Ricerca sugli angeli

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Testo

Angeli

Gerarchie Angeliche

Le origini

Il giudaismo e il cristianesimo nascente distinguevano gli spiriti buoni, fedeli a Dio, e i malvagi, capitanati da Satana; tra i primi ponevano non solo gli Angeli propriamente detti, con gli Arcangeli, ma anche i Cherubini e i Serafini, e tra i secondi i demoni che, identificati con gli dei del paganesimo (il quale adorava le forze della natura), vennero a identificarsi in qualche modo con gli spiriti creduti animatori degli astri e degli elementi. In S. Paolo, Principati, Potestà, Virtù (I Corinzi, XV, 24 seg.) e Troni (Colossesi, I, 16), sono titoli degli Angeli in genere, buoni o cattivi; la teologia posteriore li restrinse ai buoni.
Da S. Agostino infatti si distinsero soltanto gli Angeli di Dio, in cielo, e i demoni di Satana, nell’inferno; per cui i nomi di Principati, Potestà, Virtù e Troni passarono a designare gli Spiriti Celesti. Ma sorse la questione della ragione di tali distinzioni e denominazioni nella Corte Celeste. Era una diversità di natura, ovvero, supposto che la natura di spirito sia la medesima in tutti, di merito, di funzione o di dignità, come pensarono, per esempio, Clemente Alessandrino e Origene? Per lungo tempo i Padri rimasero divisi e incerti; anche perché non si sapeva precisare in che consistesse questa diversità di natura e quante e quali fossero le diversità di ufficio. Inoltre, i testi biblici che si riferiscono alle gerarchie angeliche non hanno carattere sistematico. Per san Girolamo i Cori erano sette, mentre sant’Ambrogio e san Gregorio Magno organizzano diversamente l’ordine gerarchico.
Portò chiarezza ed ordine in questa questione il pseudo Dionigi Aeropagita (possiamo dire che mentre i nomi dei singoli Ordini angelici derivano dalla tradizione biblica, l’organizzazione gerarchica è il frutto in gran parte della sistemazione dionisiana) con il De Caelesti hyerarchia, al quale fa riscontro il De ecclesiastica hyerarchia. Da questo stesso si comprende come egli non concepisse la Gerarchia Celeste fondata sopra una diversità di natura tra gli spiriti, ma semplicemente, alla stessa guisa della gerarchia ecclesiastica, sopra la differenza del posto che essi occupano a seconda dell’ordine sacro di cui sono rivestiti, della scienza che posseggono e dall’azione che esercitano. Come cioè nella Chiesa la grazia e i doni di Dio si dispensano attraverso una scala discendente di tre gradini – l’episcopato, il presbiterio, il diaconato – così la pienezza della Vita e Luce Divina discende dal Cielo in Terra attraverso tre ordini, diviso ciascuno in tre gradi (nove in tutto), dei quali il più alto la riceve immediatamente da Dio, e ciascuno degli altri da quello che gli sta immediatamente sopra. Sono per ordine discendente: Serafini, Cherubini e Troni; Dominazioni, Virtù e Potestà; Principati, Arcangeli e Angeli. Questa teoria, i cui princìpi, come tutte le altre del pseudo Dionigi, si ricollegano a quelli neoplatonici, specie da Proclo, fu portata in Occidente da S. Gregorio Magno; poi, quando gli scritti dell’Aeropagita furono tradotti in latino da Scoto Eriugena, fu universalmente ricevuta nella scolastica e passò nel linguaggio comune della Chiesa.
Dionigi Aeropagita
Gli scritti che vanno sotto il nome di Dionigi Aeropagita, primo vescovo di Atene e discendente di S. Paolo, a cui si accenna negli Atti (XVII, 34), dal Rinascimento in poi hanno dato luogo a laboriose discussioni. Essi sono ricordati la prima volta verso il 532 da Innocenzo, vescovo di Maronia, ma in occasione della grande conferenza religiosa tenutasi a Costantinopoli (533) per appianare la lotta fra ortodossi e severiani si cominciò a dubitare della loro autenticità per opera di Ipazio di Efeso. Invece papa Martino I li difese strenuamente come autentici e li introdusse in Occidente, e la loro fama si diffuse così rapidamente e stabilmente che specialmente per il commento che ne fece Massimo il Confessore, non si dubitò affatto, per tutto il Medioevo, del loro carattere apocrifo. Attribuiti a Dionigi sono i quattro trattati: De divinis nominibus, De theologia mystica, De caelesti hierarchia, De ecclesiastica hierarchia, e inoltre dieci lettere.
L’Aeropagita distingue una teologia affermativa, la quale discende da Dio alle cose finite, e una teologia negativa, che, mediante un processo di negazioni, dalle cose finite sale a Dio. Così l’uomo sciolto e libero da tutte le cose di quaggiù entra in quella caligine veramente mistica dell’inconoscibilità, dove egli fuori da ogni apprensione scientifica non esiste più per sé, ma aderisce assolutamente a colui che è al di sopra di tutto. Di qui l’esaltazione dell’ignoranza mistica come la più alta conoscenza che si possa avere di Dio.
Nella sua opera più importante, quella sui Nomi divini, egli cerca di dimostrare che non è possibile la conoscenza delle scienze spirituali, e tanto meno di Dio, muovendo dalle cose sensibili. La dottrina su Dio è da ricercare nella Scrittura, la quale, peraltro, ci fornisce una conoscenza di Dio che si adatta soltanto alla nostra capacità intellettuale. Ma Dio in se stesso è imperscrutabile, tanto vero che a Lui possono convenire tutti i nomi e nessun nome. La divinità è dunque superiore a tutto, ed essa non è solo unità (monade) ma anche trinità (triade), ma non può essere da noi conosciuta, perché le stesse categorie di unità e trinità non sono capaci di esprimerla: Dio è il sopraente, il sopraunificante, il sopraessenziale.
Il primo attributo di Dio è la Bontà. Da essa derivano gli ordini e le funzioni degli Angeli, le anime e le loro facoltà e anche le cose animate e inanimate, in un sistema gerarchico degli esseri, che ha avuto un’enorme efficacia nella determinazione di taluni dogmi cattolici. La creazione divina è racchiusa dentro i limiti di una gerarchia fantasticamente architettata, ma dentro cui è però visibile il distendersi dell’unico principio divino, che contiene in sé tutti gli esseri.
Giacché il fine della gerarchia propriamente consiste nell’assimilazione e nella congiunzione, per quanto è possibile, con Dio. Gesù è al centro di questa deificazione, perché è posto in mezzo fra Dio trascendente e gli altri esseri. Le gerarchie, che costituiscono gli ordini degli esseri superiori all’uomo, sono distribuite in tre gruppi: Troni, Cherubini, Serafini; Signorie, Potenze, Autorità; Principati, Arcangeli, Angeli.
Inoltre, posto il concetto che Dio è tutto e abbraccia tutto, e che la sua vera essenza si esprime nel Bene, il quale per sua natura è diffusivo, l’Aeropagita arriva alla conclusione che in Dio sono uniti anche tutti i contrari. Se Dio è tutto bene, e come tale abbraccia tutto, il male in quanto male non esiste, sicché: "tutte le cose, in quanto sono, sono bene e dal bene; in quanto sono prive del bene, non sono bene, né esistono".
Dunque il male non si può dire che sia nelle cose o nella materia prima o nel corpo umano; la sua realtà, se di realtà si può parlare, è nella nostra volontà, la quale accidentalmente opera il male, ma in grazia del bene, cioè con la coscienza di compiere una cosa giusta. Questa conclusione chiarisce la soluzione di altri problemi teologici sulla provvidenza divina e sulla malvagità dei demoni. Dio conosce il male come difetto del bene o bene difettoso, e i demoni non sono cattivi per natura, ma sono cattivi per quello che non sono.

De caelesti hyerarchia

"Come specchi"

Nel testo in greco di Dionigi, costituito da quindici brevi capitoli, per un totale di un'ottantina di pagine, leggiamo molte cose a proposito delle "beatissime gerarchie angeliche nelle quali il Padre ha generosamente manifestato la Sua luce e attraverso le quali noi possiamo elevarci fino al Suo assoluto splendore".
Viene detto per esempio che gli appartenenti alle gerarchie sono come specchi trasparenti "adatti a ricevere il raggio di Luce del Principio divino, santamente ricolmi dello splendore a loro dovuto e a loro volta largamente risplendenti verso quelli che li seguono".
E ancora: "Parlando di gerarchia, intendiamo un ordinamento sacro, immagine della bellezza del Principio divino, che ha la sacra funzione di portare a compimento… i misteri della sua propria illuminazione e che tende ad assimilarsi, per quanto gli è consentito, al proprio "Principio", divenendo "collaboratore di Dio" e mostrando "come in se stesso, per quel che è possibile, si compie l'attività divina. (…) L'illuminazione del Principio divino si compie dapprima nelle gerarchie celesti, ed è poi da esse che vengono a noi trasmesse le rivelazioni superiori".
L'autore sembra anche sottintendere che sta parlando di esperienze personali: dice spesso io vedo che gli angeli, alludendo così a vere e proprie visioni che gli avrebbero permesso di conoscere l'ordinamento angelico.

