Impressionismo

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

L’IMPRESSIONISMO

A partire dagli anni settanta dell’Ottocento, le esperienze di Degas, Monet, Renoir e per certi aspetti dello stesso Manet - che non ha mai partecipato alle esposizioni di gruppo - vengono generalmente riferite al denominatore comune impressionista. Del gruppo Degas era il più vicino a Manet per una certa diffidenza verso la pittura “en plein air”.
Anche Renoir, all’inizio, era stato piuttosto scettico sul principio di una pittura rigorosamente condotta “d’après nature”: pensava che in fondo il museo fosse ancora il luogo dove si imparava meglio a dipingere e guardava, un po’ di nascosto, a Ingres. Ma l’amicizia con Monet e soprattutto il lavoro in comune, contribuirono a definire il suo linguaggio sulla base di una tecnica a rapidi e brevi tocchi di pennello, con cui catturare la luce e l’effetto complessivo di una situazione naturale al di là della restituzione analitica dei dettagli.
Monet è il pittore che con maggiore radicalità ha applicato il principio del “plain air”. Ai suoi “esercizi di effetti di luce e di colore” si dedicava sistematicamente dagli anni sessanta, non soltanto in paesaggi di campagna, ma anche in vedute urbane. Quello del colore è il problema dominante in Monet: infatti, a differenza degli altri maestri impressionisti che non avevano mai del tutto abbandonato il disegno, o lo avevano tardivamente riscoperto, Monet rimase sostanzialmente fedele alla sua impostazione pittorica di partenza, concentrata sul colore lungo l’intero arco della sua attività.
Il termine impressionismo non si sa esattamente da dove derivi. Sembra che sia stato Edmond Renoir a protestare con Monet per i titoli, tutti uguali, delle sue opere, ma questi, senza scomporsi, gli rispose: “E lei metta ‘Impressione’”. Non è dato sapere con certezza se il termine “impressionismo” sia nato proprio in questa occasione o durante le discussioni al “Café Guerbois” o se abbia ragione Manet nel rivendicarne la paternità: sicuramente “Impression, soleil lévant” il quadro da cui tradizionalmente si fa discendere il nome del movimento, è uno straordinario dipinto, tecnicamente rivoluzionario. Secondo un’altra versione, a Parigi, nello studio del fotografo Nadar, un gruppo di artisti, (tra cui Monet, Renoir. Pissarro, Cezanne, Degas) Leroy, un critico d’arte, ironizzando sul titolo dell’opera di Monet, li chiamò ironicamente Impressionisti. Solo nel 1877, in occasione della terza esposizione, il termine fu fatto proprio dagli stessi artisti, che intitolarono la collettiva “Exposition des Impressionistes”, e da allora è divenuto di uso corrente in arte.
Quando nel 1847 gli Impressionisti presentano per la prima volta le loro opere come gruppo, nel Salon domina ancora il sistema espositivo francese. Per gli artisti la migliore possibilità di ottenere credito presso il grande pubblico e la più importante occasione di vendita era appunto rappresentata dal Salon, giacché le opere premiate erano acquistate dallo Stato o dai collezionisti a prezzi in genere elevati. Il Salon, baluardo della tradizione e dell’accademismo; è sostenuto dalla borghesia parigina che, trionfante dopo il 1830, ricerca nella pittura ufficiale la conferma dei valori su cui fonda la propria forza; il patriottismo, la virtù civica, gli affetti familiari, la fede tenace nel lavoro. Analogamente, la Terza Repubblica cerca la propria legittimazione storica nella celebrazione di episodi eroici del passato fatti rivivere dalla “pittura di storia”, così come si impegna nella ricostruzione di edifici pubblici quali il Municipio e la Sorbona, sede dell'università, distrutti durante la Comune. Gli artisti, vincitori dei premi annuali al Salon, si spartiscono le commissioni di Stato per gli edifici pubblici, per i ritratti ufficiali e per i quadri a soggetto storico, mentre la pittura di paesaggio è ancora considerata di secondo ordine.
Nel contesto dei privilegi e delle garanzie elargite dal Salon, l’apparizione tra gli anni sessanta e settanta di artisti che si pongono al di fuori dell’arte ufficiale suscita scandalo e riprovazione, persino al di là delle loro intenzioni. Basti pensare che nel 1863 la produzione artistica francese è tale che ben 4000 opere sono rifiutate dalla giuria, sollevando l’indignazione dei pittori esclusi. Napoleone III, atteggiandosi a sovrano “illuminato”, ordina allora l’apertura di nuove sale nel Palais de l’Industrie, sede del Salon, per accogliere i cosiddetti “rifiutati”. Nasce così il “Salon des Refusés”, per “benevola” decisione dell’imperatore, non per iniziativa diretta degli artisti innovatori.
Le basi del linguaggio degli Impressionisti si trovano in un modo diverso di restituire sulla tela gli effetti della luce e delle ombre. L’esperienza della pittura “en plein air” mostra che le zone in ombra non sono semplicemente più scure di quelle illuminate, né senza colore. Studiando i colori in ombra nell’osservazione diretta della natura, gli Impressionisti (in particolare Monet, Renoir, Pissarro, Sisley) si rendono conto che è possibile produrre l’effetto della terza dimensione senza ricorrere ai neri che tradizionalmente servivano per evidenziare i volumi attraverso le ombre, ma utilizzando colori puri accostati con rapidi tocchi di pennello che catturano la luce, ottenendo al tempo stesso un effetto di luminosità molto più brillante e schiarendo notevolmente la tavolozza.

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