Storia della luce in giappone

Materie:Appunti
Categoria:Storia

Voto:

2.5 (2)
Download:155
Data:02.02.2001
Numero di pagine:4
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
storia-luce-giappone_1.zip (Dimensione: 4.81 Kb)
trucheck.it_storia-della-luce-in-giappone.doc     23.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

CANDELE, CANDELIERI, LAMPADE E LANTERNE

Prima che in Giappone fosse introdotto il kerosene, i sistemi di illuminazione lasciavano molto a desiderare. Non si possono nemmeno immaginare le difficoltà che incontrava un erudito per studiare i Classici cinesi al debole chiarore emanato da stoppini sottili, o dalla fiammella vacillante in una candela di cera vegetale, luce che diventava ancora più fioca quando era filtrata dalla lanterna di carta. Si racconta che in passato i letterati dediti allo studio dei Classici cinesi alla notte fossero soliti a leggere un ideogramma alla volta, alla luce fioca della punte incandescente di un bastoncino d'incenso accostato alla pagina. Di tutte le cose che i giapponesi hanno adottato dai paesi stranieri, e subito sfruttato, non si conosce una che abbia arrecato a tutta la popolazione un beneficio più grande di quello arrecato dal kerosene.
Le candele giapponesi sono di cera vegetale e hanno uno stoppino di carta arrotolata, simile a quello che si trova nelle comuni lanterne di carta. Essendo cavo, viene infilato su una punta di ferro, lunga circa un pollice, che sporge dal candeliere. E in cima alla candela lo stoppino risalta come punto fermo e durevole. Quando una candela è consumata, viene tolta dal candeliere e messa sopra quella nuova, che poi viene infilata sulla punta acuminata. Con questo semplice accorgimento si utilizza tutta la candela. Le candele migliori, prodotte nella provincia di Aitzu, sono magnificamente dipinte di colori vivaci, con motivi floreali o altre decorazioni. Le candele permettono di illuminare le stanze e di accendere le lanterne portatili, che si adoperano sia in strada che in casa, e che sono formate da un telaio quadrato o esagonale rivestito di carta e provvisto di una piccola maniglia. Il tashoku è un tipo di candeliere molto diffuso in Giappone. Si tratta di un semplice supporto in ferro, che poggia su tre gambe, munito di un grande piatto per evitare che la cera fusa goccioli sui tatami, e di un anello che impedisce alla candela di cadere. Lo si solleva comodamente dal pavimento grazie ad un lungo manico. Una altro candeliere molto diffuso è formato da una base semisferica di ottone del diametro di dieci o quindici pollici, da cui spunta un'asta dello stesso metallo, lunga due o più piedi, e con in cima la solita coppetta e la punta.
Lo spegnitoio di solito ha la forma di un paio di pinze dalla punta arrotondata, che servono a levare lo stoppino bruciato; ma spesso i domestici tolgono lo stoppino con lo hibashi, cioè con le molle, e lo gettano nella cenere dello hibachi. A Nikko, e in altre rinomate città, si producono candelieri rustici con legni insoliti, più come souvenir che come suppellettili da usare.
La lampada giapponese di solito è un piattino poco profondo in cui brucia dell'olio vegetale. Lo stoppino, formato da bacchettine di midollo lunghe e sottili, è trattenuto da un piccolo anello di ferro, a cui è attaccato uno sperone che funge da manico. La parte non bruciata dello stoppino sporge dal piattino, e avanza man mano che uno dei capi brucia. Il piattino poggia su un disco o su un anello di ferro che è appeso all'interno di un telaio rivestito di carta. Il tipo più comune è chiamato andon: è formato da un telaio quadrato in legno e rivestito di carta, aperto sopra e sotto, con un lato che è uno schermo mobile e che può venire sollevato se occorre controllare la lampada. Questo telaio è fissato a due montanti che salgono da un supporto in legno, che può essere provvisto di un cassetto per stoppini di riserva e un paio di spegnitoi. I montanti si prolungano oltre la lanterna e in alto sono uniti da due listelli trasversali: quello superiore serve per sollevare la lanterna, al secondo è appeso il lume. La luce emanata da questa lampada da notte è fioca e incerta e consente di vedere a malapena dove si mettono i piedi.
Esistono numerosi tipi di andon, alcuni particolarmente ingegnosi. Uno di questi è cilindrico, composto da due telai inseriti l'uno nell'altro, di cui quello esterno ruota in una scanalatura del piedistallo. Ognuna delle lanterne è rivestita di carta per metà in modo che, facendo ruotare il telaio esterno, le metà non rivestite combaciano e si può raggiungere il lume. Una altro tipo di andon si apre in modo diverso, e ha una piccola mensola fissata in un angolo per appoggiarvi il piattino dell'olio. Nei corridoi o ai piedi delle scale le lampade spesso sono fissate alla parete. A Osaka se ne vedono di curiose: il telaio è sospeso con delle cerniere a una tavoletta alla parete (i cardini sono in alto), e le si appoggiava sopra come un coperchio, che veniva sollevato quando si doveva accudire al lume. Lampade in ceramica se ne vedono di rado.
Accanto al chiyozubachi di solito si trova una lanterna di ferro, che pende da una catena fissata al bordo del tetto della veranda; quasi sempre si tratta di un vecchio arnese pittoresco e arrugginito, e quando è acceso lascia filtrare dai trafori ricamati sui lati una luce estremamente fioca. Molte volte sul cancello o sulla porta di casa si trovano lampioni stradali fissati su dei paletti. Il lampione più comune non supera l'altezza di cinque piedi e sembra un oggetto fragile per essere esposto sulla pubblica via. Ma proprio l'estrema fragilità e la delicatezza di oggetti come questi, che spesso rimangono esposti in strade affollate senza subire alcun danno, sono la prova lampante della buona educazione dei giapponesi.

Esempio