Astronomia e scienze della terra

Materie:Appunti
Categoria:Scienze

Voto:

1 (2)
Download:774
Data:11.09.2008
Numero di pagine:59
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
astronomia-scienze-terra_1.zip (Dimensione: 89.08 Kb)
trucheck.it_astronomia-e-scienze-della-terra.doc     652.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

APPUNTI DI SCIENZE DELLA TERRA CLASSE V
MODULO 1: COSMOLOGIA
ASTRONOMIA: scienza antica che studia le caratteristiche e i movimenti dei corpi celesti.
MOTIVI:
1. PRATICO: osservando il movimento degli astri si poteva scandire il tempo;
2. a livello di navigazione, alcuni astri fissi nel cielo potevano indicare la direzione, come ad esempio la stella polare che indica il Nord, ed è sempre fissa; altre stelle invece di notte subiscono delle rotazioni;
3. l’uomo per la sua natura vuole conoscere e individuare le leggi per capire e conoscere; vuole sapere perché oggi l’universo è così e come potrà essere in futuro, studiandone quindi l’ORIGINE, il PRESENTE e l’EVOLUZIONE.
ASTROFISICA: settore dell’astronomia che studia l’evoluzione degli astri e dell’universo. Nasce con la teoria della Relatività e la fisica quanti (es: fotoni) la quale afferma che la materia ha sia massa che energia. Il suo scopo è scoprire come è nato l’universo, la sua attuale struttura e la sua futura evoluzione, perché all’uomo interessa conoscere sia la sua origine, sia ciò che lo aspetta.
COSMOLOGIA: branca della scienza a cui non può essere applicato il metodo scientifico galileiano perché non si possono fare esperimenti o se invece si riesce a osservare un fenomeno non lo si può riprodurre, come per esempio la nascita di una stella. Non è possibile sapere se ciò che noi osserviamo sia estendibile agli altri universi, ovvero se ci siano o meno delle leggi uguali per tutti gli universi; rimangono ancora delle domande aperte. Si cerca comunque di formulare della leggi, dei modelli, per descrivere un fenomeno, anche se si corre il rischio di semplificare anche troppo questi modelli.
Rispetto al passato gli strumenti tecnologici sono molto cambiati, come i modelli stessi che vengono rimessi in discussione, e si parla quindi di CONOSCENZE DATATE.
Un tempo si credeva che l’universo fosse fisso e immutabile nel tempo e nello spazio, ora invece si ha una visione dinamica.
La TEORIA COSMOLOGICA DEL BIG-BANG è la teoria che fino ad oggi meglio descrive la nascita dell’universo: secondo questa teoria molto tempo fa è avvenuto un grande scoppio e da quel momento l’universo, prima concentrato in un punto, ha cominciato a espandersi; man mano che è avvenuta l’espansione, si è verificata una graduale diminuzione della temperatura che ha contribuito alla formazione dei primi nucleoni (particelle subatomiche come protoni e neutroni) da cui si sono formati prima gli atomi leggeri, poi quelli più pesanti (tramite la fusione nucleare). Quindi si sono formate tante stelle che si sono raggruppate andando a formare le GALASSIE.
LEGGE di HUBBLE
Nel 1929 Hubble, astronomo americano, osservò negli spettri di alcune galassie un sistematico spostamento verso il rosso (RED Shift, vedi focus a fondo pagina), ne dedusse quindi secondo l’effetto Doppler che le galassie si stanno allontanando alla velocità di migliaia di km/s. dedusse inoltre che questo spostamento verso il rosso aumenta all’aumentare della distanza. Formulò quindi una legge, nota come Legge di Hubble che afferma che le galassie si stanno allontanando con velocità tanto maggiore quanto più sono lontane. Questa legge è sintetizzabile nell’equazione: V=H·d, dove V è la velocità, d la distanza e H la costante di Hubble. Il valore di questa costante è al momento ipotizzabile tra 80 e 50 (km/s per 3.26 milioni di anni luce.)
Poco dopo il momento in cui l’universo si è plasmato, si sono formate le stelle che tutt’ora si allontanano con un moto di recessione (di allontanamento) lineare. La legge mette dunque in relazione la velocità di recessione delle stelle che è direttamente proporzionale alla distanza moltiplicata per la costante di Hubble: più la stella è lontana, più la velocità di recessione è grande.
Un esemplificazione della Legge di Hubble è la prova del palloncino:
prendiamo un palloncino su cui disegniamo molti punti, alcuni più vicini altri più lontani tra di loro; gonfiando il palloncino; dimostro la legge di Hubble: la distanza tra due punti aumenta con una certa velocità non costante; se prendo due punti particolarmente lontani tra di loro noto che la loro velocità di recessione è maggiore di quella che si ha tra due punti vicini tra di loro, perché la distanza tra di loro è maggiore. Possiamo anche osservare che nessun punto è al centro del palloncino, quindi dell’universo, e che ogni punto si allontana da un altro punto.
FOCUS: RED SHIFT
Tutte le galassie sembrano allontanarsi da noi, infatti la radiazione che esse emettono e' spostata verso il lato rosso dello spettro, cioè presentano il fenomeno del RED SHIFT. Quando una sorgente si avvicina o si allontana da un osservatore, la luce che essa emette si comporta come le onde acustiche. E' noto che quando un treno si avvicina il suo fischio diventa più acuto, perché le onde arrivano ad intervalli sempre più brevi man mano che la sorgente si avvicina; viceversa
Il tono diventa più grave quando il treno si allontana. Questo è l’ “effetto Doppler”, dal nome del fisico che lo scoprì.
Ciò accade in quanto l'intervallo di tempo fra due onde successive diminuisce e quindi il numero di onde che riceviamo ogni secondo (cioè la frequenza) aumenta.
Tale effetto funziona altrettanto bene per la luce, la quale, a differenza del suono, è un’onda che viaggia perfettamente nel vuoto.
Quando una sorgente di luce è in movimento, osserviamo che il suo spettro si sposta verso il blu (a frequenze più alte) se è in avvicinamento, e verso colori a frequenza minore, cioè verso il rosso, se si sta allontanando.
Se la sorgente si allontana dall'osservatore, la lunghezza d’onda sembra aumentare e la frequenza diminuire; si ha lo spostamento della luce verso il rosso (appunto il “Red Shift”). Lo spostamento è direttamente proporzionale alla velocità della sorgente luminosa.
Il Red Shift si calcola per mezzo di alcune righe spettrali facilmente identificabili, misurando la differenza tra la loro lunghezza d'onda e quella che avrebbero se venissero emesse da una sorgente in quiete.
Ma cosa si forma tra un punto e l’altro mentre l’universo si dilata? Forse della materia che va a riempire questo spazio? Se sì, man mano che la massa dell’universo aumenta, aumenta la densità e l’attrazione gravitazionale, se no si avrebbe una dilatazione continua. Questa materia che si è formata attira tutta la materia che c’è intorno ad essa, e quindi c’è una concentrazione dell’universo, ovvero si possono formare altre galassie.
Se due galassie sono attualmente a una certa distanza misurabile e con una certa velocità, possiamo ricavare il tempo in cui i due punti erano uniti: V = d/T; T = d/V = d/H·d = 1/H. questo intervallo di tempo è più o meno di 15-20 miliardi di anni, verificando sostituendo diverse distanze e è il tempo in cui tutti i punti erano uniti in un unico punto quando poi è avvenuto il big - bang.
Nel 1965 due tecnici delle telecomunicazioni, Wilson e Penzias, mentre stavano aggiustando un’antenna, hanno scoperto la radiazione cosmica di fondo: in pratica l’antenna risultava sempre disturbata da questa radiazione, che non cambiava in base al giorno o la notte, o in base ai vari mesi, giorni o settimane, e quindi ciò significava che ciò non poteva dipendere da disturbi esterni legati al tempo e allo spazio in cui veniva posizionata. L’antenna funzionava bene. La RADIAZIONE COSMICA di FONDO è una radiazione poco energetica che è sempre presente e ovunque, indipendentemente dal tempo e dallo spazio; è un residuo fossile della radiazione del big – bang, è rilevabile attraverso i telescopi ed è corrispondente ad una temperatura di 3 K. Questa scoperta ha segnato un duro colpo per la teoria dello spazio stazionario che non è in grado di spiegarla.
DINAMICA della FORMAZIONE dell’UNIVERSO
Il più accreditato è il MODELLO INFLAZIONARIO, così chiamato perché è avvenuta un’inflazione, ovvero una rapida crescita.
Questa teoria è divisa in diverse fasi:
1. 1^ fase: da t=0 sec a t=10^-43 sec, dove nel momento t=0 si è verificato lo scoppio. In questo lasso di tempo tutte le entità fisiche sono infinite: temperatura e densità. Il sistema è in uno stato di singolarità, ovvero non esiste spazio e tempo e quindi non può essere descritto attraverso le conoscenze dell’uomo. La dimensione dell’universo è di 10 miliardi di volte più piccolo di un protone, ma assume già la forma di una sferetta, mentre in t=0 è semplicemente un punto. Tutte le forze fondamentali (gravità, forza elettromagnetica e nucleare) sono unite e non sono separabili: è la teoria di GUT. Questa prima fase prende il nome di ERA di PLANCK, l’era dove niente può essere descritto fisicamente ma può essere solo immaginato.
2. 2^ fase: da 10^-43 sec a 10^-36 sec : la forza gravitazionale si separa dalle altre forze e comincia a dare i suoi effetti, ovvero contrasta la recessione, e inizia a formarsi la MATERIA, costituita da QUARK (particelle pesanti) e LEPTONI (particelle leggere , corrispondenti agli elettroni) e contemporaneamente si forma l’ANTIMATERIA come per esempio il POSITRONE (antiparticella dell’elettrone). Ogni particella di materia ha la sua particella di antimateria e quando entrambe si avvicinano avviene il processo di ANNICHILAZIONE, ovvero la fusione di materia e antimateria. Quando si ha questo processo, scompare tanta massa e si forma l’ENERGIA, quindi si passa dalla massa alla formazione di FOTONI ENERGETICI, rispettando la legge di Einstein, E=mc².
3. 3^fase: da 10^-36 sec a 10^-32 sec = GRANDE INFLAZIONE: si ha un’espansione esponenziale delle dimensioni dell’universo con una velocità superiore alla velocità della luce. L’energia gravitazionale è separata e contrasta la recessione, allora perché si ha questa grande inflazione, crescita? Per un processo di CAMBIAMENTO di FASE dell’universo che ha comportato un’espansione indipendente dalla forza di gravità. L’espansione dà luogo a un raffreddamento tale da provocare il cambiamento di fase anche grazie a un SOVRARAFFREDDAMENTO, che è un processo rapidissimo ma dove la formazione non è omogenea, ovvero in alcuni punti si ha un sovra raffreddamento non omogeneo ad altri punti. La dimensione dell’universo alla fine di questa era è all’incirca simile alla grandezza di una mela.
4. 4^fase: da 10^-32 sec a 10^-3 sec = DEFINITIVO DISACCOPPIAMENTO delle FORZE che prima erano unite, quali la forza elettromagnetica e quella nucleare. La materia continua a trasformarsi in energia, meno frequentemente avviene la reazione inversa ma avviene. Le particelle pesanti Quark a queste temperature basse non possono resistere indipendenti e con l’annichilimento si formano i PROTONI e i NEUTRONI, le particelle di materia stabili.
5. 5^ fase: da 10^-3 sec a 1 sec: rimane solo la materia e le condizioni di pressione favoriscono la formazione di altra materia.
6. 6^ fase: da 1 sec a 30 minuti: formazione dei NUCLEI STABILI, dove il protone si circonda di neutroni; si forma l’idrogeno sotto forma di deuterio (isotopo formato da 1 neutrone e 1 protone) e si ha anche la formazione dell’elio. È presente una grande quantità di FOTONI, energia che fa muovere tutti gli elettroni molto velocemente.
7. 7^ fase: da 30 minuti a 300 mila anni dopo il big – bang ---> UNIVERSO OPACO: si hanno i 2 nuclei del deuterio e dell’elio stabili; tº= 4000 K per la fusione dell’idrogeno in elio; si ha una grande densità di elettroni che formano una NUBE ELETTRONICA dove la luce non si può diffondere.
8. 8^ fase: tempi successivi a 300 mila anni dopo il big - bang: la temperatura (tº) diminuisce ulteriormente e anche l’energia cinetica diminuisce; gli elettroni rallentano il loro moto e essendo carichi negativamente vengono attratti dai nuclei che formano una NUBE DENSA di ATOMI, con la formazione di atomi neutri. L’universo passa dallo stato IONIZZATO allo stato TRASPARENTE e si hanno anche i nuclei condensati nelle prime stelle. La temperatura aumenta, la pressione aumenta e si possono formare gli elementi pesanti, come ad esempio il neon e il silicio. La materia e l’energia sono completamente SEPARATE e si ha la FUSIONE NUCLEARE solo nelle stelle.
Si è però scoperto che l’universo ha dimensioni di molto maggiori rispetto a quelle ipotizzabili seguendo queste fasi; ciò significa che nel giro di poco tempo questo modello non sarà più valido. È probabile che sia stato commesso un errore nell’era di Planck, dove potrebbero già esserci state delle interazioni, ma purtroppo questa era rappresenta un lasso di tempo non descrivibile e non trattabile con la fisica attuale.
IL FUTURO dell’UNIVERSO:
Si sono formulate 2 ipotesi:
1) UNIVERSO APERTO: se la densità è inferiore al valore critico avremo un universo in continua espansione, le stelle si spegneranno dopo aver consumato tutto il loro combustibile e il cosmo diventerà un immenso cimitero buio;
2) UNIVERSO CHIUSO, se la densità è superiore a quella critica e la forza gravitazionale riuscisse a contrastare l’espansione, le galassie si fermeranno per poi invertire il senso di movimento e dando inizio alla contrazione dell’universo. Si avrebbe un progressivo aumento della temperatura con la conseguente riaccensione dei processi di fusione nei nuclei delle stelle che diventerebbero molto più calde, tutti gli elementi si dissolverebbero e tutto precipiterebbe nello stato primordiale. A questo punto si potrebbe avere un nuovo big bang oppure sarebbe la fine dell’universo.
LA RELATIVITÀ RISTRETTA
Nel 1905 Einstein pubblicò il primo di due importanti studi sulla teoria della relatività, in cui negava l'esistenza del moto assoluto. Egli sosteneva infatti che nessun oggetto dell'universo potesse rappresentare un sistema di riferimento assoluto e universale, fisso rispetto al resto dello spazio. Al contrario, qualsiasi corpo (ad esempio, il centro del sistema solare) poteva costituire un buon sistema di riferimento, per lo studio delle leggi che regolano il moto dei corpi.
Il principio di relatività einsteiniana
Secondo Einstein, dunque, il movimento è un concetto relativo, che può essere descritto in qualsiasi sistema di riferimento inerziale, e tutti gli osservatori che descrivono i fenomeni fisici in tali sistemi di riferimento pervengono alle medesime leggi di natura. È questa l'ipotesi fondamentale, nota come principio di relatività einsteiniana, su cui poggia tutta la teoria di Einstein: per due osservatori in moto relativo uno rispetto all'altro a velocità costante valgono le medesime leggi della natura. Le osservazioni di Einstein erano già state in qualche modo stabilite da Newton, il quale affermava che "il riposo assoluto non può essere determinato dall'osservazione della posizione dei corpi nella nostra regione di spazio". Ma la novità geniale introdotta da Einstein consiste nell’aver stabilito che la velocità di propagazione della luce rispetto a un qualsiasi osservatore è sempre la stessa, ed è pari a 300.000 km/s. Il concetto di invarianza della velocità della luce veniva mutuato dalle equazioni di Maxwell, nelle quali la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche – dunque anche della radiazione luminosa – è una “costante naturale”, che non varia se i fenomeni sono descritti in sistemi di riferimento diversi.
Secondo Einstein, dunque, due osservatori in moto uno rispetto all'altro, misurano la medesima velocità della luce, come dimostrato dall'esperimento di Michelson e Morley. L’ipotesi è in netto contrasto con la fisica classica, secondo la quale solo uno di essi si sarebbe potuto considerare a riposo, mentre l'altro compirebbe un errore di misura dovuto alla contrazione di Lorentz-Fitzgerald. Per Einstein, invece, entrambi gli osservatori possono essere considerati a riposo, e ciascuno esegue correttamente la propria misura, assumendo il proprio sistema di coordinate come riferimento: queste coordinate però sono collegate le une alle altre mediante appropriate equazioni matematiche, le trasformazioni di Lorentz, già introdotte per rendere invarianti le leggi dell'elettromagnetismo.
Le trasformazioni di Lorentz: spazio e tempo relativi
Come conseguenza dell’impossibilità di definire un moto assoluto, Einstein mise anche in dubbio la possibilità di definire un tempo e una massa assoluti.
Le trasformazioni di Lorentz infatti prevedono che un orologio in moto relativo rispetto a un osservatore appaia più lento, mentre gli oggetti materiali sembrino avere massa più grande, modificando entrambi il loro valore di una quantità pari al fattore â. Il principio di tempo assoluto della meccanica newtoniana fu dunque sostituito dal principio di invarianza della velocità della luce dallo stato di moto dell'osservatore.
L'elettrone, scoperto pochi anni prima, fornì la possibilità di verificare la correttezza delle trasformazioni di Lorentz; gli elettroni emessi dalle sostanze radioattive, infatti, hanno velocità prossime a quella della luce, tali cioè da far assumere al fattore â valori apprezzabili. Gli esperimenti confermarono le predizioni di Einstein; la massa di un elettrone dotato di velocità prossime a quelle della luce risulta maggiore della massa a riposo, esattamente nella misura prevista. L'incremento della massa dell'elettrone era dovuto alla conversione dell'energia cinetica in massa, secondo la formula E=mc2 . La teoria di Einstein fu confermata anche mediante esperimenti sulla velocità della luce in corpi d'acqua in movimento e sulle forze magnetiche in sostanze in moto.
L'abbandono del concetto di simultaneità comporta che due eventi registrati come simultanei da un osservatore non risultino tali a un secondo osservatore in moto rispetto al primo. In altre parole, non ha senso assegnare l'istante in cui avviene un evento senza definire un riferimento spaziale.
L'evoluzione di ogni particella o oggetto nell'universo viene perciò descritta da una cosiddetta linea universale in uno spazio a quattro dimensioni (tre per lo spazio e una per il tempo), detto spazio-tempo. La "distanza" o "intervallo" tra due eventi qualsiasi può essere accuratamente descritta per mezzo di una combinazione di intervalli di spazio e di tempo.
LE GALASSIE
Lo spazio celeste, visto da un osservatore idealmente posto al centro dell’universo, non apparirebbe uniforme, ma presenterebbe una grande quantità di vuoti e numerose macchia bianche. Tali macchie sono le GALASSIE, all’interno delle quali i corpi celesti vengono trattenuti da una sorta di forza gravitazionale.
Le stelle che noi possiamo osservare a occhio nudo fanno tutte parte della nostra galassia: la Via Lattea. In condizioni particolari (assenza di inquinamento luminoso) sono visibili anche le 2 galassie a noi più vicine: Andromeda e le Nubi di Magellano, percepibili come banchi di nebbia fitta e molto luminosa. (Andromeda si trova oltre 2 milioni di anni luce da noi, le nubi di Magellano sono invece + vicine, a circa 600mila anni luce).
All'interno delle galassie le stelle formano i cosiddetti ammassi stellari; ce ne sono di due tipi:
• AMMASSI APERTI: un esempio ne sono le Pleiadi, sono formati da stelle di popolazione I e materiale interstellare, sono piuttosto numerosi, sono tutte stelle giovani ma comunque piuttosto stabili e disposte disordinatamente.
• AMMASSI GLOBULARI: si trovano sull'alone galattico, sono formati da stelle di popolazione II e da scarse quantità di materiale interstellare; le stelle sono distribuite regolarmente a formare una sfera.

