Paestum

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Paestum

Scrivere la storia di Paestum , anche se in breve, è sempre molto difficile. Resta compito e materia esclusiva, a parere, degli archeologi e degli studiosi. Per i turisti riteniamo di poter esporne, peraltro senza pretesa di far testo, le nozioni più semplici. Scrivere la storia di Paestum , anche se in breve, è sempre molto difficile. Resta compito e materia esclusiva, a parere, degli archeologi e degli studiosi. Per i turisti riteniamo di poter esporne, peraltro senza pretesa di far testo, le nozioni più semplici. A maggior ragione il territorio, verso la metà del VII secolo a.C., non poteva non presentare nuclei di abitanti locali i quali, evidentemente non organizzati, non seppero opporsi all'arrivo di coloni greci (achei provenienti da Sibari come dicono i più). I Greci, forti forse di precedenti frequentazioni e cognizioni sulla pianura, dopo essersi assicurati un avamposto fortificato in vicinanza del mare, vi fondarono intorno al 600 a. C. una città che chiamarono Poseidonia in onore del dio del mare.
I Posidoniati edificarono contemporaneamente un santuario (Heraion), poco più a nord, neipressi della foce del Sele, oltre che per il culto della loro Hera di Argo, probabilmente per strategia difensiva nei confronti degli Etruschi che si erano già insediati al di là del fiume nell'agro picentino e che costituivano pericolo di potenza più vicina ed evoluta. Questo santuario divenne famoso in tutto il mondo greco tanto che entrò nel mito e, come narra Strabone, se ne attribuiva la fondazione a Giasone con i suoi Argonauti.
Poseidonia, difesa da mura poderose (le più imponenti e meglio conservate dell' antichità), man mano rafforzate, con quattro porte ai punti cardinali, grazie alla felice posizione geografica aperta alle vie di traffico, ai corsi d'acqua ed alla fertilità del suolo, raggiunse in breve tempo - nell'età classica - un notevole grado di ricchezza e di conseguente fervore artistico culturale che culminò nel giro di un secolo circa nella costruzione di tre splendidi templi dorici, eredità impareggiabile di tutta la civiltà grecaLa magnificenza di questa colonia suscitò presto mire di conquista nei Lucani, popolazione italica dell'interno, che la occuparono intorno al 400 a.C. mutandone il nome in Paistom. I Lucani, pur non raggiungendo il livello culturale del periodo greco, vi continuarono attività civili e militari a lungo, tranne una breve parentesi in cui i Greci d'Italia, con-federati sotto la guida di Alessandro il Molosso, zio di Alessandro Magno, li sconfissero in una battaglia proprio presso Poseidonia nel 332 a. C. Ne riprendono possesso nel 326 a.C., in seguito alla battaglia di Pandosia in cui morì Alessandro.
Ben altra potenza intanto andava espandendosi lungo la Penisola: Roma. Divenuta incontrastata padrona di queste regioni, dopo la guerra contro Pirro, nel 273 a.C. Roma vi fondò una colonia latina e diede alla città il nome Paestum. Il senato romano ebbe sempre in grande considerazione questa città perchè ne aveva avuto aiuti, soprattutto in vettovaglie, durante la guerra contro Annibale.
I Romani arricchirono la città di grandi edifici tra cui il portico del Foro, le terme, l'Anfiteatro ed il cosiddetto Tempio della Pace. Paestum prosperò fino al tardo impero; per le mutate esigenze politiche di Roma, rivolte verso l'Oriente, come molti centri costieri, la città cominciò a cadere in una crisi irreversibile fino a che i suoi abitanti si ridussero ad una esigua comunità, convertita al Cristianesimo, concentratasi nelle vicinanze del Tempio di Cerere, mentre altri salivano le colline vicine per sfuggire alla malaria che vi si era diffusa nonchè alle incipienti incursioni dei Saraceni.
Si spiega così il sorgere di una città in collina che, nel medioevo, tra il IX ed il XIII secolo, ebbe importanza commerciale e strategica specialmente durante il periodo imperiale di Federico Il, e che sostituì ed assunse quasi quello che era il ruolo di Paestum nell'antichità Questa città ebbe il nome di Caput Aquis perchè sovrastava le ricche sorgenti di Capodifiume, già sede di culti nel periodo greco e romano, e oggi ricordata dai locali cittadini col nome "Capaccio Vecchio".
