Realizzazione pratica di un alimentatore da 1 Ampere

Materie:Appunti
Categoria:Ricerche
Download:498
Data:28.06.2001
Numero di pagine:12
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
realizzazione-pratica-alimentatore-1-ampere_1.zip (Dimensione: 251.22 Kb)
trucheck.it_realizzazione-pratica-di-un-alimentatore-da-1-ampere.doc     689.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

REALIZZAZIONE DI UN ALIMENTATORE STABILIZZATO 1 Ampère
Baccaglini Gabriele Ferraresi Gilles
RELAZIONE DI TDP
Titolo esperienza: realizzazione di un circuito stampato
Scopo dell’esperienza:realizzare un alimentatore che fornisca al carico una tensione continua di 5V e una corrente costante di 1 Ampère
Metodo di fabbricazione: la costruzione avverrà in laboratorio con tecniche simili ai processi industriali attualmente in uso per la realizzazione di schede elettroniche.
SCHEMA ELETTRICO:
SCHEMA DI MONTAGGIO COMPONENTI:
COMPONENTI UTILIZZATI:

• 1 condensatore C1 1000uF;
• 1 condensatore C2 10uF;
• 1 condensatore C3 100nF;
• 1 ponte a diodi D1 da 1,5Ampère;
• 1 diodo D2 tipo 1N4001;
• 1 diodo D3 LED;
• Header JP1 da 9V;
• Header JP2 da 5V;
• 1 resistenza R1 da 220Ω;
• 1 transistor U1 LM7805CT;
MATERIALI E APPARECCHIATURE IMPIEGATE NELL’ESPERIENZA:

• elaboratore con software per disegno tecnico (per la fase di progettazione,comunque non indispensabile);
• superficie di supporto per il circuito (vetronite o bakelite);
• utensile da taglio per la basetta;
• bromografo;
• vaschetta di materiale plastico;
• vasca di incisione con termoregolatore e pompa ad aria;
• 15 – 20 g di NaOH (soda caustica) o 1l di soluzione preconfezionata;
• cloruro ferrino (FeCl) in soluzione o in granuli;
• carta assorbente;
• trapano radiale da laboratorio + punte da foratura (Φmax. 1,2 mm);
• carta abrasiva a grana fine;
• saldatore con termoregolatore (ed eventuali accessori);
• matassa di stagno-piombo;
CENNI TEORICI SULL’ESPERIENZA:
-ponte di Graetz-
L’utilizzo dei quattro diodi configurati a ponte (Ponte di Graetz) consente di realizzare un condensatore a doppia semionda, in cui la tensione di uscita presenta un andamento pari al valore assoluto della tensione di ingresso
Durante il semiperiodo positivo risultano polarizzati direttamente i diodi D1 e D3, mentre durante il semiperiodo negativo entrano in conduzione D2 e D4
Sulla base del funzionamento descritto si nota come l’ampiezza della tensione raddrizzata risulta inferiore a quella presente sul secondario di una quantità pari a 2VS, indicando con V, la differenza di potenziale tra anodo e catodo durante la polarizzazione diretta dei diodi.
Il condensatore C1 opera il livellamento dell’uscita in quanto costituisce un elemento conservativo iniziale rispetto alle variazioni di tensione.
Infatti la corrente che fluisce nei diodi carica il condensatore sino ad un valore massimo di tensione pari al picco Vp della forma d’onda raddrizzata. A seguito se RL== tale situazione permane immutata in quanto non può attivarsi alcun processo di scarica A causa dell’unidirezionalità della corrente all’uscita del ponte; invece se RL si verifica una scarica parziale di C1, che perdura finché la tensione ai capi del condensatore diviene inferiore al modulo di quella presente sul secondario: ciò provoca il ritorno in conduzione dei diodi e la conseguente carica di C1.