Vi sono poi gli ammassi galattici, formati dall'insieme di più galassie (la Via Lattea insieme ad altre 18 galassie forma il gruppo locale).
Ogni ammasso, stellare o galattico che sia, ha un suo centro attorno al quale tutto ruota(la via lattea intorno al cui baricentro ruota con tutte l altre galassie del gruppo locale).
Nelle galassie oltre alle stelle c’è il mezzo interstellare, un pulviscolo formato da polveri, gas e altro materiale (atomi e molecole di diversa provenienza, per lo più dalle esplosioni stellari)solitamente solido.
Le galassie si classificano in base alla loro forma:
• ELLITTICHE: all’interno di questi sistemi le stelle sono distribuite omogeneamente, occupano tutta la sfera è il mezzo interstellare è presente in minuscole quantità;
• A SPIRALE: formate da un centro (o nucleo) luminoso dal quale partono dei bracci. A loro volta si dividono in 2 gruppi: a spirale ordinata, che formano il gruppo S, formate dal nucleo e dai bracci che dal centro partono già curvati come nella Via Lattea; il secondo gruppo, chiamato SB, è quello delle galassie con i bracci che partono rettilinei dal nucleo
come prolungamenti del diametro e poi cominciano a curvare;
• IRREGOLARI: un esempio ne sono le Nubi di Magellano, non hanno una forma ben definibile geometricamente.
Le ragioni di queste forma non si sanno ma ogni galassia evolve nel tempo per quanto riguarda la sua forma quindi a definirne la morfologia possono concorrere diversi fattori.
La nostra galassia, la Via Lattea, nome datole da Galileo Galilei, è visibile nella volta celeste come una striscia bianca, all’interno della quale vi è un'enorme quantità di corpi celesti, tra i quali il sistema solare. Nella Galassia la stelle sono concentrate tutte su un piano, come se fosse un disco, sopra e sotto ce ne sono pochissime.
La spirale è costituita da un nucleo galattico e dai bracci, formati da polveri, gas e stelle di popolazione I: sono stelle giovani, formate quindi da materiale riciclato dall'esplosione di un' altra stella più antica (popolazione II), in loro si riconosce la presenza del ferro ma non di elementi più pesanti perché altrimenti il processo di fusione avverrebbe in maniera eso e non endoergonica e invece che produrre energia ne assorbirebbe. Dopo la morte della stella si forma una nebulosa dalla quale poi si formano nuove stelle, sempre di popolazione I.
Oltre a nucleo e ai bracci vi è poi l'alone galattico, ovvero tutto quel materiale che si trova fuori dal disco o tra i due bracci; l'alone è poco denso ed è costituito da stelle di popolazione II, sempre esistite(contengono solo elio e idrogeno).
Le stelle nelle galassie ruotano attorno al nucleo attratte dalla forza di gravità, quelle più vicine ruotano molto velocemente ma allontanandosi la velocità diminuisce gradualmente. La velocità è però molto maggiore di quella ottenibile solo applicando la forza gravitazionale, si è quindi giunti a ipotizzare l'esistenza di una seconda forza, simile a quella di gravità, che è artefice di questo movimento.
Il sole si trova all'estremo del braccio di Orione e impiega circa un anno galattico(200 milioni di anni) a completare un giro attorno al nucleo.
Nell’universo si è riscontrata la presenza di numerose radiosorgenti: alcune corrispondono a Supernovae, altre sono galassie molto lontane ma con un’emissione di onde radio talmente elevata che sono state chiamate radiogalassie. In alcune di queste vengono anche riscontrati improvvisi e violenti getti di materia che raggiungono lunghezze di alcune migliaia di anni luce. Dallo spazio ci giungono però anche altri segnali, che ci hanno rivelato la presenza di oggetti a dir poco straordinari che si trovano a distanze di alcuni miliardi di anni luce. Questi segnali che vengono captati sono emissioni radio di grande intensità e provengono da corpi di apparenza stellare chiamati Quasar (quasi stellar radio source). Sono tutti oggetti in veloce allontanamento e l’intensità delle loro emissioni ci indica che ognuno di questi corpi è migliaia di miliardi di volte più luminoso del sole. Non si è ancora scoperto quale possa essere la fonte di questa strabiliante energia.
MODULO 2: LE STELLE
1. LE COSTELLAZIONI E LA VOLTA CELESTE
I grandi popoli dell’Asia hanno radunato le stelle da loro visibili in costellazioni. Tali raggruppamenti sono dovuti solo alla prospettiva di osservazione, tra le stelle di una stessa costellazione non vi è alcun legame e possono essere anche molto lontane tra loro; tuttavia sono ancora oggi utilizzate per individuare alcune stelle, seppur approssimativamente in quanto ogni corpo celeste oggi si individua attraverso delle coordinate celesti.
Guardando il cosmo si ha come l’impressione che la Terra sia al centro di un’enorme sfera cava dove vediamo proiettati tutti gli astri. Questa Sfera Celeste sembra ruotare intorno alla terra da est a ovest ma in realtà è il nostro pianeta che ruota su stesso da ovest a est intorno a un asse il cui prolungamento a nord sfiora la Stella Polare.
Lo Zenit, o polo nord celeste, è il punto in cui la verticale innalzata sopra la testa di un osservatore qualunque incontra la volta celeste, mentre agli antipodi vi è il Nadir, o polo sud celeste.
ORIZZONTE CELESTE: circonferenza massima che divide la sfera celeste in emisfero superiore ed inferiore. Tale circonferenza è però tracciata in base alla posizione sulla terra dell’ osservatore che traccia un piano perpendicolare alla sua verticale e quindi potrà vedere solo un emisfero, che per lui sarà sempre quello superiore.
MERIDIANO CELESTE del luogo di osservazione: circonferenza massima di cui fanno parte Zenit e Nadir
2. DISTANZE ASTRONOMICHE
• UNITÀ ASTRONOMICA: usta entro i limiti del sistema solare; corrisponde alla distanza media Terra – Sole (149 milioni 600mila km);
• ANNO – LUCE: distanza percorsa in un anno da una radiazione luminosa che si muove alla velocità di 300mila km/s. tale distanza è di circa 9463 miliardi di anni;
• PARSEC: distanza di un punto dal quale un osservatore vedrebbe il semiasse maggiore dell’orbita terrestre perpendicolarmente sotto l’angolo di 1”; tale distanza corrisponde a circa 30900 miliardi di km.
3. LA LUCE
3.1. Frequenza, lunghezza d’onda e intensità. Propagazione
La luce è una radiazione elettromagnetica con tutte le sue caratteristiche: frequenza(numero di oscillazioni in un'unità di tempo chiamata periodo), lunghezza d'onda(distanza tra due creste consecutive), intensità(altezza delle oscillazioni).
Le onde meno energetiche sono quelle con una frequenza bassa e un'alta lunghezza d'onda, le radiazioni meno energetiche sono le onde radio, poi ci sono le onde termiche per arrivare a raggi x, raggi gamma che sono le + energetiche.
Le onde elettromagnetiche trasportano energia nello spazio; i raggi luminosi hanno comportamenti diversi a seconda del mezzo che attraversano:
• TRASPARENTE E OMOGENEO:il raggio lo attraversa;
• TRASPARENTE MA NON OMOGENEO: avviene il fenomeno della rifrazione, come nell'atmosfera;
• OPACO: la luce viene in parte assorbita e in parte riflessa se la superficie è liscia, se è ruvida si ha il fenomeno dello scattering(scomposizione).
3.2. La spettrografia
La spettrografia è una scienza nata nel 1600.
La luce è di colore bianco, per scomporla posso farla passare attraverso un prisma dando così luogo a uno spettro: i colori una volta scomposti, si dispongono sullo spettro da quelli con maggiore frequenza andando in ordine decrescente; le onde con maggiore frequenza e lunghezza d'onda minore, sono radiazioni calde e sono blu, le onde rosse invece sono quelle fredde, hanno frequenza bassa e una maggior lunghezza d'onda.
Ci sono diversi tipi di spettri:
• SPETTRI CONTINUI: emessi da corpi gassosi, incandescenti e ad alta pressione;
• SPETTRI di EMISSIONE: emessi da corpi gassosi incandescenti e a bassa pressione;
• SPETTRI di ASSORBIMENTO: emessi da fasci luminosi transitati all’interno di gas particolarmente rarefatti. Sono gli spettri delle stelle.
3.3. Gli strumenti per l’osservazione del cielo
3.3.1. TELESCOPIO: sistema di lenti che convogliano sul fuoco le onde visive captate
3.3.2. RADIOTELESCOPIO: antenna parabolica che capta le onde radio
3.3.3. SPETTROGRAFO: analizza gli spettri emessi dalle stelle
4. LE STELLE
4.1. Luminosità apparente, relativa e magnitudine
La diversa luminosità delle stelle è la caratteristica che ha suggerito di suddividere le stelle in classi sulla base del loro splendore, introducendo sei ordini di grandezze: la prima grandezza per le più luminose e la sesta per le più deboli. Oggi il termine grandezza è stato sostituito da MAGNITUDINE. Tra ognuna delle sei classi stabilite vi è una differenza di luminosità di circa 2.5 volte (una stella di magnitudine 2 è 2,5 volte più luminosa di un stella di magnitudine 3). Dato che alcuni corpi si sono rivelati più luminosi di quelli inseriti nella prima classe, si è passati all’utilizzo della classe 0 e delle magnitudini negative.
Una stella appare più o meno luminosa o perché effettivamente emette più o meno luce rispetto ad un’altra, oppure perché è più o meno lontana da noi. Le misure sopra citate si riferiscono quindi alla MAGNITUDINE APPARENTE. Per conoscere la LUMINOSITÀ INTRINSECA si ricorre quindi alla MAGNITUDINE ASSOLUTA, che corrisponde alla luminosità delle singole stelle se fossero tutte poste a una distanza da noi di 10 parsec. Il calcolo della magnitudine assoluta richiede però la conoscenza della distanza della stella e quindi si può applicare a un numero ridotto di corpi celesti. Tuttavia esiste una caratteristica delle stelle, gli spettri, che consente di suddividerle in una serie di classi; stelle appartenenti alla stessa classe hanno la medesima luminosità intrinseca.
4.2. Temperatura e classi spettrali
Lo studio dei corpi luminosi e lontani avviene con esami spettroscopici. Con l’impiego degli spettroscopi,ogni raggio luminoso dà origine a uno spettro, cioè a una striscia formata da bande con tutti i colori dell’iride, oppure da una serie di righe luminose, la cui posizione dipende dalla natura chimica della sorgente luminosa.
Esaminando le posizioni e gli spessori delle righe possiamo determinare gli elementi di cui è composto il corpo. Il tipo spettrale dipende però dalla temperatura e quindi dai colori, che altro non sono la rivelazione della temperatura superficiale.
Le stelle vengono quindi classificate in una serie di classi spettrali, ordinate in modo decrescente rispetto ai valori termici.
Queste classi sono: O B F G K M; la classe spettrale O comprende le stelle più calde (30000 – 60000 K) di colore bianco – azzurro, alla classe M appartengono invece le stelle più fredde (3000 K) di colore rosso. Il sole appartiene a una classe intermedia, quella delle stelle di colore giallo e con temperature intorno a 5000 – 6000 K. La luminosità delle stelle diminuisce con il calare della temperatura e quindi è possibile risalire dalla classe spettrale alla magnitudine assoluta della stella.
L’analisi spettrografica ha messo in risalto una notevole uniformità nella composizione chimica delle atmosfere stellari, formate per circa l’80% da elio e idrogeno, per la restante parte da materiali più pesanti.
4.3. Massa stellare
A seconda della quantità di massa, la velocità di combustione aumenta o diminuisce. Finita la combustione e quindi la fusione di H e poi di He si andranno a fondere atomi ottenendo metalli sempre più pesanti fino a quando la massa sarà sufficiente a permettere le condizioni per le reazioni. Non è facile calcolare la massa di una stella.
4.4. Il diagramma Hertzsprung – Russell
La chiave per leggere l’istantanea del nostro universo è stata fornita dagli astronomi Hertzsprung e Russell che hanno ideato un diagramma in cui si possono collocare le varie stelle, ponendo in ascissa la loro temperatura e in ordinata la luminosità, posto il sole=1. Nel diagramma le stelle non si distribuiscono a caso, ma in grandissima parte si raccolgono lungo una fascia, chiamata sequenza principale, che attraversa diagonalmente il grafico. In questa sequenza le stelle sono disposte secondo un ordine regolare, da quelle blu, quindi più calde e con massa maggiore, a quelle rosse, più fredde e con massa minore. (leggendo da sinistra a destra). Al di fuori della sequenza principale, in alto a destra, compaiono le giganti rosse, hanno lo stesso colore temperatura delle stelle situate in sequenza principale ma sono molto più luminose, poiché hanno una superficie irraggiante molto superiore. In basso e verso sinistra ci sono invece le nane bianche (o di altri colori, in base alla temperatura). A parità di colore sono meno luminose, quindi più piccole.
4.5. L’evoluzione stellare
4.5.1. Nascita e spostamento verso la sequenza principale
È probabile che le stelle nascano dai cosiddetti globuli di Bok, veri addensamenti di grandi quantità di polveri e gas. All’interno di questi globuli si possono innescare moti turbolenti che li frammentano in ammassi più piccoli, all’interno dei quali la forza di gravità tra le particella di una nebulosa, costrette ad avvicinarsi, dà inizio ad un processo di aggregazione. Con il proseguire dell’addensamento e della contrazione, la forza G si trasforma in energia cinetica e di conseguenza aumenta la temperatura del corpo gassoso, che si trasforma in una PROTOSTELLA, da cui vengono emesse radiazioni infrarosse in gran quantità. La contrazione prosegue e il nucleo della protostella si riscalda; ma se la massa iniziale è scarsa la temperatura non arriva a far innescare le reazioni termonucleari, la contrazione si arresta e il corpo si raffredda, lasciando una NANA BRUNA (stella mancata). Se invece la massa è sufficiente, la protostella continua a riscaldarsi fino a K, sufficiente per dare l’input alla reazione di fusione termonucleare di trasformazione dell’idrogeno in elio. Il calore liberato dalla reazione fa aumentare la pressione dei gas verso l’esterno (pressione di radiazione) fino a compensare al forza G: si giunge così a una fase di stabilità, durante la quale la stella si posiziona sulla sequenza principale del diagramma H.R.
4.5.2. Verso la gigante rossa
Quando nel nucleo quasi tutto l’idrogeno è divenuto elio e si è consumata 1/10 della massa, la stella si spegne (termina la fusione) con il conseguente sopravvento della gravità sulla pressione di radiazione. La stella esce dalla sequenza principale. Da questo momento in poi vengono distinti due casi: se la massa della stella è < 0.5 Masse solari (d’ora in poi “MS”) la stella non riesce più a riaccendere il nucleo. Si ha quindi la formazione di una NANA BIANCA la quale rimane per molto tempo visibile, avendo essa eliminato gli strati esterni al nucleo, che rimane molto caldo e quindi molto luminoso. Se invece la massa è > a 0,5 MS, vi è la riaccensione del nucleo e la combustione delle sostanze (He) che erano fuori dal nucleo ma che grazie all’aumento di pressione sono diventate parte integrante di esso: si ha un aumento sproporzionato delle dimensioni, della luminosità e una sensibile diminuzione della temperatura e la stella si trasforma in una GIGANTE ROSSA.
4.5.3. Evoluzione di una gigante rossa
Dopo la fase di gigante rossa l’evoluzione stellare segue diverse strade in base alla massa iniziale della stella.
• Massa iniziale poco inferiore a quella del Sole: queste stelle gradualmente collassano, fino a diventare corpi di dimensioni simili alla terra, la loro densità arriva a valori pari a milioni di volte quella dell’acqua e la materia si presenta in uno stato degenerato. Sarebbe questa l’origine delle nane bianche, che avendo un nucleo spento, sono destinate a raffreddarsi completamente. Poco per volta la luminosità diminuisce e resta una NANA NERA.
• massa inferiore a 1.44 masse solari: ci sono due diversi casi:
o le giganti rosse espellono i loro strati più esterni che, trascinati via da un impetuoso vento stellare, danno origine a nubi sferiche di gas in espansione. Tali ammassi di gas vengono chiamati NEBULOSE PLANETARIE. Privato del suo involucro, il nucleo si contrae e riscalda ulteriormente. Dopo alcune migliaia di anni la fusione si esaurisce e la stella inizia a raffreddarsi; la nebulosa scompare e la stella diventa una nana bianca.
o Invece in alcuni casi si registrano delle vere e proprie esplosioni stellari; in poche ore la luminosità aumenta di 150 mila volte e rimane tale per alcune settimane, per poi tornare ai livelli originari dopo circa un anno. Queste stelle sono chiamate Novae.
• Massa superiore a 1.44 masse solari: le temperature interne arrivano a miliardi di gradi, facendo innescare nuove reazioni termonucleari, fino alla formazione di un guscio di ferro circondato da strati concentrici. Il collasso è così rapido e violento da liberare un’enorme quantità di energia che provoca un’immane esplosione: gran parte della stella, definita SUPERNOVA, si disintegra e viene lanciata nello spazio. A questo punto se la massa dopo l’esplosione è minore di 1.44 MS, si ha una nana bianca; se è compresa tra 1.44 e 3 MS la contrazione fa assumere alla materia una densità inconcepibile (fino a 1 milione di volte superiore a quella del nucleo di una nana bianca); elettroni e protoni si fondono per formare neutroni. L’intera massa di una stella si concentra in un corpo molto piccolo, di diametro dai 20 ai 30 chilometri. Una stella di NEUTRONI è difficilmente osservabile. Se la massa residua è maggiore di 3 MS, la contrazione prosegue, la densità continua d aumentare e si forma un corpo sempre più piccolo circondato da un campo gravitazionale immenso, tale che neanche le radiazioni luminose potrebbero sfuggirvi. Viene perciò chiamato BUCO NERO.
Focus: Buco nero
È un corpo celeste con massa elevatissima che ha una zona chiamata Orizzonte degli eventi dove ogni elemento che vi entra non ha possibilità di uscire (nemmeno la luce, poiché la velocità di fuga sarebbe superiore a C). Il buco nero si alimenta quando la materia vi entra, così aumenta la sua massa. Parlando di fisica un buco nero altro non è che una curvatura dello spazio-tempo.
I buchi neri possono essere Sferici e statici, altri invece ruotano attorno al proprio asse e sono deformati per effetto della forza centrifuga.
Evoluzione: ci sono varie teorie a riguardo. Alcuni studiosi affermano che potrebbero accrescersi all’infinito nel tempo; oppure potrebbero estinguersi poiché quando sarà finita la materia cominceranno ad assorbire energia, per poi subire una sorta di evaporazione); altri sostengono che i buchi neri siano dei ponti che fungono da punti di contatto tra universi paralleli; altri credono che siano delle gemme per la trasformazione e la creazione di nuovi mondi.
NEBULOSE INTERSTELLARI
Collasso