La mediazione

Dionigi l'Aeropagita così continua:
Io vedo che gli Angeli furono per primi iniziati al divino mistero dell'amore di Gesù per gli uomini, e che in seguito per opera loro venne a noi la grazia della conoscenza. Fu così che il divino Gabriele rivelò in segreto al sommo sacerdote Zaccaria che il bambino che sarebbe nato da lui, contro ogni speranza e per grazia divina, sarebbe stato un profeta dell'opera divina e umana di Gesù, il quale sarebbe apparso al mondo come benefico salvatore; e fu così che Gabriele rivelò in segreto a Maria come in lei si sarebbe compiuto il mistero del Principio, riguardo all'ineffabile incarnazione divina.
Un altro Angelo comunicò a Giuseppe come in verità si fossero compiute le divine promesse fatte al suo avo Davide; un altro ancora diede la buona novella ai pastori in quanto essi si erano purificati con la loro vita di isolamento e di quiete, e con lui "la moltitudine dell'esercito celeste", che trasmise quel celebre inno di lode agli abitanti della terra. Ma mi innalzerò anche alle più alte illuminazioni dei Loghia (nota: ciò che è stato detto da Dio nel corso dei tempi e tramandato dai testi sacri): io vedo infatti che lo stesso Gesù, causa sovressenziale delle entità celesti, giunto fino a noi rimanendo immutabile, non si sottrae al buon disegno, stabilito e scelto da Lui secondo la convenienza umana, ma si sottomette docilmente ai voleri di Dio Padre, trasmesso attraverso gli Angeli, con la cui mediazione viene anche annunciata a Giuseppe la ritirata in Egitto del Figlio, disposta dal Padre, e in seguito il trasferimento dall'Egitto in Giudea.
E' perciò per mediazione degli Angeli che noi Lo vediamo sottomettersi alle leggi del Padre. Tralascio di dire, a te che lo sai (nota: Dionigi indirizza il suo libro al "confratello Timoteo"), tutto ciò che ci è stato rivelato dalle tradizioni sacerdotali circa l'Angelo che confortò Gesù, o il fatto che lo stesso Gesù, entrato nell'ordine rivelatore per la sua benefica opera salvatrice, fu proclamato "Angelo del gran consiglio". Ed è proprio così, perché Egli stesso dice, nel modo proprio degli Angeli, di annunziarci tutte le cose che ha udito dal padre.
I Nomi
Quanto alle gerarchie celesti vere e proprie, Dionigi afferma di ritenere che "lo sappia con esattezza solo il loro divino Principio iniziatore. (…) Noi non diremo nulla che venga solo da noi, ma esporremo, secondo le nostre capacità, quelle visioni celesti che furono contemplate dai santi conoscitori del Divino e a cui anche noi siamo stati iniziati".
Nove sono gli ordini delle entità celesti, a loro volta suddivisi in tre ordini maggiori: il primo è quello che è sempre presso Dio e comprende i santi Troni e le loro corti "dai molti occhi e dalle molte ali", cioè Cherubini e Serafini. Il secondo ordine comprende Potestà, Dominazioni e Virtù; il terzo gli Angeli, gli Arcangeli e i Principati. Ogni nome delle Intelligenze celesti indica il carattere divino proprio ad ognuna.
Di seguito, riportiamo il testo di Dionigi nella traduzione di G. Burrini (Roma, 1981).
Serafini
Cherubini
Troni
Il santo nome dei Serafini significa sia "coloro che bruciano" sia "coloro che riscaldano", e quello dei Cherubini significa "pienezza di conoscenza" o "effusione di saggezza". Il nome Troni sta ad indicare la vicinanza al trono divino, quindi entità altissime che siedono immediatamente accanto a Dio e ricevono in maniera diretta e immediata le perfezioni e le conoscenze divine. (…)
(Quanto al nome dei Serafini esso ci rivela) il loro continuo ed incessante movimento attorno alle realtà divine, il calore, l'ardore, il ribollire di questo eterno movimento continuo, stabile e fermo, la capacità di rendere simili a se stessi i subordinati, elevandoli energicamente, facendoli ribollire ed infiammare fino ad un calore uguale al loro, il potere catartico simile alla folgore, la natura luminosa e risplendente che mai si occulta e che è inestinguibile, fugatrice di ogni tetra oscurità.
Quanto al nome dei Cherubini, esso ci rivela il loro potere di conoscere e di contemplare la Divinità, la loro attitudine a ricevere il dono di luce più alto e a contemplare la dignità del Principio divino nella sua potenza originaria, la loro capacità di riempirsi del dono della saggezza e di comunicarlo, senza invidia, a quelli del secondo ordine…
Quanto al nome di Troni, spiriti molto alti e sublimi, esso ci indica che questi trascendono in modo puro ogni vile inclinazione, che si elevano verso la vetta in modo ultraterreno, che fermamente si ritraggono da ogni bassezza, che siedono totalmente, in modo saldo e ben fondato, attorno a Colui che è veramente l'Altissimo, che accolgono ciò che discende dal Principio divino con una calma tutta immateriale, e infine che sono portatori del Divino, premurosamente aperti a ricevere le Sue donazioni.
Dominazioni
Virtù
Potestà
Io credo che il nome rivelatore delle sante Dominazioni ci indichi la loro forza di elevarsi, che mai si sottomette, libera da ogni inferiore cedimento; esse non si abbassano assolutamente a nessuna realtà discordante e tirannica, superano… ogni degradante asservimento…, entrano il più possibile in comunione con l'eterna divinità del Principio della Dominazione.
Il nome delle sante Virtù significa coraggio saldo e intrepidità in tutte le attività, un coraggio che mai si stanca di accogliere le illuminazioni donate dal Principio divino, che è anzi potentemente teso all'imitazione di Dio…
Quanto al nome delle sante Potestà, esso ci rivela la loro parità di grado condivisa con le divine Dominazioni e con le Virtù, la disposizione molto armoniosa nell'accogliere i doni divini, il carattere di potenza ultraterrena e intelligente, che non abusa tirannicamente delle sue potenti forze, volgendole al peggio, ma che si eleva ed eleva con bontà i subordinati verso le realtà divine, e che tende ad assimilarsi al Principio della Potestà, fonte di ogni potestà, che Lo riflette, per quanto è possibili agli Angeli…
Principati
Arcangeli
Angeli
Il nome dei Principati ci indica che essi possiedono un carattere divinamente sovrano e un potere di comando, entro un ordine sacro che è il più consono a delle potenze sovrane; che si modellano il più possibile su quello stesso Principio, fonte di ogni altro principio; e infine che essi, con il buon ordinamento delle loro potenze sovrane, Lo esprimono come Principio ordinatore sovressenziale…
Il santo ordine degli Arcangeli, per la sua posizione centrale nella gerarchia, partecipa ugualmente degli estremi. Infatti è affine ai santissimi Principati ed è affine agli Angeli… in quanto riceve gerarchicamente le illuminazioni del Principio divino attraverso le potenze primarie e le annuncia benevolmente agli Angeli, e tramite gli Angeli le manifesta a noi, in proporzione alle sante attitudini di coloro che vengono divinamente illuminati.
Con gli Angeli, come abbiamo detto, terminano e si completano tutti gli ordini delle Intelligenze celesti, perché essi, da ultimi fra le entità celesti, possiedono il carattere di messaggeri e sono più vicini a noi; perciò più ad essi che ai precedenti è appropriato il nome di Angeli, in quanto la loro gerarchia si occupa di ciò che è più manifesto e, ancor più, delle cose di questo mondo… Per questo la Scienza divina ha affidato agli Angeli la nostra gerarchia, designando Michele principe del popolo ebraico, e chiamando anche altri Angeli a presiedere sui vari popoli. Difatti l'Altissimo "stabilì i confini dei popoli secondo il numero degli Angeli di Dio" (Deut. 32, 8).
L'Armonia sovressenziale
Le Intelligenze celesti sono tutte rivelatrici e messaggere di chi le precede: quelle più degne lo sono di Dio che le muove, mentre le altre, a misura delle loro forze, lo sono delle entità che vengono mosse da Dio.
L’Armonia sovressenziale di tutte le cose ha difatti così ben provveduto alla regolare elevazione e alla santa ed armoniosa disposizione di ciascun essere razionale ed intelligente che ha ripartito ogni gerarchia in ordini sacri, per cui noi vediamo tutta la gerarchia divisa in potenze primarie, intermedie ed ultime; ma, a dire il vero, Essa ha suddiviso anche ogni ordinamento secondo gli stessi rapporti divini. Perciò i conoscitori del Divino dichiarano che gli stessi altissimi Serafini "gridavano l’uno all’altro" (Isaia 6, 3) per dimostrare con ciò chiaramente, a mio avviso, che essi per primi trasmettevano agli altri le conoscenze che hanno sul Divino.
A mio parere c’è ancora una cosa che merita un’intelligente riflessione: la tradizione dei Loghia dice degli Angeli che essi sono "mille migliaia" e "diecimila miriadi" (Daniele 7, 10. Apocalisse 5, 11 e 9, 16) – ripetendo per essi e moltiplicando i numeri più alti che noi usiamo – con l’intenzione di rivelarci chiaramente, con ciò, che gli ordini delle entità celesti sono per noi incalcolabili. Molti difatti sono i beati eserciti delle Intelligenze ultraterrene, superiori alla nostra debole e limitata numerazione materiale, e definiti compiutamente solo dal loro pensiero e dal loro sapere ultraterreno e celeste, ad essi felicemente donato dal Principio divino onnisciente e fonte di saggezza, parimenti Principio sovressenziale, Causa creatrice di essenza, Potenza e Termine che comprende ed abbraccia tutti gli esseri.
Sant'Agostino e san Tommaso d'Aquino
Sant'Agostino così commenta la questione riguardante le gerarchie angeliche:
Come sia composta quella società suprema, e quali siano le differenze gerarchiche, così da permettere, nonostante il comune nome di angeli, l’esistenza anche di Arcangeli, e se gli Arcangeli si chiamino anche Virtù e in che rapporti stiano tra loro quei quattro termini con cui l’apostolo Paolo sembra voler abbracciare tutta la suddetta società dei celesti, dicano pure quelli che possono dirlo, se però possono provare quello che dicono; io per me confesso di ignorarlo (Enchiridion, 58).
Nel tardo medioevo, Tommaso d’Aquino scrive nella sua Summa Theologica:
Circa i soggetti, occorre distinguere i gruppi gerarchici in quanto ricevono in maniera non uguale gli ordini del Principe, come può avvenire nelle città sottomesse ad un unico sovrano, anche se abbiano ricevuto legislazioni diverse. Gli Angeli dotati di una intelligenza più o meno possente conoscono le leggi divine in maniera diversa. E’ questo il fattore principale su cui si fonda la varietà gerarchica in essi. La Prima Gerarchia conosce e apprezza queste leggi come procedenti da un Principio Universale, che è Dio. La seconda le coglie come dipendenti da cause universali create, che sono già più o meno numerose. La terza gerarchia le coglie come sono applicate a ciascun essere e dipendenti da cause particolari. La distinzione degli Angeli in gerarchie e ordini si poggia non tanto sui doni naturali della loro essenza specifica, quanto sul grado della loro elevazione soprannaturale e sulla visione intuitiva che Dio ha loro concesso dopo che ebbero superato la prova, un pelago senza limiti e fondo di beatitudine in cui, con diversa profondità, si immerge la loro estasi.
Quanto alla possibilità degli umani di guadagnare l’accesso alle Gerarchie Celesti, "gli uomini possono sì entrare nei diversi ordini degli Angeli, ma non assumendo la loro natura, pur meritando in Cielo una Gloria che li eguaglia all’uno o all’altro dei Cori Angelici".
L'opera angelica "oggi"
Possiamo dunque intendere le Gerarchie Angeliche come i tramiti o i veicoli dell’emanazione del Pensiero Divino Creatore verso la manifestazione fisica del Creato. Le schiere angeliche operano lungo il percorso della Creazione secondo il loro grado di Conoscenza e la loro Funzione: operano dal momento in cui la Volontà Divina "decide" fino alla manifestazione fisica di tale Volontà, secondo le Leggi a cui essi (e il Tutto) sono sottoposti. Ogni singolo Coro e Ordine riceve dal livello superiore ed emana al livello inferiore quanto tali Leggi consentono: ciò permette alfine all’elemento creato di assumere una propria identità e caratteristiche proprie. Dai Serafini agli Angeli assistiamo dunque alla "solidificazione" della Volontà Creatrice: i primi ne saranno Puro Specchio, i secondi Custodi e Costruttori a livello fisico.
Serafini - Il loro nome significa Ardenti. Sono statici conservatori dell’energia divina increata; pur non conoscendo quella che sarà la Volontà Creatrice, essi reggono fra le loro mani l’energia primordiale e la rendono disponibile nel momento in cui dovrà canalizzarsi per manifestarsi.
Cherubini - Il loro nome significa Colui che prega. Ricevono l’onda del Pensiero Divino, e l’energia per realizzarlo, direttamente dai Serafini. Costituiscono l’elemento dinamico: in base al Progetto, distribuiscono e organizzano le leggi e le strutture dell’energia divina emanata. Per tale motivo, li conosciamo quali guardiani dell’Arca dell’Alleanza e della Porta del Paradiso.
Troni - Portatori della Giustizia di Dio, sovrintendono alla corretta collocazione nello spazio e nel tempo dell’elemento creato.
Dominazioni - Stabiliscono i confini entro i quali l’elemento creato potrà agire, nel pieno rispetto delle leggi statiche e dinamiche che i Cherubini hanno stabilito in precedenza. Confini entro cui la nuova creazione potrà muoversi interagendo con gli altri elementi creati, secondo un principio di generale armonia e in ottemperanza alle leggi universali.
Virtù - Dispensatori di Grazia, definiscono l’archetipo, in termini di qualità specifiche, dell’elemento creato. Stabiliscono pertanto le caratteristiche proprie dell’elemento: attribuiscono la forma, il colore, la dimensione, il profumo, la temperatura. Da questo momento in poi l’elemento è pronto per scendere nei piani della materia, manifestandosi, sia esso un fiore o una galassia.
Potenze o Potestà - Caricano l’elemento creato dell’energia vitale più adatta alla sua specie. Praticamente formano i suoi corpi sottili, infondono il "prana", modellano l’aura che permetterà l’espressione del Sé e difendono dall’attività eversiva delle forze maligne.
Principati - Sono i protettori delle manifestazioni religiose e di culto che stabiliscono e conservano i legami tra creature e Creatore; costituiscono il ponte tra la manifestazione materiale e l’essenza spirituale.
Arcangeli - Custodiscono gli archetipi dello specifico elemento creato, collocato all’interno di una specie. Sovrintendono direttamente all’attività degli Angeli posti a custodia di ogni singolo elemento. Il termine Arcangelo è composto e deriva dal greco essere a capo e messaggero.
Angeli - Sono i Custodi delle singole entità, siano queste esseri umani, appartenenti ai regni vegetale e minerale, oppure oggetti costruiti dall’uomo. Inoltre sono i Costruttori delle forme all’interno dei quattro elementi e dell’etere cosmico che li contiene. In pratica, si occupano di mantenere correttamente saldo nella materia il Progetto Divino lasciando all’Uomo la possibilità, tramite il libero arbitrio, di far progredire ed evolvere tale Progetto. La categoria degli Angeli è dunque quella più vicina agli esseri umani ed opera direttamente sulla loro natura energetica

