Spagna-Italia-Russia-Prussia nel '600

Materie:Appunti
Categoria:Storia

Voto:

2.5 (2)
Download:331
Data:04.06.2007
Numero di pagine:6
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
spagna-italia-russia-prussia-600_1.zip (Dimensione: 8.33 Kb)
trucheck.it_spagna-italia-russia-prussia-nel-600.doc     35.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Decadenza spagnola
La Spagna è minata da profonde contraddizioni:
1. L’unità nazionale fragile è incompleta, non garante della compattezza dell’impero ereditato da Filippo II;
2. Assenza di una significativa classe borghese, dispersa con le persecuzioni razziali e religiose di ebrei e arabi che ne erano il nucleo essenziale;
3. La prevalenza di un’aristocrazia terriera, anti-mercantile e statica, avversa a qualsiasi innovazione;
4. Una macchina amministrativa inefficiente ;
5. Una finanza statale dissestata;
6. Un commercio esterno nelle mani dei mercanti stranieri.
Nel 1700 muore Carlo II, si estingue la dinastia degli Asburgo di Spagna e la storia spagnola viene limitata entro i confini dei Pirenei.
L’italia spagnola
Nel ‘600 l’Italia conosce un periodo di grave decadenza. La pace di Cambresis (1559) aveva consegnato il territorio italiano alla sfera di influenza spagnola determinando una situazione politica che non cambierà fino agli inizi del XVIII secolo. L’Italia è frammentata in molti territori, alcuni dei quali sotto il dominio diretto di Madrid:
- Ducato di Milano;
- Regno di Napoli;
- Regno di Sicilia;
- Regno di Sardegna.
Altri territori soggetti all’influenza spagnola sono:
- Il Gran Ducato di Toscana;
- La Repubblica di Genova;
- Lo Stato Pontificio, ed altri minori.
Solo il ducato di Savoia e la Repubblica di Venezia riescono in parte a sottrarsi al controllo spagnolo. Questo equilibrio politico e territoriale si conserva in larga misura senza modifiche fino al ‘700. Non mancano comunque tensioni e ragioni di conflitto e iniziative anti-spagnole da parte di Venezia, Savoia, dai filo-francesi nella Chiesa di Roma; non mancano rivolte popolari come quella di Masaniello a Napoli. Con il consolidarsi dell’egemonia ispano-asburgica e con la restaurazione cattolica che segue il concilio di Trento, l’Italia conosce una gravissima crisi economica, aggravata dalla fermentazione politico e dalla cattiva amministrazione spagnola.
Caratteri delle regioni meridionali:
- crisi agraria;
- rifeudalizzazione;
- arretratezza tecnologica.
Le regioni meridionali sono trascinate nel sottosviluppo della bancarotta finanziaria e commerciale iberica. Decadono: Milano, Venezia e Firenze che erano i vecchi poli di sviluppo del centro-nord. La decadenza è dovuta alla perdita concorrenzialità , all’esclusione dai nuovi mercati, alla crisi della manifattura tessile. L’agricoltura lombarda segna uno sviluppo che però non cambia l’andamento economico italiano. L’Italia resta esclusa dai grandi mutamenti sociali ed istituzionali che avvengono nel nord-Europa: non sperimenta né il modello politico-amministrativo dell’assolutismo francese, né quello del parlamentarismo costituzionale inglese.
Assolutismo in russia
Alla fine della seconda metà del ‘600 la Russia restò un paese isolato, chiuso nella conservazione delle proprie tradizioni ed estraneo ai grandi cambiamenti sociali e culturali che avevano coinvolto l’Europa occidentale nel XVI e XVII secolo. Lo zar Pietro il Grande (1682- 1725), della dinastia dei Romanov tentò di modernizzare la Russia, quando, essendosi liberato della tutela della sorellastra, la principessa Sofia, assunse il pieno potere nel 1689. Pietro aveva solo 17 anni ma già dimostrava una personalità straordinaria. Il nuovo zar era convinto che il suo paese avesse bisogno di una vasta opera di rinnovamento. Lo zar voleva occidentalizzare la Russia, renderla più simile alle grandi potenze europee e farla uscire dal suo secolare isolamento. Nel 1697, al ritorno da un viaggio in Europa occidentale, avviò un vasto programma di riforme con cui si proponeva di applicare i modelli occidentali alla Russia. Pietro voleva edificare uno stato assoluto, sottomettendo la nobiltà e tutte le istituzioni che, come la Chiesa Ortodossa, si opponevano alle riforme. Rese più efficiente l’amministrazione dello stato sottraendole al controllo della grande nobiltà ( i boiari). Abolì la Duma dei Boiari e la sostituì con un senato costituito da nove membri indicati dallo zar. Nel 1722 introdusse la tavola dei Ranghi con cui sancì il criterio del merito per la promozione sociale. Tutte le cariche militari e civili furono classificate in 14 gradi e il passaggio da un grado inferiore a quello superiore venne legato a meriti particolari. I nobili furono costretti ad entrare al servizio dello