma_1.zip (Dimensione: 11.19 Kb)
trucheck.it_umanesimo,-rinascimento-e-riforma.doc     40 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Medioevo, Rinascimento, Riforma…
Il periodo compreso tra il 1450 e il 1550 vide lo sviluppo parallelo di due eventi culturali contemporanei e fondamentali: Il Rinascimento e La Riforma Protestante.
Entrambi rifiutarono le credenze e i comportamenti dell’epoca che li aveva immediatamente preceduti e, ad esse, contrapposero un passato remoto che volevano far tornare: l’antica Roma (Rinascimento) e la Chiesa delle origini (Riforma). Entrambi hanno contribuito alla nascita del concetto dispregiativo di Medioevo con cui gli intellettuali riformisti e rinascimentali indicavano il lungo intervallo che separava la degenerazione di quel passato remoto perfetto dal consapevole tentativo di riportarlo in vita in tutto il suo splendore.
Si trattò comunque di due orientamenti molto diversi, opposti negli interessi, nei presupposti di base e negli obiettivi. Entrambi sono il segnale evidente che un’epoca stava chiudendosi effettivamente.
Il Rinascimento quindi non va inteso come un’epoca storica ma come un movimento culturale e artistico (seppure di importanza centrale nella storia europea).
L’imitazione di Roma
Il Rinascimento fu preparato e accompagnato da una tendenza culturale chiamata Umanesimo. Questo termine indica il rinnovato interesse, che, a partire da metà del XIV secolo, gli intellettuali europei nutrirono per la letteratura classica(soprattutto latina), maestra insuperabile di humanitas, ovvero di quelle qualità e caratteristiche(la parola e l’agire morale), che distinguono l’essere umano dalle bestie e lo elevano al di sopra degli animali.
Anche prima del trecento, gli intellettuali avevano ammirato la letteratura antica. Gli intellettuali umanisti, a partire da Francesco Petrarca, manifestarono un atteggiamento qualitativamente differente:un entusiasmo, un’intensa passione che li spinse a riportare alla luce e a divulgare testi latini considerati perduti, a ridefinire il testo originale delle opere( filologia), eliminando errori che, nei manoscritti, si erano accumulati per colpa dei copisti, ed a imitare lo stile e la lingua di Cicerone e degli altri scrittori del periodo d’oro della storia romana. Gli intellettuali umanisti si resero conto che la lingua latina aveva subito profonde alterazioni sia nel lessico che nella sintassi; sulla base di questo, Lorenzo Valla dimostrò che la Donazione di Costantino( documento in cui si affermava che Costantino aveva concesso al papa la sovranità sulla parte occidentale dell’impero romano), non poteva essere stata composta dal primo imperatore cristiano del IV secolo, poiché era scritto nella tipica lingua latina usata nel tempo di Carlo Magno.
Il Rinascimento può essere definito come il tentativo di trasferire a tutti gli ambiti della vita umana quell’imitazione del modello romano che gli intellettuali umanisti, praticarono nel campo della lingua e della letteratura. Si spiega così la scelta compiuta da numerosi architetti: cessare di utilizzare la piana a croce e rilanciare la pianta circolare. Nel campo della scultura, vennero riscoperti generi dell’epoca romana come la statua equestre o la figura umana nuda, di cui si ammirava l’armonia delle forme e l’equilibrio delle proporzioni. In questa sede è opportuno menzionare Nicolò Macchiavelli, che applicò il principio dell’azione politica. Nel De Principatibus (il principe), affermò esplicitamente di voler dar consigli utili ad un sovrano impegnato nella conservazione o ampliamento dei propri domini su modello di Stati e principi effettivamente esistenti, che fossero riusciti a difendersi dalle insidie e a sottomettere i propri avversari. Macchiavelli fu costretto a constatare che i trionfatori sulla scena politica hanno avuto successo solo perché avevano un forte esercito da contrapporre agli avversari, e non perché la loro causa fosse più giusta o morale dei loro nemici.
Dante, quando parla delle vittorie romane, vede in azione la provvidenza divina, preoccupata di unificare il mondo in vista della predicazione del Vangelo. In Macchiavelli, scompare qualsiasi riferimento ultraterreno. Ogni battaglia, nella concezione medievale, era una sorta di ordalia, di giudizio di Dio, che come giudice supremo avrebbe concesso la vittoria a chi era nel giusto e sconfitto il peccatore. Macchiavelli afferma che questa prospettiva religiosa è assolutamente falsa: arrivò ad affermare che il successo andava proprio al principe più spregiudicato e spietato, capace di essere astuto e brutale.

Rinascimento e religione…
Il Rinascimento contribuì molto alla storia culturale europea.
