STUDIO BIBLICO SU DIO

Materie:Tesina
Categoria:Religione
Download:436
Data:30.01.2007
Numero di pagine:50
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
studio-biblico-dio_1.zip (Dimensione: 44.94 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_studio-biblico-su-dio.doc     165.5 Kb


Testo

STUDIO BIBLICO SU DIO
DIO
Viviamo in un universo la cui immensità presuppone un potente Creatore e la cui bellezza, disegno ed ordine rivelano l'esistenza di un saggio Legislatore. Ma chi fece il Creatore? Noi possiamo regredire di causa in effetto, ma non possiamo continuare all'infinito ad andare indietro nel tempo, senza ammettere un Essere Eterno. Questo Essere Eterno è Dio, l'Eterno, la Causa Prima e la Fonte di ogni buona cosa esistente.
I. L'ESISTENZA DI DIO
1. L'affermazione della Sua esistenza
2. Le prove della Sua esistenza
3. Negazione della Sua esistenza
1. L'affermazione della Sua esistenza
Le Scritture non tentano per niente di provare l'esistenza di Dio con prove razionali: essa viene accettata come un fatto normale. In nessun punto le Scritture espongono una serie di prove dell'esistenza di Dio come preliminari alla fede, ma dichiarano il fatto e invitano l'uomo a credere: «Chi s'accosta a Dio deve credere che Egli è» (Ebrei 11:6). Questa affermazione è il punto di partenza proposto dalla Bibbia all'uomo nei suoi rapporti con Dio.
La Bibbia parla di uomini che dicono nel loro cuore che non vi è Dio; ma costoro sono «stolti», cioè senza timor di Dio, e vogliono cancellare Dio dal loro pensiero perché vogliono escluderLo dalla loro vita. Essi appartengono al gran numero degli atei pratici, cioè di coloro che vivono e parlano come se Dio non vi fosse, e superano di gran lunga il numero degli atei storici, cioè di quelli che affermano di attenersi alla convinzione intellettuale che non vi è Dio. E stato fatto notare che l'affermazione «non vi è Dio» non implica necessariamente che Dio non esista, ma che Egli non interferisce negli affari del mondo; facendo assegnamento sulla Sua assenza, gli uomini si «corrompono» e si comportano in modo abominevole (Salmo 14). Il Dott. A.B. Davidson scrive:
Non viene fatto nessun tentativo per dimostrare l'esistenza di Dio, perché ovunque, nella Bibbia, Iddio viene presentato come conosciuto. Nessun passo, nell'Antico Testamento, prospetta la possibilità che gli uomini raggiungano la conoscenza di Dio attraverso la natura o gli avvenimenti della provvidenza, sebbene vi siano dei passi che implicano che le false idee di ciò che Dio è possono essere corrette attraverso l'osservazione della natura e della vita... L'Antico Testamento si preoccupa assai poco di discutere per provare che Dio può essere conosciuto, come non si preoccupa di provare che Egli esiste. Come potevano pensare gli uomini di provare che Dio può essere conosciuto, quando erano persuasi di conoscerLo, quando sapevano che erano in comunione con Lui, quando la loro coscienza e tutta la loro mente era piena ed illuminata dal pensiero di Lui e quando sapevano che il Suo Spirito li muoveva, li illuminava e guidava tutta la loro storia?
L'idea che l'uomo possa raggiungere la conoscenza di Dio e la comunione con Lui attraverso i suoi sforzi è del tutto estranea all'Antico Testamento. Dio parla ed appare; l'uomo ascolta ed osserva. Dio si avvicina agli uomini ed entra in un patto e in un rapporto speciale con loro, Egli impartisce loro degli ordini; gli uomini Lo ricevono quando si avvicina, accettano la Sua volontà ed ubbidiscono ai Suoi ordini. Mosè ed i profeti non vengono rappresentati come delle menti meditative, che riflettono sull'infinito e traggono conclusioni speculative o ascendono ad elevate concezioni della Deità. L'Invisibile si manifesta davanti a loro ed essi Lo conoscono.
Quando qualcuno dice: «Io conosco il Presidente della Repubblica», non intende dire: «Io so che il Presidente esiste», perché questo e implicito nella sua affermazione. Allo stesso modo, gli scrittori biblici ci dicono che conoscono Dio e tale affermazione implica la Sua esistenza.
2. Le prove della Sua esistenza
Se le Scritture non ci offrono una dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio, perché cerchiamo di farlo noi? Per le seguenti ragioni:
1. Per convincere i sinceri ricercatori di Dio, cioè coloro la cui fede è stata indebolita da qualche difficoltà e dicono: «Desidero credere in Lui; provatemi che è ragionevole farlo». Ma non c'è prova che convinca una persona la quale, desiderando vivere nel peccato e nell'egoismo, dica: «Vi sfido a provarmi l'esistenza di Dio». La fede è una questione spirituale piuttosto che intellettuale; se una persona non è disposta a pagare il prezzo, respingerà qualunque prova (Luca 16:31).
2. Per fortificare la fede di coloro che già credono. Essi studiano le prove non per credere, ma perché credono. Questa fede è per loro così preziosa, che sono felici di ricevere qualunque cosa la possa accrescere.