PROTOSTELLA:1000K

STELLA 107K :sequenza principale;

ha consumato un decimo di massa
INSTABILITA’

m >0,5 MS m 1,44 MS Nucleo d = 360°. d =360° x sinθ:
• equatore: 360° x sinθ(0) = 0°; θ = latitudine del luogo dove si compie l’esperienza con il pendolo.
• poli: 360° x sinθ (1) = 360°
Legge di Ferrel: “a causa della rotazione terrestre, un corpo qualsiasi che si muova liberamente sulla Terra viene deviato dalla sua direzione iniziale verso destra se si trova nell’EMISFERO BOREALE, verso sinistra se si trova nell’EMISFERO AUSTRALE ”.per destra e sinistra si intendono quelle dell’osservatore che guardi nella stessa direzione e verso del movimento del corpo. Come già detto un corpo conserva per inerzia la sua velocità di lineare di rotazione che aveva al punto di partenza; spostandosi verso i poli va verso punti con velocità inferiore e quindi vi arriva in anticipo mentre spostandosi verso l’equatore è il contrario. Lo spostamento verso destra o verso sinistra è indotto da una forza deviante detta FORZA di CORIOLIS. L’intensità di deviazione aumenta dall’Equatore passando verso i Poli.

La Forza G aumenta con l’aumentare della latitudine perché diminuisce la distanza dal centro gravitazionale a causa dello schiacciamento polare, e diminuisce il valore della forza centrifuga.
La rotazione provoca la divisione del giorno in Dì e Notte.
La parte della terra illuminata dal Sole si chiama Circolo di Illuminazione, tale circolo, più che una circonferenza è una fascia, fattore che determina il passaggio lento e graduale tra di e notte, agevolato anche dall’atmosfera, le cui particelle assorbono e restituiscono deviando la luce del Sole. Man mano che ci si sposta verso i poli, il passaggio è + graduale perché i raggi devono attraversare una parte maggiore di atmosfera.
Dì e Notte hanno la stessa durata negli equinozi, ovvero quando l’asse di rotazione coincide con il circolo di illuminazione.
2. MOTO di RIVOLUZIONE: movimento intorno al Sole, il punto più vicino è il PERIELIO mentre quello più lontano è l’ AFELIO. Attualmente nel nostro emisfero (Boreale) il perielio corrisponde all’inverno mentre l’afelio all’estate.
Come avviene per il Moto di Rotazione, anche la Rivoluzione è in senso antiorario. Nell’orbita, il Sole occupa uno dei due fuochi. La Terra insieme al Sole forma un SISTEMA UNICO ROTANTE. Il centro di rotazione è una sorta di baricentro situato a poca distanza dal centro del Sole (perché la massa solare è molto maggiore a quella terrestre). Oltre al moto apparente del Sole da Levante a Ponente, esso sembra che effettui durante l’anno una rivoluzione intorno alla terra da ponente a levante.
PROVE:
• Moto apparente dei corpi sulla volta celeste e Declinazione del Sole: il Sole percorre un circolo chiamato Eclittica che attraversa tutte le costellazioni dello zodiaco, ciò è causa del continuo mutamento della posizione dello sfondo celeste. la posizione del Sole a mezzogiorno sulla volta celeste, varia nei diversi periodi dell’anno, questo movimento è chiamato Declinazione.
• Moto delle Costellazioni: nel corso dei millenni ci siamo spostati e quindi le costellazioni si trovano in posizioni differenti rispetto all’antichità.
Come abbiamo detto terra e sole girano assieme ma ci sono diverse prove sulla rivoluzione terrestre intorno al sole:
• Periodicamente la terra attraversa una fascia di Meteoriti, è questa una prova che l’orbita è tale da permettere un passaggio ciclico nello stesso punto;
• Per analogia con gli altri pianeti del sistema solare, anche la terra ruota intorno al Sole;
• La prova + certa è sicuramente quella riguardante l’ABERRAZIONE STELLARE(pag 81): quando noi osserviamo una stella, la direzione secondo cui la vediamo non è quella effettiva, data dalla congiungente il punto di osservazione con la stella, ma è solo una direzione apparente. Usando un telescopio, dobbiamo inclinarlo leggermente avanti, nel senso di rivoluzione della Terra, puntandolo su di una posizione un po’ spostata rispetto a quella dove si trova realmente la stella. Ciò è dovuto al fatto che la luce della stella in questione impiega un certo tempo a percorrere l’asse ottico del telescopio e a giungere al nostro occhio, nel frattempo noi ci siamo spostati sull’orbita. L’angolo tra la direzione reale dell’astro e quella apparente è chiamato angolo di aberrazione e rappresenta la risultante tra la velocità di propagazione della luce (300mila km al sec) e la velocità di rotazione della Terra (30 km al secondo).
Conseguenza della rivoluzione è l’alternanza delle stagioni, imputabile anche all’inclinazione dell’asse che non coincide con il piano dell’eclittica. L’asse terrestre è sempre parallelo a se stesso e presenta un inclinazione di 23° e 27’ rispetto alla normale al piano dell’orbita (66° e 33’ rispetto al piano). Agli equinozi dì = notte[23 settembre (autunno) e 21 marzo (primavera)]; le date non coincidono per via della forma ellittica dell’orbita.
Durante il corso dell’anno dì e notte variano: + ci si avvicina ai poli e maggiori sono le differenze. All’equatore di e notte sono sempre uguali.
Le zone astronomiche si dividono in: calotte polari(artica e antartica), zone temperate e zona equatoriale; tale suddivisione è data dai due tropici e dai due circoli polari. Vedi libro pag 85.
Le stagioni si possono dividere in:
• ASTRONOMICHE: cominciano con solstizi ed equinozi, la primavera (21 marzo – 21giugno) dura 93 giorni; l’estate (21 giugno – 23 settembre) dura 93 giorni; l’autunno (23 settembre – 22 dicembre)dura 90 giorni e infine l’inverno (22 dicembre – 21 marzo) dura 89 giorni. Questo sempre per quanto riguarda l’emisfero boreale, in quello australe le stagioni sono invertite(primavera al posto di autunno e viceversa, estate al posto di inverno e viceversa). Il periodo autunno inverno è più breve di 7 giorni rispetto a quello primavera estate perché in quel periodo la terra è più vicina al sole e ha una velocità maggiore.
• METEOROLOGICHE: si basano sul reale andamento del tempo meteorologico e del clima che possiamo percepire: estate (1 giugno – 31 agosto), autunno (1 settembre – 30 novembre), inverno (1 dicembre – 28 (29) febbraio), primavera (1 marzo – 31 maggio). Come si può notare la stagione inizia con il primo giorno del mese in cui cade il solstizio o l’equinozio delle stagioni astronomiche corrispondenti.
Moti millenari
La temperatura di un luogo dipende da diversi fattori:
• Inclinazione raggi solari;
• Condizioni climatiche in base al variare delle stagioni;
• Durata del dì;
• Durata semestri (ai poli ci sono periodi in cui il sole non tramonta mai oppure non sorge mai);
• le condizioni climatiche variano quindi in base alle condizioni di illuminazione

variano in base all’inclinazione dell’asse terrestre varia con la forza G del sole e della luna
esercitata sull’equatore

