Appunti sula Prima Guerra Mondiale e il Boscevismo

Materie:Appunti
Categoria:Storia

Voto:

2 (2)
Download:354
Data:05.05.2005
Numero di pagine:12
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
appunti-sula-prima-guerra-mondiale-boscevismo_1.zip (Dimensione: 14.23 Kb)
trucheck.it_appunti-sula-prima-guerra-mondiale-e-il-boscevismo.doc     51 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Le cause del conflitto
La questione balcanica
Ciascuna nazione Europea, cercava ormai imporsi sulle altre preoccupandosi sempre meno della salvaguardia della pace. Fu in particolare la Germania a voler perseguire una politica espansionistica di dimensioni mondiali, in diretta concorrenza con l’Inghilterra e la Francia nella ricerca di nuovi mercati. Un altro motivo di crisi era costituito dal problema dei Balcani. Nel 1908 scoppiò in Macedonia una rivolta che impose al Sultano turco una costituzione di tipo europeo e lo costrinse poi ad abdicare. L'Austria colse allora l'occasione per trasformare l'amministrazione della Bosnia Erzegovina in possesso diretto, suscitando così il rancore della Russia. Approfittando inoltre delle difficoltà della Turchia nella guerra contro l'Italia in Libia enell’Egeo, la Russia spinse Serbia, Bulgaria, Montenegro e Grecia a scendere in guerra contro l'impero Ottomano, che perse quasi tutti i territori balcanici, tranne la regione dei Dardanelli. La Serbia, da parte sua, si sentiva soffocata dalla presenza austriaca in Istria, Dalmazia, Bosnia ed Erzegovina, che le impediva ogni sbocco sull'Adriatico.
Altri motivi di crisi
La Germania aveva accelerato la corsa agli armamenti e pensava di ampliare il proprio impero coloniale in Africa e in Asia.
l'Inghilterra temeva non soltanto la crescente forza militare della Germania, ma anche la sua straordinaria potenza economica.
La Francia, mai rassegnata alla sconfitta subita nel 1870, puntava a riottenere i territori dell'Alsazia e della Lorena che aveva dovuto cedere alla Germania.
L'Austria tramava per imporre il proprio controllo anche sulla Serbia, che cercava di unificare sotto di sé le popolazioni slave dei Balcani.
La Russia intendeva invece rafforzare la propria influenza in queste regioni, per recuperare parte del prestigio perduto dopo la sconfitta subita nella guerra contro il Giappone.
A tutti questi motivi si aggiungevano il contrasto tra Italia e Austria per la liberazione di Trento e Trieste.
La convinzione degli alti comandi militari era che il conflitto si sarebbe risolto nel giro di qualche settimana, la speranza degli industriali era quella di ottenere facili guadagni con la produzione bellica. Una guerra era anche ben vista dai governi degli Stati dove era cresciuta la forza della classe operaia, Si pensava infatti che la mobilitazione nazionale avrebbe distratto l'opinione pubblica dei problemi interni e allontanato la minaccia di una rivoluzione sociale.
La prima fase della guerra
L'attentato di Sarajevo e il meccanismo delle alleanze
Il 28 giugno 1914 a Sarajevo l'erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia furono uccisi in un attentato compiuto dallo studente Gavrilo Princip dell'organizzazione segreta la mano nera protetta dal governo di Belgrado.
Spalleggiata dalla Germania, l’Austria, intenzionata a sradicare una volta per sempre il nazionalismo slavo che metteva in pericolo la sua presenza nei Balcani, approfittò dell'assassinio per dichiarare guerra alla Serbia ritenuta ispiratrice e responsabile del tragico evento.
La Russia mobilitò l'esercito in aiuto della Serbia. La Germania ordinò alla Russia di smobilitare l'esercito e alla Francia, alleata della Russia di dichiararsi neutrale. Ricevuto da entrambe un netto rifiuto Berlino dichiarò loro guerra e invase il Lussemburgo e il Belgio per meglio colpire la Francia. L'Inghilterra dichiarò guerra alla Germania e inviò un corpo di spedizione in aiuto dei francesi. alcuni giorni dopo entrò in guerra contro la Germania il Giappone, che attaccò i possedimenti tedeschi nel Pacifico. Infine scese in campo a fianco della Germania e dell'Austria, la Turchia .L’Italia per il momento si proclamò neutrale nei confronti dei due blocchi contrapposti: quello degli imperi centrali (Germania e Austria) e quello dell'intesa (Francia, Inghilterra e Russia).