Angeli nell'inconscio collettivo

Angeli come simbolo culturale
Qualcuno si potrebbe chiedere se gli angeli non siano solo il frutto dell’immaginazione collettiva. Non potrebbero essere, come asseriscono alcuni psichiatri, proiezioni di misteriosi ricordi arcaici che si sono trasmessi di generazione in generazione sotto forma di immagini archetipiche?
Jung nella sua introduzione all’Uomo e i suoi simboli parla di un paziente, un teologo, che cominciò ad avere delle visioni. Egli disse a Jung in un primo tempo che la visione di Ezechiele non era niente altro che il terribile sintomo di una malattia e che quando Mosè e altri profeti udivano delle voci "divine", in realtà soffrivano di allucinazioni. Immaginate il panico che questo teologo deve aver provato quando qualcosa di simile accadde improvvisamente anche a lui.
Noi siamo così abituati alla natura apparentemente razionale del nostro mondo che è difficilmente pensabile che possa accadere qualcosa che non possa essere spiegato secondo i criteri del senso comune. L’uomo primitivo, invece, davanti a uno shock come quello del teologo, non avrebbe avuto dubbi sulla propria sanità mentale, si sarebbe semplicemente rivolto ai suoi feticci, ai suoi spiriti, dèi o angeli.
Sia Freud che Jung scoprirono elementi bizzarri ed esotici nei sogni dei loro pazienti che sembravano completamente slegati dalle esperienze personali dei sognatori. Freud chiamò questi elementi "residui" arcaici o forme mentali, la cui presenza non può essere spiegata con niente di confrontabile nell’esperienza quotidiana della vita individuale. Li vide come avanzi biologici della parte preistorica e inconscia della mente nell’umanità.
Jung li definiva archetipi o immagini primordiali. L’archetipo, a suo modo di vedere, era la tendenza a costruire particolari modelli e forme interiori ricavati da immagini di carattere più generale. Egli pensava che fosse istintiva la tendenza a crearli. Recenti ricerche sul cervello sembrano confermare molte delle sue intuizioni.
Jung ha diviso i simboli ai quali noi rispondiamo così irrazionalmente in "naturali" e "culturali". I simboli naturali sono derivati direttamente dal contenuto inconscio della psiche. I simboli culturali sono rappresentazioni collettive di alcune dei più duraturi e comuni archetipi che sono affiorati un numero di volte sufficiente a farli riconoscere come "verità eterne" da quelle società che li hanno adottati. Gli angeli possono essere un esempio perfetto di un simbolo culturale che è stato accolto in Occidente: 4000 anni di fede in queste creature hanno creato una "verità eterna", che esercita ancora un considerevole potere inconscio, perché mantiene molto del suo originale valore magico. Secondo la psicologia, tali archetipi continuano a evocare profondi carichi emotivi che sono spesso espressi come pregiudizi irrazionali e come irresistibili sentimenti contro ogni ragionevole evidenza.