Ruotando la terra si oppone all’ attrazione luni - solare

Dà origine a moti millenari
• Movimento doppio conico: ha un periodo di circa 26'000 anni, viene così chiamato perché la terra si muove a “trottola”; la forza esercitata da sole e luna sulla zona equatoriale tende a far coincidere il piano equatoriale con il piano dell’orbita, quindi c’è una propensione al raddrizzamento dell’asse terrestre, a cui la terra si oppone con la sua rapida rotazione e tende a tenere l’inclinazione immutata, le due forze si compongono e ne risulta questo movimento doppio conico;
• Precessione degli equinozi: periodo pari a 120'000 anni, se osservata dal polo nord celeste avviene in senso orario; è una conseguenza del movimento doppio conico e consiste nello spostamento graduale della posizione degli equinozi;
• Nutazione dell’inclinazione dell’asse: l’asse subisce delle oscillazioni e la sua inclinazione varia tra 21° e 24°
Il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole dura 365 gg, 6 h, 9 min: corrisponde all’anno sidereo; per la precessione degli equinozi ogni anno termina 20 min prima del precedente, si ha quindi l’anno solare: 365 gg, 5 h, 48 min. Per comodità l’anno civile dura 365 gg; si è poi introdotto l’anno bisestile con una cadenza quadriennale per recuperare le ore perse ogni anno.
La terra inoltre compie insieme a tutto il sistema solare un moto di traslazione verso la costellazione di Ercole e insieme alla via lattea partecipa al moto di recessione galattica dell’universo.
STRUTTURA
Della terra conosciamo massa, volume e densità (media: 5.5, crosta: 2-3, nucleo: 13 ). Grazie alle anomalie riscontrate con i sismogrammi, è stato tracciato un modello della terra a sfere concentriche.
• CROSTA: è lo strato più esterno, è sottile [lo spessore varia da 6 a 70 km a seconda che ci si trovi sulla crosta oceanica(6 km) o su quella continentale (35 / 70 km)]. È uno strato rigido ed eterogeneo. Le rocce continentali, che hanno una densità di 2.7 , sono rocce prevalentemente granitiche (PH acido, colore chiaro), mentre le rocce oceaniche, con densità di 3 sono basaltiche (PH basico, colore più scuro). La dinamica della litosfera(mantello superiore + crosta), viene studiata dall’isostasia, il cui principio è: la crosta, in funzione del suo peso, affonda più o meno in profondità nel mantello secondo il PRINCIPIO di ARCHIMEDE (un corpo immerso in fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato) e in funzione del suo peso specifico. Il peso della crosta dipende dalla sua densità e dal suo spessore( quest’ultimo è molto variabile in seguito all’azione di vulcani, sedimentazione, erosione da parte di agenti atmosferici e scioglimento dei ghiacciai). La crosta è separata dal mantello dalla discontinuità di Moho (dal nome del sismologo che l’ha scoperta).
• MANTELLO: strato della terra che si estende dalla discontinuità di Moho alla discontinuità di Gutenberg (separazione tra nucleo e mantello) situata a circa 2900 km di profondità. È molto eterogeneo e occupa circa l’80% del volume terrestre; si divide in:
o MANTELLO SUPERIORE: si estende dalla discontinuità di Moho fino a 700 km di profondità. È solido e molto eterogeneo e insieme alla crosta forma la litosfera terrestre. La temperatura è piuttosto bassa e in prossimità del mantello inferiore è parzialmente fuso ed è formato da materiali molli, ci sono moti convettivi. Questa parte è chiamata astenosfera e ha uno spessore di 100/200 km.
o MANTELLO INFERIORE: si estende da 700 km fino alla discontinuità di Gutenberg (2900 km); è solido, rigido e omogeneo. La solidità è dettata dall’aumento di pressione.
• NUCLEO: è composto da materiali pesanti (silicio, zolfo, ferro, nichel…); il raggio nucleare è pari a 3470 km. In superficie è fluido e la temperatura è di circa 3000° C, mentre al centro, dove vi è una prevalenza di ferro e nichel, è solido e ha una temperatura di 4000° C, simile a quella superficiale del sole. La densità è di 13 ed è dovuta alla pressione esercitata dagli strati superiori.
Dalla superficie terrestre procedendo verso il nucleo si ha uN gradiente termico positivo, pari a 30° C ogni 1000 m. per giustificare questo dato ci sono 2 diverse teorie:
a) CALORE FOSSILE che si sprigiona ancora dal nucleo;
b) DECADIMENTO DEGLI ISOTOPI RADIOATTIVI nel mantello, subiscono una fissione e perdono calore.
I COMPONENTI DELLA CROSTA
Crosta è in continua evoluzione e può registrare profondi mutamenti da una zona all’altra; subisce inoltre trasformazioni di carattere chimico. I mutamenti e l’evoluzione sono condizionati da temperatura e pressione ma anche da forze esogene (agenti esterni) ed endogene (agenti interni). L’elemento più presente è il silicio che con il carbonio forma delle lunghe catene.
IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE
La Terra come il Sole e altri pianeti possiede un campo magnetico, la cui struttura può essere ben descritta se si suppone di porre al centro del nostro pianeta una barra magnetica il cui asse formi un angolo di circa 11° con l’asse di rotazione. Le linee di flusso indicano in ogni punto dello spazio intorno alla terra la presenza di una forza magnetica che decresce con l’aumentare della distanza. In realtà la questione non è così semplice. Se così fosse, si avrebbe un campo dipolare, mentre si può parlare di un campo solo prevalentemente dipolare. Infatti sopra i 500° i materiale magnetici perdono la loro forza magnetica e questa temperatura è molto inferiore a quella presente nella viscere del nostro pianeta. Ci si è quindi orientato verso un modello simile a quello della dinamo ad autoeccitazione. Tale modello prevede la presenza di materiale, conduttore di elettricità, in movimento entro la terra; questo potrebbe essere identificato nel nucleo esterno, formato da metallo fuso, mosso da moti convettivi.
IL PALEOMAGNETISMO
Studio del campo magnetico terrestre del passato, reso possibile dalla conservazione da parte di alcune rocce di una magnetizzazione propria indotta dal campo geomagnetico esistente al momento della loro formazione. Tale fenomeno si può per esempio registrare col raffreddamento delle lave; al suo interno si formano dei cristalli che sono molto sensibili alla presenza di campo magnetico. Se tale lava non viene di nuovo fusa, tale capo magnetico venutosi a formare nella roccia permane per milioni di anni, fornendo informazioni sul campo geomagnetico del tempo in cui si è formata. Si è così scoperto che il campo magnetico terrestre esiste da alcuni miliardi di anni. Negli anni 50 del XX secolo alcuni ricercatori scoprirono, analizzando alcune rocce, che il campo magnetico variava a seconda dell’età delle rocce. Inizialmente si pensava ad uno spostamento dei poli magnetici ma si accorsero che rocce prelevate in diversi continenti presentavano campi magnetici differenti, quindi si giunse alla teoria della deriva dei continenti, che aveva fatto cambiare la posizione delle rocce.
Sempre nello stesso periodo ci si accorse che molte rocce “recenti” avevano un campo inverso a quelle attuali. Si è quindi capito che all’interno del campo magnetico avvengono periodiche inversioni di polarità. Da alcuni recenti studi si è osservato che l’era magnetica attuale dura da circa 700 mila anni e potremmo essere prossimi ad un inversione di polarità. Fenomeno che potrebbe favorire il raggiungimento della superficie terrestre da parte di alcune radiazioni cosmiche dalla quali siamo solitamente protetti.
MODULO 5: LA LUNA
Il 21 luglio 1969 la navicella spaziale statunitense Apollo 11 atterrò sulla luna e i due astronauti Neil Armstrong e Edwin Aldrin toccarono il suolo lunare.
La luna forma con la Terra un sistema binario (TERRA - LUNA).
Di certo si sa che la luna ha avuto origine contemporaneamente alla Terra ma si hanno ancora molti dubbi sulla sua formazione:
• FISSIONE: per questa ipotesi la Luna si sarebbe staccata dalla Terra quando questa era ancora allo stato fuso; il distaccamento sarebbe avvenuto per mezzo della forza centrifuga generata dalla rotazione terrestre e per l’attrazione gravitazionale del Sole. A favore di questa ipotesi c’è la scoperta che la densità dei due corpi celesti è molto simile (Luna = 3.3, Terra = 5 ). Contro invece ci sono delle osservazioni: se la luna si fosse staccata per fissione, dovrebbe trovarsi a ruotare su un piano coincidente al piano equatoriale terrestre, invece l’orbita è inclinata di circa 6°.
• TEORIA DELLA CATTURA: la luna sarebbe un corpo indipendente che è stato catturato dal campo gravitazionale terrestre e si è messo su di un’orbita stabile rispettando le varie leggi fisiche (Newton e Keplero). È la teoria più improbabile.
• TEORIA DELL’ACCRESCIMENTO: la Luna si sarebbe formata in modo autonomo per l’aggregazione di materiale cosmico (poi dispostosi a starati in base al peso specifico), per poi disporsi sull’orbita che occupa attualmente. Le zone cosmiche di formazione di terra e luna sono evidentemente (per i materiali di cui sono composti) vicine.
La Luna si è evoluta geologicamente:
• fase: AGGREGAZIONE e CONDENSAZIONE
• fase: DIVERSIFICAZIONE IN STRATI: in superficie si sono disposti i materiali più leggeri. Lo strato più esterno è spesso 60 km e si chiama Crosta Lunare, sotto la crosta c’è il Mantello che si divide in superiore e inferiore; la parte superiore è solida e ha uno spessore di circa 1000 km, la parte inferiore è invece viscosa e si estende per 300 km; in questa zona si possono riscontrare movimenti convettivi. La Crosta con il Mantello forma la LITOSFERA LUNARE. Il nucleo ha un raggio di 450 km e a differenza della Terra non contiene ferro fuso (elemento magnetizzabile) e quindi non può esserci un campo magnetico attivo, anche se analizzando dei frammenti di roccia lunare si è scoperto che un tempo poteva esserci un campo magnetico.
• fase: ATTIVITA’ SISMICA INTENSA: circa 3 – 4 miliardi di anni fa ci fu un periodo in cui la Luna fu sconvolta da un’attività sismica continua e intensa che ha dato origine ad altopiani composti da KRREP (K = potassio, P = fosforo).
• fase: BOMBARDAMENTO METEOROLOGICO che ha portato alla formazione di crateri.
• fase: LIMITATA ATTIVITA’ SISMICA: ultima era geologica che continua tutt’ora, il suolo viene ricoperto da polveri cosmiche e da REGOLITE, polvere cosmica proveniente da attività esogena lunare.
Oggi la Luna è un corpo freddo con attività sismica molto limitata anche se ci sono dei picchi in corrispondenza dell’apogeo (luna più lontana dalla terra)e del perigeo (luna più vicina alla terra).
Caratteristiche generali
• È l’unico satellite della terra;
• È il satellite più interno del sistema solare (Mercurio e Venere non hanno satelliti);
• Il raggio lunare è circa di quello terrestre;
• È un corpo opaco;
• Non ha atmosfera, il che contribuisce al brusco passaggio tra Dì e Notte, che comporta un’elevata escursione termica che porta diverse conseguenze:
o Dilatazione termica dei materiali piuttosto accentuata, che causa erosione per l’attrito sviluppatosi con i materiali adiacenti;
o Non possono avvenire reazioni chimiche, fatto che combinato con l’assenza totale di acqua comporta l’impossibilità alla sopravvivenza di qualsiasi forma di vita;