L’ondulazione residua presente nella seconda parte del grafico (quella in presenza del carico) decresce all’aumentare della costante di tempo C1 RL. Ciò è facilmente intuibile in quanto il condensatore accumula un energia proporzionale al valore della sua capacità, mentre il resistore, a parità di tensione dissipa una potenza inversamente proporzionale alla sua resistenza
-caratteristiche di un alimentatore-
La qualità di un alimentatore è individuata da un parametro denominato fattore di ripple, la cui definizione è
In essa Vreff rappresenta il valore efficace dell’ondulazione residua, mentre Vm il valore medio della tensione di uscita Val (t) = Vc (t).
Si può dimostrare che le precedenti grandezze valgono rispettivamente
e Vm
Per il funzionamento è necessario un trasformatore. La tensione alternata che il trasformatore deve erogare può essere calcolata con la formula indicativa VAC= Vout + 2. Una tensione di poco maggiore, non crea grossi problemi, una minore può indurre un ripple eccessivo all’uscita.
Nel nostro caso essendo la tensione d’uscita Vout = 5V vogliamo realizzare un alimentatore che possa erogare una potenza massima paria ad 1A. La potenza minima del nostro trasformatore può essere calcolata con la formula indicativa
P = Vac x 1 = 7 x 1 = 7 VA
Da cui ricaviamo che è necessario realizzare un trasformatore che presenti una potenza apparente pari a 7VA.
-Il fattore di ripple-
La tensione d’uscita di un alimentatore contiene sempre, in forma più o meno accentuata, una componente di ondulazione residua (ripple).
Vm
La qualità di un alimentatore è individuata da un parametro denominato fattore di ripple, la cui definizione è fattore percentuale di ripple
In essa Vreff rappresenta il valore efficace dell’ondulazione residua, mentre Vm il valore medio della tensione di uscita Val (t) = Vc (t). Si può dimostrare che le precedenti grandezze valgono rispettivamente:
(tensione efficace di ripple)
Vm
Per determinarlo colleghiamo all’uscita del nostro alimentatore una resistenza di potenza (o più resistenze in serie).
Colleghiamo i morsetti dell’oscilloscopio ai capi della resistenza e ne visualizziamo la forma d’onda. Essa apparirà quasi triangolare (Ad un time division molto basso). Applicheremo così le formule Vpp (mettici circa 16 mV)
La tensione d’uscita di un alimentatore contiene sempre, in forma più o meno accentuata, una componente di ondulazione residua (ripple).
Vm
Per determinarlo colleghiamo all’uscita del nostro alimentatore una resistenza di potenza (o più resistenze in serie). Colleghiamo i morsetti dell’oscilloscopio ai capi della resistenza e ne visualizziamo la forma d’onda. Essa apparirà quasi triangolare (Ad un time division molto basso). Applicheremo così le formule Vpp (otterremo circa 16 mV).
-granuli esaidrite di cloruro di ferro-
PREPARAZIONE
La necessaria concentrazione è di circa 500g di cloruro di ferro per 1 litro di soluzione. Versare la metà del volume necessario di acqua pulita da 20 a 30°C in un recipiente adattato e lentamente aggiungere il peso giusto di cloruro di ferro, mescolando fino a chè i granuli sono completamente sciolti. Aggiungere acqua fino al volume desiderato. Se necessario, si può aggiungere il cloruro di sodio (sale comune) alla percentuale di 5g a litro per mantenere una soluzione trasparente con cui lavorare facilmente. Trasferire la soluzione preparata alla vaschetta o serbatoio etching, facendo attenzione a non spruzzarlo fuori.
DIREZIONI PER L'USO
Si usa la vaschetta:
Immergere le piastre già pronte nella soluzione per circa 10 minuti, agitando frequentemente fino a che l'etching è completo. Se si riscalda la soluzione, si riduce il tempo necessario per l'etching.
Se si usa un serbatoio etching PCB:
Seguire le istruzioni date con il serbatoio. 1 litro di soluzione sarà sufficiente per circa 0,4 metri quadrati di 305g/metri quadrati (1 oncia/piede quadrato) di laminato rivestito di rame.
CONSERVAZIONE
Se si usa la vaschetta:
Trasferire la soluzione ad un contenitore infrangibile ben tappato.
