Napoleone Bonaparte in Italia

Materie:Appunti
Categoria:Storia

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Napoleone Bonaparte in Italia

Napoleone Bonaparte fece il suo ingresso in Italia per la prima volta nel 1796, quando comandò un'armata incaricata di effettuare un attacco diversivo nella penisola durante una guerra di conquista del territorio tedesco e austriaco, guidata da Lazare Carnot, membro del Comitato di Salute Pubblica che all'epoca governava la Francia. Nonostante l'esercito fosse poco numeroso e male equipaggiato, l'armata napoleonica fu l'unica ad ottenere risultati, grazie all'abilità militare e strategica del suo condottiero. Egli sconfisse prima i piemontesi, poi gli austriaci a Lodi aprendosi l'ingresso a Milano. Successivamente fu la volta di Venezia, Genova, le legazioni pontificie e parte della Toscana. Stabilì l'assetto italiano firmando il 18 ottobre 1797 con gli austriaci il trattato di Campoformio. Esso prevedeva che essi assegnassero alla Francia il Belgio e riconoscessero la sistemazione data da Napoleone al nord Italia, con le repubbliche Cisalpina e Ligure; in cambio le venivano ceduti il Veneto, l'Istria e la Dalmazia. La repubblica di Venezia spariva dalla carta politica europea e gli intellettuali italiani si accorsero loro malgrado che Napoleone non era il liberatore che avevano visto gli anno precedenti, dato che aveva separato il Veneto dall'Italia curandosi solo dei suoi interessi. Anche dopo il suo rientro in Francia l'espansione continuò, con la fondazione della repubblica Romana (dopo aver occupato lo Stato Pontificio) e della repubblica Napoletana.
Con queste conquiste, l'influenza dell'esercito crebbe enormemente; Napoleone si stava comportando in Italia come un capo di stato, fissando strategie politiche e militari, oltre che quelle amministrative e di governo. Inoltre, grazie all'esercito era diventato, poco prima del trattato di Campoformio, il vero arbitro della politica francese, con un colpo di stato insieme ad alcuni membri repubblicani del Direttorio, (il "governo" francese) prima di diventare imperatore.
In Italia furono varate importanti riforme, che modernizzarono la società lasciando un segno che dopo la caduta di Napoleone non si cancellò. Venne razionalizzata la pubblica amministrazione e rinnovata l'economia, con la promozione del capitalismo nel nord, la concentrazione della proprietà e l'ampliamento del ceto borghese di funzionari amministrativi e statali. Un taglio netto con l'Antico Regime venne soprattutto inflitto dai Codici francesi, sui quali si basano anche le leggi odierne, e dalla legge del 2 agosto 1806 che aboliva la feudalità, nonostante essa fosse sparita solo come realtà giuridica. Infatti i baroni diventarono legittimi proprietari dei terreni di cui erano feudatari e mantennero un'ampia gamma di diritti, conservando quindi il loro potere, radicato particolarmente al sud.
Inoltre la politica napoleonica subordinava i territori italiani agli interessi francesi, con pesanti tributi finanziari e requisizioni, leva obbligatoria e una politica doganale che incoraggiava le importazioni dalla Francia e sfavoriva le esportazioni. Ciò favorì il diffondersi di gruppi antinapoleonici e le sollevazioni di masse popolari, specialmente contadine. Il 27 aprile 1799 gli austriaci ripresero il controllo del Settentrione e successivamente anche della Toscana.
Nel giugno cadde anche la repubblica Napoletana, dove, oltre agli austro-russi, contribuirono alla cacciata dei francesi il popolino delle città e l'"Armata Cristiana". Quest'ultima era un piccolo esercito che combatteva in nome di Ferdinando IV di Borbone in nome della "Santa Fede", ed ebbe molto successo perché coinvolgeva il popolo e ridonava loro i valori tradizionali, i quali erano stati disintegrati dai francesi (che si spinsero a cacciare il papa da Roma). La caduta della Repubblica fu interpretata dal giovane esiliato Vincenzo Cuoco come una "rivoluzione passiva", dato che non migliorò le condizioni di vita della plebe rurale, cioè della grande maggioranza della popolazione italiana. La rivoluzione era stata importata dall'estero e non aveva a che fare con la società, caratterizzata da profonde fratture sociali e culturali fra il popolo e i patrioti: essi si erano fatti condizionare dai potenti francesi, guardando con ammirazione i cambiamenti che erano riusciti ad apportare nel loro paese, e non erano riusciti a coinvolgere la stragrande maggioranza della gente.

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