3. Infine, per arricchire la nostra conoscenza della natura di Dio; infatti, non esiste un soggetto di riflessione o di studio più grande di questo.
Dove possiamo trovare delle prove sull'esistenza di Dio? Nella creazione, nella natura umana e nella storia umana. Da queste tre sfere deduciamo le seguenti cinque prove dell'esistenza di Dio:
1. L'universo deve avere una Causa Prima o Creatore (argomento cosmologico, dalla parola greca «cosmos» che significa «mondo»);
2.. L'evidente disegno dell'universo addita una Mente Suprema (argomento teleologico, da «telos» che significa «fine, scopo»);
3. La natura umana, con i suoi istinti ed aspirazioni, mostra un Regnante personale (argomento antropologico, dalla parola greca «anthropos» che significa «uomo»);
4. La storia umana dà prova di una Provvidenza che regola tutte le cose (argomento storico);
5. La credenza universale (argomento del «consenso generale»).
a. L'argomento cosmologico o della creazione
La ragione ci dice che l'universo deve aver avuto un principio. Ogni effetto deve avere una causa adeguata: l'universo è un effetto e pertanto deve avere una causa. Considerate le dimensioni dell'universo, nelle parole di George W. Grey:
«L'universo, come noi lo raffiguriamo, è un sistema di migliaia e milioni di galassie. Ogni galassia è uno sciame di migliaia e milioni di stelle. Verso il margine di una di queste galassie, chiamata la via Lattea, vi è una stella di grandezza media, con una temperatura moderata, che già ingiallisce per la vecchiaia: il nostro sole». E pensare che il sole è milioni di volte più grande della nostra piccola terra! Lo stesso scrittore continua: «Il sole compie una corsa vertiginosa verso il margine estremo della Via Lattea a circa 20 km. al secondo, trascinando con sé la terra e tutti gli altri pianeti con essa; allo stesso tempo il sistema solare viene lanciato, in un arco gigantesco, a 320 km. al secondo, mentre la galassia stessa rotea come una gigantesca ruota stellare... Fotografando delle sezioni del cielo si possono contare le stelle. All'osservatorio di Harvard College ho visto una fotografia che comprendeva più di 200 Vie Lattee, tutte registrate su una lastra fotografica 35x42 cm. Si calcola che il numero delle galassie che compongono l'universo sia dell'ordine di 500 milioni di milioni.
Considerando il nostro piccolo pianeta con le sue prolificanti forme di vita che rivelano intelligenza e disegno, sorge la domanda: «Come è cominciato tutto ciò?» La domanda è naturale, perché le nostre menti sono costituite in modo da aspettarsi che ogni effetto abbia una causa. Concludiamo allora che l'universo deve aver avuto una Causa Prima o un Creatore: «Nel principio Iddio» (Genesi 1:1).
b. L'argomento teleologico o dello scopo
Disegno e bellezza sono evidenti nell'universo; ma disegno e bellezza implicano un disegnatore: quindi l'universo è opera di un Disegnatore di intelligenza e di sapienza divine, che li ha tratti all'essere. Il grande orologio di Strasburgo ha, in aggiunta alle caratteristiche di un orologio qualunque, una combinazione di lune e di pianeti che si muovono attraverso i giorni ed i mesi con la regolarità dei corpi celesti, ed ha dei gruppi di figure che compaiono e scompaiono con la stessa regolarità con la quale il grande orologio suona le ore. Insinuare che in tutto questo non vi sia stato un disegnatore e che sia «venuto per caso», è un insulto all'intelligenza e alla ragione. È altrettanto sciocco pretendere che l'universo sia «venuto per caso» o, in termini scientifici, che sia dovuto al «fortuito concorso di atomi».
Immaginiamo che la composizione del «Pellegrinaggio del cristiano» venga spiegata così: l'autore prese un mucchio di caratteri da tipografo e con una pala li lanciò in aria; cadendo in terra, gradualmente e naturalmente, questi caratteri composero il famoso racconto di Bunyan. Il più spinto degli increduli griderebbe: «Ridicolo!». Così noi rispondiamo alle asserzioni di certe correnti scientifiche tanto in voga ai nostri giorni.
Dall'esame di un orologio si scopre che esso reca i segni di un progetto, perché le diverse parti sono messe insieme per uno scopo: sono disposte in modo da produrre un movimento e questo movimento è regolato per registrare le ore.
Da ciò si arguiscono due cose: l'orologio ha avuto un artefice; questo artefice sapeva quel che voleva costruire ed ha progettato la sua opera secondo il suo disegno, adattandola allo scopo di segnare le ore.
Queste conclusioni non possono essere alterate dal fatto che non abbiamo mai visto costruire un orologio o non abbiamo mai visto un orologiaio all'opera e, quindi, non abbiamo idea di come il suo lavoro si svolga. Così la nostra convinzione che l'universo ha avuto un disegnatore non può essere alterata dal fatto che non abbiamo visto la sua costruzione, o che non abbiamo mai visto il Disegnatore. Osserviamo un disegno ben preciso nel mondo e concludiamo che esso ha avuto un Artefice, il quale lo ha progettato con sapienza per gli scopi che Egli persegue.
