La soluzione finale

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Testo

Nuovo ordine mondiale e soluzione finale
Con l’inizio del 1942 a Hitler, vedendo l’Europa quasi interamente sottomessa al suo volere, parve il momento di attuare quella Soluzione Finale del problema ebraico. Lo sfruttamento, da parte tedesca, dei territori e delle popolazioni assoggettate era già una triste realtà da tempo, quasi un atto dovuto verso quella razza Ariana superiore a tutte le altre, in particolare agli lavi e agli ebrei.
Il 7 dicembre 1941 con il decreto noto come “Notte e Nebbia” Hitler ordinò che tutte le persone pericolose per la sicurezza, dovevano essere fatte sparire senza lasciare traccia.
Il 20 gennaio 1942 ebbe inizio la “Soluzione Finale”, con la quale si internavano in campi di lavoro gli ebrei presenti nei territori occupati.
Molti furono gli ebrei catturati e deportati nei campi di lavoro dalla GESTAPO; l’operazione dello sterminio mirava, prima ancora dell’annullamento fisico, a distruggere psicologicamente l’individuo al fine di annullarne la personalità.
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1942 – 43: Una svolta nel conflitto
Importante fu la confitta subita dai tedeschi a Stalingrado. Nella loro avanzata in territorio Sovietico, la gran parte delle forze tedesche era concentrata nel settore meridionale e aveva posto sotto assedio Stalingrado. La città venne conquistata a poco a poco. I sovietici però passarono alla controffensiva; con tre armate l’esercito tedesco venne accerchiato e nonostante l’ordine contrario di Hitler il comandante tedesco Von Paulus decise di arrendersi.
Con Stalingrado la II guerra mondiale registrava una svolta decisiva. La Russia di Stalin, confortata dall’enorme prestigio acquisito, cominciava a pensare ad iniziative offensive verso i Paesi dell’Europa orientale.
In Africa settentrionale l’esercito Inglese guidato da Mongomery, attaccò le truppe italo-tedesche ad El Alamein. Da quella sconfitta iniziò la ritirata delle truppe italo-tedesche che persero pure la Libia a favore di Mongomery.
Contemporaneamente forze americane guidate da Eisenhower sbarcavano in Marocco appoggiati da contingenti francesi comandati da De Gaulle. In Europa i tedeschi procedevano con l’occupazione militare della Francia di Vichy.
In Africa, nel maggio 1943, venivano conquistati dagli americani il Marocco e l’Algeria; e grazie all’arresa degli italo-tedeschi anche la Tunisia.
Presero avvio con il 1943 le conferenze interalleate nella quali venivano discusse le imminenti questioni del conflitto. La prima di queste si tenne a Casablanca tra Churcil e Roosevelt che fece emergere "quella questione del secondo fronte" che avrebbe dominato i rapporti tra gi alleati fino alla conclusione del conflitto. Gli americani infatti erano favorevoli a concentrare lo sforzo militare in uno Sbarco in Francia per aprire un nuovo fronte contro la Germania; mentre Churcil credeva fosse meglio uno sbarco nei Balcani così da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di quell’area.
Lo sbarco in Italia, deciso nella conferenza TRIDENT nel maggio 1943, tra Roosevelt e Churcil, si presentava come un fronte di secondaria importanza rispetto a quello francese o dei Balcani. Era una soluzione di compromesso imposta dalle circostanze ma che non corrispondeva alle visioni strategico – politiche degli Usa, dell’Inghilterra e dell’URSS.
Le operazioni militari proseguirono con molta prudenza nel sacrificare uomini e mezzi e ci vollero più di due anni per risalire l’intera penisola imponendo enormi sofferenze al popolo italiano.
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La guerra in Italia e la resistenza
Il deterioramento del rapporto tra fascismo e opinione pubblica fu causato dal fallimento militare e dai sacrifici che dovette sostenere la povera gente. Tutto ciò spinse gli italiani a credere che la guerra fosse inutile e che responsabile di questo malessere fosse Mussolini ed il Fascismo.
L’opinione popolare finiva per coincidere con quella della monarchia e degli alti gradi dell’esercito, convinti che il prolungarsi della guerra avrebbe esposto le istituzioni a grave rischi. Riprese così l’opposizione antifascista, da ricordare il Partito d’Azione il cui obiettivo era quello di riunire la tradizione liberal-democratica ed esigenze del moderno socialismo creando una nuova Repubblica fondata su una nuova Costituzione.
