I vulcani e le rocce

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I VULCANI E LE ROCCE

I vulcani:
il vulcanesimo rappresenta un’emissione attraverso condotti e fenditure di lava, prodotti piroclastici, gas e vapori legati nella loro genesi alla presenza all’interno della crosta terrestre di masse magmatiche fuse e calde. E’ necessario fare una distinzione tra magma e lava. Per magma si intende una grande massa fusa, ad altissima temperatura composta da O, Si, Al, Fe, e contenente gas disciolti. I tipi di magma più comuni sono tre: magmi basici (50% di SiO2), magmi intermedi (60% di SiO2) e magmi acidi (70% di SiO2). Quando il magma raggiunge la superficie terrestre e fuoriesce, perdendo gran parte dei gas, prende il nome di lava. A seconda del contenuto di SiO2, anche le lave si suddividono in basiche, intermedie e acide. La temperatura delle lave acide è di circa 800°C, quella delle lave basiche varia tra 1100 e 1200°C: pertanto le lave basiche sono più fluide di quelle acide.
Il materiale lavico può fuoriuscire attraverso grandi fratture della crosta terrestre (vulcanesimo fessurale) originando vasti tavolati o plateaux costituiti da numerose colate sovrapposte, oppure attraverso apparati vulcanici (vulcanesimo a condotto centrale) che sono costituiti da un serbatoio magmatico in cui è racchiuso il magma, un condotto vulcanico o camino che mette in comunicazione il serbatoio magmatico con la superficie terrestre, un cratere che costituisce lo sbocco all’esterno del camino e un monte vulcanico di forma conica costituito da lava solidificata e da altri prodotti vulcanici.
Due sono le tipologie di vulcani: quelli subaerei e quelli sottomarini. Nei vulcani subaerei le lave più basiche e fluide permettono ai gas di liberarsi facilmente: per questo motivo si verifica una fuoriuscita della lava tranquilla e regolare che prende il nome di attività effusiva del vulcano. Quando invece la lava è acida e quindi molto viscosa spesso ristagna all’interno del condotto vulcanico e talvolta solidifica, formando una specie di tappo: in tal caso i gas del magma sottostante aumentano via via di pressione fino a frantumare l’ostruzione del condotto. Questo tipo di attività vulcanica prende il nome di attività esplosiva. A causa delle esplosioni vengono lanciati in aria gas lava liquida e frammenti solidi. I gas vulcanici più frequenti sono: vapore acqueo, idrogeno e acido solfidrico. I frammenti di roccia lanciati in aria da un vulcano durante l’attività esplosiva sono indicati come prodotti piroclastici. Quelli molto fini con un diametro inferiore a 2 mm, sono chiamati ceneri; quelli con diametro compreso tra 2 mm e 2 cm sono chiamati lapilli. Prendono invece il nome di bombe vulcaniche grossi brandelli di lava che nel lancio, ruotando su se stessi, assumono una forma affusolata. Le rocce derivanti dall’accumulo dei prodotti piroclastici prendono il nome di tufi. Alcuni vulcani possono presentare fasi di attività effusiva intercalate a fasi esplosive: questi vulcani sono perciò costituiti dall’alternanza di strati di lava con strati di rocce piroclastiche e prendono il nome di strato-vulcani. A causa di forti esplosioni vulcaniche si possono formare in corrispondenza del cratere vulcanico vaste cavità chiamate caldere; tali cavità possono derivare dal crollo di parti sommitali del cono vulcanico. Se il magma ha una viscosità molto elevata, può accadere che siano spinte in alto attraverso il condotto vulcanico colonne di lava semiconsolidata, e che costituiscono i cosi detti obelischi o guglie laviche. I gas contenuti nella lava viscosa possono raggiungere pressioni elevatissime e talora esplodono. Si forma cosi una nube gassosa ad altissima temperatura (nube ardente) che tiene in sospensione piccole schegge di lava solida e piccoli brandelli di lava fusa. La nube ardente, molto densa, non riesce ad innalzarsi, anzi scende lungo un fianco del vulcano. Nei vulcani sottomarini solo una minima parte delle eruzioni viene percepita dall’uomo; infatti solo le eruzioni che avvengono in acque poco profonde danno luogo a fenomeni osservabili sulla superficie del mare. Quando invece l’eruzione avviene in un mare molto profondo la forte pressione dell’acqua fa si che la lava si espanda tranquillamente sul fondo marino, mentre i gas vulcanici si sciolgono nelle acque sovrastanti. Sulla superficie del mare non si nota nulla.