Collaborare con gli Angeli

Salire verso il Loro mondo
Geoffrey Hodson, forse il più grande chiaroveggente dei nostri tempi, scrive: "Non potete richiamare i grandi angeli nel vostro sé inferiore. Per vederli ed ascoltarli dovrete salire verso il loro mondo. Allorché ne supererete la soglia vedrete la possente moltitudine sempre immersa in miriadi di colori dell’arcobaleno...".
Questa frase, attentamente letta, da sola basterebbe per capire cosa dobbiamo fare per poter guardare direttamente negli occhi, senza impedimenti, i "nostri" angeli. Vi sono moltissimi che hanno trascorso la propria vita senza mai essere riusciti a incontrarli o quantomeno senza mai essersene accorti. Gli angeli possono infatti apparirci senza che noi li percepiamo come tali, sotto forma di persone, o persino di animali, che incontriamo occasionalmente e che in qualche modo influiscono sulle nostre azioni, sul nostro modo di essere, magari sulla nostra stessa esistenza.
Tutti li contattiamo durante il sonno, quando, da ogni angolo della Terra, uomini e donne vengono radunati nelle "aule notturne di apprendimento" per essere istruiti occultamente. Riceviamo così messaggi, suggerimenti, intuizioni di cui, al nostro risveglio, non ricordiamo la provenienza e che crediamo frutto di una nostra autonoma elaborazione: e ogni mattina siamo pronti con i nostri piccoli o grandi mezzi per lavorare al Grande Piano. Immersi nella nostra realtà, durante la giornata, tra il frastuono delle città e i nostri ritmi incalzanti, gli angeli sono sempre accanto a noi, che tentano di farsi sentire. Noi possiamo collaborare alla costruzione di un ponte di luce che colleghi il nostro con il loro mondo: tutti siamo in grado di farlo, ma non dobbiamo dimenticare che gli Angeli, rappresentando sempre e comunque una enorme Potenza, non si abbasseranno mai al nostro livello e rifuggono dal caos di certi nostri modelli di vita, dalle vibrazioni grossolane e negative che spesso emaniamo... Siamo noi a dover "salire verso il loro mondo". Per incontrarli non basta sentirsi pronti o pensare di esserlo.
Interiorità
Esteriorità
Per prima cosa è necessario credere fermamente negli angeli, amarli ed essere totalmente disponibili nei loro confronti, tenendo presente che il culto dell’angelo è qualcosa di diverso dal culto verso la Divinità, quale sia la religione praticata: questo è da tenere bene a mente. Occorre pazienza, umiltà e sapere coltivare delle doti personali: anche la nostra esistenza deve essere impostata in un modo particolare e permanente; dobbiamo essere capaci di liberarci dal nostro egoismo, dall’istinto di sopraffazione e proiettarci amorevolmente sugli altri, preoccupandoci del loro bene prima che del nostro; dobbiamo conquistare uno stato di serenità, lasciandoci alle spalle ansie, tensioni, insoddisfazioni; dobbiamo essere aperti alle cose dello spirito e soprattutto rinunciare all’adorazione del "vitello grasso", cioè dei falsi idoli... denaro e oggetti sono solo un mezzo, non un fine. Non solo quando tentiamo di metterci in comunicazione con gli angeli, ma in ogni momento dobbiamo cercare di essere padroni di noi stessi, delle nostre emozioni, dei nostri impulsi. Dobbiamo riuscire ad "essere" noi stessi. Possiamo aiutarci con la meditazione e ritagliare nell’arco della giornata dei momenti in cui staccare gli innumerevoli fili che ci legano alla realtà circostante. Creare un silenzio esteriore significa conciliare in modo profondo quello interiore.
Nel ricercare questo incontro dobbiamo essere spinti da una sana e disinteressata aspirazione a perseguire una propria crescita interiore, intellettuale, morale, affettiva; dobbiamo lasciare da parte le nostre aspettative e il nostro egoismo nel cercare rassicurazioni e gratificazioni personali... siamo solo un’infinitesima parte di una realtà collettiva e unitaria chiamata umanità e ci realizziamo pienamente come individui solo quando siamo in relazione con gli altri e soprattutto operiamo in favore degli altri. In definitiva, per quanto riguarda il tentativo di stabilire un rapporto con gli esseri di luce, occorre un’adeguata predisposizione e preparazione interiori che vanno a riflettersi sulla nostra aura con determinati colori. Secondo il parere di molti angelologi, quando questi colori, che esprimono livelli diversi di energia, entrano in sintonia con gli esseri di luce che ci stanno attorno, allora si realizza il contatto. E’ attraverso l’espressione cromatica che determinati individui verrebbero riconosciuti come particolarmente idonei a costituire dei canali per irradiare sulla terra energie, intuizioni, saperi.
Preghiere
Preparati interiormente e adeguato il nostro approccio verso l’esterno e il nostro stile di vita, possiamo poi esternare direttamente il nostro amore verso gli angeli con preghiere: ve ne sono moltissime, formulate da varie e antiche tradizioni, indirizzate ad angeli diversi e riferite ai differenti bisogni e circostanze della vita (vedi la sezione Invocare). Ancora meglio di quelle liturgiche, sono le preghiere spontanee, che sgorgano dal cuore, perché in esse vi sono una forte intenzionalità e una partecipazione totale di se stessi che si spingono oltre ogni formula standardizzata. Non importa se le parole appaiono inadeguate, i concetti contorti, le espressioni ripetitive, le richieste banali: ciò che conta è che chi prega ponga tutto se stesso. E’ il caso di mettere da parte desideri egoistici e pregare anche per le persone che ci sono care e per tutto ciò che vive: si creerà una corrente di energia positiva tra noi e l’angelo che su di noi sarà poi riversata moltiplicata infinite volte.
Una casa per l'Angelo
Se preghiamo in casa è opportuno riservare al suo interno un luogo destinato al proprio angelo e solo a lui. Le diverse tradizioni concordano nell’affermare che questa creatura celeste ama sentirsi ospitata presso gli uomini di cui ha responsabilità. E’ sufficiente uno spazio anche piccolissimo, dove collocare un’immagine che in qualche modo evochi l’essenza angelica: può anche essere solamente una candela, una pianta, o un bastoncino di incenso da accendere durante la preghiera o i momenti di silenzio e di meditazione. Anche il semplice pensiero che un determinato luogo della casa è suo basterà a segnalare all’angelo la propria disponibilità, il proprio amore, il proprio desiderio di incontrarlo: basterà lo stesso pensiero a "consacrare" quel luogo. Ed egli, alla fine, non deluderà chi lo cerca.

Angeli nella Magia

Introduzione
Nella sezione "Angeli e Pianeti" abbiamo incontrato la relazione che sta alla base di quella che può essere considerata la "regina" delle scienze esoteriche, l’astrologia. Il motto "come in alto così in basso", spesso riferito a questa corrispondenza celeste, è il principio portato alla luce da Ermete Trismegisto ed è richiamato, sottilmente, in tutte le pagine di questa sezione.
In "Evocare" abbiamo accennato al cerchio magico e ai tentativi che l’uomo ha ricercato per poter richiamare nel proprio mondo le Entità Angeliche. In questa sezione incontreremo ancora, approfondendola, la metodologia delle Tavolette Enochiane che si avvale di quello che dovrebbe essere il linguaggio degli Angeli. E allargheremo il concetto di "cerchio magico", utilizzato nelle evocazioni di forze celesti o infernali, fino a renderlo più che mai attuale.
In definitiva, qui cercheremo di affrontare la tematica angelica all’interno del "pensiero magico". Malgrado in questa sede non sia naturalmente possibile trattarne in modo sufficientemente adeguato i contenuti e la storia, riteniamo risulti comunque utile riportare degli spunti di riflessione che possono aiutare la comprensione di una realtà spesso "sotterranea" ed "esoterica" (cioè "interiore")… una realtà che propone un’interpretazione angelica non accessibile o condivisibile da tutti ma che ha comunque influenzato molti aspetti del nostro "pensiero comune".