La nostra conclusione non potrebbe essere alterata nemmeno se qualcuno osservasse che «l'orologio è il risultato dell'azione di leggi meccaniche e si spiega attraverso le proprietà della materia». Noi lo considereremmo ugualmente l'opera di un bravo orologiaio, che ha usato queste leggi e proprietà per mettere l'orologio in condizione di funzionare. Allo stesso modo, quando ci viene detto che l'universo è dovuto semplicemente all'azione delle leggi della natura, noi siamo costretti a chiedere: «Chi ha progettato, imposto ed usato queste leggi?», poiché una legge implica un legislatore.
Prendiamo un'illustrazione dalla vita degli insetti. Vi è una particolare specie di scarafaggio, chiamato cervo volante, i cui maschi sono notevolmente differenti dalle femmine: il maschio ha delle magnifiche corna, due volte più lunghe del suo corpo; la femmina, invece, non ne ha. La loro larva deve rimanere seppellita nella terra e deve attendere in silenzio e nell'oscurità la propria trasformazione. Naturalmente sono solo delle larve e non presentano nessuna differenza fra loro; eppure una di esse si scava un foro due volte più profondo dell'altra. Perché? Perché le sue corna abbiano spazio per crescere ed essa possa uscir fuori con le corna intatte. Come mai queste larve apparentemente uguali, agiscono in modo diverso? Chi ha insegnato al cervo volante maschio a scavarsi un buco due volte più profondo di quello che scava la femmina? Lo ha compreso da sé? No, l'Iddio Creatore ha messo in quella piccola creatura la percezione istintiva di ciò che è necessario per il suo bene.
Si può pensare che la larva abbia ereditato questa sapienza dai suoi genitori. Ma un cane ammaestrato, ad esempio, può insegnare i suoi giuochi ai propri cuccioli? E anche se ammettessimo che l'istinto è stato ereditato, rimarrebbe sempre vero che qualcuno deve aver ammaestrato il primo. La spiegazione del meraviglioso istinto delle creature si trova nelle parole del primo capitolo della Genesi: «E Dio disse». Osservando un orologio ci convinciamo che l'intelligenza non si trova nell'orologio stesso, ma in chi l'ha fatto; così, osservando gli istinti straordinari che si trovano anche nelle più piccole delle creature, concludiamo che l'intelligenza non è in esse, ma nel loro Creatore, e che vi è una Mente che controlla anche i più piccoli dettagli della vita.
Il Dott. Witney, ex presidente della Società Americana dell'Accademia delle Arti e delle Scienze, una volta affermò che «una calamita ne respinge un'altra per la volontà di Dio e non vi è nessuno, oggi, che possa dare una risposta più precisa». «Che cosa intendete per volontà di Dio?», gli fu chiesto. Il Dottor Witney replicò: «Che cosa intendete per luce?... Abbiamo la teoria corpuscolare, la teoria delle onde e quella dei quanti, ma esse sono solo delle dotte congetture. Il dire che la luce viaggia per la volontà di Dio è una spiegazione buona quanto un'altra... La volontà di Dio, la legge che scopriamo ma che non sappiamo spiegare, e la sola definitiva».
A. J. Pace, disegnatore del «Sunday School Times», Giornale della Scuola Domenicale, ci racconta di una sua intervista al compianto Wilson K. Bentley, esperto in fotomicrografia (fotografare ciò che si vede attraverso il microscopio). Dopo aver dedicato più di un terzo di secolo a fotografare i cristalli della neve e dopo averne fotografati migliaia, egli rilevò tre fatti importanti: primo, che non ve n'erano due uguali; secondo, che ognuno di essi era un bellissimo disegno geometrico; terzo che invariabilmente ognuno di essi aveva sei punte. Quando gli venne chiesto come spiegava quella simmetria esagonale, rispose:
Naturalmente, nessuno può spiegarlo all'infuori di Dio, ma ecco la mia teoria. Come sapete, i cristalli nevosi si formano con il vapore acqueo a temperatura sotto lo zero e l'acqua è composta da tre molecole: due di idrogeno unite ad una di ossigeno. Ogni molecola è carica di elettricità negativa e positiva, che si polarizza. Come vedete, il numero tre entra nella questione fin dal principio.
Chiesi: Come possiamo spiegare tutti questi curiosi puntini, nodini e curve graziose, questi margini così finemente cesellati, tutti disposti intorno al centro in perfetta simmetria? Egli alzò le spalle, dicendo: Solo l'Artista che li ha disegnati e formati lo sa!
La sua osservazione: «il numero tre entra nella questione fin dal principio» mi ha fatto riflettere. Non può darsi che l'Iddio trino, che ha formato tutte le bellezze della creazione, abbia firmato la Sua «trinità» in queste fragili stelle di cristallo di ghiaccio, come un artista scrive il suo nome sul suo capolavoro? Da un esame si rileva subito che la figura prevalente, sulla quale è basata la struttura del fiocco di neve, è quella dell'esagono o figura a sei lati, unica in tutto il regno della geometria sotto questa forma; infatti, il raggio del cerchio che lo circoscrive è esattamente della stessa lunghezza di ognuno dei sei lati dell'esagono. Abbiamo così sei perfetti triangoli equilateri, raccolti intorno ad un nucleo centrale, e ogni angolo è di sessanta gradi, per cui un terzo di tutta l'area si trova da una parte di una linea diritta. Quale simbolo appropriato dell'Iddio trino è il triangolo! È un'unità, un triangolo, ma le tre linee sono tutte essenziali per ottenere l'integrità dell'assieme.