Da ricordare pure gli scioperi del marzo 1943 sollevati, contro il regime, dal partito comunista, unico rimasto operante ma clandestino, a cui aderirono gli operai della FIAT e di altre fabbriche.
Nel frattempo a Roma si cercava la soluzione più rapida per mettere fine al Regime ed uscire dalla guerra. Le forze antifasciste si riorganizzarono e tramite Bonomi fecero sentire la loro voce presso il Re. Caduta Pantelleria il 10 luglio gli americani sbarcarono in Sicilia.
Mussolini nell’incontro con Hitler del 19 luglio, preferì non affrontare il discorso di una pace separata dell’Italia e ciò indusse il Re ad accelerare i tempi di una destituzione di Mussolini. Il 19 luglio veniva bombardata Roma.
Con la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, tenutasi nella notte tra il 24 e il 25 luglio, Ciano, Grandi e Bottai, preventivamente accordati, rivedevano il ruolo di Mussolini (in pratica le dimissioni) e affidavano tutti i poteri alla Corona. Nel pomeriggio del 25 luglio il Re incontrò Mussolini e gli comunicò la sua volontà di sostituirlo con il maresciallo Pietro Badoglio. Alla fine dell’incontro, ad aspettare il Duce, vi era un drappello di carabinieri che lo arrestarono e lo portarono a Ponza.
Per una sorta di congiura era caduto il fascismo. Badoglio si rivelò subito un fallimento e le sue decisioni disastrose. Nel messaggio radio del 25 luglio Badoglio dichiarava di proseguire la guerra con la Germania. I tedeschi preoccupati della cattura di Mussolini, a scopo cautelativo, fecero affluire in Italia notevoli contingenti militari che assunsero di fatto il controllo militare dello Stato.
Finiti questi 45 giorni (periodo che va dalla caduta del fascismo, 25 luglio, all’armistizio), gli alleati passavano dalla Sicilia alla Calabria. L’armistizio "senza condizioni" veniva firmato tra l’americano Eisenhower e Castellano a Cassibile il 3 settembre 1943 ma annunciato solo l’8.
Senza lasciare alcun ordine, il Re e Badoglio cercarono di mettersi in salvo lasciando Roma per raggiungere Pescara e successivamente Brindisi, protetti dagli alleati. La Capitale rimase quindi nelle mani dei tedeschi , i quali furono vanamente contrastati da deboli eserciti o da cittadini scesi spontaneamente in strada.
Molti soldati furono catturati dai tedeschi, gli altri senza ordini, non sapendo cosa fare cercarono in ogni modo di tornare vivi a casa.
Il 12 settembre 1943, Mussolini trasferito a Campo Imperatore, venne liberato magistralmente dai tedeschi e nei giorni successivi, lui, annunciò nel territorio occupato dai tedeschi, la nascita della Repubblica Sociale Italiana (Salò). Questo però non era il Mussolini di una volta, anche nei filmati luce a noi pervenuti, si nota che la sua forte personalità era pesantemente oppressa dal controllo tedesco. L’unico gesto clamoroso che fece, fu il processo intentato a Verona contro De Bono, il suo genero, Galeazzo e Ciano, i quali furono fucilati con l’accusa di tradimento.
Gli alleati giunsero a Napoli il 1 ottobre 1943 dopo che la popolazione aveva già cacciato da sola i tedeschi. Fino al giugno 1944 i combattimenti tra alleati e tedeschi si svolsero lungo la linea GUSTAV che divideva i territori liberati e restituiti all’amministrazione italiana con la nascita del "Regno del Sud" da quelli ancora occupati dai tedeschi.
In ottobre il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania, così da entrare nelle grazie americane e spianare la strada ad eventuali trattative di pace.
Il congresso dei partiti comunisti che si tenne a Bari nel gennaio 1944, ritenne essenziale, per ritornare alla democrazia, l’abdicazione del Re e la costituzione di un governo espressione di tutte le forze democratiche.