In seguito alla partecipazione alla congiura dei baroni contro il grande imperatore, Capaccio fu assediata da Federico Il che la espugnò e distrusse nel 1246.
Dopo l'abbandono, di Paestum non si parlò più per secoli pur se i suoi templi si ergevano sempre solenni tra la fitta vegetazione e ben visibili dal mare. Un pò di merito per la riscoperta va ascritto a scrittori e poeti del '500 e '600 che, con le loro citazioni su monumenti e caratteristiche del luogo, ne risvegliarono interesse e curiosità.
Ma la "riscoperta" vera e propria ha inizio nella prima metà del '700 quando scrittori, poeti ed artisti di molte nazionalità (tra i quali Goethe, Shelley, Canova, Piranesi) cominciarono a frequentare e ad interrogare le vestigia della rinomata città greca - moda conosciuta sotto il nome di "Grand Tour" - diffondendone la fama per tutta l'Europa. L'effetto immediato di questo fenomeno condizionò tutta la cultura europea, infatti è facilmente riscontrabile che tutta l'architettura neoclassica, non solo del vecchio continente ma persino di quello americano, è stata influenzata dallo stile dorico dei templi di -Paestum. Il fatto è stato evidenziato recentemente da una mostra che ha viaggiato dall'America all'Italia sotto il significativo nome "La Fortuna di Paestum".

Santuario
Per sfuggire alla malaria e alle incipienti incursioni dei saraceni la gente di Paestum fonda sulle colline vicine la città medievale Capaccio ( dal latino Caput Aquis per la presenza alle sue falde di sorgenti d’acqua del fiume Accio).
Nel X secolo fu iniziata la costruzione del maestoso tempio che domina tutta la Piana del Sele ed avendovi il vescovo posto la sua residenza, divenne cattedrale della diocesi di CAPACCIO- PAESTUM. La prima testimonianza della esistenza di questo antico Tempio detto di S. Maria Maggiore sul Calpazio risale al 1047 quando Bella, figlia di Griso e moglie di Laudone, ne fa menzione nel suo testamento.
La chiesa, posta al limite del borgo di Capaccio Vecchio, fu edificata con la tipica struttura delle chiese romaniche a tre navate, la centrale più alta con tetto a due spioventi e le due laterali più basse con tetto ad unica falda. Le tre navate incrociano sul fondo un transetto con tre absidi posto ortogonalmente ad esse. Oltre alla chiesa, l'insieme architettonico comprende, un massiccio campanile con monofore a guisa di feritoie, testimonianza delle antiche fortificazioni, ed alcuni volumi di epoche successive e formanti una piccola cittadella conventuale con refettorio, sale comuni, celle, ecc.. Numerosi manufatti interni, quali ad esempio il pavimento del transetto, Sono stati realizzati utilizzando materiali di spoglio provenienti dall'antica città di Paestum e dalla Capaccio bizantina e prefedericiana. Vanno inoltre ricordati il bel pulpito marmoreo con affreschi (XV sec.), l'ampia monofora, posta ad oriente, dell'abside maggiore (XIII sec.) ed in ultimo un'unica marmorea in cui furono riposte le reliquie di San Matteo Apostolo, ritrovate sotto le mura dell'antica Velia e traslate nel 954 nella Cripta del Duomo di Salerno.
Le navate laterali furono abbassate proprio per innalzare gli ambienti superiori e sono state ricoperte con volte neogotiche a crociera, ciò è ancora più evidente osservando il rilievo degli archi a tuffo sesto nelle navate laterali all'altezza del transetto, ridotti notevolmente dalla crociera successiva.
La navata centrale conserva la copertura a capriata, certamente più volte rifatta ed integra nel suo sviluppo originario.
lì transetto triabsidato e il corpo della Madonna del Granato non sono perfettamente perpendicolari fra loro, inoltre non ha una pianta rettangolare, ma è più simile a una forma quadrilatera romboidale.
lì pavimento del transetto è costituito da marmi policromi in frammenti di spoglio di epoca romana, ridotto dalle successive manomissioni ad una forma circolare.