stato, agli altri fu garantito un titolo nobiliare se avessero raggiunto un grado elevato. Per sottomettere la Chiesa Ortodossa, Pietro ne affidò il governo al Santo Sinodo (1721), un nuovo organo dello stato costituito da laici ed ecclesiastici alle dirette dipendenze dello zar. Costituì anche un esercito permanente e una flotta militare prestigiosa: voleva rendere la Russia militarmente forte, per affrontare la Svezia che dominava il Mar Baltico, e i Turchi che dominavano il Mar Nero. Pietro voleva garantire alla Russia uno sbocco sul mare, la “finestra sul Baltico” che consentisse comunicazioni più facili e rapide con l’Occidente. Fece costruire sul Baltico la nuova capitale, Sanpietroburgo, ideata dai migliori architetti d’Europa con palazzi elegantissimi e una reggia ispirata a Versailles. Creò un apparato culturale e un sistema scolastico sul modello europeo. Istituì l’accademia delle scienze e fece tradurre molte opere straniere. Impose anche nuovi costumi: obbligò i maschi a tagliarsi la barba, ad adottare l’abbigliamento occidentale, ad abitare in case arredate secondo il gusto europeo. Pietro modernizzò il suo paese, ma per i contadini la condizione servile rimase, mentre una minoranza aristocratica continuava a detenere i latifondi. Mancava completamente una borghesia imprenditoriale e produttiva.
La nuova russia e la vecchia polonia
Nel 1610 i Cosacchi avevano raggiunto il fiume Ienissei e avevano iniziato la colonizzazione della Siberia occidentale costruendo gli “ostrogg” (fortini) da cui si svilupparono villaggi e città. Nel 1640 fu la volta della Siberia orientale. Nel 1680 giunsero fino alla penisola di Kamkatka.
Le direttrici dell’avanzata russa erano tre:
1. la ricerca di una via marittima a nord-est, sotto la calotta polare;
2. la marcia nella taiga lungo i bacini dei fiumi siberiani e fra popolazioni semi-primitive (samajeri e jacuti);
3. una via sul confine con la steppa abitata da bellicose popolazioni nomadi (calmucchi e kazachi).
Su quest’ultima direttrice la Russia si scontrò con gli interessi dell’impero cinese. Nella seconda metà del ‘600 l’insediamento russo sul fiume Amur portò ad una guerra con la Cina conclusa con il riconoscimento di questo fiume come confine tra i due stati (trattato di Nercinsk 1689). La marcia ad oriente era iniziata negli ultimi decenni del ‘500, come valvola di sfogo per i contadini e i cosacchi del nord della Russia, che volevano sfuggire al servaggio, ma che non volevano dirigersi verso le pianure meridionali a causa dei tartari. La politica di Mosca trasformò la Siberia in una “immensa colonia penale” dove deportare criminali e dissenzienti. L e vicende politico-religiose della Russia della seconda metà del ‘600 fornirono un elevato numero di deportati. Ai tempi dello zar Alessio I il patriarca di Mosca Nicon, dal 1653 iniziò un’opera di revisione e correzione dei testi e di riti ecclesiastici per renderli più fedeli ai riti originali della chiesa greco-ortodossa. Questa riforma fu interpretata come uno scisma (diaspora) che spezzò in due la chiesa russo-ortodossa. I tradizionalisti furono perseguitati ferocemente e spediti in massa in Siberia a colonizzare i territori intorno agli ostrog, sotto il controllo e le angherie dei militari. Vi furono veri e propri martiri come quello dell’arciprete Petrovic, che morì sul rogo nel 1682, accusato di lesa maestà per aver trasferito sul piano politico la contesa religiosa, con accuse aperte nei confronti dello zar Alessio. Consolidata la dinastia dei Romanov, la Russia avanzò una politica espansionistica per cui entrò in conflitto con Polonia, Svezia, Turchia. Fu una guerra di tutti contro tutti in una situazione resa più difficile dalle popolazioni tartare e cosacche. Nel 1648 l’Ucraina si ribellò alla dominazione della Polonia: i contadini si ribellarono ai nobili polacchi, che li avevano asserviti, tentando di imporre il cattolicesimo ad una popolazione in prevalenza ortodossa, con l’appoggio dei cosacchi, che volevano tutelare la loro indipendenza. I cosacchi nel 1654 accettarono però la protezione dello zar contro polacchi e turchi e da ciò derivò una guerra russo-polacca che si concluse tredici anni dopo con l’annessione alla Russia dell’Ucraina orientale, di Kiev, di Smolensk con la sua regione ( pace di Andrusovo 1667). La Russia si era espansa con i nuovi territori, ma doveva farsi carico dei cosacchi. Essa si trovò in contatto diretto anche sul fronte balcanico con gli ottomani. La sconfitta della Polonia dimostrò che la crisi della monarchia polacca era dovuta:
1. sovrani elettivi dietro pressione dell’aristocrazia feudale;
2. intromissione delle potenze straniere;
3. autorità centrale molto debole.

Esempio