• La forza G della Luna è circa di quella terrestre;
• La distanza media Terra – Luna è pari a 384 mila km; lontananza che è destinata ad aumentare progressivamente a causa del rallentamento della rotazione terrestre (maree);
• Ruota intorno a un baricentro situato poco distante dal centro della terra e presenta una deformazione asimmetrica sulla faccia a noi rivolta (è sempre la stessa).
Il suolo Lunare è stato analizzato con telescopi e satelliti sensibili all’infrarosso termico. Le foto sono molto nitide grazie alla relativa vicinanza alla terra e all’assenza di atmosfera. Si sono fatte poi delle mappe lunari con la posizione dei mari (forma piatta, formati da regolite e polveri cosmiche con composizione simile a quella delle rocce ignee effusive, basiche e piuttosto scure), ricoprono il 20 % del suolo lunare e sono presenti solo sulla faccia rivolta verso di noi. Vi sono poi le cosiddette terre alte, rilievi con composizione chimica simile alle rocce ignee intrusive, chiare e acide; ricoprono il 70 % della faccia verso di noi, mentre copre completamente l’altra faccia. I rilievi sono alti fino a 9 mila metri, ma bisogna considerare che non vi è erosione, quindi rimarranno sempre uguali. I crateri costellano tutta la superficie e hanno avuto origine o dallo schianto di meteoriti o da attività vulcanica. I solchi sono delle rotture originate dai moti convettivi che spaccano la Litosfera. Le MASS CONCENTRATION sono zone così chiamate a causa di un campo gravitazionale maggiorato rispetto a tutti gli altri luoghi; probabili cause sono meteoriti sommersi o serbatoi magmatici di enormi dimensioni.
Moti
La Luna compie un moto apparente che consiste nel sorgere a oriente e tramontare a occidente.
• ROTAZIONE: ha una durata di 27 giorni e 7 ore e avviene in senso antiorario. La velocità angolare è di 13° al giorno. Dì e notte hanno la stessa durata (circa 14 giorni) e tra di essi vi è un passaggio brusco. La temperatura tra la zona in ombra e quella illuminata passa da -150° a +110°, con un escursione termica di ben 260°. ALBEDO: rapporto tra energia riflessa (poca) e energia incidente: il valore di albedo è piuttosto basso e si aggira intorno a 0.07, il che significa che la luna riflette solo il 7% dell’energia incidente, mentre ne assorbe una grande quantità. L’asse di rotazione è inclinato rispetto al piano dell’orbita di 6° e 41’, perciò dalla Terra è possibile vedere un po’ + del 50 % della Luna.
• RIVOLUZIONE: intorno alla terra, ha una durata di 27 giorni e 7 ore, (mese sidereo) se riferito a una stella lontana, se è invece riferito al Sole, la durata è di 29 giorni e 12 ore (mese sinodico). 12 mesi sinodici formano un anno lunare che dura 344 giorni (disegno pag 111). Il piano di rivoluzione è inclinato di 5° e 09’ rispetto a quello terrestre; i due piani si incontrano poi sulla linea dei nodi (perfetto allineamento Terra – Luna su tale linea da origine a eclissi). Se i piani orbitali coincidessero, tutti i mesi si avrebbe un’ eclisse di luna e un’ eclisse di sole.
• LIBRAZIONI: movimenti che la luna compie in contemporanea con rotazione e rivoluzione; ce ne sono 2 tipi:
o Apparenti: possono esser longitudinali o trasversali; le longitudinali ci permettono di vedere la luna un po’ oltre il 50% a est e a ovest: questo perché la Luna ha un’orbita ellittica e quindi a seconda che sia in apogeo o perigeo si muove più o meno lentamente. È un moto apparente perché viene percepito solo dalla Terra, se l’osservatore è posto su una stella qualsiasi non lo coglie. Quello trasversale riguarda invece l’asse di rotazione; non essendo parallelo all’eclittica, ci permette di vedere in base alla posizione sull’orbita, un po’ oltre il polo nord e il polo sud. Per entrambi i moti si può osservare circa il 60& del suolo lunare.
o Fisiche effettive.
Fasi Lunari
Descrivono come appare la Luna illuminata se vista dalla terra durante il mese lunare.
• LUNA NUOVA: la luna è completamente oscurata, si trova dalla stessa parte del sole in posizione di congiunzione. Si può percepire il contorno con un alone di luce riflessa.
• LUNA PIENA: la luna è completamente illuminata, si trova in posizione di opposizione. I raggi solari arrivano e illuminano la luna perché sono su due diversi piani, se coincidono si ha l’eclisse lunare.
SIZIGE: posizione di quadratura; la luna può essere crescente o decrescente.
Ci può essere uno sfasamento di 1 giorno, la pasqua è comunque non prima del 21 marzo (equinozio di primavera), e cade sempre la prima domenica dopo il primo novilunio successivo all’equinozio.
Eclissi
• ECLISSI LUNARI: il cono d’ombra ha dimensioni ed estensioni diverse in base a dimensioni e distanza dei corpi (luna e terra). Le orbite sono ellittiche e quindi si hanno distanze diverse con la conseguenza che il cono d’ombra resta sfasato. Le eclissi si hanno quindi solo in posizione di sizige, non tutti i mesi, sono eventi rari; solo quando i 2 corpi si trovano nelle posizioni di nodi si ha un cono d’ombra che colpisce uno dei due corpi, ad esempio quando la terra proietta cono sulla luna. Avviene in PLENILUNIO, posizione di opposizione, la luna è illuminata e se i 2 corpi si trovano su uno dei nodi si ha l’eclisse totale, visibile da qualsiasi punto della terra sul quale la luna sia sopra l’orizzonte; può durare anche più di un’ora. Bisogna però dire che l’eclisse è totale anche se la Luna non è perfettamente su uno dei nodi ma si trova in prossimità di essi, in quanto le dimensioni del cono d’ombra sono molto più grandi rispetto alle dimensioni lunari. Nelle Eclissi Parziali l’oscuramento può essere causato, oltre che dal cono d’ombra, dalla zona di penombra che si allarga a ventaglio dietro la terra.
• ECLISSE SOLARE: l’eclisse totale avviene, durante il NOVILUNIO, quando la Luna è su uno dei nodi; tale fenomeno interessa solo alcune zone, peraltro molto ristrette, della superficie terrestre (270 km quadrati). Questa stessa eclisse è però visibile, come eclisse parziale, da tutti i luoghi della terra che vengono raggiunti dalla penombra, che ha un’estensione intorno all’ombra di migliaia di km quadrati.
• ECLISSE ANULARE di SOLE: il cono d’ombra della luna non raggiunge la Terra e vediamo solo una parte del sole, quella più esterna, illuminata, il resto è coperto. Avviene con la terra in perielio e la Luna in apogeo mentre è su uno dei nodi.
MODULO 6: MINERALOGIA
I MINERALI
Sono delle sostanze solide, naturali e non sintetizzabili in laboratorio; possono essere solidi IONICI, COVALENTI e METALLICI. I minerali hanno una specifica composizione chimica, una propria formula che li identifica, non sono miscugli ma composti, più elementi uniti tra loro da legami. Hanno origine inorganica, tranne l’ambra. Sono formati da uno o più elementi e si trovano allo stato cristallino. Ognuno ha una propria struttura ordinata. Combinando le varie forme semplici e complesse, ricaviamo 32 classi di simmetria. I minerali possono accrescersi, infatti migliori sono le condizioni x la formazione e maggiore sarà il volume del minerale.
La classificazione avviene in base alle proprietà fisiche:
• DUREZZA: basata sulla scala di Mohs, che indica la resistenza alla scalfittura in una scala da 1 a 10, dove ogni minerale appartenente a una certa fascia è in grado di scalfire quello della fascia immediatamente precedente. Il diamante può scalfire tutto ma non può essere scalfito.
• SFALDATURA: tendenza di una minerale a rompersi in seguito a un urto. In base alla forma delle celle che si vengono a formare dopo la rottura, si capisce da che tipo di cristallo è composto.
• LUCENTEZZA: identificata dall’Albedo (energia riflessa fratto energia incidente). In base al valore di albedo, i singoli minerali si possono suddividere in 3 gruppi:
o METALLICI: valore di albedo alto, riflettono gran parte dell’energia ricevuta:
o NON METALLICI: trasparenti, l’energia li attraversa;
o OPACHI: albedo piuttosto basso, assorbono molto.
• COLORE: è la caratteristica più evidente, ma non costituisce un elemento importante per la classificazione, poiché alcuni minerali presentano colori diversi a seconda di impurità chimiche rimaste incluse nel reticolo durante la formazione. In base al colore i minerali si dividono in IDIOCROMATICI (mostrano un solo colore) e ALLOCROMATICI (mostrano più colori);il colore è imputabile anche al PH.
• DENSITA’: riguarda la concentrazione di atomi nel reticolo cristallino. Si misura in .
• SOLUBILITA’: riguarda solo i minerali ionici, è riscontrabile immergendo il minerale nell’acqua.
Per quanto riguarda il PH:
1) MINERALI CHIARI: tendenzialmente acidi, hanno solitamente alte concentrazioni di SILICIO e ALLUMINIO. Sono detti minerali SIALICI (SI = silicio. AL = alluminio).un esempio ne sono il granito e il quarzo(rosa o bianco);
2) MINERALI SCURI: basici, alte percentuali di FERRO e MAGNESIO. Sono detti minerali FEMICI (FE = ferro, M = magnesio).un esempio ne è il basalto.
GENESI DEI MINERALI
• CRISTALLIZZAZIONE da un materiale fuso che si raffredda (magma): gli atomi o i gruppi di atomi si aggregano per formare i reticoli cristallini tipici dei vari composti chimici che si possono formare.
• PRECIPITAZIONE da soluzioni acquose calde in via di raffreddamento: al diminuire della temperatura si formano progressivamente dei cristalli di specie mineralogiche diverse, a seconda della composizione chimica cella soluzione.
• SUBLIMAZIONE di vapori caldi, come le esalazioni vulcaniche; la superfici relativamente fredde vicine alla zona di fuoriuscita dei vapori si rivestono di cristalli.
• EVAPORAZIONE di soluzioni acquose, specialmente acque marine.
• ATTIVITA’ BIOLOGICA: minerali come ambra e carbone nascono da sostanze organiche, le quali perdono ossigeno e idrogeno e restano solo con carbonio e altri elementi.
• TRASFORMAZIONE ALLO STATO SOLIDO: un minerale già esistente, fondendo o trasformandosi forma un altro minerale. La fusione avviene nelle fosse, aree delimitate della crosta terrestre.
CLASSIFICAZIONE DEI MINERALI
È una classificazione chimico – cristallina, in quanto tiene conto della composizione chimica e della struttura cristallina. La suddivisione avviene in classi, sottoclassi, gruppi, famiglie e serie. Definita in base al nome dell’anione del minerale.
Classe = si trovano come si trovano in natura, non si legano.
7 classi:
• SOLFURI
• ALOGENURI: (salgemma)
• OSSIDI + IDROSSIDI
• CARBONATI: si trovano per effervescenza
• SOLFATI: Sali dell’acido solforico
• FOSFATI: Sali dell’acido fosforico
• SILICATI: occupano il 92% del volume della crosta; gruppi silicatici:
• NESOSILICATI: struttura a tetraedro, isolato e neutro.
• INOSILICATI: catene indefinite di gruppi silicatici.
• FILLOSILICATI: tetraedri che formano fogli (argilla).
• TETTOSILICATI: tutti gli ossigeni della struttura sono ossigeni ponte; è compatto.
MODULO 7: LE ROCCE
LE ROCCE
Aggregati di minerali diversi, sono tutte eterogenee (è molto difficile trovare rocce formate da un solo minerale).per studiare la roccia si considerano i rapporti quantitativi tra i minerali, i rapporti geometrici e quali minerali sono presenti. Ci sono rocce a grana grossa, visibile a occhio nudo, e a grana fine, analizzabile solo al microscopio. Le rocce dopo la genesi hanno subito un’evoluzione.