Le opposizioni a questo tipo di soluzione erano appoggiate anche dagli alleati che temevano un’incontrollabile crisi politica. Questa situazione di forte tensione si sbloccò a marzo con la "Svolta di Salerno" con la quale l’URSS riconobbe il governo Badoglio costringendo gli USA a fare lo stesso e contemporaneamente il leader comunista Pietro Togliatti affermò di essere pronto a collaborare senza pregiudizi con Badoglio ed il Re. In aprile fu costituito il nuovo governo con a capo Badoglio, appoggiato dalle forze antifasciste e dal Re il quale si impegnava a trasferire i propri poteri al figlio Umberto, non appena Roma fosse stata liberata. Si stabilì inoltre che, del mantenimento o meno della monarchia si sarebbe discusso solo alla fine della guerra e con un referendum popolare.
Dopo lo sbarco di Anzio avvenuto nel gennaio del 1944 ci vollero più di sei mesi per liberare Roma a causa dell’accanitissima resistenza tedesca. Ad agosto si liberò pure Firenze; poi il fronte si stabilizzò lungo l’appennino tosco-emiliano (linea GOTICA) superato solo nell’aprile del 1945.
A Roma dopo che i poteri erano passati dal Re al figlio Emanuele, si ebbe la formazione di un governo Bonomi appoggiato dai socialisti, dai comunisti, dai democratici, dagli azionisti, dai liberali e dai democratici che avevano dato vita al Comitato di Liberazione Nazionale.
Sull’evoluzione della situazione politica pesava adesso, anche l’andamento della lotta partigiana sviluppatesi in tutta l’Europa e soprattutto nell’Italia del centro-nord che ancora era in mano tedesca.
Per la loro guerriglia si distinsero le Brigate Garibaldi e le Brigate Giustizia e Libertà legate agli ideali di Carlo Rosselli e del partito d’Azione. La resistenza assunse un enorme significato morale e politico e voleva l’affermazione di nuove istituzioni politiche e sociali. Ciò agitava i comandi alleati preoccupati dell’avvento delle teorie socialiste e proprio per questo motivo non aiutarono molto i partigiani anzi li invitarono ad abbandonare la lotta.
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Il crollo della Germania e del Giappone
Nella conferenza di Teheran svoltasi alla fine del novembre 1943 parteciparono Roosevelt, Churcil e Stalin e si discusse riguardo all’apertura di un nuovo fronte che fu deciso in Normandia nonostante Churcil pensasse che fosse più opportuno aprirlo nei Balcani.
Il fronte italiano venne declassato, probabilmente dipese anche da questo gli anni impiegati per la liberazione italiana.
Si discusse pure del futuro assetto dell’Europa: i Paesi vincitori avrebbero diviso la Germania in Stati; la Russia teneva i territori occupati con il patto Ribbentrop-Molotov e la Polonia avrebbe integrato parte del territorio tedesco.
Con gli accordi monetari firmati a Bretton Woods nel luglio 1944 fu definito un sistema di cambi fisso che aveva come suo punto di riferimento non più solo l’oro ma anche il dollaro che diventava in questo modo il fondamentale mezzo di scambio dell’economia capitalista occidentale.
Mentre i Russi nella prima metà del 1944 riconquistavano le città occupate dai tedeschi, gli alleati comandati da Eisenhower, il 6 giugno sbarcavano in Normandia. L’operazione vide impegnati più di mezzo milione di soldati approdati utilizzando una poderosa flotta. Il 15 agosto si aprì un’ulteriore fronte, questa volta nel sud della Francia "operazione Avil" al quale aderirono pure le forze "della Francia liberata" comandate dal generale De Gaulle. Il 24 agosto 1944 dopo più di due anni di occupazione tedesca, Parigi veniva liberata.
Hitler decise di resistere ad oltranza sperando nelle armi di nuova concezione (missili V1 e V2) capaci di colpire direttamente il suolo Inglese. La guerra però era perduta. Si pensò di eliminare Hitler e il 20 luglio si ci era quasi riusciti. L’attentato però fallì e moltissime furono le fucilazioni e gli arresti ordinati da Hitler sempre più desideroso di continuare nel conflitto.
Adesso gli americani erano indecisi su da farsi: da una parte si voleva liberare prima il Belgio e l’Olanda per poi passare all’occupazione della Germania; l’altra parte preferiva occupare subito Berlino per poi eliminare i rimasugli di resistenza nazista.