Interventi angelici nella Magia
Sortilegi
e incantesimi
Si può distinguere tra fatture negative e fatture positive, poiché la fattura è intesa come un’azione che può esercitare su una persona sia influssi distruttivi che costruttivi. La fattura nera può essere anche denominata sortilegio e la fattura bianca incantesimo, intendendo per la prima un’operazione sottoposta agli influssi di spiriti demoniaci e per la seconda un rituale eseguito tramite evocazioni di spiriti celesti. La suddivisione delle fatture in due antitetiche categorie viene ben esposta nell’Enciclopedia Metapsichica, anche se adopera il solo termine di "sortilegio" accomunando in esso ambedue gli stati, sia negativo che positivo. Alla voce "fattura" viene dunque assimilata la denominazione "sortilegio" e di esso viene data la seguente spiegazione:
Tipica pratica magica intesa a sfruttare, per fini buoni o cattivi, per mezzo di formule e di riti, le forze che animano la natura o gli spiriti che la popolano, imponendo ad essi la potenza della formula e la volontà del praticante. Attività antichissima, è ancor viva presso gli attuali popoli primitivi e negli ambienti popolari, in particolare agricoli, di tutti i paesi civili; i suoi scopi sono quanto mai vari: influire beneficamente sui raccolti, sul bestiame, sui fenomeni atmosferici e naturali in genere, allontanare epidemie, ottenere guarigioni, ma anche provocare disgrazie o morte ai nemici, costringere la persona amata a contraccambiare l'affetto, imporre a chicchessia la sottomissione ai nostri voleri o ai nostri desideri.
Le operazioni, i rituali, le cerimonie che un mago compie per effettuare le cosiddette fatture, possono essere finalizzate seconda la volontà di chi opera sia a fin di bene che a fin di male. Sicché non esistono soltanto fatture negative, come di solito si può pensare, ma anche fatture che possono produrre un effetto positivo. La fattura nera, che noi denominiamo sortilegio, viene compiuta per fini malvagi e ricade quindi sotto il dominio della magia nera tramite le evocazioni di spiriti maligni, quella bianca invece si serve dell’aiuto di spiriti celesti evocati con una ritualistica che si attiene a formule e azioni sottoposte al dominio della magia bianca.
La magia poggia le sue leggi sull’equilibrio. Quando questo equilibrio viene infranto, un mago può intervenire per ristabilirlo tramite il concorso di entità benefiche compiendo un incantesimo: queste entità benefiche possono appartenere a varie categorie di esseri ultraterreni (entità cosmiche, planetarie, geni, ecc.) comprese quelle degli angeli.
Fatture angeliche
L’intervento di entità superiori richiesto per effettuare incantesimi è uno dei fattori risolutori, e tale intervento viene sottoposto a varie ritualistiche di solito magiche, ma qualche volta una persona può anche appellarsi con un’intensa preghiera a spiritualità angeliche appartenenti a tradizioni religiose. La ritualistica della Teurgia che viene seguita per ottenere un "colloquio" fonde l’essere umano e l’angelo in un unico stato esistenziale superiore, corrispondente al raggiungimento dell’illuminazione interiore durante l’atto di trasformazione iniziatica. Chiedere aiuto a questi Esseri, emanazione diretta della divinità, i quali possono assumere forme materializzate di solito aventi fattezze umane di estrema bellezza, è un atto d’amore che può esaudire un desiderio della persona che implori, qualora questo desiderio appartenga alla sfera del bene.
Un operatore che agisca nell’ambito di questa morale può essere anch’esso intermediario tra la persona richiedente e gli angeli tramite l’effettuazione di rituali appropriati per rendere più facile il contatto con i Cori Celesti. Come abbiamo detto più sopra, il contatto può essere diretto, senza l’ausilio di intermediari qualora la persona abbia tanta fede da porsi in uno stato di grazia assoluta. Ma questa è cosa molto difficile perché uno stato di grazia è raro da raggiungere. Anche se questa ritualistica fondata sull’amore tra la Terra e il Cielo sembra sfuggire a formalità tecniche come quelle puramente magiche, non crediamo sia poi tanto esagerato ritenere che la richiesta, e l’eventuale esaudimento di un desiderio che una persona esprime agli angeli per raggiungere uno scopo benevolo su se stessi o su altri a lei cari, possa essere considerata una fattura angelica.
Non di rado nella tradizione popolare è esistita, ed ancora in parte esiste, una ritualistica mista, nella quale vengono mescolate sia la componente religiosa sia quella puramente magica, ove l’atto d’amore e di fede viene affiancato a cerimonie di magia bianca.
Entità cosmiche
Nella magia celeste gli angeli sono considerati entità cosmiche appartenenti ognuna agli innumerevoli corpi celesti componenti il creato, emanazioni dell’Assoluto. Poiché alcuni di questi astri emanano influssi benevoli e altri invece malevoli, i primi sono quelli che un mago deve evocare per effettuare una fattura bianca e ridare salute, amore, fortuna a chi ne è stato privato. In questo caso l’operatore deve eseguire precise ritualistiche magiche al fine di ottenere il controllo di queste entità angeliche, che più propriamente in magia sono denominate spiriti cosmici, o angeli della luce in antitesi agli angeli delle tenebre o spiriti maligni.
I corpi celesti che fanno parte del sistema solare entro cui si trova la stessa Terra influenzano con maggiore evidenza l’essere umano rispetto ad altri astri più lontani. Per effettuare ogni tipo di rituale magico è sempre necessario evocare gli spiriti planetari che dominano i vari settori della vita (fortuna, salute, amore, ecc).
L’influenza di questi spiriti, collegati alle dimore celesti del nostro sistema solare, viene così ripartita:
Sole: positivo (fortuna e denaro)
Luna: negativa (psiche e sistema nervoso)
Marte: negativo (contro i nemici e le avversità)
Mercurio: positivo e negativo (salute e affari)
Giove: positivo (successo e gloria)
Venere: positivo (amore)
Saturno: negativo (distruzione)
Per evocare gli spiriti planetari è assolutamente necessario conoscere i loro Sigilli (o anche chiamati Caratteri) senza i quali gli spiriti non possono essere comandati dall’operatore. I Sigilli sono la formula magica scritta.
Per quanto riguarda i Pentacoli, da non confondere con i Talismani (che devono essere personalizzati, cioè preparati dal mago per ogni determinata persona), possono essere considerati come batterie elettriche. Si caricano dell’energia dello spirito planetario irradiandosi attorno a chi lo indossa. Il loro compito è anche quello di tutelare l’operatore dalle interferenze esterne durante le cerimonie magiche, creando una specie di scudo difensivo.
I Pentacoli sacralizzano la persona allo spirito e, una volta costruiti e consacrati, possono essere usati anche da persone diverse.
Le "tavole" sono costituite invece da numeri celesti che governano gli spiriti dei pianeti: esse esprimono le loro energie. La disposizione dei numeri cabalistici è strutturata in modo da trarre i "segni magici" degli spiriti: gli antichi magi estraevano dal quadrettato, seguendo alcuni numeri, un diagramma denominato "segno".

Il cerchio magico: protezione e prigione
Maghi sacri, maghi profani e vittime
Nel suo significato più ampio, la magia è "l’arte di far accadere le cose" e può quindi essere considerata come metafora della relazione dinamica fra la coscienza, o volontà, e tutto ciò che sta al di fuori di essa (eventi, circostanze, oggetti, persone). Essa implica infatti un elemento di controllo, sia esso inteso come guida o manipolazione, una tecnica grazie alla quale la realtà venga incoraggiata, persuasa, indotta, oppure obbligata a uniformarsi a certi obiettivi. La magia, in breve, è il processo attraverso il quale si utilizza la malleabilità della realtà, per modellarla o trasmutarla in base ad un determinato scopo.
L’atteggiamento psicologico o morale con il quale si procede a modellare o trasmutare la realtà indica se la magia impiegata è, per usare le definizioni medievali e rinascimentali, "bianca" o "nera", vale a dire "pura" o "impura", "sacra" o "profana". A rischio di un’eccessiva semplificazione si potrebbe dire che l’umanità può essere divisa in tre categorie principali: maghi "sacri", maghi "profani" e vittime.
Il mago, sacro o profano, assume un ruolo attivo in relazione al mondo in cui vive e quindi lo trasforma. La vittima, al contrario, resta passiva, schiava impotente delle circostanze. Tali ruoli, come è ovvio, non sono fissi, e nemmeno necessariamente costanti. Si può essere, per così dire, un mago profano in certe circostanze, un mago sacro o una vittima in altre. Purtroppo la maggioranza degli esseri umani sono, per gran parte della propria vita, vittime. Essi non modellano, né tantomeno creano, la propria realtà, al contrario, la accettano così come è, divenendone schiavi.
L'alchimista
Questa affermazione apparentemente contraddittoria può essere esemplificata da una semplice analogia: l’alchimista nel suo laboratorio può essere paragonato allo scienziato che conduce un esperimento di fissione nucleare, o a chiunque, individuo o gruppo, faccia esperimenti nel laboratorio della propria vita individuale o collettiva, oppure ancora alla civiltà occidentale nel suo insieme che opera nel laboratorio degli eventi chiamato "storia" o "cultura".
Nell’effettuare i suoi esperimenti l’alchimista può impiegare tecniche di magia sacra o profana e visti dall’esterno i due processi possono sembrare uguali, ma in realtà sono completamente diversi.
Il mago o alchimista profano opera cercando di mantenersi distaccato e immune dal proprio esperimento, di manipolare gli elementi come se usasse un paio di pinze, di esercitare un controllo assoluto restando integro e immutato. Da questa posizione distaccata, e senza curarsi della violenza a cui la sottopone, egli costringe la realtà al proprio volere, spesso ricorrendo a processi contrari a quelli naturali. Ignora, o perfino infrange, il principio ermetico della interconnessione armonica. Per il fatto di mantenersi apparentemente distaccato dall’esperimento, può cullarsi nell’illusione che le energie e le potenze da lui impiegate o liberate non lo coinvolgeranno.
Il mago o alchimista sacro, all’opposto, cerca di diventare quello che il "magus" rinascimentale sosteneva di essere, vale a dire soggetto e oggetto del proprio esperimento. Egli fa in modo di immergervisi totalmente, di sperimentare per così dire dall’interno, di modo che l’esperimento diventi lo specchio della sua trasformazione e la sua trasformazione lo specchio del suo esperimento. Invece di dominare le cose dall’esterno, egli tenta di guidarle dall’interno, di diventare parte integrante dell’esperimento, ed è disposto a subirne le conseguenze, con tutti i rischi che ne possono derivare. Essendo al contempo soggetto e oggetto del proprio esperimento, egli evita la forza, la violenza, e qualsiasi pratica contraria alla natura. Il "magus" rinascimentale paragonava la propria attività a quella di un botanico o di un giardiniere che operano entro l’ordine naturale, assistendo la natura nel suo lavoro, curandola, nutrendola, aiutando le sue potenzialità latenti a realizzarsi. Per citare Paracelso "l’alchimista fa emergere ciò che è latente in natura" e Giambattista della Porta scriveva pochi anni dopo la morte di Paracelso: "Le opere di magia non sono altro che opere della natura, la cui rispettosa magia manuale è (…) quella dell’agricoltore; è infatti la natura che fa crescere il grano e l’erba, ma è l’arte che prepara il terreno".