La curiosità mi spinse ad esaminare le citazioni della parola «neve» contenute nella Bibbia e vi trovai, con mia grande gioia, questa stessa «trinità». Ad esempio, ve ne sono 21 (3x7) nell'Antico Testamento e tre nel Nuovo Testamento, 24 in tutto. Poi ho trovato tre versi che parlano di «lebbra bianca come neve»; tre volte la purificazione dal peccato viene paragonata alla neve. Ho trovato altri tre versi che parlano di vestimenti che hanno il «candore della neve». Tre volte il sembiante del Figliuolo di Dio viene paragonato alla neve. Ma quale non fu la mia sorpresa quando trovai che la parola neve in ebraico è composta, complessivamente, da tre numeri! E un fatto, anche se non generalmente conosciuto, che gli Ebrei come i Greci, non avendo numeri, usavano le lettere del loro alfabeto come numeri. Basterebbe solo uno sguardo casuale di un ebreo alla parola «sheleg» («neve» in ebraico) per vedere che si può leggere 333, come si può leggere «neve»: la prima lettera, che corrisponde al nostro «SH», è 300, la seconda consonante, «L», è 30 e l'ultima, corrispondente alla nostra «G», è 3 Sommate queste cifre ed avrete 333, tre 3. Curioso, vero? Ma perché non dovremmo attenderci un'esattezza matematica in un libro totalmente ispirato e meraviglioso quanto il mondo che Iddio ha fatto?
Di Dio è detto: «Iddio tuona con la Sua voce meravigliosamente; grandi cose Egli fa che noi non intendiamo. Dice alla neve: «Cadi sulla terra» (Giobbe 37:5,6). Sono stato due giorni interi a cercare di disegnare sul Suo campione, con penna ed inchiostro, sei cristalli di neve e sono terribilmente stanco. Con quanta facilità Egli lo fa! «Egli dice alla neve»: dice la parola ed è fatto. Cercate di immaginare quanti milioni di miliardi di cristalli di neve possono cadere su un ettaro di terreno in un'ora, e immaginate, se potete, il fatto sorprendente che ogni cristallo ha un'individualità tutta sua, un disegno ed un modello senza duplicato, nè in questa nevicata, nè in un'altra: «Una tal conoscenza è troppo meravigliosa per me, tanto alta, che io non posso arrivarci» (Salmo 139:6). Come può una persona ragionevole, davanti all'evidenza di un disegno moltiplicato per innumerevoli varietà, mettere in dubbio l'esistenza e l'opera di un disegnatore, le cui capacità possono essere misurate solo con l'infinità? Un Dio che può far questo può fare qualunque cosa, anche formare e modellare le nostre vite in una creazione di bellezza e di simmetria.
c. L'argomento della natura umana
L'uomo ha una natura morale, la sua vita è regolata dalla concezione di ciò che è buono e di ciò che è cattivo. «Due cose riempiono di stupore l'anima mia», dichiarò Kant, il grande filosofo tedesco, «i cieli stellati al di sopra di me e la legge morale dentro di me». L'uomo sa che vi è un retto sentiero da seguire ed uno errato da evitare: questa conoscenza si chiama «coscienza». Quando fa del bene la coscienza lo approva, quando fa il male la coscienza lo condanna. La coscienza, venga obbedita o no, parla autorevolmente; anche quando è fuorviata ed ignorante, parla con autorità e fa sentire all'uomo che egli è un essere responsabile. Butler disse della coscienza:
Se avesse potenza come manifesta autorità, governerebbe il mondo; cioè, se la coscienza avesse la potenza di mettere in vigore ciò che comanda, rivoluzionerebbe il mondo.
Ma l'uomo gode del libero arbitrio e quindi ha la possibilità di disubbidire alla voce interiore.
Quale conclusione si trae da questa coscienza universale di ciò che è bene e di ciò che è male? Che vi è un Legislatore, il quale ha fissato una regola di condotta per l'uomo ed ha fatto la natura umana capace di comprendere questa regola. Non è la coscienza che crea la regola; essa ne rende solo testimonianza e registra l'ubbidienza e la disubbidienza alla regola stessa. Dio, il Giusto Legislatore, ha creato originariamente queste due potenti concezioni del bene e del male.
Il peccato ha poi ottenebrato la coscienza ed ha quasi obliterato la legge dell'essere umano, ma, sul Sinai, ancora una volta Dio ha scolpito quella legge e questa volta l'ha scolpita sulla pietra, affinché l'uomo potesse avere una legge perfetta, in base alla quale dirigere la propria vita. Il fatto che l'uomo comprenda questa legge e ne senta la responsabilità prova l'esistenza di un Legislatore che l'ha creato con queste doti.
Quale conclusione si può trarre dal senso della responsabilità? Che il Legislatore è anche un Giudice che compenserà i buoni e punirà i malvagi. Colui che ha dato la legge l'applicherà.