Per attività vulcaniche, tuttavia, si devono intendere anche fenomeni più modesti come le sorgenti calde, i geyser, i soffioni boraciferi, le solfatare e le fumarole. Le sorgenti calde sono dovute a vapore acqueo e ad altri gas caldi che salgono da magmi solidificatisi in profondità. I geyser sono sorgenti termali intermittenti che lanciano in alto ad intervalli di tempo regolari colonne di acqua sotterranee. I soffioni boraciferi sono invece getti caldissimi di vapore acqueo ricco di acido borico e altre sostanze minerali. Prendono il nome di solfatare sorgenti di vapore acqueo surriscaldato contenente acido solfidrico. Molto frequenti sono le fumarole, emanazioni ad alta temperatura di vapore acqueo.
Per quanto riguarda i diversi tipi di eruzioni si può individuare: tipo hawaiiano con abbondanti effusioni di lave molto fluide, poiché i gas si liberano tranquillamente: questa tipologia è caratteristica dei vulcani a scudo. Tipo stromboliano che presenta una attività esplosiva irregolare: la lava ristagna nel cratere formando una crosta superficiale; sotto si accumulano i gas che a brevi intervalli rompono con modeste esplosioni questa crosta. Tipo vulcaniano in cui la lava è molto viscosa e quindi il tappo che si forma nella parte alta del condotto ha uno spessore maggiore; i gas impiegano tempi più lunghi per raggiungere la pressione necessaria a rompere l’ostruzione e quindi l’esplosione dell’eruzione è inizialmente violentissima. Tipo vesuviano che è caratterizzato dall’estrema violenza dell’esplosione iniziale: la parte alta del condotto vulcanico si svuota rapidamente; il magma esce dal cratere in maniera esplosiva e provoca una gigantesca nube. Tipo peléeano in cui la lava di altissima viscosità viene spinta fuori dal condotto vulcanico quasi allo stato solido, cosi da formare torri o guglie laviche alte anche centinaia di metri. Tipo pliniano che è l’aspetto più violento delle eruzioni di tipo vesuviano: la colonna di vapori e gas sale dritta verso l’alto e dalla nuvola raffreddata ricadono i frammenti di lava sotto forma di pomici.

Le rocce:
ogni roccia è caratterizzata da una particolare aggregazione di minerali. La composizione mineralogica dipende dal processo che ha portato alla formazione della roccia. I processi di formazione delle rocce sono: il processo magmatico, il processo sedimentario e il processo metamorfico.
Circa i due terzi della crosta terrestre sono costituiti da rocce ignee (o magmatiche). La forma e la disposizione spaziale dei cristalli dei minerali di una roccia ne determinano la struttura. Le rocce magmatiche si suddividono i due categorie: intrusive ed effusive. Le rocce intrusive che si formano in profondità sono granulari, composte di piccoli cristalli dei minerali diversi, e i processi che le hanno generate erano caratterizzati da lento raffreddamento che ha portato alla formazione di strutture cristalline ben definite. Le rocce effusive invece sono microgranulari e si sono formate in superficie. Un processo di raffreddamento che avviene in superficie è caratterizzato da un repentino abbassamento della temperatura: il passaggio allo stato solido si verifica bruscamente. Se il raffreddamento è particolarmente veloce le particelle rimangono disposte disordinatamente come nello stato fluido: in questi casi non si ha formazione di strutture cristalline ordinate e la roccia risulta vetrosa. I minerali che compongono le rocce ignee non sono molti: quarzo ortoclasio, plagioclasi, miche, anfiboli, pirosseni e olivine. Il criterio di classificazione delle rocce ignee si basa essenzialmente sull’abbondanza di silice. La rocce ricche di silice vengono dette sialiche, oppure acide; quelle povere di silice prendono il nome di femiche, oppure basiche. Una categoria a se stante è quella delle rocce ultrafemiche o ultrabasiche, composte unicamente di pirosseni e di olivina. La maggior parte dei magmi non riesce a raggiungere la superficie della terra allo stato fluido, ma solidifica prima, dado origine a masse intrusive di diversa dimensione, che nel loro complesso vanno sotto il nome di plutoni. Essi prendono denominazioni diverse a seconda della forma che assumono (filoni strato, laccoliti, dicchi, batoliti).