Il fallimento della guerra lampo
Per terminare la guerra in un tempo brevissimo, le armate tedesche dovevano prima annientare l'esercito francese sul fronte occidentale, poi attaccare sul fronte orientale la Russia. I travolgenti successi iniziali sembrarono confermare la validità di questa strategia. I tedeschi dilagavano infatti nella Francia settentrionale, giungendo fino a 40 km da Parigi. Qui furono però fermati nella drammatica battaglia della Marna 5-12 settembre 1914. Francesi e tedeschi cominciarono allora a costruire dalle Fiandre al confine svizzero, per circa 800 km, le trincee. Il piano tedesco della guerra lampo dunque fallì e si dovette passare alla guerra di logoramento. Sul fronte orientale i russi riuscirono in un primo momento a penetrare in Prussia, ma, sconfitti poi nelle grandi battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri dovettero ritirarsi e arrestarsi in posizione difensiva dal Golfo di Riga al Dnepr.
L'Italia di fronte alla guerra
L'Italia non scese in guerra nel 1914 perché la triplice alleanza prevedeva l'intervento militare soltanto qualora uno dei paesi membri fosse stato attaccato e, visto che l’attacco era partito dall'Austria, non era necessario il suo intervento. Con il trascorrere dei mesi però, l'opinione pubblica si divise in due schieramenti nettamente contrapposti: i neutralisti e gli interventisti. I neutralisti erano quasi tutti i socialisti, la maggioranza dei cattolici e i liberali giolittiani.
I socialisti erano convinti che ogni guerra fosse contraria agli interessi del proletariato.
I cattolici erano animati da motivi umanitari ed erano turbati dalla lotta tra popoli con la stessa fede religiosa.
Giolitti temeva che lo sforzo bellico avrebbe messo in crisi la fragile economia del paese.
Gli interventisti erano invece i nazionalisti, i sindacalisti rivoluzionari e gli irredentisti .
I nazionalisti consideravano la guerra come un'occasione per consolidare la potenza dell'Italia sul piano internazionale.
I sindacalisti rivoluzionari pensavano che il conflitto avrebbe permesso di ricostruire sulle macerie dello Stato liberale, un nuovo ordine sociale basato sull'uguaglianza e sul potere delle masse operaie.
Gli irredentisti vedevano nella guerra contro l'Austria il completamento del Risorgimento.
L'Italia in guerra a fianco dell'intesa
Il governo italiano condusse trattative diplomatiche sia con gli imperi centrali che con l'intesa. Le richieste dell'Italia riguardavano soprattutto Trento e Trieste, l'egemonia sull'Adriatico, l’influenza economica e politica nei Balcani. Fallite le trattative con la Austria, il 26 aprile 1915 l’Italia stipulò con gli alleati un accordo segreto, il patto di Londra. L'intesa prevedeva l'entrata in guerra nel nostro paese entro un mese in cambio, in caso di vittoria, del Trentino, dell'alto Adige e della Venezia Giulia. C’era anche la possibilità di altri compensi sulla costa dalmata e albanese, il mantenimento delle isole del Dodecaneso e l'assegnazione di una parte delle colonie tedesche. Per vincere l'opposizione neutralista furono allora organizzate manifestazioni le radiose giornate di maggio che indussero il Parlamento a votare in favore della guerra. Il 24 maggio 1915 l’Italia scese in guerra contro l’Austria.
La guerra sul fronte occidentale
L’Austria fu dunque costretta ad aprire un nuovo fronte nelle regioni orientali dove Luigi Cadorna ordinò ben quattro offensive lungo il fiume Isonzo e sull'altopiano del Carso, i risultati però furono modesti. La situazione di stallo durò fino al maggio 1916, quando l'Austria decise di liquidare l'Italia dando inizio alla spedizione punitiva contro l'alleato traditore. Gli austriaci sferrarono un attacco tra il Garda e il Brenta, giungendo fino ad Asiago, ma il nostro esercito passò al contrattacco spingendosi fino a Gorizia. Contemporaneamente un imponente attacco tedesco veniva condotto contro la fortezza di Verdun in Francia. Gli alleati riuscirono comunque a difendere la città e sferrarono l'offensiva sul fiume Somme, impiegando per la prima volta i carri armati. Nel frattempo erano entrati in guerra il Portogallo e la Romania a fianco degli alleati e la Bulgaria a fianco degli imperi centrali.