GENESI DELLE ROCCE
• PROCESSO MAGMATICO:
o Presenza iniziale di magma
o Alte temperature (900°)
o Pressione ininfluente
Man mano che cala la temperatura, si formano i minerali, ognuno ha la propria temperatura di fusione.
• PROCESSO SEDIMENTARIO: ogni fase è concatenata alla precedente:
o Fattori esogeni
o Rocce preesistenti
o Accumulo
o Compattazione
Avviene in superficie perché è gestito da forze esogene.
• PROCESSO METAMORFICO: avviene in presenza di rocce preesistenti di qualunque tipo, si ha con condizioni di instabilità chimica: da un minerale se ne formano diversi che si stabilizzano poi nelle nuove condizioni chimiche. Non può avvenire con della materia fusa; le temperature variano tra i 300 e gli 800° ed è necessario avere alte pressioni.
ROCCE IGNEE
Si formano dal magma (900°+), alta presenza di silicati e di gas volatili che veicolano gli elementi chimici. Si formano per cristallizzazione e ne esistono 2 diversi tipi:
• Plutoniti: rocce intrusive che portano alla formazione di minerali grossi. Il magma si raffredda in profondità molto lentamente è i gas vi rimangono intrappolati.
• Vulcaniti: rocce effusive. I gas magmatici spingono la lava verso la bocca del vulcano per poi disperdersi a contatto con l’aria. La lava raffreddandosi deposita minerali e più la temperatura si abbassa, più i minerali formati sono piccoli.
Le rocce ignee hanno struttura:
• FENOCRISTALLINA: porfidi, rocce con raffreddamento lento.
• OLIGOCRISTALLINA:
• MICROCRISTALLINA: basalto, rocce con raffreddamento rapido.
• AMORFA: ossidiana: atomi non organizzati.
• SPUGNOSA: i gas restano intrappolati.
Il magma si genera da un costante processo di fusione delle rocce, forma rocce acide e basiche, solo raramente troviamo rocce neutre.
• ACIDE: rocce continentali intrusive, il magma è più viscoso, solidifica in profondità ed ha più difficoltà ad uscire un esempio ne sono la pietra pomice (effusiva) e il granito (intrusiva).
• BASICO: è un magma più fluido e forma le rocce effusive oceaniche. Si forma più in profondità ma se può fuoriesce facilmente in modo lento e progressivo. Un esempio ne sono il basalto (effusivo) e il gabbro (intrusivo).
Il magma che si forma nel mantello fuso, viene detto magma primario, è ultrabasico e man mano che risale verso la superficie diventa acido dando così vita a rocce acide in superficie e basiche in profondità. Si parla in questo caso di processo di cristallizzazione frazionata. Se il magma si forma nella crosta, viene detto magma anatettico.
ROCCE SEDIMENTARIE
Sono solo il 5% delle rocce presenti sulla crosta ma ricoprono quasi interamente la superficie terrestre. Hanno genesi molto varia:
• MATERIALI PREESISTENTI: organici e inorganici.
• FORMAZIONE IN SUPERFICIE sotto l’azione di forze esogene.
Ci sono diverse fasi:
1) ALTERAZIONE + DISGREGAZIONE: processi rispettivamente chimico e fisico che formano il mantello di alterazione. Modellamento del rilievo terrestre imputabile a eventi violenti o a erosione dei fenomeni atmosferici che riguardano la superficie. I mutamenti chimici avvengono invece in profondità con condizioni differenti (caldo e umido)
2) TRASPORTO
3) DEPOSITO
4) DIAGENESI: insieme di fenomeni che contribuiscono al passaggio da sedimenti freschi a rocce sedimentarie vere e proprie.
GENESI FISICA
• TERMOCLASTISMO: dilatazione per variazioni termiche, la disgregazione avviene in base alla struttura delle rocce.
• CRIOCLASTISMO: gelo seguito da disgelo, la variazione termica è sempre intorno allo 0° e l’acqua spacca la roccia.
• BIOCLASTISMO: provocata da organismi viventi
GENESI CHIMICA (H2O + O2 +CO2)
• OSSIDAZIONE: avviene per la presenza di O2 nell’atmosfera o in H2O.
• IDRATAZIONE: formazione di composti voluminosi con l’acqua.
• IDROLISI: scissione da H2O a H3O, vengono alterati gli equilibri ionici.
• BIOCHIMICA
• DISSOLUZIONE: fenomeno del CARSISMO. L’acqua meteorologica acida provoca alterazioni chimiche sulle rocce calcaree e può portare alla formazione di stalattiti e stalagmiti. Il paesaggio carsico non presenta alcuna rete idrica in superficie mentre ci sono forma carsiche in gran quantità
o DOLINE: diametro da 1 a 500 m, ma se si uniscono formano le UVALA che non sono altro che delle conche composte o bacini carsici.
o CAMPI SOLCATI
o POZZI
Le terre carsiche sono in continua evoluzione
1) AZIONE DEL VENTO: porta ad una disgregazione fisico – meccanica che varia in base alla velocità del vento, all’angolo di incidenza, alla forma degli oggetti colpiti. È indipendente dalla forza G, richiede poca umidità e poca vegetazione. Il vento effettua quindi un’azione di corrosione.
2) AZIONE DELLE ACQUE SUPERFICIALI: anch’esse compiono un’azione erosiva. In presenza di un forte temporale, le acque non hanno un corso ben definito si incanalano verso la pendenza massima, e compiono un’azione di EROSIONE AREALE (estesa). Le acque incanalate nei fiumi o nei sentieri, compiono un’azione erosiva diversa scavando dei solchi: EROSIONE LINEARE. Avviene anche grazie a i detriti trasportati.
3) AZIONE REGRESSIVA: cascate
4) EROSIONE LATERALE
5) AZIONE GEOMORFOLOGICA DEI GHIACCI: il ghiacciaio esercita un movimento e forma delle MORENE. Avviene il trasporto del mantello di formazione. Il trasporto può essere trattivo o gravitativo. Avviene anche il trasporto dei CLASTI.
a) AQUE CORRENTI: clasti ovali e lisci. Avvine in superficie o sul fondo.
b) GHIACCIAIO: clasti irregolari e non erosi.
c) VENTO: clasti levigati e arrotondati.
d) MARE: clasti piatti e levigati.
SEDIMENTAZIONE: avviene nei bacini di sedimentazione. Ambienti di sedimentazione:
1) Continentali: deserti, cono di deiezione; morene; frane.
2) Lacustri: particolato in sospensione si deposita sul fondo.
3) Marini:
a) Ambiente di piattaforma: a riva, fanghi.
b) Ambiente di scarpata: sedimenti vanno sul fondo.
c) Ambiente di mare profondo: fanghi, argille.
4) Transizione: affluenza di fiumi nei mari; spiagge, zona tra la linea di alta e di bassa marea.
DIAGENESI: dai sedimenti sciolti si passa alla roccia.
• COMPATTAZIONE: più efficace con i clasti piccoli.
• CEMENTIFICAZIONE o LITIFICAZIONE: l’acqua porta in soluzione elementi naturali.
Un esempio ne sono i FOSSILI: sono sottoterra, segni lasciati da organismi viventi del passato. Possono essere dei resti (ossa) o delle impronte. Sono studiati dalla paleontologia.
Processi di fossilizzazione:
1) MINERALIZZAZIONE: avviene in presenza di acqua e segue un processo di cementificazione: i minerali si depositano sulle ossa e ne conservano le parti minerali.
2) SOSTITUZIONE: dove c’è acqua, i Sali minerali si sostituiscono alle sostanze che compongono gli organismi viventi (parti molli). Le parti molli subiscono un processo di carbonizzazione, ovvero di arricchimento del carbonio.
In casi particolar come in mancanza di ossigeno o in presenza di freddo molto intenso, la fossilizzazione può avvenire prima della decomposizione e quindi rimangono i fossili.
FOSSILE GUIDA: fossile di un organismo vivente estintosi velocemente, quindi più facilmente collocabile a livello temporale.
Le rocce sedimentarie si differenziano in 3 gruppi in base alla genesi:
• CLASTICHE o DETRITICHE: formate da frammenti, possono contenere tutti i minerali possibili. Per classificarle si considerano forma e dimensioni dei clasti, che ci forniscono anche informazioni sulle modalità del trasporto.
o PSEFITI: clasti di dimensioni pari a 2mm. Sono dei conglomerati monogenetici o poligenetici. (breccie, puddinghe).
o ARENITI: arenarie, clasti fini. Quarzo.
o PELITI: clasti < 1/16 mm. Argilliti clasti molto fini.
ROCCE METAMORFICHE
Nascono da rocce preesistenti. Sono trasformazioni che avvengono allo stato solido (se avvengono allo stato fluido sono rocce ignee).nascono da mutamenti chimico – fisici grazie all’azione di forze endogene. il cambiamento del’ambiente che avvia la metamorfosi dipende da temperatura e pressione + acqua e gas, che è un mineralizzatore. Metamorfosi = ricristallizzazione; i minerali che si formano sono diversi da quelli di origine e sono più grossi. Granito = beola (gneiss).
Ci sono minerali che rimangono molto stabili, come il quarzo e altri per cui basta un piccolo mutamento x cambiarli. Sono minerali indice, tracce di queste rocce ci dicono i mutamenti avvenuti nel tempo.
TIPI di METAMORFOSI
• METAMORFOSI REGIONALE: è LA Più DIFFUSA E RIGUARDA GRANDI ESTENSIONI. AVVIENE PER:
o PRESSIONE di CARICO: roccia sovrastata da altre rocce
o PRESSIONE di STRESS: attriti su faglie.
Se la temperatura è più alta della pressione, la roccia è più compatta.
• METAMORFOSI di CONTATTO: poca profondità, alta temperatura in superficie e avviene solitamente vicino ai vulcani (aureola di contatto). Un esempio ne è il marmo.
MODULO 8: LA DINAMICA ENDOGENA
L’ESPANSIONE DEI FONDI OCEANICI
LA TERRA E’ INQUIETA
Secondo lo scienziato tedesco A Wegener, circa 200 milioni di anni fa vari lembi di crosta continentale, oggi separati, si trovavano uniti in un unico grande continente detto PANGEA, circondato da un unico oceano detto PANTALASSA. La Pangea si sarebbe poi nel corso dei secoli smembrata in più parti che si sarebbero sempre più allontanate tra di loro secondo un meccanismo noto come deriva dei continenti. Dove la teoria di Wegener risultava poco sostenibile era invece nelle cause di questa continua deriva, poiché le forze invocate per spiegare il fenomeno erano inadeguate. La conclusione di una serie di scoperte fu comunque che il fondo oceanico è in continua evoluzione; meccanismo che viene chiamato espansione dei fondi oceanici e avviene in corrispondenza delle dorsali oceaniche e delle fosse abissali.
LE DORSALI OCEANICHE
Lungo il fondo degli oceani si snoda un sistema di dorsali lungo oltre 60mila km, sede di intenso vulcanismo e di forte sismicità. Le dorsali non sono catene montuose come quelle continentali ma corrispondono a una fascia di crosta oceanica inarcata verso l’alto tanto che la sua sommità è 3 -4 mila metri più alta del fondale e arriva in alcuni punti ad emergere. La cresta delle dorsali è quasi sempre seguita da un solco longitudinale largo qualche decina di km e profondo 1550 – 3000 m, chiamato RIFT VALLEY. Tale depressione è limitata da pareti ripide tra loro parallele che corrispondono a un sistema di spaccature attraverso la crosta che in questi punti risulta molto assottigliata. (Faglie). Le dorsali sono poi disarticolate da un sistema di fratture, trasversali alla Rift Valley, in piccoli segmenti che risultano uno spostato rispetto all’altro. Si hanno quindi le faglie trasformi. Lungo le spaccature che delimitano la Rift Valley, risale continuamente magma che al contatto con l’acqua si solidifica e forma rocce basaltiche. Questa quantità di lava,in prossimità della superficie comincia ad espandersi dividendosi in rami che si allontano in direzioni opposte rispetto alla dorsale. Quindi i due fianchi della dorsale si allontanano reciprocamente a partire dalla Rift Valley. In definitiva, con un movimento continuo, i fondi oceanici si accrescono e si espandono in corrispondenza della Rift Valley.