Non solo la natura morale dell'uomo, ma tutta la sua natura testimonia dell'esistenza di Dio. Anche le più degradate delle religioni non sono altro che lo sforzo ed il cieco brancolare dell'uomo nella ricerca di qualche cosa che l'anima sua brama. Quando una persona è fisicamente affamata, la sua fame richiede qualche cosa che la possa soddisfare; quando l'uomo è affamato di Dio, quella fame richiede Qualcuno o Qualcosa che la possa appagare. Il grido «l'anima mia assetata di Dio» (Salmo 42:2) è un argomento che prova l'esistenza di Dio. perché l'anima non ingannerebbe l'uomo, non sarebbe assetata di qualche cosa che non esiste. Come disse una volta Agostino d'Ippona:
Tu ci hai fatti per Te Stesso e il nostro cuore è inquieto finché non trova riposo in Te
d. L'argomento della storia
Il corso degli avvenimenti nella storia prova l'esistenza di una Potenza e di una Provvidenza che governa il mondo. Tutta la storia narrata dalla Bibbia è stata scritta per rivelare Dio e per illustrare le Sue opere nella storia degli uomini. D.S. Clarke scrive:
I princìpi del governo morale di Dio vengono esibiti tanto nella storia delle nazioni, quanto nell'esperienza degli uomini», (vedi Salmo 75:7, Daniele 2:21; Daniele 5:21).
In particolare, il rapporto che Dio ha con gli individui mostra la Sua presenza attiva negli affari degli uomini. Charles Bradlaugh, il più noto ateo d'Inghilterra dei suoi giorni, sfidò un ministro cristiano, Charles Hugh Price, ad un dibattito. L'invito venne accettato ed il predicatore aggiunse una sfida dal canto suo:
Poiché sappiamo, Sig. Bradlaugh, che un uomo convinto contro la sua volontà è sempre della stessa opinione e poiché il dibattito, come questione di ginnastica mentale, probabilmente non convertirà nessuno, propongo di portare delle prove concrete della validità delle affermazioni, cristiane o atee, sotto forma di uomini e di donne che sono stati redenti da una vita di peccato e di vergogna grazie all'influenza del cristianesimo o dell'ateismo. Io porterò cento di queste persone e vi sfido a fare altrettanto. Se non potete presentarne cento, Sig. Bradlaugh, da mettere a fronte ai miei cento, mi accontenterò di cinquanta uomini e donne che si alzino e testimonino d'essere stati liberati da una vita di vergogna per l'influenza dei vostri insegnamenti sull'ateismo. Se non potete presentarne cinquanta, vi sfido a presentarne venti che testimonino con volti risplendenti, come faranno i miei cento, che hanno una nuova grande gioia in una vita retta, come risultato dei vostri insegnamenti. Se non potete presentarne venti mi dichiarerò soddisfatto di dieci. Ma no, Sig. Bradlaugh, vi sfido a portarmene uno, un uomo o una donna che rendano testimonianza dell'influenza benefica dei vostri insegnamenti fondati sull'ateismo. Gli uomini e le donne redenti, che io presenterò, costituiranno una prova inconfutabile della potenza salvatrice di Gesù Cristo nella vita di coloro che sono stati redenti dalla schiavitù del peccato. Forse, Sig. Bradlaugh, questa sarà la vera dimostrazione della validità delle affermazioni del cristianesimo.
Il Sig. Bradlaugh ritirò la sua sfida!
e. L'argomento della credenza universale
La credenza nell'esistenza di Dio è praticamente diffusa quanto la razza umana, anche se spesso la troviamo pervertita in forme grottesche e nascosta da idee superstiziose. Tutti gli uomini, di qualunque razza e di qualunque epoca, hanno innata l'idea di Dio; cioè, avvertono l'esistenza di un Essere che sta al di sopra di loro e sono portati ad invocarLo ed adorarLo. Questo è quel che chiamiamo «la credenza universale». Questa opinione è stata respinta da alcuni, che affermano che vi sono dei popoli assolutamente privi dell'idea di Dio. Ma Jevons, un esperto nello studio delle razze e delle religioni, dice che questa tesi, «come ogni antropologo sa, se ne è andata al limbo delle defunte controversie..., tutti convengono che non vi sono popoli che siano completamente privi di religione». Tuttavia, anche se potessero essere provate delle eccezioni, noi sappiamo che le eccezioni confermano la regola. Ad esempio, se si potessero presentare degli esseri umani completamente privi di sentimenti di umanità e di compassione, questo non proverebbe che l'uomo è essenzialmente privo di sentimento. La presenza di non vedenti nel mondo non prova che l'uomo è una creatura priva della vista. Come ha detto William Evans:
il fatto che certe nazioni non hanno la tavola pitagorica non altera l'aritmetica.
Come ha avuto origine la credenza universale in Dio? La maggior parte degli atei sembra immaginare che un gruppo di intelligenti teologi si sia riunito in un consesso segreto, abbia inventato l'idea di Dio e poi l'abbia propinata al popolo. Ma i teologi non hanno inventato Dio, come gli astronomi non hanno inventato le stelle, o i botanici i fiori. E certo che gli antichi avevano delle idee errate sui corpi celesti. Il fatto che l'umanità abbia avuto delle idee errate intorno a Dio implica che vi è un Dio del quale essa ha potuto avere idee errate.
