L'Italia repubblicana

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Testo

L ' I T A L I A R E P U B B L I C A N A

CULTURA E SOCIETA'

Attraverso l'analisi della trasformazione dei comportamento sociali e dei modelli culturale и possibile tracciare un percorso della modernizzazione del paese nell'etа repubblicana. L'editoriale di Elio Vittorini per il primo numero del "Politecnico" testimonia le speranze degli intellettuali di sinistra del dopoguerra di poter avviare una profonda rigenerazione morale della societа. Un ideale coltivato anche dai protagonisti del cinema "neorealista", analizzato in un brano dello studioso Gian Piero Brunetti. Dopo le elezioni del 1948, muta il clima intellettuale: lo storico Ennio Di Nolfo sottolinea le motivazioni psicologiche che assicurano la vittoria elettorale dei democristiani e la diffusione di nuove aspettative tra gli italiani. Un'immagine diversa della vita nella penisola и offerta da un brano del giornalista e meridionalista Giovanni Russo, che descrive la povertа e l'immobilismo di una delle zone piщ arretrate del Mezzogiorno all'inizio degli anni Cinquanta. Il "miracolo economico" inaugura nuovi comportamento sociali e modelli di consumo: lo storico Silvio Lanaro racconta le trasformazioni delle abitudini alimentari e degli stili di vita, mentre il demografo Antonio Golini descrive i mutamenti della famiglia e la progressiva emancipazione delle donne. Un brano del romanzo Memoriale di Paolo Volponi aiuta a comprendere la complessitа del mito della fabbrica, simbolo di progresso e oppressione sociale

ELIO VITTORINI - UNA NUOVA CULTURA -

Nell'immediato dopoguerra Elio Vittorini (1908-1966), scrittore vicino al Partito Comunismo Italiano lancia uno sorta di appello ideale a tutti gli intellettuali di sinistra per impegnarsi nella costruzione di uno "nuovo cultura". Dalle pagine dei "Politecnico", la rivisto da lui fondata nel 1945 che riprende il titolo della pubblicazione ottocentesca di Carlo Cattaneo, Vittorini sottolineo il fallimento della cultura occidentale che non и riuscita o evitare gli orrori della guerra e progetta uno grande trasformazione morale che garantisce maggiore influenza degli intellettuali sulla societа. In questo editoriale scritto per il primo numero dei "Politecnico", и bene evidenziato l'ideale pedagogico di poter educare e guidare i comportamenti sociali, eliminando sofferenze e ingiustizie attraverso un progetto culturale che trasformi la realtа. Ma le speranze degli intellettuali del dopoguerra sono rapidamente travolte dalle divisioni della guerra fredda. Il Partito Comunista si rifugia nei valori dell'ortodossia culturale marxista e il "Politecnico" cessa la pubblicazione alle fine del 1947.