Non appariva chiaro il comportamento tenuto dai Russi davanti a Varsavia che sapendo del loro arrivo era insorta sotto la guida della resistenza non comunista rimasta in contatto con il governo in esilio a Londra. Le truppe russe restarono ad attendere, nei sobborghi di Varsavia, consentendo ai nazisti la repressione dell’insurrezione. Rimase così il dubbio se ciò fosse accaduto per difficoltà militari o per annientare le forze del movimento antinazista i ispirazione non comunista.
I governi filotedeschi di Romania, Bulgaria e Ungheria, conclusero armistizi con gli alleati. Churcil e Stalin nell’incontro di Mosca dell’ottobre 1944 definirono le sfere di influenza: Romania e Bulgaria sotto influenza russa; la Grecia sotto controllo Inglese; Ungheria e Yugoslavia divise in ugual modo tra Inghilterra e Russia.
A Yalta nel febbraio 1945 si discusse della Polonia; l’accordo raggiunto fu però assai vago e prevedeva la formazione di un governo costituito da antinazisti e successivamente gli elettori polacchi avrebbero dovuto decidere da soli il loro governo. In realtà accordi segreti lasciavano il via libera all’avanzata russa.
Si parlò anche della Germania e della divisione in zone d’occupazione a cui doveva seguire una completa smilitarizzazione. Si satbilì che a governarla dovesse esserci un Consiglio di Sicurezza composta da 16 membri + 5 appartenenti a Usa, Urss, Cina, Francia ed Inghilterra e le decisioni dovevano essere prese con il consenso unamine delle grandi potenze mondiali.
Mentre gli angloamericani fronteggiavano l’ultima disperata controffensiva tedesca nelle Ardenne, l’esercito russo avanzava da est. Le città tedesche furono bombardate per mesi e mentre gli angloamericani si erano stanziati come d’accordo nella linea del fine d’Elba, i russi entravano nell’ormai distrutta Berlino dove Hitler insieme ad altri gerarchi nazisti si era dato la morte all’interno del bunker della cancelleria.
In Italia veniva varcata la linea Gotica e le varie città, sotto l’appello del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia si liberarono; prima Bologna, poi Milano, Genova e Torino. Il CLNAI assunse i poteri civili e militari delle citta liberate.
Mussolini in fuga verso la Svizzera venne arrestato dai partigiani e fucilato.
L’8 maggio 1945 la Germania con Donitz firmava la resa incondizionata che poneva fine alla guerra in Europa.
Sul fronte orientale, per evitare la lunga durata e le inevitabili perdite umane, Henry Truman, successo a Roosevelt, si prese la responsabilità ed utilizzò le terribili bombe atomiche facendole sganciare su Hiroschima e Nagasaki intorno il 10 agosto 45. Il 2 settembre il Giappone firmava la resa incondizionata mentre si dava inizio all’era atomica!.
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Il dopoguerra e la ripresa della vita politica
La liberazione italiana avvenne il 25 aprile 1945 e ripristinò la normale e piena vita democratica. Nell’immediato dopoguerra vennero rivissute le diverse esperienze storiche: si diffuse allora il cosiddetto “Vento del Nord”, espressione coniata da Pietro Nenni leader del partito socialista, con la quale affermava il bisogno di trasformazioni economiche e sociali all’interno dello Stato Italiano.
Durante questo periodo si ha l’affermazione e la scomparsa di alcuni partiti.
Il partito comunista italiano (PCI) sostenuto da Togliatti puntava ad una trasformazione in partito popolare di massa e ad un distacco dalla tradizione bolscevica. Altro obiettivo era la creazione di una democrazia progressiva tenendo però conto dell’esperienza italiana.
Il partito socialista, allora chiamato PSIUP era tra i principali partiti dell’Italia liberale; aveva come esponenti principali Giuseppe Saragat, Pertini, Nenni e Moranti. Puntava ad un socialismo democratico e umanista distaccato dal leninismo, anche se una parte del partito pensava ad un legame con il PCI.
Il capo della democrazia cristiana (DC), appoggiata dal mondo cattolico, era De Gaspari. La Dc proponeva un programma al passo con le esigenze popolari. Il partito costituiva un punto di equilibrio nel sistema politico, una mediazione tra conservazione e progresso e un interlocutore per gli alleati occidentali.
Il partito d’azione nato dall’organizzazione di “Giustizia e Libertà” era legato alle teorie di Carlo Rosselli. Gli esponenti più importanti erano: Ugo la Malfa, Ferruccio Parri e Leo Valini. Fu molto attivo nel corso della guerra partigiana, mentre adesso cercava di trovare consensi tra il tra il ceto medio e le classi popolari.