La seconda fase della guerra
Gli Stati uniti in guerra contro gli imperi centrali
Alla guerra terrestre si era intanto aggiunta quella sui mari. Sfruttando la propria superiorità navale, l'Inghilterra aveva infatti sottoposto la Germania ad un rigoroso blocco marittimo. L'ammiragliato tedesco decise allora di dare il via alla guerra sottomarina. Nel maggio 1915 un sottomarino tedesco affondò il transatlantico inglese Lusitania con circa 1200 passeggeri tra cui 128 cittadini americani, provocando così una forte indignazione degli Stati Uniti. Quando poi nel 1917 furono affondati tre mercantili statunitensi, il presidente americano Woodrow Wilson indusse il congresso a dichiarare guerra agli imperi centrali. L’Intervento americano riequilibrò le forze in campo proprio mentre si sfaldava il fronte orientale per il crollo della Russia sconvolta dalla rivoluzione bolscevica. La Grecia scese in guerra a fianco degli alleati e gli inglesi occuparono la Mesopotamia e la Palestina, costringendo i turchi a ritirarsi in Asia minore.
L'Italia, da Caporetto al Piave
Il ritiro della Russia dalla guerra permise alle forze austriache e tedesche di sfondare le linee di resistenza italiane a Caporetto in 20 ottobre 1917 e di avanzare per circa 150 km. Venne nominato allora un governo di unità nazionale, presieduto da Vittorio Emanuele Orlando e il generale Cadorna fu sostituito dal generale Armando Diaz. Il fronte italiano, attestatori sulla linea del Monte Grappa e del Piave, riuscì a contenere la pressione nemica. Passato poi al contrattacco, l'esercito italiano obbligò le forze nemiche a ripiegare, con gravi perdite in uomini e in armamenti.
Il crollo degli imperi centrali
Anche il fronte anglo francese, su cui si era scatenata nella primavera del 1918 l'ultimo offensiva della Germania, resistette all'attacco. Intanto truppe e armamenti americani sbarcavano sempre più numerosi in Francia. Ciò permise agli alleati di passare alla controffensiva, costringendo i tedeschi a ritirarsi al di là del Reno. Sul fronte italiano il 24 ottobre sbaragliando a Vittorio Veneto gli imperiali i nostri soldati sferrarono l'attacco finale. Sul fronte balcanico greci, serbi e francesi sconfissero austriaci e bulgari. Il 30 settembre la Bulgaria chiese l’armistizio, il 30 ottobre si arrese la Turchia. Il 3 novembre il generale Diaz annunciò agli italiani di avere occupato Trento ed essere sbarcato a Trieste. Il 4 novembre 1918 l’Austria fu costretta a firmare l'armistizio con l'Italia. Qualche giorno dopo dovette chiedere la pace anche l'imperatore tedesco Guglielmo II, che si rifugiò in Olanda. Cessarono di esistere gli imperi di Russia, Germania e Austria-Ungheria.
IL MONDO DURANTE IL PRIMO DOPOGUERRA
Le grandi Democrazie europee nell’immediato dopoguerra
La società delle Nazioni
Ideata dal presidente degli Stati Uniti, nacque nel 1919 La società delle Nazioni, che iniziò i lavori l'anno successivo a Ginevra, in territorio neutrale, e che sarebbe restata in vita la fino al 1945, anno in cui venne sostituita dall'organizzazione delle Nazioni Unite. La sua funzione fondamentale era quella di salvaguardare la pace; gli Stati membri si impegnarono a non ricorrere mai alla guerra e a rimettere ogni eventuale divergenza alle decisioni di Ginevra. In caso di conflitto armato, la società delle nazioni poteva dichiarare aggressore uno stato e decidere nei suoi confronti sanzioni economiche e finanziarie.