Le rocce sedimentarie sono quelle che si formano in seguito ad un processo di sedimentazione, cioè di deposizione di particelle elementari, derivanti dalla disgregazione di rocce preesistenti. Per la classificazione si ricorre al criterio genetico, secondo il quale le rocce sedimentarie si distinguono in: clastiche, organogene, chimiche. Le rocce clastiche (o detritiche) derivano dalla sedimentazione di frammenti di rocce preesistenti. Le rocce organogene (o biogene) sono quelle nel cui processo di sedimentazione sono intervenuti degli organismi viventi. Le rocce chimiche sono quelle che derivano dal processo chimico che sotto il nome di precipitazione, cioè di separazione di un soluto da una soluzione, per effetto di particolari condizioni fisiche. È molto importante poter ricostruire le condizioni in cui si è verificata la sedimentazione. L’insieme dei caratteri litologici, e strutturali che una roccia presenta, e che esprimono l’ambiente in cui è avvenuta la sedimentazione, prende il nome di facies. In genere si distinguono tre gruppi di facies: continentali, di transizione, e marine. Le facies continentali riguardano le rocce sedimentate sulle terre emerse. Le facies di transizione sono quelle derivanti da sedimentazione degli ambienti compresi fra la terraferma e il mare, come le lagune. Le facies marine si differenziano sulla base del progressivo crescere della profondità del mare.
Il concetto di metamorfismo definisce qualsiasi trasformazione subita da una roccia, che porti al risultato di cambiarne la struttura e la composizione mineralogica. Rocce di varia origine, dopo aver subito un processo di trasformazione possono essere considerate rocce metamorfiche. Esistono diversi processi che portano alla trasformazione delle rocce: il metamorfismo di contatto interessa le rocce che si trovano in prossimità di magmi caldi, quindi deriva dall’azione combinata di due fattori, la temperatura e la presenza di fluidi. Ma il più importante dei processi metamorfici è quello che va sotto il nome di metamorfismo regionale: questo si verifica ogni volta che rocce di varia natura vengono spinte in profondità da processi orogenetici, in modo da essere sottoposte a temperature e pressione elevate. Il metamorfismo regionale viene anche definito dinamotermico, perché deriva dall’azione combinata di temperature e pressioni elevate. Le rocce infatti sono sottoposte ad alte temperature sprofondando all’interno della terra e inoltre ad una alta pressione idrostatica, provocata dal peso delle rocce sovrastanti. Quando una roccia interessata da metamorfismo regionale, viene compressa, i minerali che la compongono reggono fino ad un certo punto senza subire cambiamenti; successivamente i diversi componenti del minerale si riorganizzano secondo nuove strutture cristalline, dando origine a minerali differenti, anche se nel complesso la composizione chimica della roccia non muta.
I processi di formazione delle rocce indicano che i diversi gruppi di rocce possono trasformarsi gli uni negli altri. L’insieme di tutte queste relazioni prende il nome di ciclo litogenetico o ciclo delle rocce. Il ciclo litogenetico è un processo che ha avuto inizio con la formazione della Terra ed è destinato a continuare finché il pianeta manterrà la propria struttura. Il termine ciclo, infatti, mette in evidenza che il processo passa ripetutamente per le medesime tappe. Le rocce che troviamo oggi sono la testimonianza dell’ultima delle trasformazioni operate dal ciclo litogenetico.

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