Se si usa un serbatoio etching PCB:
La soluzione può rimanere nel serbatoio, ma il riscaldatore deve essere spento e il coperchio deve rimanere nella posizione giusta per evitare perdite tramite l'evaporazione. Da notare che il vapore della soluzione di cloruro di ferro corrode gli attrezzi e altri oggetti nelle vicinanze.
ELIMINAZIONE
La soluzione deve essere eliminata secondo le disposizioni delle autorità locali e in modo da non danneggiare, le persone, gli animali, i raccolti e le condutture d'acqua o andare contro le disposizioni locali per le fogne.
LE FASI DI REALIZZAZIONE:
per realizzare un circuito elettronico su supporto stampato la prima fase è la progettazione: per questo fine si possono impiegare programmi di disegno elettronico come Orcad Capture, con cui è possibile realizzare uno schema elettrico basilare. La seconda parte della progettazione consiste nel dimensionamento dei componenti, cioè nel regolare le grandezze elettriche del circuito per ottenerne il massimo rendimento. La parte di progettazione teorica termina qui, e inizia ora la fase in cui si deve considerare la realizzazione fisica del circuito.
Per costruire uno schema elettrico reale (cioè un disegno elettronico che visualizzi le piste di connessione tra componenti e il loro effettivo ingombro su un supporto fisico) è necessario creare una Netlist, cioè una lista tecnica di lavorazione contenente il nome e il valore dei componenti e le connessioni elettriche tra gli stessi. Tale lista risulterà necessaria per l'utilizzo di un secondo programma di disegno elettronico, Orcad Layout, che servirà appunto per realizzare il master (immagine,aspetto) del nostro progetto. Attingendo ai dati della netlist tramite questo programma sarà possibile, tramite appositi comandi e funzioni, ottenere uno schema effettivo di come dovrà essere costruito il nostro alimentatore.
Se il disegno risulta essere elettricamente corretto e fisicamente realizzabile si può passare alla vera e propria costruzione dell'alimentatore.
Per prima cosa è necessario ottenere sul supporto in vetronite le piste elettriche di connessione; questa è la fase più laboriosa della fabbricazione. I punti principali sono:
1. stampare lo schema circuitale con le sole piste su carta lucido;
2. ritagliare una scheda di vetronite di dimensioni sufficienti a contenere l'intero schema circuitale,senza rimuovere la pellicola di protezione dalla superficie; se necessario limare i bordi e pulire la superficie;
3. rimuovere la pellicola protettiva dalla basetta e applicarvi il lucido del circuito sopra il fotoresist con del nastro adesivo trasparente,facendo molta attenzione a posizionarlo correttamente. Si tenga conto del fatto che nella realizzazione al calcolatore e nella fase di stampa su lucido le piste vengono visualizzate invertite rispetto al loro layout effettivo su piastra;
4. Inserire la basetta, con il lato fotoresist rivolto verso l'alto, nel bromografo e azionare la pompa a vuoto; attivare poi le lampade a raggi ultravioletti e lasciare impressionare il fotoresist per un periodo di tempo dipendente dalla potenza complessiva delle lampade (nel caso della prova realizzata in laboratorio si è utilizzato una potenza luminosa di 60W,per un tempo di applicazione 3-4 minuti a distanza ravvicinata dalla superficie della piastra);
5. Togliere la basetta dal bromografo; ora le linee che rappresentano le piste rimarranno invariate mentre la parte impressionata di foto resist avrà subito il processo di polimerizzazione, per cui sarà sensibile agli attacchi acidi di cloruro ferrico.
6. Osservando la piastra non noteremo alcun cambiamento nell'aspetto della superficie, poiché il processo precedente ha portato un cambiamento a livello molecolare dello strato protettivo, quindi non visibile ad occhio nudo (esso è sensibile alla luce ultravioletta e non alla luce compresa nella zona fra luce gialla e quella rossa).
7. La fase successiva consiste in una pulitura, allo scopo di rimuovere il fotoresist polimerizzato, tramite immersione del supporto in una soluzione basica di soda caustica (NaOH) di concentrazione uguale o superiore a 5g/l. Al termine del trattamento la basetta va asciugata con carta assorbente, facendo molta attenzione a non venire a contatto con la soluzione, altamente ustionante.