Il partito repubblicano (PRI) similmente al partito d’azione, voleva proporre un rinnovamento morale politico e sociale. Essendo antimonarchico non aveva preso parte al governo Bonomi, né al movimento di liberazione nazionale, ma era stato presente nella lotta contro il fascismo. Adesso con l’avvicinarsi della scelta tra Monarchia e Repubblica tornava ad essere un partito di rilievo.
Il partito liberale (PLI) ebbe come presidente Benedetto Croce. La sua forza stava nel legame con esponenti dell’imprenditoria italiana e nell’adesione di autorevoli personalità politiche ed intellettuali.
Per un breve periodo importante fu pure l’UOMO QUALUNQUE fondato da Giannini. Alla base del programma vi era un avversione verso l’invadenza della burocrazia statale e l’esosità delle tasse ma anche verso la corruzione degli uomini politici che aveva ormai stancato la piccola media borghesia. Si sentiva il bisogno di stabilità; il motto di questo partito era “Si stava meglio quando si stava peggio” facendo nostalgici riferimenti al periodo fascista.
Ferruccio Parri fu designato dal CNL come successore del governo Bonomi. In questo nuovo governo troviamo Nenni nella veste di vicepresidente, De Gaspari come ministro degli esteri e Togliatti come ministro della giustizia. I partiti della sinistra e la Dc si trovarono subito in disaccordo e poco interessati a mantenere le alleanze fatte pretendevano la propria autonomia di iniziativa politica.
Un ulteriore motivo di instabilità era dato dal movimento separatista siciliano guidato da Andrea Finocchiaro Aprile e dal “braccio armato” Evis (esercito volontario indipendenza siciliana). Questi cercarono di rendere la Sicilia indipendente fino a quando nell’ottobre ‘45 Parri si decise ad inviare l’esercito nazionale in Sicilia.
Dal punto di vista politico, Parri procedette ad un epurazione del personale amministrativo compromesso con il fascismo puntando, con la nomina di prefetti “politici” e non di carriera”, alla formazione di una burocrazia nuova espressione delle forze antifasciste.
Sul piano economico mise pesantissime tasse sul patrimonio e per far uscire allo scoperto, capitali accantonati durante la guerra, propose la sostituzione della moneta con una nuova valuta.
I suoi progetti economici e politici non piacquero ai liberali e alla Dc i quali uscirono definitivamente dall’alleanza e costrinsero Parri alle dimissioni il 24 novembre 1945.
La guida del nuovo governo fu assunta da De Gaspari; tutte le riforme fatte da Parri furono abolite e ripristinata la normalità. All’Assemblea costituente che si sarebbe dovuta eleggere poco dopo, non fu concesso il potere legislativo così da lasciar maggiore margine di manovra al potere esecutivo. Alle elezioni del 2 giugno ’46 per la scelta dei rappresentanti dell’Assemblea Costituente, la Dc con il 35% dei voti si affermò come prima forza politica. Il partito d’azione ebbe appena 1.5% e si sciolse. Il successo della Dc veniva bilanciato da una presenza assai consistente delle forze della sinistra.
Il 2 giugno gli italiani e per la prima volta pure le italiane, furono chiamate a decidere pure tra Repubblica o Monarchia. Con il 52% dei voti, passo la Repubblica anche se il minimo margine della vittoria faceva capire che nonostante gli errori gli italiani erano ancora legati alla monarchia.
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La nascita della Repubblica
Capo dello Stato provvisorio fu nominato E. De Nicola e nel luglio 1946 De Gasperi formò un governo sostenuto da Dc, Psiup, Pci, Pri.
Nel frattempo questo governo di coalizione affrontò le questioni relative alla conclusione del trattato di pace. La conclusione della guerra, con la cobelligeranza, la guerra partigiana, consentirono all’Italia di avere un trattato meno pesante rispetto a quello tedesco.
Inoltre l’Italia sarebbe stata supportata dagli anglo – americani, vista la tendenza a favorire le democrazie occidentali.
Dopo piccole rettifiche a favore della Francia, l’Italia perse i propri possedimenti coloniali: l’Etiopia era già indipendente dal 1941, Rodi e il Dodecanneso furono cedute alla Grecia; mentre per quanto riguarda la Libia, la Somalia e l’Eritrea sarebbero diventate indipendenti più tardi grazie all’intervento delle Nazioni Unite.