La decorazione corrisponde a quelle dei numerosi pavimenti precomaschi diffusi nel Medioevo da Montecassino ad Amalfi a Salerno.
Nella navata centrale, all'altezza della quinta campata, si ammira il pergamo decorato con dischi e lastre marmoree: l'unica compiuta architettura romanica che non abbia subito sostanziali rimaneggiamenti.
Il tipo di decorazione è simile per gusto ed effetto cromatico a quel frammento di tarsie marmoree visto nel transetto. Il pergamo sorretto da tre colonnine di spoglio e da un muro su due lati contigui che assorbe le spinte della piccola crociera su cui poggiano le balaustre.
V'è ancora traccia, nel piccolo ambiente formato dalle colonnine e dalla crociera, di un'acquasanticra e di una croce ad intonaco nella parete. Sul muro laterale un affresco della prima metà del XV sec. Raffigurante 5. Biagio in paramenti vescovili. .I marmi che rivestono gli archi recano delle scritte a carboncino in caratteri gotici e il disegno di una madonnina.
Sul lato destro del transetto, superato un piccolo vano, si accede ad un ambiente absidato, a pianta quadrata, coperto da una pseudocupola impostata su pennacchi generati da una crociera.
Si tratta di una cappella del XIII sec. Innalzata successivamente al corpo principale della chiesa e addossata ad un lato del transetto.
Per aver dato "ospitalità" alla "congiura dei baroni" contro l'imperatore, la Capaccio Vecchia fu distrutta dalle armate di Federico TI nel 1247. Alcuni
cittadini rifugiatisi nella vicina terra di 5. Pietro, diedero inizio al nuovo centro cittadino detto appunto Capaccio Nuova.
L'interesse dell'antica cattedrale di 5. Maria del Granato è dovuto sia alla sua splendida posizione sull'ampio golfo di Salerno, che alle antichissime origini. Infatti, prima del tempio cristiano vi sorgeva uno pagano (le cui origini affondano nella leggenda Greco-Romana) ed era dedicato a Giunone cui era sacro il melograno.
Nella vetusta cattedrale, era venerata la Madre di Dio con il titolo di 5. MARIA MAGGIORE, dopo il XIII - XIV secolo subentrò quello di 5. MARIA DEL GRANATO (ne fanno testo alcuni sarcofagi episcopali conservati nella cripta della cattedrale di Salerno). Il grandioso tempio di stile romanico, molto compromesso per la vetustà delle strutture, restò come luogo di culto insigne, a custodire la memoria dell'antico insediamento, in una posizione dominante rispetto alla piana di Paestum e da essa sempre visibile tanto da costituire elemento caratterizzante emergente dalla roccia affiorante della montagna.
La ristrutturazione risale al grande restauro del 1708 ad opera del Vescovo di Capaccio Mons. Francesco Nicolai. Nel 1836 un altro vescovo di Capaccio Mons. Michele Barone iniziò la costruzione di un edificio annesso al tempio affinché alcuni prelati ivi residenti intensificassero il culto del Santuario.
Di recente, negli anni 80 - 90, anche a seguito della riscoperta da parte di studiosi ed autorità del complesso di Capaccio Vecchia, (per tutti basta citare la campagna di studi condotta nel 1973 dall'istituto di Filologia e Storia Medievale dell'Università di Salerno, in collaborazione con l'Istituto di Storia della Cultura dell'Accademia Polacca delle Scienze) sono state ripristinate le coperture del Monumento ed eseguiti importanti lavori di restauro e di consolidamento statico che hanno impedito l'ulteriore degrado delle strutture ormai fatiscenti.
Il 23 marzo 1991 S.E. Rev. ma Mons. Rocco Favale, vescovo di Vallo della Lucania riconsacrava l'altare maggiore, dopo l'ultimo restauro all'antico Santuario
Attualmente, meta continua di pellegrini provenienti da ogni luogo, il Santuario è affidato alle cure di un religioso dell'Ordine dei Carmelitani dell'Antica Osservanza.

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