La novità dell’impostazione data da Macchiavelli al problema politico emerge confrontandolo con l’atteggiamento tenuto dai grandi mercanti nel tardo medioevo. Molti di essi agivano senza scrupoli, violando i limiti imposti dalla Chiesa alla loro attività; spesso ignoravano il divieto ecclesiastico di esigere interessi sulle somme prestate (usura). Eppure, alla fine della loro vita i mercanti chiedevano perdono per le azioni illecite che avevano compiuto, cercavano di rimediare ai peccati commessi e, in questo modo, pensavano di accedere al cielo dopo un periodo più o meno lungo di espiazione in purgatorio. In questo luogo si poteva accedere anche per mezzo di un sincero pentimento; l’individuo non era più obbligato a passare la vita in monastero e poteva restare nel mondo fino all’ultimo istante. Per gli uomini d’affari ciò significava potersi impegnare fino in fondo nei propri traffici, liberi dal terrore dell’Inferno. Tuttavia, almeno in punto di morte, essi mostravano di essere sensibili a quella vita ultraterrena che sembrava scomparsa in Macchiavelli. In realtà egli non era ateo: nell’ultimo capitolo del principe, infatti, non preoccupandosi della contraddizione col resto dell’opera, affermava che Dio avrebbe condotto alla vittoria gli eserciti di un principe italiano che avesse combattuto per la libertà nazionale, cioè contro gli invasori stranieri.
Erasmo Da Rotterdam…
Nell’Europa del Nord il legame tra umanesimo e fede cristiana fu ancora più forte e consapevole; il più colto intellettuale del XV secolo fu Erasmo da Rotterdam che si sforzò per tutta la vita di trasformare la cultura umanistica in strumento per la riforma della vita cristiana. Egli era un perfetto conoscitore del latino e del greco e predispose accurate edizioni del Nuovo Testamento e dei testi dei Padri della Chiesa, considerati la fonte cui ispirarsi per una rigenerazione della fede.
Inoltre, criticava lo spazio eccessivo del culto dei santi nella religiosità poiché erano divenuti superstizione e poiché mettevano in dubbio la centralità della figura di Cristo.
Erasmo accusava ogni forma di incoerenza e di ipocrisia; era critico nei confronti del Purgatorio che pareva una comoda scappatoia per i peccatori, e polemico nei confronti del Papato, che all’inizio del 500 vide molti pontefici (come Giulio II) più preoccupati di costruire in Italia un solido dominio che interessati alle questioni spirituali. Queste due tematiche sono presenti anche nel pensiero di Lutero il quale si differenzia da Erasmo da Rotterdam per la valutazione che danno dell’essere umano: per Lutero è irrimediabilmente corrotto dal peccato, mentre per Erasmo da Rotterdam è dotato della possibilità di scegliere tra il bene e il male. Lo stesso pensava Giovanni Pico Della Mirandola, che definiva l’uomo una creatura dalla natura indefinita, che può scegliere cosa fare di sé. Negli anni 1315-1318, Macchiavelli era convinto che gli uomini fossero tristi, cioè egoisti, cattivi e pronti ad imbrogliare e a tradire il prossimo. Questo pessimismo antropologico prevalse in molti intellettuali del tempo che, a seguito delle guerre, delle lacerazioni religiose e dell’espansione dei turchi, sprofondarono in una cupa malinconia.
Martin Lutero…
Nato ad Eisleben, in Sassonia, il 10 novembre 1483, nel 1505 decise di entrare in convento con l’obiettivo di trovare la pace dell’anima e raggiungere la salvezza eterna. Tuttavia, egli aveva una terribile concezione del divino(tipica della mentalità medievale); percepiva se stesso come perennemente in debito verso Dio, si sentiva condannato alla dannazione eterna e pensava che l’uomo, con le sue sole forze, non fosse assolutamente in grado di raggiungere il Paradiso.
Per lui quindi, gli essere umani, devono solo aspettarsi da Dio stesso la punizione dei loro peccati per mezzo delle eterne sofferenze infernali. Nel 1512 Lutero divenne professore di Sacra Scrittura all’università di Wittenberg; incaricato di tenere, nel 1515-16 un corso sulla Lettera ai Romani dell’apostolo Paolo trovò finalmente la risposta al suo dramma. In quello scritto, Lutero trovò un pessimismo molto simile al suo; anche Paolo parlava di un’irresistibile tendenza verso il peccato che, per Lutero, costituisce l’eredità del peccato originale che ha completamente cancellato nell’uomo ogni capacità di attuare il bene, lo costringe a commettere azioni malvagie e gli impedisce di rispettare i comandi di Dio.