Questa credenza universale non è scaturita necessariamente dal ragionamento, perché vi sono uomini molto razionali che negano l'esistenza di Dio. Ma è evidente che lo stesso Dio che ha fatto la natura con le sue bellezze e le sue meraviglie, ha fatto anche l'uomo capace di guardare attraverso la natura e vedere il suo Creatore. «Infatti quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Iddio loro manifestato; poiché le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue» (Romani 1:19,20). Dio non ha fatto il mondo senza lasciare indizi, suggerimenti e prove evidenti dalla Sua opera.
Ma «pur avendo conosciuto Iddio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si son dati a vani ragionamenti e l'insensato loro cuore s'è ottenebrato» (Romani 1:21). Il peccato oscurò la loro visione, persero di vista Dio e, invece di vedere Dio attraverso le creature, Lo ignorarono ed adorarono le creature; così nacque l'idolatria. Anche questo prova che l'uomo è una creatura portata all'adorazione, che ha bisogno di un oggetto da adorare.
Che cosa dimostra l'universale credenza in Dio? Che la natura umana è costituita in modo da concepire l'idea di Dio. Come ha detto uno scrittore, «l'uomo è incurabilmente religioso». Questa credenza così profondamente radicata ha prodotto la «religione», che nel suo significato più largo include:
1. L'accettazione dell'esistenza di esseri o forze al di sopra delle forze della natura.
2. Un sentimento di dipendenza da Dio, come Colui che controlla il destino dell'uomo. Questo sentimento di dipendenza è determinato ed alimentato dalla consapevolezza della propria piccolezza contro lo grandezza dell'universo.
3. La convinzione che l'uomo possa instaurare un rapporto amichevole con Dio e che in questa unione egli troverà sicurezza e felicità. Da questo, vediamo che l'uomo è naturalmente conformato per credere nell'esistenza di Dio, per confidare nella Sua bontà e per adorare nella Sua presenza.
Il «senso religioso» non si trova nelle creature inferiori. Ad esempio, sarebbe inutile sforzarsi d'insegnare la religione alla più elevata razza di scimmie, mentre anche l'uomo meno intelligente può essere ammaestrato intorno a Dio.
Perché? Perché l'animale manca della natura umana, non è fatto all'immagine di Dio; l'uomo invece ha una natura religiosa e deve avere un oggetto da adorare.
3. Negazione della Sua esistenza
L'ateismo consiste nella negazione assoluta dell'esistenza di Dio. Certuni si domandano se esistono dei veri atei, ma, se ve ne sono, non si può provare che essi abbiano cercato ardentemente Dio o che siano logicamente coerenti.
Poiché gli atei si oppongono alla più profonda e alla più fondamentale convinzione umana, il carico della prova resta sopra loro: essi non possono sinceramente e logicamente dichiararsi atei, se non provano che Dio non esiste. Ora è innegabile che l'evidenza dell'esistenza di Dio sia maggiore della prova della Sua non esistenza. In relazione a ciò D.S. Clarke scrive:
Una piccola prova può mostrare che vi è Dio, mentre tutte le prove che l'uomo può raccogliere non possono mai provare che non vi è Dio. L'impronta della zampetta di un uccello, sulla roccia, proverebbe che una volta un uccello ha visitato la spiaggia atlantica. Ma perché qualcuno possa dire che nessun uccello vi è mai stato, deve conoscere l'intera storia della costa da quando è cominciata la vita sul globo. Una piccola prova può mostrare che vi è Dio; ma perché un uomo possa affermare che non vi è Dio, deve analizzare tutta la materia dell'universo, deve investigare tutte le forze meccaniche, elettriche, vitali, mentali e spirituali, deve avere relazione con tutti gli spiriti e deve comprenderli interamente; deve trovarsi in tutti i punti dello spazio in ogni momento, affinché Dio non eluda la sua sorveglianza in qualche modo o in qualche luogo. Egli deve essere onnipotente, onnipresente ed eterno, infatti egli stesso deve essere Dio, prima di poter affermare dogmaticamente che non vi è Dio.
Per quanto possa sembrare strano, solo Dio, la cui esistenza gli atei negano, potrebbe avere l'abilità di provare che Dio non esiste.
Oltre a ciò, anche la sola possibilità che esista un Sovrano Celeste pone l'uomo sotto una grave responsabilità, per cui la conclusione degli atei non dovrebbe essere accettata, finché la non esistenza di Dio non fosse esaurientemente dimostrata.
Era il novembre del 1917, quando i bolscevichi abbatterono il governo di Kerensky. Quel nobile stava a casa di sua madre, con lo spavento continuo di essere arrestato. Un giorno suonò il campanello della porta d'ingresso e il servitore, che era andato ad aprire, ritornò con un bigliettino da visita che recava il nome del principe Kropotkin, un noto anarchico. Questi entrò e chiese il permesso di esaminare l'appartamento. Non vi era altro da fare che aderire alla richiesta, perché il principe, evidentemente, aveva l'autorità di perquisire ed anche di requisire la casa. «Mia madre lo fece passare per primo», racconta il protagonista. «Egli entrò in una stanza e poi in un'altra senza fermarsi, come se vi avesse abitato prima o conoscesse la disposizione delle camere. Entrò nella stanza da pranzo, si guardò intorno e si diresse improvvisamente verso la stanza occupata da mia madre».