LE FOSSE ABISSALI
Altro tipo di strutture con intensa attività. Depressioni lunghe migliaia di km e relativamente strette che raggiungono profondità oltre i 10 mila m. in corrispondenza di una fossa, il fondo scende di almeno 5 km. Vi è un’0intensa attività vulcanica nei pressi della fossa. Se la fossa fiancheggia il continente, lungo il margine continentale si forma una catena vulcanica chiamata arco vulcanico; un esempio ne sono le Ande in Sud America. Se la fossa è in pieno oceano, si ha invece un arco di isole. Questo tipo di vulcanismo è altamente esplosivo, alimentato da magmi molto ricchi di gas e vapori. Solitamente è un magma ANDESITICO ma si possono trovare anche magmi BASALTICI. I sistemi arco- fossa sono anche accompagnati da fenomeni sismici piuttosto intensi.
ESPANSIONE E SUBDUZIONE
L’idea che le fasce di intensa attività in corrispondenza delle fosse e delle dorsali fossero in qualche modo tra loro collegate, fu prospettata insieme all’ipotesi dell’espansione dei fondi oceanici. Tale ipotesi afferma che le dorsali sono sostenute dalla risalita di magma; l’inarcamento della litosfera provoca una frattura chiamata Rift Valley attraverso la quale risale il magma che alimenta il vulcanismo della dorsale e finisce poi per formare nuova litosfera. Litosfera che si allontana da un lato e dall’altro della Rift Valley, si raffredda e diviene più densa e si abbassa di quota rispetto alla dorsale. Intanto a una certa distanza dalla dorsale, il materiale del mantello in movimento, comincia a ridiscendere in profondità con un lento movimento chiamato SUBDUZIONE. La litosfera segue questo movimento e si formano le fosse. Scendendo nel mantello, la litosfera si riscalda e fonde, assimilandosi con il resto del materiale. La fusione graduale della crosta oceanica e dei sedimenti che la ricoprono produce grandi quantità di magma che risale verso la superficie dando origine all’attività degli archi vulcanici. Parte del magma si consolida però anche in profondità e si parla quindi di archi magmatici. Inoltre, la lenta discesa della litosfera nel mantello, avviene con molto attrito che si manifesta sotto forma di terremoto.
LA TETTONICA DELLE PLACCHE
LE PLACCHE LITOSFERICHE
La litosfera è intersecata per tutto il suo spessore da zone attive, caratterizzate da attività sismica e vulcanica, come le dorsali di espansione, le fosse di subduzione e le grandi faglie trasformi. Queste zone dividono la litosfera in circa 20 parti, chiamate PLACCHE, di cui sei sono molto vaste, altre sono molto più piccole. Queste placche possono essere formate o solo da litosfera oceanica o da sola litosfera continentale, o da litosfera mista. I bordi di queste placche vengono distinti in base alla loro funzione in tre tipi:
• margini costruttivi o divergenti: sono le dorsali;
• margini distruttivi o di convergenza: sono le fosse;
• margini conservativi: alcune grandi faglie trasformi.
Poiché le placche sono a contatto reciproco, ogni margine è comune a 2 placche; inoltre le placche occupano tutta la litosfera, quindi non c’è mai uno spazio vuoto. Alcune placche sono circondate in gran parte da margini costruttivi, quindi la loro superficie aumenta continuamente (Africa); altre sono delimitate sia da margini costruttivi che distruttivi, quindi hanno una superficie destinata a rimanere generalmente immutata.
L’OROGENESI
Alcuni oceani hanno al loro interno una dorsale di espansione ma non fosse di subduzione; quindi la superficie della crosta oceanica continua d aumentare e i continenti ai loro bordi devono allontanarsi tra loro per far spazio alla nuova crosta. I blocchi continentali vengono quindi portati alla deriva. Ci sono 3 diversi tipi di OROGENESI:
• CROSTA OCEANICA IN SUBDUZIONE SOTTO UN MARGINE CONTINENTALE: se un continente finisce per trovarsi a ridosso di una fossa oceanica, non entra in subduzione perché è troppo poco denso e quindi è la crosta oceanica ad infilarsi sotto il margine continentale che si deforma poi per il violento attrito. Spinte da forze enormi, le masse rocciose si saldano stabilmente al margine del continente e formano una striscia di crosta continentale, che si accresce di spessore per la risalita dei magmi. Si individua così un processo di orogenesi con il sollevamento di una nuova catena montuosa.
• COLLISIONE CONTINENTALE: se la placca che sta sprofondando nella subduzione comprende anche un continente, questo, una volta consumatasi tutta la crosta oceanica, arriva alla fossa e si avrà una collisione continentale. I due margini vengono sconvolti e deformati e grandi masse rocciose scivolano una sopra l’altra per centinaia di km; si origina così una lunga catena montuosa. Nel processo di collisione, l’oceano viene progressivamente ridotto in ampiezza e il suo fondo viene in gran parte riassorbito per subduzione.
• ACCRESCIMENTO CROSTALE: orogenesi per accrescimento crostale. Quando frammenti di varia natura (isole, piccoli continenti ) sono incastrati in una placca oceanica in lento movimento verso una fossa. Man mano che arrivano nella fossa, i frammenti vengono strappati via dalla placca che sprofonda e spinti ad accavallarsi contro il margine del continente lungo il quale si trova la fossa. Altri frammenti si aggiungerebbero nel tempo ai precedenti e concorrerebbero ad ampliare le dimensioni del continente contro cui si saldano.
IL CICLO di WILSON
È la nuova unità di misura dell’evoluzione del nostro pianeta e ha una durata dell’ordine di 500 milioni di anni. Le fosse non sono forme stabili: prima o poi vengono distrutte in un processo di collisione e sostituite dalla formazione di altre fosse altrove. Anche le dorsali sono mutevoli: se i movimenti in atto nel mantello si modificano, l’espansione si arresta e la dorsale diviene inattiva.
• STADIO EMBRIONALE: gli stessi mutamenti nei moti del mantello possono far nascere una nuova dorsale. È ciò che accade quando grandi volumi di materiale caldo arrivano al di sotto di un lembo continentale, dove la litosfera si inarca e si frattura. Le lunghe spaccature provocano un allineamento di grandi fosse le cui pareti scendono ripide con enormi gradini limitati da faglie.
• STADIO GIOVANILE: se il processo di espansione continua, i due margini continentali si allontanano e le lave che continuano a fuoriuscire dal basso formano una striscia di nuova crosta oceanica, mentre le acque invadono la depressione che si è aperta. Prende così forma il nuovo oceano, che registra un alto flusso termico.
• La fase successiva porta allo STADIO di MATURITA’: l’oceano si è ampliato e il suo fondo si accresce secondo il meccanismo di espansione e la frattura originaria è chiaramente segnata dalla Rift Valley. I due frammenti di continente sono trasportati lontano dal movimento delle placche mentre lungo i margini si formano i prismi sedimentari(detriti trasportati dai fiumi che si accumulano).
MODULO 9: LA VULCANOLOGIA E IL VULCANISMO
Attualmente sul nostro pianeta i vulcani attivi sono circa 600, mentre quello più alto è il monte Olympus su Marte.
La vulcanologia, si occupa dello studio della composizione della terra, grazie alla lave fuoriuscite dai vulcani, ma anche della prevenzione degli effetti negativi delle eruzioni.
Per vulcanismo si intende quella serie di processi che spingono il magma verso la superficie della Terra per poi farlo fuoriuscire attraverso i vulcani, situati in particolari zone della Litosfera:
• A ridosso delle fosse:
o Forma a cono
o Attività esplosiva
o Subaerei (emersi)
• A ridosso delle dorsali:
o Lineari
o Attività effusiva
o Subacquei
• In corrispondenza dei punti caldi:
o Forma a cono
o Interplacca (zone di congiunzione tra le placche)
I MAGMI
Il magma altro non è che una massa fusa e fluida di rocce fuse con la costante presenza di gas (, CO, agenti mineralizzanti). Il magma ristagna nei serbatoi magmatici ed è vincolato nei movimenti dalle due forze principali che regolano la vita di magmi e vulcani:
• FORZA DEL GAS: agisce dal basso verso l’alto
• PRESSIONE LITOSTATICA: agisce dall’alto verso il basso.
Il magma è in continuo movimento e quando riesce a fuoriuscire in superficie, i gas si liberano e con il raffreddamento, dalla lava si formano le rocce ignee effusive.
Il magmatismo è una scienza che studia e classifica i magmi in base alla loro composizione chimica:
• ACIDI: hanno un alta presenza di silicio, superiore al 40%
• BASICI: presenza di silicio inferiore al 40%, con minime parti di ferro. Magnesio
In base alla velocità con cui si liberano i gas, si può avere un attività più o meno esplosiva.
Acidi: derivano dalla fusione della litosfera; sono più viscosi, e quindi più densi, dei magmi basici e conservano al loro interno i gas che si accumulano finché la loro pressione supera quella citostatica ed avviene un’esplosione; sono situati in serbatoi magmatici prossimi alla superficie terrestre. La lave che deriva da questi magmi è molto viscosa, si solidifica in fretta e quindi non percorre molta strada dalla fuoriuscita dal cratere. Si formano così gli strato vulcani, composti da rocce sedimentarie, accumulatesi dopo l’esplosione, e da rocce ignee derivanti dall’attività effusiva.
Basici: sono situati in profondità e causa della loro fluidità favoriscono la fuoriuscita dei gas, con la conseguente attività di tipo effusivo. Da questi magmi si formano i vulcani a scudo, caratterizzati da pareti poco ripide. Se ci sono infiltrazioni di acqua si hanno delle fontane.
TIPI di LAVA
1. PAHOEHOE: lava basica che s solidifica in superficie così come appare. È una lava ben levigata che solidifica appena vien a contatto con l’atmosfera. Al suo interno però è ancora fusa e si raffredda col tempo.
2. CUSCINI: è una lava basica a raffreddamento rapido si trova in corrispondenza delle dorsali ed ha un aspetto levigato.
3. BLOCCHI: lava basica, caratterizzata da blocchi spigolosi, che solidifica in superficie.
ATTIVITÀ VULCANICA
1. PÈELEANA: tipica del vulcano Pèele, caratterizzata da un magma molto acido. Le eruzioni di questo tipo danno origine a delle nubi ardenti e la lava scende rapidamente lungo le pendici del vulcano creando situazioni molto pericolose. Il materiale che fuoriesce dal cratere è molto denso e ha una pressione interna molto elevata.
2. ATTIVITÀ VULCANIANA: (isola di Vulcano). Il magma è molto acido e con una forte presenza di gas, che si raccolgono nelle sacche gassose, provocando delle esplosioni che danno origine a nubi di gas e polveri a forma di fungo. Parte del gas fuoriesce però da buchi laterali, in modo da attenuare l’attività.
3. VESUVIANA: magma acido, durante l’esplosione avviene il getto di materiale chiroplastico a grande distanza. È un’attività particolarmente violenta.
4. STROMBOLIANA: il magma è in parte acido e in parte basico; la lava è fluida ma scorre poco. Le eruzioni sono caratterizzate da esplosioni a intervalli regolari di circa un’ora e viene emesso materiale vetroso in gran quantità.
5. HAWAIANA: il magma è basico e vi è un’attività continua. Avvine in corrispondenza dei punti caldi della terra e si formano laghi di magma che danno poi origine a fontane di lava.
6. LINEARI: magma ultrabasico, avviene presso le dorsali oceaniche.
ETÀ DEI VULCANI
• VULCANISMO PRIMARIO: il magma esce in superficie e provoca eruzioni, che possono essere di diverso tipo:
o Lineari: dorsali
o A condotto centrale:
• Sommitali: la lava esce dal condotto principale
• Laterali: la lava esce da condotti che si diramano dal condotto principale
o Eccentriche: dal serbatoio partono diversi condotti che portano crateri diversi
• VULCANISMO SECONDARIO: i condotti sono ostruiti e il magma non fuoriesce più, rimanendo nel serbatoio e riscaldando la zona circostante. Danno vita a soffioni boraciferi (getti di vapore, usati anche per produrre energia) e geyser (l’acqua filtra nei serbatoi, si surriscalda e diminuendo la densità sale verso l’alto. Vapore ed acqua calda vengono emessi a intervalli regolari).
• CALDERA: il tappo magmatico sprofonda perché pressione citostatica è più forte della pressione del magma ormai freddo. Il serbatoio si esaurisce.
MODULO 10: I SISMI