Non piщ una cultura che consoli nelle sofferenze ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini. Per un pezzo sarа difficile dire se qualcuno o qualcosa abbia vinto in questa guerra. Ma certo vi и tanto che ha perduto, e che si vede come abbia perduto. 1 morti, se li contiamo, sono piщ di bambini che di soldati; le macerie sono di cittа che avevano venticinque secoli di vita; di case e di biblioteche, di monumenti, di cattedrali, di tutte le forme per le quali и passato il progresso civile dell'uomo; e i campi su cui si и sparso piщ sangue si chiamano Mauthausen , Maidanek, Buchenwald, Dakau.
Di chi и la sconfitta piщ grave in tutto questo che и accaduto? Vi era bene qualcosa che, attraverso i secoli, ci aveva insegnato a considerare sacra l'esistenza dei bambini. Anche di ogni conquista civile dell'uomo ci aveva insegnato che era sacra; lo stesso del pane; lo stesso del lavoro. E se ora milioni di bambini sono stati uccisi, se tanto che era sacro и stato lo stesso colpito e distrutto, la sconfitta и anzitutto di questa "cosa" che c'insegnava l'inviolabilitа loro. Non и anzitutto di questa "cosa" che ci insegnava l'inviolabilitа loro?
Questa "cosa", voglio subito dirlo, non и altro che la cultura: lei che и stata pensiero greco, ellenismo, romanesimo, cristianesimo latino, cristianesimo medioevale, umanesimo, riforma, illuminismo, liberalismo; ecc., e che oggi fa massa intorno ai nomi di Thomas Mann e Benedetto Croce, Benda, Huizinga, Dewey, Maritain, Bernanos e Unamuno, Lin Yutang e Santayana, Valйry, Gide e Berdiaev.
Non vi и delitto commesso dal fascismo che questa cultura non avesse insegnato ad esecrare giа da tempo. E se il fascismo ha avuto modo di commettere tutti i delitti che questa cultura aveva insegnato ad esecrare giа da tempo, non dobbiamo chiedere proprio a questa cultura come e perchй il fascismo ha potuto commetterli?
Dubito che un paladino di questa cultura, alla quale anche noi apparteniamo, possa darci una risposta diversa da quella che possiamo darci noi stessi: e non riconoscere con noi che l'insegnamento di questa cultura non ha avuto che scarsa, forse nessuna, influenza civile sugli uomini.
Pure, ripetiamo, c'и Platone in questa cultura. E c'и Cristo. Dico: c'и Cristo. Non ha avuto che scarsa influenza Gesщ Cristo? Tutt'altro. Egli molta ne ha avuta. Ma и stata influenza, la sua, e di tutta la cultura fino ad oggi, che ha generato mutamenti quasi solo nell'intelletto degli uomini, che ha generato e rigenerato dunque se stessa, e mai, o quasi mai, rigenerato, dentro alle possibilitа di fare, anche l'uomo. Pensiero greco, pensiero latino, pensiero cristiano di ogni tempo, sembra non abbiano dato agli uomini che il modo di travestire e giustificare, o addirittura di render tecnica, la barbarie dei fatti loro. t qualitа naturale della cultura di non poter influire sul fatti degli uomini?
Io lo nego. Se quasi mai (salvo in periodi isolati e oggi nell'Urss) la cultura ha potuto influire sui fatti degli uomini dipende solo dal modo in cui la cultura si и manifestata. Essa ha predicato, ha insegnato, ha elaborato princмpi e valori, ha scoperto continenti e costruito macchine, ma non si и identificata con la societа, non ha governato con la societа, non ha condotto eserciti per la societа. Da che cosa la cultura trae motivo per elaborare i suoi principi e i suoi valori? Dallo spettacolo di ciт che l'uomo soffre nella societа l'uomo ha sofferto nella societа, l'uomo soffre. E che cosa fa la cultura per l'uomo che soffre? Cerca di consolarlo.
Per questo suo modo di consolatrice in cui si и manifestata fino ad oggi, la cultura non ha potuto impedire gli orrori del fascismo. Nessuna forza sociale era "sua" in Italia o in Germania per impedire l'avvento al potere del fascismo, nй erano "suoi" i cannoni, gli aeroplani, i carri armati che avrebbero potuto impedire l'avventura d'Etiopia, l'intervento fascista in Spagna, l'"Anschluss" o il patto di Monaco. Ma di chi se non di lei stessa и la colpa che le forze sociali non siano forze della cultura, e cannoni, gli aeroplani, i carri armati non siano "suoi"?
La societа non и cultura perchй la cultura non и societа. E la cultura non и societа perchй ha in sй l'eterna rinuncia del "dare a Cesare" e perchй i suoi principi sono soltanto consolatori, perchй non sono tempestivamente rinnovatori ed efficacemente attuali, viventi con la societа stessa come la societа stessa vive. Potremo mai avere una cultura che sappia proteggere l'uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitщ, e a vincere il bisogno, questa и la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura.
La cultura italiana и stata particolarmente provata nelle sue illusioni. Non vi и forse nessuno in Italia che ignori che cosa significhi la mortificazione dell'impotenza o un astratto furore. Continueremo, ciт malgrado, a seguire la strada che ancora oggi ci indicano i Thomas Mann e i Benedetto Croce? Io mi rivolgo a tutti gli intellettuali italiani che hanno conosciuto il fascismo. Non ai marxisti soltanto, ma anche agli idealisti, anche ai cattolici, anche al mistici. Vi sono ragioni dell'idealismo o del cattolicesimo che si oppongono alla trasformazione della cultura in una cultura capace di lottare contro la fame e le sofferenze?
Occuparsi del pane e del lavoro и ancora occuparsi dell'"anima". Mentre non volere occuparsi che dell'@

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