Il cerchio magico
Il mago medievale e rinascimentale disegnava, metaforicamente e spesso letteralmente, un cerchio magico intorno a sé. Dall’interno di questo perimetro evocava, incanalava e controllava le forze celesti o infernali, considerate potenzialmente pericolose. Esistono moltissime leggende sui maghi troppo ambiziosi che evocano poteri che poi non sono in grado di controllare, poteri che, infranto il cerchio protettivo, li distruggono. Ma anche se il mago riesce a controllare le forze che ha evocato, il cerchio che lo protegge è comunque sempre anche quello che lo imprigiona. Egli non ne può uscire senza rischiare di essere colpito dalle energie che ha liberato; il cerchio magico diventa così una prigione che lo protegge, ma al contempo lo isola dalla realtà intorno a lui, una realtà in cui le energie scatenate ora si muovono liberamente.
Non è forse questa una metafora della nostra civiltà? Per la nostra cultura, la tecnologia costituisce una sorta di cerchio magico che consideriamo protettivo, dall’interno del quale invochiamo forze potenzialmente distruttive. E così inquiniamo il mondo con la plastica, le radiazioni, i prodotti chimici tossici e gli scarichi industriali. Dall’interno del nostro cerchio "protettivo", ci arroghiamo il diritto e il potere di fare esperimenti contro natura, come quelli dell’ingegneria genetica, la fissione e la fusione nucleare, gli armamenti chimici e biologici. Come il dottor Frankenstein creiamo mostri, e come gli incauti maghi delle leggende troppo spesso perdiamo il controllo delle forze che abbiamo evocato. Cessiamo allora di essere maghi, sacri o profani, e diventiamo vittime.
Ma anche quando riusciamo a mantenere il controllo, il cerchio magico della tecnologia, che noi supponiamo protettivo, ci imprigiona. La tecnologia è infatti come una protesi che migliora le funzioni del nostro braccio, ma non la saggezza necessaria ad esercitarle. Ci illudiamo di essere più liberi, quando invece ci sottomettiamo ad un giogo ancora più pesante. Stiamo insomma diventando sempre più vulnerabili e, nel contempo, disponibili ad essere manipolati.
Siffatta manipolazione è certo un mezzo per "far accadere le cose" ed è quindi una forma di magia, ma una magia che implica qualcosa di molto diverso dalla magia sacra degli ermetici rinascimentali. Assomiglia piuttosto a quella che Agrippa condannava come piccola stregoneria , praticata da tanti piccoli Faust. Ma pur meschina e profana, questa magia non è meno pericolosa ed è certo molto diffusa. Noi ne siamo le potenziali, se non già reali, vittime.

Evocare

Sabellicus Fournié
Secondo Jorg Sabellicus, studioso di rituali esoterico-magici, l’angelo si manifesta come "una forma gloriosa, un suono arcano, un sigillo luminoso, che lampeggia subitaneo nella penombra. E’ un fulgore improvviso, rosso o azzurro, che ferisce lo sguardo, provocando una sensazione di sgomento, come se un brivido intenso e incoercibile si diffondesse in tutte le membra". Evocare un angelo richiede una tecnica non facile, che va affinata con lunghe e faticose sperimentazioni e con un impegno che può richiedere diversi anni. Più di venti ne impiegò, infatti, l’abate Fournié, nel XVIII secolo, per perfezionare il rito che gli permetteva di mettersi in contatto con misteriose presenze. Ricordando questo tipo di esperienza, non esitava a definirla come qualcosa in grado di procurargli sensazioni così intense da farlo rabbrividire anche a distanza di anni.
De Pasqually
Nella difficile arte dell’evocazione angelica l’abate aveva avuto per maestro una della personalità più misteriose del Settecento, don Martinez de Pasqually (morto nel 1779), discendente da una famiglia di israeliti spagnoli, convertitisi al cattolicesimo, e fondatore di un ordine iniziatico, quello degli Eletti Cohen. Il fine di quest’ordine era la restaurazione negli adepti delle condizioni di purezza che aveva Adamo prima del peccato originale, quando possedeva poteri soprannaturali e dialogava liberamente con le creature dei quattro mondi (terrestre, celeste, sovraceleste e divino). La magia cerimoniale di ogni tradizione esoterica insegna da millenni le tecniche necessarie per consentire manifestazioni delle forze ultraterrene percepibili con i sensi. Queste forze vengono visualizzate dal mago sotto forma di angeli o demoni. De Pasqually riteneva che il rito non poteva essere utilizzato per secondi fini, come il potere o la ricchezza, ma solo per conciliare il mondo visibile con quello invisibile, ripristinandone l’unità originaria. L’evocazione delle entità angeliche avveniva mediante la ripetizione costante e completa di tre diversi rituali, che dovevano compiersi il primo ogni giorno, il secondo una volta al mese, il terzo due volte l’anno agli equinozi.
Quello giornaliero consisteva in un’orazione eseguita sul pavimento del proprio tempio personale dopo essersi collocati entro un cerchio magico, precedentemente tracciato, con al centro un sigillo sacro. Il rito mensile, che aveva luogo in tre notti consecutive tra il novilunio e il primo quarto di luna, prevedeva che l’officiante , dopo aver tracciato un cerchio magico quadripartito da una croce, vi entrasse vestito di solenni paramenti e, alla luce di particolari lampade, tracciasse altri segni sacri, pronunziando una serie di nomi divini in onore dei quali spargeva incensi aromatici. All’invocazione dell’equinozio partecipavano in comunità tutti i membri dell’Ordine. Ancora una volta si tracciavano cerchi magici e simbolici e si pronunciavano invocazioni.
L’uso del cerchio nelle pratiche magiche occidentali ha un significato che può legarsi al simbolismo della figura: il cerchio infatti rappresenta il cielo e la perfezione. Protratto per anni, o addirittura decenni, il rito produceva alla fine il suo effetto e l’adepto, purificato, riusciva a stabilire il contatto con il mondo superiore mediante l’apparizione sconvolgente di un’entità ultraterrena. Questo contatto provocava un rivolgimento totale, quasi un terrore divino.
Saint-Martin
Tra i discepoli di De Pasqually, oltre all’abate Fournié, vi era pure un giovane mistico, Louis-Claude de Saint-Martin (1743-1803), che nel 1771 divenne suo segretario particolare, al posto dell’abate stesso. Come il suo maestro egli pensava che l’uomo dovesse recuperare la condizione adamitica, corrispondente a quella di "uomo di spirito". Il primo passo per ottenere questa rigenerazione consisteva nel prestare orecchio all’ansia di spiritualità che in taluni eletti si manifesta liberamente. Le sue azioni non dovevano essere esteriori, ma prevalentemente interiori. Il culto interiore di Saint-Martin si basava sulla preghiera, intesa come forma vitale del pensiero e non come recitazione meccanica di una formula ripetitiva. Egli non si considerò mai un vero e proprio maestro, ma il suo straordinario fascino poetico e la sua presenza silenziosa, malinconica e raffinata, gli aprirono le porte dei circoli intellettuali della Parigi prerivoluzionaria, avida di esperienze esoteriche e iniziatiche. Dopo la sua morte divenne noto con l’appellativo di "filosofo sconosciuto", influenzando tutto l’occultismo del secolo scorso e del presente.
Dee Kelley
Anche l’Inghilterra elisabettiana ha avuto un celebre occultista in grado di evocare gli spiriti del mondo ultraterreno. Si tratta di John Dee, nato nel 1527 e morto in miseria nel 1608, durante il regno di Giacomo I, nemico di maghi e negromanti. Era matematico, fisico, astronomo e cabalista. Nel suo volume Monas hieroglyphica, pubblicato nel 1564, si possono rinvenire le radici del pensiero dei Rosacroce. Grazie al favore di Elisabetta I conobbe gli onori e la gloria, ma anche la disgrazia e la miseria quando la sovrana cambiò atteggiamento nei suoi confronti. La sua vita veramente straordinaria e rocambolesca è stata descritta nel romanzo "L’angelo della finestra d’Occidente" di Gustav Meyrink. Pare pure che abbia ispirato a Shakespeare il personaggio di Prospero che, nella Tempesta, ha ai suoi comandi lo spiritello Ariel.
In un periodo della sua vita, collaborò con un certo Edward Kelley, un veggente dal passato piuttosto oscuro e fatto di sregolatezze. Un giorno un angelo apparve a John Dee consegnandogli una pietra rotonda e convessa, simile ad un cristallo nero, che permetteva di ricevere visioni dai mondi ultraterreni. Per l’evocazione questa pietra veniva posta sopra una tavola ornata di simboli e divisa in settori detti Aethyr, corrispondenti ciascuno a una particolare regione del cosmo invisibile; in ogni regione regnavano angeli e demoni che venivano evocati con particolari riti in seguito ai quali Kelley cadeva in trance.

In questo stato di coscienza alterata gli appariva nel cristallo un angelo che con una verga indicava un quadrato tracciato su una tabella detta "tavola santa". Ad ogni quadrato corrispondeva una lettera, che Kelley rivelava a Dee, il quale la trascriveva. Alla fine queste lettere veniva trascritte in ordine inverso ricavandone un messaggio nella lingua enochiana (insegnata dall’angelo a Dee), che dovrebbe corrispondere all’idioma parlato da Adamo nel Paradiso terrestre (anche Dante nel Paradiso fa riferimento a questa lingua, già scomparsa prima del tentativo di costruzione della Torre di Babele). In questo modo i due occultisti ricevettero dagli angeli notizie e rivelazioni nonché una serie di formule evocatorie da utilizzare per ottenere l’apparizione dei signori dei diversi Aethyr. Ancora oggi molte società magiche utilizzano la metodologia di contatto con i mondi ultraterreni da loro sviluppata.
Re Salomone
Ritornando indietro nel tempo, a re Salomone la tradizione medioevale attribuisce una serie di testi magici contenenti indicazioni per incantesimi di vario tipo e, soprattutto, per evocare le entità soprannaturali: spiriti legati ai segni zodiacali, diavoli e angeli. Ancor oggi si ristampa la Clavicola, o "piccola chiave", nota in diverse versioni e in varie lingue; meno conosciuto è il Lemegeton, espressamente dedicato al dominio di entità infernali e/o celesti. L’ultimo capitolo di questo testo, in particolare, contiene un rituale completo per l’evocazione degli angeli preposti al dominio dei quattro punti cardinali (denominati "parti del mondo" o "torri").
Questo è il suo inizio: "... sappi che vi sono quattro Cori, i quali rappresentano le quattro Torri dell’Occidente, dell’Oriente, del Settentrione e del Meridione; e il tutto è diviso in dodici parti: cioè ogni parte è divisa in tre. E gli Angeli di ognuna di queste parti hanno le loro particolari virtù e i loro particolari poteri...". Di seguito, descrive il metodo di realizzazione del talismano per le evocazioni (detto Almadel), la fabbricazione di particolari candele e del sigillo (in oro puro o argento). L’angelo del primo Coro (o Torre dell’Oriente) appare recante "in mano una bandiera con una croce bianca, il suo corpo è avviluppato in un una nuvola chiara, e il suo volto è molto bello e luminoso, e porta sulla testa una corona di rose".