«Oh, scusate», disse mia madre quando il principe stava per aprire la porta, «quella è la mia camera da letto».
Si fermò per un momento davanti alla porta, guardò mia madre e poi, come se fosse stato imbarazzato, con una certa vibrazione nella voce disse: «Sì, sì, lo so. Scusatemi, ma devo entrare in questa stanza».
Mise la mano sulla maniglia e cominciò ad aprire la porta lentamente, poi improvvisamente la spalancò e disparve dentro la stanza.
Fui così sconvolto dal contegno del principe, che stavo per rimproverarlo: mi avvicinai alla stanza, spalancai la porta e... rimasi di stucco.
Il principe Kropotkin era assorto in preghiera. Non vidi il suo viso né i suoi occhi, perché mi voltava le spalle. La sua figura inginocchiata e la sua ardente preghiera, mentre ne sussurrava lentamente le parole, lo faceva apparire umile. Era così assorto che non si avvide di non essere solo.
Improvvisamente, tutta la mia collera ed il mio odio verso quell'uomo svanirono, come nebbia ai raggi del sole. Fui così commosso che chiusi gentilmente la porta.
Il principe Kropotkin rimase per circa venti minuti nella camera di mia madre. Finalmente uscì. Venne fuori come un bambino che fosse stato colto in fallo, senza alzare gli occhi, come riconoscendo il suo errore, ma sorridendo. Si avvicinò a mia madre, le prese la mano, gliela baciò e poi disse con voce molto bassa:
«Vi ringrazio molto per avermi permesso di visitare la vostra casa. Non me ne vogliate... sapete, in quella camera morì mia madre... è stato per me un grande conforto il ritrovarmi nella sua stanza... Grazie, grazie tante».
La sua voce tremò, i suoi occhi erano umidi. Si congedò in gran fretta e disparve.
Era anarchico, rivoluzionario ed ateo; ma pregò! Non era evidente che era diventato ateo soffocando i più profondi impulsi dell'anima?
Se non vi è Dio, non esiste una legge divina e tutta la legge è umana. Ma allora perché si dovrebbe vivere rettamente? Solo perché un uomo o un gruppo di uomini, ha detto così? Vi potranno essere delle anime elevate che pratichino la giustizia senza la fede in Dio, ma per la massa dell'umanità vi è un solo decreto per fare il bene e cioè: «Così dice il Signore», il Giudice dei vivi e dei morti, il potente Sovrano del nostro destino eterno. Rimuovere questo significa scuotere le fondamenta della società umana. James M. Gilles rileva:
L'ateo è come uno zotico ubriaco che entri barcollando in un laboratorio e cominci a maneggiare maldestramente dei prodotti chimici, che potrebbero ridurre in atomi lui e tutto quanto lo circonda. L'ateo scherza con una forza molto più misteriosa e molto più potente di qualunque sostanza possa essere contenuta in una provetta; molto più misteriosa del raggio della morte. Che cosa avverrebbe se l'ateo estinguesse realmente la fede in Dio? In tutta la tragica storia di questo pianeta, non vi è nessun avvenimento che possa servire da termine di paragone per un cataclisma simile.
L'ateismo cerca di strappare dal cuore dell'uomo la brama di ciò che è spirituale e la sete dell'infinito. Gli atei protestano contro i crimini della religione e noi riconosciamo che la religione è stata pervertita da intrighi e interessi particolari; ma cercare di cancellare l'idea di Dio perché se n'è fatto cattivo uso sarebbe logico come cercare di sradicare l'amore dal cuore dell'uomo perché in certi casi è stato pervertito ed avvilito.
II. LA NATURA DI DIO
1. I nomi di Dio
2. Teorie errate
1. I nomi di Dio
Chi è Dio? La migliore definizione di Dio che sia mai stata data è quella contenuta nel Catechismo di Westminster: «Dio è uno Spirito, infinito, eterno ed immutabile nel Suo essere, sapienza, potenza, santità, giustizia, bontà e verità». La definizione scritturale può essere formulata attraverso lo studio dei nomi di Dio. I «nomi» di Dio nelle Scritture sono più di una combinazione di suoni, essi rivelano il Suo carattere: Iddio si rivela rendendo noto o proclamando il Suo nome (Esodo 6:3; Esodo 33:19; Esodo 34:5,6). Adorare Dio significa invocare il Suo nome (Genesi 12:8), temerlo (Deuteronomio 28:58), lodarlo (II Samuele 22:50) glorificarlo (Salmo 86:9). È perversità nominare il Suo nome invano (Esodo 20:7) o profanarlo o bestemmiarlo (Levitico 18:21; Levitico 24:16). Venerare Dio è santificare il Suo nome (Matteo 6:9). Il nome di Dio difende il Suo popolo (Salmo 20:1) e, per amor del Suo nome, Egli non lo abbandonerà (I Samuele 12:22).