Il problema più importante durante i trattati di pace riguardò la Jugoslavia uscita “vittoriosa” del conflitto. Le truppe partigiane di Tito avevano occupato Trieste ma dopo l’arrivo degli anglo-americani avevano lasciato la città. Solo dopo lunghe ore di trattative, alla Jugoslavia furono cedute Zara, Fiume e l’Istria mentre Trieste fu divisa in due zone: la zona A d’influenza anglo-americana, la zona B sotto influenza jugoslava.
Il trattato fu firmato a Parigi il 10 febbraio 1947. Nel frattempo in Italia dal Psiup si allontanavano due grandi leader: Saragat e Matteo Matteotti, i quali non tolleravano un legame così stretto con il Pci. Essi formarono successivamente con la “scissione di palazzo Barberini” il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI) divenuto poi Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) offrendo così alla Dc la possibilità di nuove alleanze politiche.
Con il 1947, durante il periodo della “dottrina Truman” vennero allontanati dal governo francese e da quello italiano tutti i partiti comunisti.
Il 22 dicembre 1947 l’Assemblea Costituente approvò la nuova costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948. Il Parlamento è organizzato in Camera e Senato (perla della Costituzione italiana).
All’interno della Costituzione formata da 139 articoli, uno dei più importanti è quello che riguarda i patti Lateranensi a proposito di questo vi furono delle contestazioni perché secondo alcuni, questo articolo privava la libera scelta della fede.
Con le elezioni del 1948, la Dc ottenne la maggioranza assoluta dei voti, e le elezioni per il primo parlamento della Repubblica si svolsero in un clima rigido dovuto alla guerra fredda.
PCI e PSI decisero di unirsi nel Fronte Democratico Popolare per la Libertà.
La Dc venne approvata dal Papa Pio XII e dall’azione cattolica e ottenne il 48.5% dei voti, mentre il Fronte circa il 31%. Ebbe successo anche il partito di Saragat, infatti ottenne il 7.1% dei voti.
In queste elezioni si elesse pure il primo Presidente della Repubblica: Luigi Einaudi.
Subito dopo De Gaspari formò un nuovo governo basato sull’alleanza quadripartita: Dc, Psdi, Pri, Pli. De Gaspari aveva infatti deciso di non rinchiudersi nella propria maggioranza assoluta, e di aprirsi anche alle cosiddette “forze laiche” minori . Nel frattempo nel luglio 1948 falliva l’attentato organizzato da un giovane di destra, di Palmiro Togliatti, leader del Pci. L’attentato fu il pretesto per provocare una serie di scioperi dovute in verità alla scarsa sicurezza e stabilità economica.
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La ricostruzione economica
La guerra aveva causato danni non indifferenti all’apparato produttivo del Paese. Le varie circostanze avevano portato ad un abbassamento della produzione industriale di quasi il 70% rispetto al 1939. La capacità produttiva era di fatto diminuita e l’enorme aumento della circolazione di moneta portò in Italia un’inflazione senza precedenti. Fortunatamente già nel 1945 il governo aveva la situazione sotto controllo grazie anche agli aiuti alleati (UNRRA).
Adesso restava l’incognita su come intraprendere la ricostruzione economica. Da una parte si faceva affidamento all’imprenditorialità privata; altri credevano fosse necessario l’aiuto dello Stato per recuperare il gap economico.
Caduto insieme al governo Parri la possibilità di un cambio di valuta e di eccessive tassazioni; apparve chiaro che la direzione pubblica dello sviluppo economico doveva essere accantonata.
Un forte aiuto nella ricostruzione, venne dato dal PIANO MARSHALL (1470 milioni di dollari in 4 anni).
Nel 1947 con la nascita del IV governo De Gaspari, Luigi Einaudi venne nominato ministro del bilancio. Egli attuò una politica deflazionista attenta ala spesa pubblica e ai salari. L’inflazione diminuì velocemente e nuovi investimenti diedero fiducia all’Italia.
Con la firma del PATTO ATLANTICO e con l’adesione alla CECA, l’Italia entrava a far parte del circuito espansivo delle economie occidentali.
La liberalizzazione degli scambi unita ad una riduzione del 10% dei dazi doganali, non determinò il tracollo del sistema industriale italiano che invece rinvigorito dalla concorrenza, pose le basi per il boom economico degli anni 50.