"L’angelo della seconda Torre o Parte del Mondo appare in forma di un bimbo in vesti di raso, e del colore d’una rosa rossa, con una corona di rossi garofani sul capo. Il suo viso è rivolto verso il cielo ed è di colore rosso, ed è circondato d’un fulgido splendore, come i raggi del Sole". Gli angeli della terza Torre "appaiono in forma di bimbi o di donne minuscole, abbigliati in colori verdi e argentei deliziosi alla vista, e con una corona di fronde d’alloro, con bianco e colori, sulla testa. E sembrano tenere i visi rivolti un poco verso il basso". Infine, gli angeli della quarta Torre "appaiono in forma di minuscoli uomini o ragazzi, con vesti di color nero frammisto a verde scuro; e nelle mani tengono un uccello nudo; e le loro teste sono cinte da un fulgido splendore di colori diversi".
Inoltre, si legge la seguente esortazione:
Non pregate per ottenere alcuna cosa che sia contraria a Dio e alle Sue leggi, bensì ciò che Dio accorda secondo la consuetudine o il corso della natura: questo potete desiderarlo e ottenerlo. (...) Rammenta che vi sono dodici Prìncipi, oltre a quelli delle quattro Parti del mondo; e si spartiscono tra loro gli offici, e ognuno governa trenta giorni ogni anno. Sarà vano chiamare uno degli Angeli, se non è il tempo di colui che lo governa. Perché ogni Coro o Torre ha il suo tempo limitato, secondo i dodici segni dello zodiaco; ed è in quel Segno del Sole che quell’Angelo o gli Angeli appartenenti al Segno hanno dominio. (...) I Cori hanno nome e carattere formato dalla sostanza dei cieli. Perché quando gli Angeli odono i nomi di Dio che sono loro attribuiti, li odono in virtù di tale carattere. Perciò è vano chiamare qualunque Angelo o Spirito, a meno che non si sappia con quale nome chiamarlo.

Invocare
Cattolicesimo Protestantesimo Ebraismo
Le preghiere rivolte agli Angeli sono numerosissime. Risultano presenti essenzialmente nell’ambito della cultura cattolica, sia in quella ufficiale, sia soprattutto in quella spontanea, dato l’ampio spazio che attribuisce alle entità intermediarie tra uomo e Dio. La medesima cosa non si verifica nell’ambito del protestantesimo, che a partire dal XVI secolo tentò di realizzare un severo ritorno alla Bibbia, quale unica rivelazione e autorità. Nella Bibbia infatti è detto chiaramente che non si devono adorare gli Angeli, né rivolgere preghiere a loro, o per loro tramite (si vedano la lettera ai Colossesi 2, 18 e l’Apocalisse 22, 9), giacché il sacrificio di Cristo ha annullato ogni barriera e l’uomo può rivolgersi direttamente a Dio, unico autore di salvezza e a cui solo spetta la gloria. Questo non significa che la riforma protestante abbia negato l’esistenza e l’importanza degli Angeli; essi sono stati riconosciuti, conformemente alla Scrittura, quali messaggeri ed esecutori della volontà divina nei confronti degli uomini. Lutero, parlando dell’aldilà, affermò che "Riposeremo soltanto in Dio, così come in questa vita dormiamo dolcemente, sotto la protezione di Dio e degli Angeli, senza temere pericolo". E Calvino: "Per quanto riguarda gli Angeli... la cura e la protezione dell’uomo pio è stata loro affidata. Essi devono perciò, in obbedienza a Dio, essere solleciti riguardo alla nostra salvezza, e pregando per noi non fanno altro che compiere il loro dovere. Dio decreta che tutti gli Angeli si assumano la protezione dei giusti".
Sostanzialmente analogo è l’atteggiamento dell’ebraismo, come pure dell’islamismo. Presso altre religioni, nei confronti di deva, forze spirituali minori e varie entità, più che l’uso di preghiere è possibile trovare quello di sacrifici.
Tanto la Chiesa cattolica quanto quella anglicana, il 29 settembre di ogni anno ricordano l’Arcangelo Michele e, assieme, tutti gli Angeli. In particolare, l’Anglican Collect contiene la seguente preghiera:
O eterno Signore Iddio, che hai comandato e costituito il servizio degli Angeli e degli uomini in un ordine meraviglioso; fa’ sì che, come i santi Angeli sempre ti servono in cielo, così nel tuo nome essi possano aiutarci e difenderci sulla terra.
La Chiesa cattolica dedica una notissima preghiera all’Angelo custode:
Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me che ti fui affidato dalla Pietà Celeste. Amen.

Dai Messali
Le seguenti preghiere sono tratte dai Messali.

All’Angelo custode

O Dio, che nella Tua misteriosa Provvidenza, mandi dal cielo i Tuoi Angeli a nostra custodia e protezione, fa che nel cammino della vita possiamo essere sorretti dal loro aiuto e pervenire con loro alla gioia eterna. Per Cristo nostro Signore.
(Liturg. Angeli custodi)

Per la protezione personale

O Dio, che chiami gli Angeli e gli uomini a cooperare al Tuo disegno di salvezza, concedi a noi, pellegrini sulla terra, la protezione degli Spiriti Beati, che in cielo stanno davanti a Te per servirti e contemplano la gloria del Tuo Volto. Per Cristo nostro Signore.
(Liturg. di S. Michele)

All’Angelo della Gloria

Noi proclamiamo, Signore, la Tua Gloria che risplende negli Angeli e negli Arcangeli; onorando questi Tuoi messaggeri, esaltiamo la Tua infinita bontà; negli Spiriti Beati Tu ci riveli quanto sei grande e amabile al di sopra di ogni creatura, per Cristo nostro Signore.
(Prefazio degli Angeli)

All’Angelo della Casa

Visita, Signore, la nostra casa e allontana da noi ogni insidia del nemico infernale; i Tuoi Angeli Santi ci custodiscano nella pace e sia sempre sopra di noi la Tua Benedizione. Per Cristo nostro Signore.
(Liturg. di Compieta)

Ai tre Arcangeli

Venga dal Cielo nelle nostre case l’Angelo della pace, Michele, venga portatore di serena pace e releghi nell’inferno le guerre, fonte di tante lacrime.
Venga Gabriele, l’Angelo della forza, scacci gli antichi nemici e visiti i templi cari al Cielo, che Egli trionfatore ha fatto elevare sulla Terra.
Ci assista Raffaele, l’Angelo che presiede alla salute; venga a guarire tutti i nostri malati e a dirigere i nostri incerti passi per i sentieri della vita.
(Liturg. degli Angeli custodi)

Protezione dalle forze oscure

Per la protezione dalle forze oscure (preghiera medioevale)
Signore, manda tutti i santi Angeli e Arcangeli. Manda il santo Arcangelo Michele, il santo Gabriele, il santo Raffaele, affinché siano presenti e difendano e proteggano questo tuo servo, Tu che lo plasmasti, cui desti un’anima e per il quale Ti degnasti di profondere il Tuo sangue. Lo proteggano, lo illuminino quando è sveglio, quando dorme, lo rendano così tranquillo e sicuro da ogni manifestazione diabolica, che nessun essere che abbia maligno potere possa in lui entrare giammai. Né osi offendere o ferire la sua anima, il suo corpo, il suo spirito o atterrirli o solleticarli con la tentazione.
Papa Leone XIII è autore di un lungo e complesso testo per esorcizzare Satana e gli Angeli ribelli. Il testo comprende una specifica Invocazione a san Michele Arcangelo
Gloriosissimo Principe delle celesti milizie, Arcangelo san Michele, difendici nella battaglia contro le potenze delle tenebre e la loro spirituale malizia. Vieni in aiuto di noi, che fummo creati da Dio e riscattati con il sangue di Cristo Gesù, suo Figlio, dalla tirannia del demonio. Tu sei venerato dalla Chiesa quale suo custode e patrono e a te il Signore ha affidato le anime che un giorno occuperanno le sedi celesti. Prega dunque il Dio della pace a tenere schiacciato Satana sotto i nostri piedi, affinché esso non valga né a fare schiavi di sé gli uomini, né a recare danni alla Chiesa. Presenta all’Altissimo, con le tue, le nostre preghiere, perché discendano su di noi le Sue divine misericordie. Incatena Satana e ricaccialo negli abissi donde non possa più sedurre le anime. Amen.

Invocazioni Agli Arcangeli

Glorioso Arcangelo Michele, principe delle milizie celesti, difendici contro tutti i nostri nemici visibili e invisibili e non permettere mai che cadiamo sotto la loro crudele tirannia.
San Gabriele Arcangelo, tu che giustamente sei chiamato la forza di Dio, poiché sei stato scelto per annunciare a Maria il mistero in cui l’Onnipotente doveva manifestare meravigliosamente la forza del suo braccio, facci conoscere i tesori racchiusi nella persona del Figlio di Dio e sii nostro messaggero presso la sua santa Madre!
San Raffaele Arcangelo, guida caritatevole dei viaggiatori, tu che, con la potenza divina, operi miracolose guarigioni, degnati di guidarci nel corso del nostro pellegrinaggio terreno e suggerisci i veri rimedi che possono guarire le nostre anime e i nostri corpi. Amen.
Agli Arcangeli
San Michele Arcangelo difendici nella battaglia; sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo, che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli; e tu, o Principe della milizia celeste, con la potenza divina ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni, i quali errano nel mondo per perdere le anime. Amen.
O glorioso Arcangelo san Gabriele io condivido la gioia che provasti nel recarti, quale celeste messaggero, a Maria, ammiro il rispetto col quale ti presentasti a lei, la devozione con cui la salutasti, l’amore con cui, primo fra gli Angeli, adorasti il Verbo incarnato nel suo seno. Ti prego di ottenermi di ripetere con gli stessi tuoi sentimenti il saluto che allora rivolgesti a Maria e di offrire con lo stesso amore gli ossequi che allora presentasti al Verbo fatto Uomo, con la recita del Santo Rosario e dell’Angelus Domini. Amen.
O glorioso Arcangelo san Raffaele che, dopo aver custodito gelosamente il figlio di Tobia nel suo fortunoso viaggio, lo rendeste finalmente ai suoi cari genitori salvo e incolume, unito a una sposa degna di lui, siate guida fedele anche a noi: superate le tempeste e gli scogli di questo mare procelloso del mondo, tutti i vostri devoti possano raggiungere felicemente il porto della beata eternità. Amen.