La Giustificazione Mediante la sola Fede…
Paolo tuttavia offre anche un consolante annuncio liberatorio: la giustificazione (trattare da giusto=> salvezza eterna) mediante la sola fede. Per Paolo (e per Lutero) essere giustificati da Dio sulla base dei propri meriti era impossibile, visto che gli uomini tendono fin dalla nascita solo verso il male. Nonostante ciò la sorte dell’umanità non è la dannazione generalizzata: infatti, la croce di cristo aveva cancellato le conseguenze del peccato, nel senso che il castigo per il peccato stesso si è integralmente riversato sul figlio di Dio crocefisso. Dio ci tratta da giusti, ci salva anche se siamo peccatori mentre l’uomo deve semplicemente aver fede nel fatto che il crocifisso l’ha salvato prendendo su di se la punizione per il peccato commesso in qualsiasi tempo e in qualsiasi luogo. La giustificazione non è quindi il frutto di un formidabile sforzo, ma un dono da accogliere con gratitudine e con fiducia, quindi con fede.
La Polemica Contro Le Indulgenze e il Purgatorio…
La concezione della giustificazione mediante la sola fede eliminava dal processo di salvezza ogni elemento di cooperazione umana. Inoltre, poiché Dio trattava da giusto l’uomo e lo salvava anche se era un peccatore, era priva di senso l’idea che l’uomo dovesse purificarsi in Purgatorio prima di ascendere al Cielo. Il rifiuto di ogni cooperazione umana e la cancellazione dell’idea di un processo ultraterreno di purgazione fece sì che il primo bersaglio della polemica di Lutero fossero le indulgenze. (opere buone per abbreviare il soggiorno in Purgatorio proprio o di un defunto).
Nell’ottobre 1517 egli espose e divulgò le sue opinioni sulle indulgenze tramite un breve testo contenente 95 tesi, cioè affermazioni che i colleghi teologi erano invitati a discutere in un pubblico dibattito. Il concetto centrale era che le indulgenze avevano acquistato un ruolo spropositato all’interno della dottrina e della Chiesa offuscando il vero significato della morte salvifica di Cristo.
Egli criticava il concetto stesso di indulgenza e non il modo in cui esse venivano dispensate, ben sapendo che frequentemente si versavano somme di denaro per ottenerle e che il ricavato era spesso utilizzato, dalle autorità ecclesiastiche e dal Papato, per scopi assai poco religiosi.
Poiché, dal giubileo del 1300, la dottrina cattolica relativa alle indulgenze era strettamente collegata con il Papato a partire dal XIV secolo colpire la prima significava colpire anche l’autorità del secondo. Fin dal 1518 in effetti, a Lutero fu contestato che le sue affermazioni radicali circa le indulgenze mettevano in dubbio la dottrina del papato e dei concili. Tuttavia, poiché la teologia della giustificazione era affermata nel Nuovo Testamento in modo chiaro, Lutero tra la Sacra Scrittura e il Papato, scelse la Bibbia.
Il Principio Della Sola Scrittura…
Negli anni 1518-1521 profilò il secondo concetto su cui avrebbe poggiato le basi il protestantesimo:il principio di sola scrittura che stabiliva che la Bibbia è la sola fonte per costruire la dottrina e, tutto ciò che non è contenuto nel Nuovo Testamento dev’essere rifiutato ed eliminato.
Egli voleva quindi una riforma della Chiesa ovvero voleva applicare il principio della Sola Scrittura ripulendo la dottrina cristiana da tutte le aggiunte umane che con il passare del tempo l’avevano deformata e privata dello splendore originario.
Lutero rifiutava le indulgenze e il Purgatorio; in più definiva insostenibili le pretese del papato di governare la Chiesa e rifiutava il sacramento dell’ordine, su cui poggiava la distinzione tra sacerdoti e laici. Nel 1519 elaborò la tesi secondo cui ogni cristiano può porsi in contatto diretto con Dio; ciò rendeva inutile la mediazione dei Santi e della Vergine e non lasciava spazio all’idea cattolica che considerava la Chiesa un’autorità che media e s’interpone tra il credente e Dio.
Il Successo Di Lutero In Germania…
Nel 1520 il Papato emise una bolla per scomunicare Lutero; egli rispose bruciandola pubblicamente e, nel 1521, proclamò che la Chiesa era un’istituzione priva di vero fondamento sulla parola di Dio e addirittura diabolica. Alla condanna della Chiesa seguì quella dello Stato.