La Francia
La grande guerra era costata alla Francia quasi un milione e mezzo di morti, la devastazione dei territori Nord orientali e un enorme sforzo finanziario. L'aumento del costo della vita provocò un forte malessere. La Francia fu turbata da una serie di scioperi e le agitazioni popolari favorirono la diffusione del comunismo tra la classe operaia. Nel 1920 nacque infatti il partito comunista francese che, insieme al partito socialista e al partito radicale, ottenne nel 1924 un considerevole successo elettorale. L'ascesa del centro sinistra scatenò la reazione della grande borghesia e delle forze conservatrici. I partiti di centro destra quindi riuscirono a recuperare il sostegno dell’elettorato nel 1926 e rimasero al governo fino ai primi anni 30, assicurando alla Francia una relativa stabilità politica e una consistente ripresa economica.
L'Inghilterra
L'Inghilterra ottenne la distruzione della flotta tedesca ma, nel 1921, dovette riconoscere la nascita dello Stato libero d'Irlanda: soltanto la parte settentrionale dell'isola (protestante) rimase legata alla monarchia britannica. L'anno seguente l’Egitto di re Fuad I si rese indipendente, anche se in realtà la Gran Bretagna mantenne tutta la propria influenza sul paese. All’ inizio degli anni 30 fu riorganizzato l'impero. Venne concessa piena sovranità al Canada, al Sudafrica, all'Australia e Nuova Zelanda e fu favorito il commercio tra gli Stati membri del Commonweath. Questa libera associazione di Stati indipendenti tutti fedeli al trono inglese fu costituita ufficialmente nel 1931 ed era formato dalla Gran Bretagna e delle sue ex colonie.
LA RUSSIA E IL BOLSCEVISMO
L'industrializzazione e i primi partiti politici in Russia
La Russia restava ancora per molti aspetti un paese feudale. Soltanto alla fine dell'800 ebbe inizio l'industrializzazione, che vide lo sviluppo della rete ferroviaria, lo sfruttamento delle risorse minerarie dalla Siberia e del petrolio del Caucaso, agevolazioni fiscali concesse agli investitori stranieri, in massima parte tedeschi.
Con lo sviluppo dell'industrializzazione si venne formando una borghesia liberale e una classe operaia abbastanza numerosa, che diedero vita rispettivamente a due partiti: il partito costituzionale democratico, che reclamava una costituzione il tipo occidentale, e il partito operaio socialdemocratico russo, di ispirazione socialista. Quest'ultimo si divise in due correnti: quella maggioritaria dei bolscevichi, rivoluzionaria e intransigente e quella minoritaria formata dai Menscevichi, moderata e riformatrice. I bolscevichi guidati dal giovane Lenin miravano alla conquista del potere con la forza da parte degli operai e dei contadini e all'instaurazione del socialismo. I menscevichi intendevano invece abbattere il regime zarista e dar vita a una Repubblica democratica e parlamentare.
La rivoluzione di febbraio
La rivolta di Pietrogrado e la fine dello zarismo
Con la partecipazione della Russia alla prima guerra mondiale i sacrifici sopportati dalla popolazione civile e dai soldati al fronte, determinarono un profondo malessere e una forte avversione nei confronti del regime zarista. Nell'inverno del 1917 nelle più importanti città russe si verificarono dimostrazioni e disordini. Numerosi reparti dell'esercito mandati a sedare le rivolte si ammutinarono e fecero causa comune con i manifestanti. A Pietroburgo il 7 marzo (22 febbraio per il calendario russo, da qui la rivoluzione di febbraio) operai e soldati insorsero: vennero liberati i prigionieri politici rinchiusi nella fortezza dei Santi Pietro e Paolo e fu costituito un Soviet dei lavoratori e dei soldati, una sorta di Parlamento proletario. In seguito a questi avvenimenti, venne formato un governo provvisorio sostenuto dalla borghesia liberale. Lo zar Nicola II fu costretto ad abdicare a favore del fratello Michele che rifiutò il trono determinando la fine della monarchia imperiale. Con il consenso del governo decise di continuare la guerra contro la Germania.