Ai nove cori degli Angeli

Angeli santissimi, vegliate su di noi, dovunque e sempre. Arcangeli nobilissimi, presentate a Dio le nostre preghiere e i nostri sacrifici. Virtù celesti, donateci forza e coraggio nelle prove della vita. Potenze dell’Alto, difendeteci contro i nemici visibili e invisibili. Principati sovrani, governate le nostre anime e i nostri corpi. Dominazioni altissime, regnate di più sulla nostra umanità. Troni supremi, otteneteci la pace. Cherubini pieni di zelo, dissipate tutte le nostre tenebre. Serafini pieni di amore, infiammateci di ardente amore per il Signore. Amen
All’Angelo custode
Assistimi, santo Angelo custode, soccorso nelle mie necessità, conforto nelle mie sventure, luce nelle mie tenebre, protettore nei pericoli, ispiratore di buoni pensieri, intercessore presso Dio, scudo che respingi il maligno nemico, compagno fedele, amico sicurissimo, prudente consigliere, modello di obbedienza, specchio di umiltà e di purezza. Assisteteci, Angeli che ci custodite, Angeli delle nostre famiglie, Angeli dei nostri bambini, Angelo della nostra città, Angelo del nostro Paese, Angeli della Chiesa, Angeli dell’Universo. Amen.
All’Angelo custode
Angelo benignissimo, mio custode, tutore e maestro, mia guida e difesa, mio sapientissimo consigliere e amico fedelissimo, a te io sono stato raccomandato, per la bontà del Signore, dal giorno in cui nacqui fino all’ultima ora della mia vita. Quanta riverenza di debbo, sapendo che mi sei dovunque e sempre vicino! Con quanta riconoscenza ti devo ringraziare per l’amore che nutri per me, quale e quanta confidenza per saperti il mio assistente e difensore! Insegnami, Angelo Santo, correggimi, proteggimi, custodiscimi e guidami per il diritto e sicuro cammino alla Santa Città di Dio. Non permettere che io faccia cose che offendano la tua santità e la tua purezza. Presenta i miei desideri al Signore, offrigli le mie orazioni, mostragli le mie miserie e impetrami il rimedio di esse dalla sua infinita bontà e dalla materna intercessione di Maria Santissima, tua Regina. Vigila quando dormo, sostienimi quando sono stanco, sorreggimi quando sto per cadere, alzami quando sono caduto, indicami la via quando sono smarrito, rincuorami quando mi perdo d’animo, illuminami quando non vedo, difendimi quando sono combattuto e specialmente nell’ultimo giorno della mia vita, siimi scudo contro il demonio. In grazia della tua difesa e della tua guida, ottienimi infine di entrare nella tua gloriosa dimora, dove per tutta l’eternità io possa esprimerti la mia gratitudine e glorificare assieme a te il Signore e la Vergine Maria, tua e mia Regina. Amen.
Consacrazioni

Atto di consacrazione all’Angelo custode

Santo Angelo Custode! Sin dall’inizio della mia vita mi sei stato dato a Protettore e Compagno.
Qui, al cospetto del mio Signore e mio Dio, della mia celeste Madre Maria e di tutti gli Angeli e Santi, io, povero peccatore, mi voglio consacrare a te. Voglio prendere la tua mano e mai più lasciarla. Prometto di essere sempre fedele e obbediente a Dio e alla Santa Madre Chiesa. Prometto di essere sempre devoto anche a te, mio santo Protettore e di propagare secondo le mie forze la devozione agli Angeli santi che ci viene concessa in questi giorni quale presidio e ausilio nella lotta spirituale per la conquista del Regno di Dio. Ti prego, Angelo santo, di concedermi tutta la forza dell’amore divino, affinché io ne venga infiammato, tutta la forza della fede, affinché io non cada mai più in errore. Domando che la tua mano mi difenda dal nemico. Ti chiedo la grazia dell’umiltà di Maria, affinché sfugga a tutti i pericoli e, guidato da te, raggiunga in cielo l’ingresso della Casa del Padre. Amen.

Atto di consacrazione a san Michele Arcangelo

Principe nobilissimo delle Angeliche gerarchie, valoroso guerriero dell’Altissimo, amatore zelante della gloria del Signore, terrore degli Angeli ribelli, amore e delizia di tutti gli Angeli giusti, mio dilettissimo Arcangelo san Michele, desiderando io di essere nel numero dei tuoi devoti e dei tuoi servi, a Te oggi per tale mi offro, mi dono e mi consacro. Pongo me stesso, la mia famiglia e quanto a me appartiene sotto la tua potentissima protezione. E’ piccola l’offerta della mia servitù, essendo io un miserabile peccatore, ma Tu gradisci l’affetto del mio cuore. Ricordati che se da oggi in avanti sono sotto il tuo patrocinio, Tu devi in tutta la mia vita assistermi, procurarmi il perdono dei miei molti e gravi peccati, la grazia di amare di cuore il mio Dio, il mio caro salvatore Gesù e la mia dolce madre Maria, e impetrarmi quegli aiuti che mi sono necessari per arrivare alla corona della gloria. Difendimi sempre dai nemici dell’anima mia, specialmente nel punto estremo della mia vita. Vieni allora, o Principe gloriosissimo, e assistimi nell’ultima lotta e con la tua arma potente respingi lontano da me, negli abissi dell’inferno, quell’Angelo prevaricatore e superbo, che prostrasti un dì nel combattimento in cielo. Amen.
Angeli Deva
Un’altra serie di preghiere, rivolte agli Angeli, deva e potenze spirituali in genere (quindi con un’impostazione più ampia e generalizzata di quanto possa essere quella di una singola chiesa), è stata raccolta da Giuditta Dembech, la quale ha attinto soprattutto ai testi esoterici di Geoffrey Hodson.

Agli Angeli guaritori

Salute a voi, Deva della guarigione! Venite in nostro aiuto, riversate la vostra energia risanante su questo nostro fratello. Colmate ogni cellula di forza vitale, date a ogni nervo la pace, placate i sensi torturati. L’onda di vita che sale porti il calore in ogni fibra, mentre il corpo e l’anima sono ristorati dal vostro potere risanante. Lasciate un Angelo che vegli, che conforti e protegga finché la salute ritorni. Un Angelo che respinga ogni male e acceleri il ritorno della forza, o accompagni alla pace, se la vita è finita. Salute a voi, Deva della guarigione! Venite in nostro aiuto, condividete con noi le fatiche della Terra, perché Dio si desti attraverso l’uomo.

Agli Angeli della natura

Salute a voi, Deva della Terra e del Cielo! Venite in nostro aiuto, donate la fertilità nei nostri campi, destate la vita in tutti i nostri sei, affinché la nostra terra possa essere feconda. Salute a voi, Deva della Terra e del Cielo! Venite in nostro aiuto, dividete con noi le fatiche della terra e che la Divinità interiore sia sprigionata.
Benedizioni per la Terra (da recitare orientandosi di volta in volta verso i quattro punti cardinali quando vengono evocati)

Sia pace a Nord, a Sud, a Ovest e ad Est. Sia pace attraverso i quattro elementi e all’Etere cosmico, che tutto contiene. Sia pace e amore per tutte le creature, visibili e invisibili attraverso i loro regni e i loro elementi. Sia pace ai loro Angeli e ai loro Deva. Sia pace a noi, che con essi condividiamo il cammino.

Al nostro Angelo custode

Angelo mio protettore, dammi la forza i realizzare i propositi di crescita interiore, di collaborazione e di servizio. La mia volontà è pura, potenziala con la tua forza. Aiutami nelle cose quotidiane, in quelle materiali e spirituali. Sviluppa in me le tue doti, che io veda i miei difetti e che io possieda compassione e pazienza. Guida i miei pensieri, i desideri, le azioni verso ciò che è più giusto per la mia crescita spirituale e dammi la capacità di accettare ciò che non riesco a comprendere.

Preghiera di chiusura (dopo aver pregato in gruppo)

Salute a te, Angelo nostro, protettore ed alleato. Salute a Te, Signore del Luogo, e a Voi Angeli e Deva che ci siete stati vicini. La vostra potenza accompagni il nostro intento e lo deponga dinanzi al trono dell’Immenso, dove la luce turbina in vortici fiammeggianti. Che la nostra richiesta sia accolta, e scenda dallo spirito alla materia, secondo il nostro karma. Riaccostate il velo, e che il Piano si compia.

Angeli custodi

In chiusura, una saggia raccomandazione di Eileen Elias Freeman: "Ogni qual volta vi attende un incontro importante, non dimenticate di pregare l’Angelo del vostro interlocutore, affinché vegli sul dialogo che nascerà tra voi".

Esempio