Violenza sui minori

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Violenza sui minori
Traccia: La violenza sui minori e dei minori (che è, in questo caso, una forma di violenza esercitata su minori perché questi vengono così abituati al reato) è un fenomeno tristemente diffuso nel nostro Paese. Le statistiche parlano di circa 130000 minori abituati a delinquere, di cui circa 60000 sono direttamente assoldati della gran criminalità ed altri 50000 sono saltuariamente coinvolti in traffici di droga. Il fenomeno costituisce una delle più gravi emergenze sociali, tali da richiedere interventi rapidi e risolutivi. Si propone allo studente di relazionare in merito, analizzando il fenomeno in tutta la sua complessità, individuandone le cause più rilevanti e suggerendo le proposte per affrontare e risolvere tale emergenza.
La relazione può articolarsi nei seguenti punti:
1) Minori e malavita organizzata.
2) Alcune realtà del Sud dell’Italia.
3) La situazione al di fuori dei nostri confini nazionali.
4) Proposte contro la violenza minorile.
5) L’importanza di vivere in un ambiente familiare sano.
1) La violenza che vede come vittime o come protagonisti i minori è un fenomeno purtroppo diffuso nel nostro Paese, rappresentando un’autentica questione sociale. I dati statistici hanno evidenziato un forte incremento, negli ultimi anni, dei “baby-delinquenti” nelle regioni del Centro e del Nord dell’Italia rispetto al Meridione, dove però la situazione continua ad essere più preoccupante, visto il legame tra gli atti criminosi commessi dai giovanissimi e la malavita organizzata presente nella zona. La camorra in Campania, la ‘ndrangheta in Calabria, la mafia in Sicilia e la “ sacra corona unita” in Puglia continuano ad assoldare minori per attività illecite marginali: si conta che il numero di quanti “lavorano” per esse a tempo pieno ed a “stipendio fisso” raggiunga addirittura le sessantamila unità, mentre cinquantamila sono coinvolti saltuariamente in traffici di droga. A questi vanno aggiunti i 10-20mila che agiscono da soli o in piccole bande: viene fuori una cifra totale di 130mila piccoli delinquenti, destinati purtroppo ad aumentare,considerati i problemi sociali ed economici che attualmente il Paese conosce.
2) Si tratta di ragazzi tra i dieci ed i diciassette anni, che girano per la città “scippando” e rapinando passanti e turisti, consumando e/o vendendo stupefacenti, rubando auto e motorini; cambia solo il soprannome con cui sono conosciuti nelle principali città del Sud: “topini” a Bari, “picciotti” a Palermo, “muschili”, cioè moscerini, a Napoli poiché “volano” da un veicolo all’altro seminando il panico nei quartieri. La maggior parte dei” baby-delinquenti” proviene da famiglie di basso tenore sociale ed economico, nonché di limitati interessi culturali, famiglie in molti casi dedite anch’esse alla malavita e che hanno costretto fin da piccoli i propri figli ad una vita “per strada” senza scuola né assistenza. Tuttavia, negli ultimi tempi, anche giovanissimi appartenenti a famiglie agiate ed oneste hanno scelto la via del crimine , spinti sia dai disagi personali e sociali sia dagli attuali “miti” del consumismo, dell’egoismo e dell’individualismo, perseguendo i quali aspirano ad ottenere il successo e la ricchezza con ogni mezzo, lecito o meno. Spesso le frustrazioni legate alla difficoltà o all’impossibilità di raggiungere questi obiettivi portano i giovani a trovare sfogo nella droga, nell’alcool, nella violenza gratuita esercitata in luoghi pubblici, allo stadio, nei confronti di cittadini, di coetanei, degli stessi genitori.
3) Gli atti criminali sui e dei minori non sono ovviamente circoscritti all’Italia: l’opinione pubblica mondiale è da tempo divisa sull’opportunità di pene più severe per i minori colpevoli di reati gravi. Hanno suscitato sgomento i casi dei due ragazzini che hanno seviziato ed ucciso un bimbo di due anni e del gruppo di undicenni che ha ucciso “per gioco” un barbone. Inoltre, il notevole aumento del numero di omicidi compiuti, negli Stati Uniti, da ragazzi al di sotto dei sedici anni ha messo in allarme l’Europa intera non solo per la gravità del fenomeno in sé, ma anche in quanto segnale allarmante di una tendenza che può investire pure il Vecchio Continente.
4) Per prevenire ed arginare il fenomeno della violenza minorile, bisogna intervenire sulla legislazione statale, sull’operato dei centri d’assistenza sociale, sulle relazioni affettive e sul ruolo educativo della famiglia. Da più parti, a cominciare dagli organismi dell’ONU, sono venute le proposte: creazione di un organismo d’osservazione e coordinamento di tutte le politiche preventive; potenziamento delle strutture della giustizia minorile, che devono essere dotate di servizi più efficaci e di maggior personale e devono operare in stretto contatto con gli enti locali e le associazioni di volontariato; varo di leggi più severe per i mandanti e gli sfruttatori dei baby-delinquenti; potenziamento delle strutture d’assistenza sociale alle famiglie in difficoltà; lotta decisa all’evasione scolastica.
La preziosa attività svolta dalle organizzazioni di volontariato e di assistenza sociale va elogiata ed incrementata: nonostante la carenza di strutture e di mezzi finanziari che spesso ostacola il loro operato, tolgono molti minori dalla strada, strappandoli da un futuro a rischio.
5) Certamente è da tenere, in questi casi, sotto particolare osservazione la famiglia, dato che in quest’ultima è possibile ritrovare molte cause del disadattamento giovanile: un ambiente familiare non consono alle esigenze del bambino, perché troppo disgregato o repressivo ed ostile, ne può danneggiare la personalità, spingendolo ad una futura scelta delinquenziale. Anche le condizioni economiche della famiglia hanno un’incidenza negativa, così come la mancanza di valori al suo interno le frequenti liti tra marito e moglie e tra genitori e figli: un padre disoccupato, che sfoga questa sua condizione assentandosi spesso da casa o prendendosela con la moglie, perde di prestigio e di fiducia agli occhi del figlio; un nucleo familiare caratterizzato da profonde incomprensioni sui valori da trasmettere ai giovani non può che disorientare questi ultimi, che spesso preferiscono agire da soli e in maniera sbagliata.
I comportamenti, le idee, i valori, le opinioni dei genitori forniscono dei modelli ai loro figli: una volta interiorizzati, questi rappresentano l’unica verità, la sola realtà esistente fino a prova contraria: così una famiglia unita, ma con atteggiamenti e convincimenti socialmente deprecabili, fornisce una serie d’esempi negativi al bambino che, crescendo, utilizzerà i medesimi schemi nel relazionarsi con gli altri. Non si possono certo addossare tutte le responsabilità di una scelta delinquenziale da parte dei minori: anche nelle esperienze extrafamiliari, a scuola, osservando la televisione, frequentando cattive compagnie, si possono acquisire comportamenti legati alla violenza. Soprattutto i messaggi trasmessi dai “mass-media” esercitano un’influenza decisiva su una personalità in formazione.
Tuttavia non c’è dubbio che proprio una famiglia sana ed equilibrata può svolgere un’importantissima funzione di selezione di questi messaggi e, conseguentemente, di orientamento degli interessi dei figli.
Il contributo che ciascun adulto onesto e responsabile può dare, in qualità di genitore, insegnante, uomo politico, assistente sociale o semplice cittadino, allo sviluppo di una personalità sana ed equilibrata nei minori, può rappresentare il vero antidoto alla violenza minorile.

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