Il 18 aprile 1521 fu convocato alla Dieta (assemblea dei principi tedeschi presieduta dall’Imperatore) riunita a Worms, per ritirare pubblicamente le sue affermazioni eretiche. Ma si rifiutò pubblicamente di farlo. A quel punto fu bandito dall’Impero e messo fuorilegge. (chiunque lo vedesse doveva denunciarlo o ucciderlo con le sue mani).
Tuttavia Lutero ebbe grande successo in Germania e ben presto anche nell’Europa intera. Ciò fu parzialmente dovuto all’invenzione della stampa a caratteri mobili (Gutenberg – 1452 a Magonza) ma, più che altro, al fatto che i principi tedeschi si schierarono con Lutero per distanziarsi dall’imperatore, rafforzando la loro autonomia. Fu quest’ultima motivazione politica che spinse Federico I di Sassonia a proteggere Lutero in uno dei suoi castelli dove, tra il 1521-1522 tradusse la Bibbia in tedesco in modo che tutti i cristiano potessero entrare in contatto diretto con la parola di Dio. Si può dire quindi che Lutero ebbe molto successo poiché trovò una risposta appagante e biblicamente fondata al problema della salvezza eterna che tormentava migliaia di cristiani.
A partire dal 1529 i seguaci di Lutero furono chiamati protestanti.
La Rivolta Dei Contadini…
Nel 1525 esplose una grande rivolta dei contadini tedeschi, che si opponevano alle gravose condizione imposte dai loro signori. Essi presentarono un programma articolato in 12 punti con il quale, in sintesi, chiedevano di essere trattati da uomini liberi anziché da servi. Le rivendicazioni erano accompagnate da citazioni bibliche poiché i ribelli volevano apparire come i difensori della legge di Dio contro gli abusi dei nobili; per questo chiesero l’appoggio di Lutero. Egli dapprima cercò di restare neutrale, poi, man mano che la rivolta si trasformava in una guerra vera e propria, esortò i principi a combattere i ribelli con ogni mezzo, uccidendoli senza pietà.
La sue esitazione iniziale a schierarsi con i ribelli era per il fatto che, nonostante egli riconoscesse la legittimità di alcune loro richieste, sapeva che, per il successo della riforma, gli serviva l’appoggio dei principi. I toni violenti invece erano tipici della sua concezione politica: infatti egli sosteneva che l’autorità del sovrano proveniva da Dio, che aveva concesso il potere ai principi affinché mantenessero l’ordine con la forza e imponessero il rispetto della Sua legge. Ribellarsi all’autorità, quindi, voleva dire opporsi a Dio e alla Sua volontà.
Il Distacco Dell’Inghilterra Da Roma…
Nell’Europa del Nord, oltre ai principi tedeschi, anche il re di Svezia e quello di Danimarca divennero luterani; nei loro territori essi confiscarono le terre ecclesiastiche e istituirono una Chiesa interamente finanziata e gestita dallo Stato. In Inghilterra accadde qualcosa di analogo anche se il sovrano non aveva le idee molto chiare riguardo alla religione.
L’artefice del cambiamento del regime religioso in Inghilterra fu Enrico VIII; egli aveva sposato una principessa spagnola (Caterina D’Aragona) che, dopo cinque gravidanze sfortunate, aveva partorito una femmina (Maria). Nonostante fosse possibile in Inghilterra che la successione al trono procedesse seguendo la linea femminile, ciò era visto con sospetto poiché, se la regina avesse sposato il sovrano di un paese straniero, ci sarebbe stata la perdita dell’indipendenza.
a ciò bisognava aggiungere il fatto che il sovrano era innamorato di una dama di corte. Per questi due motivi domandò al papa l’annullamento del suo matrimonio; ma il papa rifiutò.
Così il sovrano introdusse una nuova legislazione che modificava i rapporti del regno con Roma.
Nel 1533 emanò l’Act of Appeals che aboliva il diritto del pontefice di interferire con questioni processuali ecclesiastiche inglesi; nel 1534 l’Atto di Supremazia proclamò Enrico VIII unico capo supremo in terra della Chiesa inglese. Libero di procedere al nuovo matrimonio sposò la dama di corte. Nonostante Enrico VIII avrebbe voluto staccarsi dalla Chiesa di Roma senza modificare la dottrina cattolica, dimostrandosi poco chiaro nelle sue posizioni, non esitò a mandare a morte tutti coloro che lo criticavano tra cui ricordiamo Thomas More, intellettuale umanista amico di Erasmo e autore di Utopia, un trattato (1516). Nonostante l’autore non avesse intenzione di realizzare la sua utopia attraverso rivoluzioni, nel corso della storia il trattato sarebbe diventato il simbolo della fiducia nella possibilità umana di costruire una società in cui regnassero pace ed uguaglianza.

Esempio