8. E' ora necessario incidere le piste sul nostro supporto tramite utilizzo di una vasca di incisione; essa è un apparecchio regolato da un termostato ed è munita di una pompa d'aria per miscelare la soluzione al suo interno, costituita da cloruro ferrico che andrà a corrodere lo strato protettivo polimerizzato sul nostro supporto, lasciando solo la traccia delle piste. Durante la fase di incisione con questo metodo, che può durare sui 5-6 minuti, è consigliabile aumentare La temperatura della soluzione di circa 30 - 40° C. Al termine di questo trattamento avremo rimosso dal nostro supporto in vetronite tutto il rame in eccesso, cioè quello che non fa parte delle piste ottenute sulla superficie per fotoincisione.
9. Asciugata la basetta, essa va grattata delicatamente con una spugnetta abrasiva per rimuovere lo strato protettivo dalla superficie delle piste, poiché potrebbe creare problemi nell'assemblaggio finale dei componenti. È possibile anche rimuovere i residui con composti chimici, tuttavia è sconsigliabile per il fatto che si potrebbero danneggiare involontariamente le piste.
La preparazione del nostro supporto, su cui andremo a realizzare il circuito, è ora completata. La fase successiva consisterà nell'installare sulla superficie i componenti elettrici necessari a realizzare l'alimentatore; per fare ciò è necessario eseguire la foratura della basetta per permettere ai piedini di transistor, condensatori, resistori e ponti a diodi di essere fissati e posizionati.
La foratura avviene attraverso appositi trapani da laboratorio fissati su piedistallo. La prima foratura avviene per permettere l'assemblaggio dei componenti più piccoli, come i piedini dei resistori, per cui è sufficiente praticare una foratura sulle piazzole aventi diametro di circa 0,7 - 0,9 mm.
La velocità minima di foratura deve essere sui 10000 rpm. Per i piedini di diametro maggiore (ad esempio nel ponte a diodi) si può utilizzare una punta di Φ 1,2 mm. Effettuata la foratura è consigliabile spazzolare la superficie per rimuovere eventuali polveri e trucioli formatisi alle estremità dei fori. Inoltre per i fori di diametro maggiore si consiglia di eseguire la foratura con una punta di diametro inferiore per poi ripassare il foro con la punta del diametro che occorre utilizzare.
I SUPPORTI PER IL CIRCUITO:
Esistono due supporti fisici per la realizzazione di un circuito elettronico: la fibra in bakelite15/10 e la piastra di vetronite 16/10. Il supporto da noi utilizzato per la prova di laboratorio è il secondo; esso risulta essere un materiale più rigido dell’altro,quindi più sensibile alle sollecitazioni meccaniche. In formato industriale esso viene distribuito coperto da una pellicola protettiva che ha lo scopo di respingere la luce ultravioletta a cui il fotoresist sottostante è sensibile.
La resina utilizzata è del tipo positivo,che permette l’uso di un lucido per la fotoincisione; lo strato sensibile è colorato di verde,la cui conservazione è assicurata da una pellicola plastica opaca ed adesiva che permette una protezione efficace sia dalla luce ultravioletta che da eventuali striature della superficie dovute ad incuria.
LA SALDATURA:
Essa avviene tramite stagnatura dei pin dei componenti; si utilizza un saldatore termoregolato con supporto, oppure un saldatore stilo. Per la saldatura si procede avvicinando alla base del piedino, nel lato opposto a quello del montaggio componenti, la matassa di stagno alla punta del saldatore e lasciare cadere una goccia di metallo sul piedino, finché la piazzola viene coperta completamente e messa in comunicazione elettrica con il componente.
È consigliabile cominciare tutte le saldature da un lato della scheda e procedere sempre nello stesso senso, rendendo possibile lavorare più facilmente sul supporto riducendo di volta in volta la lunghezza dei piedini già saldati con un tronchese a lame piatte per reofori (lunghezza minima da mantenere:sui 2 mm).