Se considerata agli altri Paesi occidentali, l’Italia risultava ancora troppo povera e con enormi squilibri tra nord e sud. Il reddito dell’Italia del nord infatti, era pari al 76% del reddito nazionale, ciò probabilmente era dovuto alla mancanza di industrie nel sud e alla conseguente occupazione nel settore agricolo.
Bisognava “Industrializzare” il mezzogiorno; nacque a tal fine la SVIMEZ (Associazione per lo Sviluppo e il Progresso Industriale del Mezzogiorno). Questa associazione proponeva delle condizioni atte a favorire lo sviluppo delle attività esistenti e di nuove attività necessarie per lo sviluppo industriale del mezzogiorno.
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Il centrismo
Dopo il fallimento dell’attentato a Togliatti, avvenne la rottura dell’unità sindacale e dalla CGIL (di ispirazione comunista) si staccarono la CSIL e la UIL che rappresentavano rispettivamente la componente cattolica e quella socialdemocratica repubblicana.
A causa dell’influenza delle componenti di destra, De Gaspari volle formare un alleanza quadripartita centrista.
In questo periodo si videro realizzate le riforme agrarie (legge Sila e legge Stralcio) le quali prevedevano l’espropriazione delle grandi proprietà latifondiste per la costituzione di unita poderali di 10 ettari ciascuno sufficienti al mantenimento di una famiglia di agricoltori.
Si formò pure la Cassa del Mezzogiorno che, con opportuni finanziamenti statali, assunse compiti di bonifica, costruzione di infrastrutture, strade, ecc. e che successivamente si estese al settore industriale con il proposito di portare sviluppo nel mezzogiorno. La riforma agraria portò l’uscita dei liberali dal governo, che non erano d’accordo con la riforma.
Nelle successive elezioni si vide l’arretramento della Dc a favore dei monarchici e dell’MSI. A questo punto con l’ “Operazione Sturzo” si cercò, con il consenso di una parte delle gerarchie vaticane, di presentare una lista che, con l’appoggio prestigioso dell’anziano leader, raccogliesse esponenti del clericalismo moderato e di una destra apertamente conservatrice. Il tentativo andò a vuoto e venne proposta la “legge truffa”. Questa legge prevedeva l’assegnazione del 65% dei seggi parlamentare, al partito che avesse preso il 50.1% dei voti.
Nonostante tutto, per 57000 voti, la Dc non arrivò al premio di maggioranza offerto da questa legge, mentre sia il Pci che i monarchici ottennero splendidi risultati confermando le preoccupazioni di De Gaspari sul futuro dell’alleanza centrista.
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Crisi del centrismo e miracolo economico
Dopo il rifiuto al suo governo, De Gaspari si ritira a vita privata; quel governo “monocolore” (composto cioè da soli democristiani) non soddisfava le esigenze italiane della II legislatura repubblicana e segnò la fine della sua carriera politica. De Gaspari morirà un anno dopo (agosto 1954). Fu quindi un altro democristiano a succedergli, Giuseppe Pella, ma sempre alla guida di un monocolore; questi si trovò ad affrontare la crisi sulla questione di Trieste: la zona B apparteneva sempre alla Jugoslavia, mentre la zona A, appartenente agli Anglo-Americani, doveva essere restituita all’Italia nel 1948, ma così non era avvenuto. Tito minacciò subito ritorsioni nel caso di un eventuale ingresso italiano nella zona A e Pella inviò alcune truppe sulla frontiera di Gorizia.
Alla fine, si raggiunse un accordo, poi ratificato nell’ottobre del 1954: l’Italia avrebbe avuto la restituzione della zona A, ma avrebbe definitivamente rinunciato alla zona B.
Il governo Pella, però, finì con il cadere, in quanto la forze di centro e quelle di sinistra, guidate rispettivamente da Mario Scelba e Amintore Fanfani, vi si opposero con determinazione.
Dopo un vano tentativo di Fanfani di ottenere la fiducia, fu Scelba a formare il nuovo governo, sulla base di un alleanza Tripartita DC, Psdi, Pli, attribuendo la vicepresidenza a Saragat e cercando di riprendere il disegno degasperiano.