La crisi di Lenin e il governo Kerenskij
In aprile Lenin, rientrato in Russia dalla Svizzera dove era riparato dopo il fallimento del tentativo primo rivoluzionario del 1905, indusse i bolscevichi a condurre una forte opposizione contro il governo. Reclamò la fine immediata della guerra, la destituzione del governo, il passaggio di tutto il potere ai soviet. I soviet chiesero allora al governo la conclusione della guerra con la Germania e una radicale riforma agraria, basata sull'esproprio dei latifondi e sulla distribuzione gratuita delle terre ai contadini. A metà giugno scoppiarono manifestazioni popolari contro la guerra. Il governo attribuì la responsabilità di tali episodi al disfattismo dei bolscevichi di cui ordinò l'arresto dei dirigenti del partito bolscevico e dello stesso Lenin, che però riuscì a fuggire in Finlandia. La guida del governo fu affidata allora al socialista rivoluzionario Aleksander Kerenskij. Ma la debolezza del suo governo emerse chiaramente alla fine di agosto, quando Kornilov, il comandante in capo dell'esercito, tentò di instaurare una dittatura. Il colpo di stato venne sventato dalla resistenza armata organizzata dai bolscevichi.
La rivoluzione d'ottobre e la guerra civile
La conquista del palazzo d'inverno
Ormai i bolscevichi e Lenin godevano di un consenso assai ampio del paese. A questo punto i bolscevichi decisero di passare all'azione. Nella notte tra il 24 e 25 ottobre le guardie rosse guidate da Lev Davidovic Trockij, assunsero il controllo di Pietrogrado e conquistarono il palazzo d'inverno, sede del governo Kerenskij. Il potere fu assunto da un consiglio dei commissari del popolo, presieduto da Lenin, e il 26 ottobre fu proclamata la nascita della repubblica sovietica. Fu subito convocato il congresso dei Soviet, che approvò tre decreti preparati da Lenin: immediate trattative di pace con la Germania; abolizione della proprietà privata e distribuzione delle terre ai contadini; formazione di un governo provvisorio di bolscevichi. Nei mesi successivi venne imposto per legge il controllo degli operai e degli impiegati sulle fabbriche e fu decretata la nazionalizzazione delle banche, che divennero così di proprietà statale.
L’Inizio della dittatura bolscevica
Il 25 novembre 1917 si svolsero le elezioni per l'assemblea costituente, che avrebbe dovuto redigere una costituzione del nuovo Stato. La maggioranza assoluta fu conquistata dai socialisti rivoluzionari. Quando l'assemblea costituente si riunì per la prima volta, il congresso dei Soviet, controllato dai bolscevichi, e il governo, presieduto da Lenin, ne decretarono l'immediato scioglimento con il pretesto che non rappresentava l'autentica volontà popolare. Con questo atto arbitrario Lenin e il partito comunista assunsero il potere, dando vita alla dittatura del proletariato. Nel marzo del 1918 la Russia firmò con la Germania la pace di Brest-Litovsk, con la quale perse l’Ucraina, Polonia, Lettonia, Estonia, Lituania e Finlandia, nonché alcuni territori del Caucaso a favore della Turchia. L'umiliante pace conclusa con i tedeschi scatenò una violenta opposizione contro il governo che favorì la ripresa delle forze conservatrici e antirivoluzionarie.
Il comunismo di guerra
Nella primavera del 1918 si verificarono in Russia numerosi episodi insurrezionali contro il nuovo regime. Le potenze occidentali contribuirono alla creazione di eserciti controrivoluzionari in Siberia, sul Volga, in Ucraina, sul Baltico. Si trattava della cosiddetta Armata Bianca, formata da truppe e ufficiali fedeli allo zar, che riuscì, tra il 1918 e il 1919, a imporre il proprio controllo su vasti territori, in cui vennero costituiti governi provvisori. All’ Armata Bianca i Bolscevichi opposero l’Armata Rossa, guidata da Trokij. Durante la sanguinosa guerra civile il governo sovietico adottò misure assai drastiche in campo economico, indicate con il nome di comunismo di guerra: l'industria fu nazionalizzata e sottoposta al controllo statale; la produzione agricola fu requisita e la distribuzione dei generi alimentari fu razionata. In questo clima di forti tensioni, lo zar Nicola II e i suoi familiari furono uccisi dalle guardie rosse per il timore che potessero essere liberati dalle forze controrivoluzionarie mentre erano tenuti prigionieri in una cittadina degli Urali. La guerra civile si fece allora ancora più spietata, e per sottolineare il distacco dal passato regime il governo sovietico abbandonò Pietrogrado e scelse Mosca come capitale del nuovo Stato.
Pagina 1 di 3

Esempio