All’inizio dello studio sui terremoti essi venivano interpretati come dei fenomeni puramente casuali che si innescavano indistintamente in qualunque luogo del pianeta seminando morte e distruzione. Oggi si sa invece che i sismi sono fenomeni che sono sempre attivi nel tempo e che si ripetono ciclicamente, inoltre sono localizzati in particolari zone della terra dette fasce sismiche. Si è capito quindi che i terremoti sono strettamente legati ai processi di evoluzione del nostro pianeta. La sismologia è la scienza che si occupa dello studio di questi fenomeni e che, soprattutto a partire dal secolo XVIII, con l’avvento di nuovi strumenti in grado di registrare le vibrazioni della terra, si è posto il duplice un duplice obiettivo:
1. Studiare attraverso le onde sismiche l’interno della terra per costruire una specie di “radiografia” del nostro pianeta.
2. Cercare di ridurre i rischi e i pericoli che può comportare un sisma per l’uomo e trovare un opportuno sistema di difesa.
Come già detto i terremoti sono fenomeni che si verificano continuamente nel tempo ma solo alcuni sono percepibili dall’uomo e ancor meno sono quelli che provocano danni; inoltre, pur originandosi nelle fasce sismiche i loro effetti possono anche risentirsi sulle fasce asismiche. Le fasce sismiche coincidono con le linee delle catene montuose, delle dorsali oceaniche o comunque con altre zone attive della terra.
Un terremoto è quindi definito come una vibrazione ( + o – forte ) della terra, prodotta da una rapida liberazione di energia meccanica accumulata in un punto interno della terra detto ipocentro del terremoto. Da esso l’energia si propaga secondo onde sferiche, analoghe a quelle acustice, dotate quindi di una certa lunghezza d’onda e di una certa ampiezza e frequenza.
In principio Robert Mallet e ( dopo il terremoto di San Francisco) Harry F. Reid riuscirono a spiegare come il terremoto sia causato dalla propagazione di onde elastiche in seguito alla frattura di masse rocciose nel sottosuolo. Le rocce sottoposte ad una qualche sollecitazione si comportano in maniera elastica deformandosi progressivamente fin al raggiungimento del limite di rottura, oltre il quale la roccia si rompe e libera l’energia che ha accumulato. Tale energia liberata aumenta all’aumentare del carico di rottura e della elasticità della roccia poiché essa ha avuto più tempo per accumulare sempre maggiore energia prima di rompersi. Secondo il modello del rimbalzo elastico l’energia prodotta è diretta conseguenza del brusco ritorno delle rocce deformate al loro stato di equilibrio iniziale e si propaga attraverso violente vibrazioni delle particelle di roccia che si trasmettono a quelle adiacenti dando origine alle onde sismiche. Una zona nella quale è appena avvenuto un sisma dovrebbe aver raggiunto un nuovo punto di equilibrio che permette un periodo di tranquillità sismica. Ad esso tuttavia seguirà un nuovo accumulo di energia fino ad una nuova rottura. Questo processo è definito intersismico e si può dividere in 4 fasi:
1. stadio intersismico: inizia l’accumulo di energia per mezzo della forza esercitata sulle rocce.
2. stadio presismico: la deformazione della roccia si accentua progressivamente fino a livelli critici di resistenza
3. stadio cosismico: l’energia potenziale accumulata come deformazione elastica si libera attraverso calore e movimento, generando il terremoto vero e proprio.
4. stadio postsismico: si ha un ritorno all’equilibrio del sistema anche attraverso successive scosse di assestamento.
Abbiamo detto che l’energia prodotta si propaga attraverso onde sismiche che possono essere però di diversi tipi e che, in quanto fenomeni ondulatori, sono soggette a rifrazione o riflessione. I diversi tipi di onde si differenziano in base alla loro differente velocità e frequenza, tuttavia, quando giungono in superficie si concentrano in un punto detto epicentro del terremoto nel quale sono indistinguibili le une dalle altre. Da questo epicentro poi si propagano tutt’attorno separatamente. Possiamo riconoscere:
• onde longitudinali di tipo p (prime): sono le più veloci, viaggiano dai 4 agli 8 km/s, le particelle di roccia interessate dal passaggio dell’onda oscillano attorno al loro punto di equilibrio secondo la direzione di propagazione dell’onda stessa., si propagano in qualunque mezzo (qualunque sia il suo stato fisico) e lo spostamento d’aria che generano è percettibile dall’orecchio umano
• onde trasversali di tipo s (seconde): sono più lente e viaggiano ad una velocità compresa tra i 2,3 e i 4,6 km/s, al loro passaggio le particelle di roccia oscillano perpendicolarmente alla direzione di propagazione dell’onda, non si propagano attraverso i fluidi
Questi due tipi di onde sono definite onde di profondità; esistono anche onde superficiali che hanno una lunghezza d’onda maggiore ma si muovono più lentamente:
• onde di tipo r: si propagano circolarmente a partire dall’epicentro e le particelle oscillano secondo un moto ellittico lungo il piano di propagazione
• onde di tipo l: le particelle oscillano trasversalmente rispetto alla direzione di propagazione dell’onda.
Un terremoto può essere registrato ed analizzato attraverso un particolare strumento chiamato sismografo che permette di registrare su un grafico le diverse onde prodotte. Più il sismografo si trova vicino all’epicentro più il grafico risulta confuso e impreciso, poiché le onde, essendo poco lo spazio percorso, arrivano sovrapposte le une alle altre. Man mano che ci allontaniamo dall’epicentro aumenta il tempo di ritardo che le onde più veloci hanno da quelle più lente e ciò permette rilevazioni più precise e corrette. È possibile, mediante l’uso congiunto di più sismografi, individuare l’epicentro ma anche l’ipocentro di un terremoto, che è quindi distinto a seconda della profondità in:
• superficiale: profondità tra 0 e 70 km
• intermedio: profondità tra 70 e 300 km
• profondo: profondità oltre 300 km
Un sisma può essere classificato anche in base alla sua intensità secondo una scala, chiamata scala Mercalli, che è divisa in 12gradi e che ci permette di misurare i danni apportati dal terremoto a persone, edifici o al terreno stesso. Ad ogni località nella quale vengono effettuate le misurazioni è quindi assegnato un grado di intensità, che sarà massimo in prossimità dell’epicentro. Dopo aver riportato tali valori su una rappresentazione cartografica si possono tracciare le linne di confine tra le zone nelle quali il terremoto si è manifestato con intensità diverse. Queste curve sono dette isosisme e quella più interna indica l’area dell’epicentro che tuttavia può non coincidere con quello rilevato dagli strumenti. ( questo perché si basano su osservazioni macroscopiche dei danni che possono essere ridimensionati anche da fattori esterni quali una migliore qualità costruttiva degli edifici ).
Queste curve inoltre non sono concentriche poiché le onde si propagano diversamente a seconda del mezzo attraverso il quale viaggiano, quindi la composizione chimica delle rocce, la presenza o meno di fluido ( che annulla le onde s ) possono avere un’azione di smorzamento o di aumento dell’efficacia nella propagazione delle onde stesse.
Inoltre di un terremoto può anche essere misurata la forza propria che possiede in relazione all’ampiezza massima delle sue onde. E’ interessante notare che se vengono presi in considerazione due sismi, con lo stesso epicentro, e vengono rapportati i due sismogrammi rilevati in diverse stazioni, poste a distanze diverse dall’epicentro, il rapporto tra le ampiezze d’onda rimane costante al variare della distanza. Quindi è possibile misurare la “grandezza” di un terremoto, che chiameremo magnitudo, confrontando l’ampiezza massima delle sue onde con quella di un terremoto campione. Fu Richter ad ideare una scala logaritmica per misurare la magnitudine dei terremoti, prendendo come 0 della scala un terremoto che producesse un’oscillazione di 0,001 mm su di un sismografo posto a 100 km dall’epicentro. La scala Richter è quindi una scala logaritmica, assume valori anche negativi, che assume valori oscillanti tra -2 e 8. Questo fino al giorno d’oggi, non è dette che in un domani un terremoto faccia registrare un valore ancora maggiore.
Come si fa per leggere un sismogramma? In un sistema di assi cartesiani, nel quale vengono messi a confronto numerosi sismogrammi, vengono messi a confronto i tempi di arrivo delle singole onde, indicati sulle ordinate, e le distanze dell’epicentro dalle stazioni dove sono avvenute le registrazioni, indicate sulle ascisse. In particolare queste curve, dette dromocrone, indicano i tempi di propagazione di ogni tipo di onda in funzione della distanza dall’epicentro. Una volta noto questo schema generale è possibile ricavare il punto esatto dell’epicentro di un terremoto misurando l’intervallo di tempo che intercorre tra un’onda ed un’altra ed andando poi a cercare sulle ascisse a quale distanza corrisponde tale gap di tempo.
Gli effetti del terremoto: La conseguenza fondamentale dell’arrivo delle onde in superficie è l’oscillazione complessa del suolo che si trasmette agli oggetti sovrastanti quali sono gli edifici costruiti dall’uomo. I danni principali ad essi sono dovuti dall’oscillazione orizzontale del suolo ma anche sono influenzati da numerosi altri fattori. La durata è uno di questi, un terremoto può durare dai 20 secondi al minuto, oltre ad essa può influire notevolmente anche il tipo di costruzione, in particolare se sono rispettate le norme antisismiche, ma anche la natura geologica del terreno su cui poggiano gli edifici, in quanto può modificare il comportamento delle onde. Difatti può accadere che i movimenti del suolo vengano notevolmente ampliati quando le onde sismiche, risalendo, passano da un basamento roccioso rigido a sedimenti non consolidati. Infine tra gli altri effetti di un terremoto ricordiamo: la possibilità che si formino crepe o solchi nel terreno e il sollevamento o l’abbassamento del suolo.
La difesa dai terremoti: la difesa da un sisma avviene attraverso diversi metodi, il primo è la previsione, la quale può rispondere a domande significative quali: A) Quando avverrà? B) Dove? C) Con che intensità? Tuttavia il limite di questo metodo di difesa è l’accuratezza della previsione. Esistono 3 modalità di previsione:
• Deterministica: Risponde ai quesiti A e B ma non a C, alla sua base c’è la ricerca dei fenomeni premonitori. X es. le rocce si modificano strutturalmente, vi è una diminuzione nella velocità delle onde p, si avvertono spostamenti a livello del terreno. Oltre a ciò un altro fenomeno premonitore è la presenza di un gas, il Radon, che viene a formarsi per il decadimento di U e Radio, è volatile ed inodore e può andare in soluzione con l’acqua. Non è facile interpretare queste informazioni poiché devono essere precise, su vasta scala e continue.
• Statistica: Risponde anch’essa ai quesiti A e B meno a C. Essendo noto che i sismi si manifestano periodicamente e solo in precise zone, le fasce sismiche, è possibile organizzare tali dati all’interno di un software, il GIS. Tale programma ci permette di suddividere secondo vari layer (piani) che informano sulle diverse caratteristiche del luogo e che, se sovrapposti, ci danno la “carta d’identità sismica” della zona.
• Probabilistica: Risponde a tutti e 3 i quesiti, soprattutto a C. Tra un evento sismico ed un altro c’è un gap di tempo determinato dalla diversa elasticità delle rocce presenti nella zona. Più sono resistenti ed elastiche maggiore sarà la forza accumulata e di conseguenza quella liberata. Quindi potrò determinare la forza di un terremoto in seguito al suo ritardo.
Il secondo metodo di difesa è il controllo, che consiste nel far avvenire il fenomeno di proposito, ma con intensità ridotta, in modo da scaricare il futuro terremoto di una parte della sua energia.
Il terzo metodo di difesa, il più sicuro ed efficace, è la prevenzione. Per ridurre il rischio ( che è dato dalla somma della vulnerabilità + i danni ) è possibile: Costruire seguendo i piani dell’edilizia antisismica, utilizzando materiali più resistenti o elastici, costruendo secondo strutture particolari come la minor altezza degli edifici. Queste norme vanno applicate anche alle grandi opere pubbliche. Altro piano di prevenzione possono essere i piani evacuativi e di istruzione di massa, come anche i piani di intervento che organizzano i soccorsi e la pianificazione territoriale.

Esempio