Per la saldatura sono consigliati alcuni pratici accessori, come un supporto d’appoggio se non è compreso con il saldatore stesso, una spugnetta per la pulizia della punta dell’utensile dalle scorie di saldatura e una polpetta per correggere eventuali errori di saldatura (vedi seguenti).
Esistono due tipi di saldatura su circuito stampato: quella applicata in questa esperienza è la tecnologia a single layer; in pratica la parte in rame è situata in una sola facciata del circuito mentre i componenti sono situati dal lato opposto, e vengono posti in comunicazione elettrica tramite i fori da parte a parte (tecnologia THT,through hole technology). La tecnologia multilayer viene applicata per realizzare circuiti molto complessi, non è pertanto necessario l’impiego di tale metodo per questa prova.
MODELLO DI SALDATURA “SINGLE LAYER”:
Al termine di tutte le saldature è necessario controllare l’effettivo collegamento elettrico tra i componenti ,oltre che visivamente osservando le piazzole e assicurandosi che esse siano coperte dal metallo depositato, tramite una rapida verifica delle connessioni con multimetro; se qualche contatto non dovesse funzionare è possibile rimuovere la saldatura riscaldandola con il saldatore e aspirando lo stagno fuso con la pompetta aspira stagno e risaldare il componente. Per rimuovere una saldatura è sufficiente riscaldarla con la punta del saldatore, indi azionare la pompa, posta più vicina possibile al reoforo da rimuovere, per aspirare la stagnatura; prima di risaldare il componente assicurarsi che le superfici siano state pulite correttamente.
Le moderne tecnologie industriali hanno permesso lo sviluppo di saldature superficiali,senza bisogno di forare la basetta; tutti i moderni sistemi di produzione industriale si basano su questo metodo, poiché risulta conveniente sia in termini di tempo che economicamente nelle produzioni a larga scala.
È importante segnalare che la lega di saldatura non è stagno puro, bensì una lega Sn-Pb, pertanto i fumi di saldatura sono potenzialmente nocivi ed è consigliato evitarne l’inalazione.
VERIFICA DEL CIRCUITO:
Se la fase di progettazione, lavorazione chimica e meccanica sono state portate a termine con esito positivo l’ultimo passo da compiere per essere certi della buona riuscita della prova è il collaudo.
Per verificare il collaudo del trasformatore è necessario sapere quali erano i parametri che si volevano ottenere (ricordiamo che il nostro scopo era fornire una tensione di 5V ed una corrente costante di 1A) ed effettuare due prove: una a vuoto ed una a carico.
In entrambe le prove utilizzeremo la tensione di rete (220V, 50 Hz), tuttavia per le caratteristiche tecniche e fisiche del progetto realizzato il prototipo non è in grado di sopportare in ingresso un simile segnale elettrico; impiegheremo quindi un trasformatore per abbassare il livello di tensione fino a circa 25V, valore compatibile con i parametri del nostro circuito.
Colleghiamo i terminali di uscita del trasformatore all’ingresso del circuito e misuriamo cosa ci viene fornito in uscita tramite multimetro (eventualmente si può impiegare un oscilloscopio per verificare l’effettiva continuità del segnale) e valutare l’attendibilità della risposta del circuito.
Eseguita la prova a vuoto è opportuno eseguirne una a carico, applicando una resistenza di valore nominale relativamente bassa (pochi Ohm) e, collegata al nostro alimentatore di prova, misurare le grandezze elettriche ai capi di essa.
CONCLUSIONI:
Questa esperienza ha avuto come scopo quello di mostrare agli studenti come viene realizzato il progetto di un circuito elettronico ed ha illustrato tutti i passaggi e le lavorazioni per costruire fisicamente un prototipo partendo dai materiali reperibili in commercio.
Complessivamente la prova è stata ben appresa e ogni fase della realizzazione pratica è stato analizzato, discusso e sufficientemente appreso; è ora possibile procedere autonomamente nello sviluppo di un progetto elettronico nel suo completo svolgimento.

Esempio