Imperialismo e politica estera italiana

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Testo

Imperialismo e politica estera italiana (XIX-XX secolo)
Il termine "imperialismo" fu introdotto negli anni intorno al 1870 per indicare la tendenza di uno Stato a perseguire strategie politiche basate sull'espansione economica e territoriale. Il periodo 1880-1914, indicato come etа dell'imperialismo, fu contraddistinto da un'aggressiva politica di competizione internazionale e da un vertiginoso aumento dell'esportazione di capitale finanziario dai paesi economicamente piщ forti verso quelli piщ deboli, con lo scopo di operarvi vantaggiosi investimenti e di conseguire profitti elevati. Negli stessi anni si aprм la competizione coloniale tra le potenze europee, indotte ad acquisire territori extraeuropei da vari motivi. A quelli piщ propriamente politici e di prestigio internazionale, si aggiunse la necessitа di reperire materie prime a basso costo e di collocare su nuovi e piщ vasti mercati le merci prodotte. Il crescente potere dei gruppi economici-finanziari si rifletteva sulle strategie degli Stati nazionali, poichй le grandi imprese cercavano di orientare la politica estera dei governi e di incrementare le spese militari per favorire lo sviluppo dell'industria pesante. Le nuove tendenze imperialistiche si erano giа delineate chiaramente durante il congresso di Berlino (giugno-luglio 1878), convocato per definire il trattato di pace tra Russia e Turchia, i cui rappresentanti furono affiancati da quelli delle altre potenze europee: Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria, Italia. Venne definita la nuova sistemazione dei territori dell'Europa orientale: Bulgaria, Serbia, Romania, Montenegro, videro confermata la loro indipendenza, mentre l'Austria-Ungheria si assicurт il possesso della Bosnia-Erzegovina. Alla Russia venne riconosciuto il possesso delle cittа turche del Caucaso; la Gran Bretagna ottenne Cipro, rafforzando la propria supremazia nel Mediterraneo orientale; alla Francia fu lasciata libertа d'azione nel territorio turco della Tunisia, deludendo le aspettative dell'Italia che aveva avanzato la propria candidatura. Essendo il risultato di un accordo di compromesso, la nuova sistemazione lasciт insoddisfatti sia i nazionalisti slavi sia i rappresentanti delle potenze europee, per cui vennero a crearsi nuove inimicizie, come quella tra Italia e Francia. Le tensioni e i focolai di rivolta nell'area balcanica sfociarono nella guerra serbo-bulgara (1885-86) e nei disordini interni che agitarono la Serbia, portando sul trono una nuova dinastia, con l'ascesa del re Pietro I (1903-21). La questione d'Oriente rimase pertanto aperta e le potenze europee si impegnarono a trarre vantaggio dalla dissoluzione dell'Impero Ottomano. La spartizione delle sue spoglie consentм all'Italia di acquisire il territorio della Libia (1912) e di partecipare, sia pure in una posizione di secondo piano, alla politica coloniale delle potenze europee in Africa e in Asia. Per la definizione di questa politica a vasto raggio fu convocata la conferenza di Berlino (15.11.1884 - 26.2.1885), alla quale presero parte i rappresentanti di 14 paesi: tutti gli Stati dell'Europa occidentale, esclusa la Svizzera, nonchй Russia, Turchia e Stati Uniti d'America. Vennero definite le rispettive "sfere d'influenza" e fissate le modalitа per la spartizione dell'Africa. Sulla base di questo accordo di massima, dieci anni piщ tardi il "continente nero" si presentava come un grande mosaico, le cui tessere erano costituite dai vari possedimenti europei. A sud del Sahara, i soli paesi formalmente indipendenti risultavano la Liberia (una piccola repubblica proclamata nel 1847 da immigrati neri provenienti dagli Stati Uniti) e l'Etiopia, o Abissinia, un regno cristiano che vantava una storia millenaria e che riuscм ad arrestare l'espansione coloniale italiana in Eritrea, infliggendo al corpo di spedizione del generale Oreste Baratieri l'umiliante sconfitta di Adua (1896). L'Italia potй partecipare alla spartizione della Somalia, insieme con Francia e Gran Bretagna, ma la disfatta di Adua ebbe gravi ripercussioni sulla politica interna, costringendo alle dimissioni il governo presieduto da Francesco Crispi. Giа ministro degli Interni e degli Esteri negli anni 1887-91, Crispi aveva assunto la direzione del governo nel 1893 e aveva dato impulso alla politica coloniale italiana indirizzata inizialmente verso la Tunisia. La forzata rinuncia al possesso di questo territorio, tradizionale sbocco dell'emigrazione siciliana, lo aveva indotto a orientarsi verso una politica di alleanza con l'Austria e la Germania (Triplice Alleanza, 1882). Inoltre, aveva adottato una politica di rigido protezionismo economico, scatenando una vera e propria guerra doganale contro la Francia, con conseguenze molto gravi per la debole economia italiana. Al disagio economico e al malcontento politico i successivi governi conservatori non seppero trovare altra risposta che quella della repressione armata, sino a giungere alle cannonate del generale Bava-Beccaris contro la folla dei manifestanti a Milano (maggio 1898). Con la scomparsa del re Umberto I (1878-1900), assassinato dall'anarchico Gaetano Bresci, si aprм una nuova fase storica. Ne conseguм la formazione di un governo liberale (1901), sotto la presidenza di Giuseppe Zanardelli, affiancato da Giovanni Giolitti che, due anni piщ tardi, assunse personalmente la direzione del governo. Ebbe cosм inizio l'etа giolittiana, contraddistinta dallo sviluppo del capitalismo industriale italiano, da una politica di riforme sociali, di lavori pubblici e di allargamento della base elettorale (1913, suffragio universale maschile), nonchй dal tentativo di stabilire piщ stretti rapporti con nuovi ceti sociali, rappresentati politicamente dal partito socialista. Le esaltazioni nazionalistiche di numerosi giovani che si richiamavano al patriottismo risorgimentale trovarono il loro primo esaltante sbocco nell'impresa libica (1911-12).

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