Nel dicembre 1954 veniva presentato un piano decennale di sviluppo ed incremento economico, detto “piano Vanoni”, dal nome del ministro democristiano Ezio Vanoni: lo Stato s’impegnava a creare 4 milioni di posti di lavoro. Apparso troppo pretenzioso e vincolante agli occhi dei liberali, il piano, benché approvato dal Parlamento, rimase privo di ogni concreta efficacia.
Successivamente, venne eletto presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, grazie ai voti dei comunisti e dei socialisti.
Durante il nuovo governo guidato da Segni, si ebbe la firma dei trattati di Roma istituiti dalla CEE e dall’EURATOM: era la fine dell’esperienza centrista italiana.
Fu certamente Enrico Mattei la figura più importante del miracolo economico italiano. Riuscì a trovare giacimenti di metano nella Pianura Padana dopo la fine della guerra e decise che l’Italia doveva essere indipendente dai paesi possessori di risorse del sottosuolo, superando così il cartello dei prezzi imposti dalle “Sette sorelle”, le grandi compagnie petrolifere anglo-americane, con la formula del Fifty-Fifty, metà e metà.
Cercò risorse in tutta la penisola, riorganizzò l’Agip, comprò e vendette in Russia, Iran e Algeria. Morì in circostanze misteriose, in un incidente aereo nel 1962.
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Verso il centro sinistra
Con le elezioni politiche del maggio 1958 si ha un apertura a sinistra. Essa fu favorita anche dalla morte di Pio VII e l’elezione di Giovanni XXIII, uomo di aperte vedute e non anticomunista come il suo predecessore.
Ci furono forze contrarie a quest’avventura a sinistra sostenute principalmente dai più importanti giornali d’opinione, grandi industriali, la media e grande proprietà terriera allarmati dal fatto che con i socialisti al governo si sarebbe attuata una politica riformatrice.
Fanfani, in questo periodo, venne eletto presidente del Consiglio, accumulando due cariche contemporaneamente poiché egli era già segretario della DC. Con lui i tempi di un’intesa con il PSI apparvero vicini. Gli oppositori interni della Dc lo costrinsero a dimettersi da entrambe le cariche, così il nuovo segretario della Dc venne eletto Aldo Moro, mentre Antonio Segni tornava alla guida del governo.
Con grande capacità di mediazione, Moro, convinse le componenti moderate del partito del mantenimento della Dc con un apertura al PSI per dare una maggiore stabilità politica al governo.
Con il congresso di Firenze della Dc, seguito dalle dimissioni di Segni, sembrò possibile varare un governo tripartito con l’appoggio dei socialisti.
Vinsero però ancora una volta i timori degli ambienti cattolici e delle gerarchie vaticane contrarie ad un’apertura a sinistra favorendo la formazione di un governo di transizione guidato da Tambroni. Egli si dimise poco tempo dopo a causa dell’instabilità del governo, anche se però continuò a governare sotto suggerimento di Gronchi.
Subito dopo si manifestò con violenza l’insoddisfazione della società italiana, particolarmente negli episodi del luglio 1960. In questi giorni infatti, si ebbe una vera e propria sommossa a Genova in cui Tambroni acconsentì alla riunione del congresso dell’MSI. La sommossa si ampliò in altre città del settentrione causando molti danni e provocando le dimissioni di Tambroni.
Fanfani tornò nell’agosto dello stesso anno al governo sostenuto dalla Dc, Pdsi, Pri, Pli ma senza l’appoggio dei socialisti.
Nel congresso di Napoli (1962) della Dc, si decise che il partito socialista poteva partecipare al governo. Il primo governo formato con l’appoggio dei socialisti, aveva come primo problema la programmazione economica e alla nota aggiuntiva proposta da La Malfa. Nella nota aggiuntiva si affermava la necessità di partecipazione all’economia da parte del governo tramite “partecipazioni statali” che con la formazione di quel governo (Fanfani) portarono alla nazionalizzazione dell’energia elettrica.Importantissima fu anche l’estensione dell’obbligo scolastico fino all’età di 14 anni.
Dopo le elezioni politiche del 2 giugno 1963, che videro la perdita della Dc a favore dei liberali passati all’opposizione, nel XXXV Congresso del partito socialista, Pietro Nenni e Francesco De Martini, decisero la diretta partecipazione ad un nuovo governo di centro sinistra guidato dal democristiano Aldo Moro. Per la prima volta Dc e socialisti facevano parte di un governo di coalizione.

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