I seguenti sono i nomi di Dio più comuni nelle Scritture:
a. Elohim (tradotto «Dio»)
b. Yahwê(h) (tradotto «Signore»)
c. El («Dio»)
d. Adonai
e. Padre
a. Elohim (tradotto «Dio»)
Questa parola viene usata ogni volta che è implicata la potenza creatrice ed onnipotente di Dio. Elohim è l'Iddio Creatore. La forma plurale indica pienezza di potenza e fa intravedere la Trinità.
b. Yahwê(h) (tradotto «Signore»).
Elohim, l'Iddio Creatore, non se ne sta lontano dalle Sue creature. Vedendo il loro bisogno, Egli scende per aiutarle e per salvarle; nell'assumere questa relazione, si rivela come Yahwê(h), l'Iddio del patto. Il nome Yahwê(h) viene dal verbo «essere» e include i tre tempi di tale verbo: passato, presente e futuro. Pertanto questo nome significa: «Colui che era, che è e che sarà»; in altre parole, l'Eterno. Poiché Yahwê(h) è l'Iddio che si rivela all'uomo, il nome significa: «Io mi sono manifestato, mi manifesto e mi manifesterò ancora».
La particolare caratteristica della lingua ebraica, che usa scrivere soltanto le consonanti, ha fatto nascere un equivoco sulla pronuncia di questo nome, deformato in «Yehowa(h)».
Quando i Massoreti (a partire dal V sec. d.C.) si accinsero a porre le vocali sul testo dell'Antico Testamento, costituito esclusivamente da consonanti, si trovarono di fronte ad errori per la maggior parte dovuti alla trascrizione.
Il testo però era considerato sacro e non poteva essere modificato; perciò i Massoreti adottarono il seguente criterio: con un cerchietto posto sulla parola errata, richiamavano l'attenzione sulla parola corretta in margine. Ne nacque così il «Ketîb-qerê»: Ketîb è lo «scritto» errato; qerê, «da leggersi», rappresenta la lettura corretta. Il testo consonantico rimase, così, inalterato.
Nel caso, però, di parole che si potevano incontrare più volte nello stesso brano, l'errata corrige fu ridotta ai minimi termini: omessa la nota marginale, furono inserite nel testo le sole vocali con cui la parola doveva essere letta. Il caso più frequente è dato appunto dal Nome Divino (Yahwê(h)). Per riverenza, in riferimento a Esodo 20:7, il Nome di Dio non veniva proferito ma sostituito dall'appellativo «'adonay» (Signore). I Massoreti apposero quindi, sotto il Tetragramma sacro, le vocali di ('adonay) e cioè: -:= (a) [poi divenuta (e)], .= o, T= a. Da qui l'errata lettura «Yehowa(h)», iniziata soltanto nel XV sec. d.C..
La vocalizzazione propria del Tetragramma era (:.), (:), (-) Yahwê(h). Questa pronuncia del Nome Divino era ben conosciuta, ma poteva esser proferita correttamente solo dal Sommo Sacerdote ed esclusivamente in occasione della principale festa liturgica degli Ebrei, la Pasqua (n.d.e.).
Ciò che Dio fa per il Suo popolo è espresso dai Suoi nomi; perciò, quando il Suo popolo esperimenta la Sua grazia, si dice che essi «conoscono il Suo nome» e, inoltre, la relazione di «YAHWÊ(H)» con Israele è riassunta nei nomi di YAHWÊ(H) usati nel patto. Da coloro che sono su un letto di infermità, Egli è conosciuto come YAHWÊ(H)-RAPHA, «il Signore che guarisce» (Esodo 15:26); pressati dal nemico essi invocano YAHWÊ(H)-NISSI, «il Signore nostra bandiera» (Esodo 17:8-15). Sopraffatti dalle sollecitudini, imparano che Egli è YAHWÊ(H)-SHALOM, «il Signore nostra pace» (Giudici 6:24); come pellegrini sulla terra, sentono il bisogno di YAHWÊ(H)-RA'AH, «il Signore mio pastore» (Salmo 23:1). Consci della condannazione e avendo bisogno di una giustificazione, essi invocano YAHWÊ(H)-TSIDKENU, «il Signore nostra giustizia» (Geremia 23:6); quando si trovano nel bisogno, imparano che Egli è YAHWÊ(H)-JIREH, «il Signore che provvede» (Genesi 22:14). Quando il regno di Dio sarà venuto sulla terra Egli sarà conosciuto come YAHWÊ(H)-SHAMMAH, «Il Signore è là» (Ezechiele 48:35).
c. El («Dio»)
Usato in combinazione: EL-ELYON (Genesi 14:18-20), «Iddio altissimo», l'Iddio che è esaltato al di sopra di tutto ciò che è chiamato dio o dei. EL-SHADDAI, «l'Iddio che è sufficiente per i bisogni del Suo popolo» (Esodo 6:3). EL-OLAM, «l'Iddio che dura in eterno» (Genesi 21:33).
d. Adonai
Significa letteralmente «Signore» o «Padrone» ed esprime l'idea del comando e del dominio (Esodo 23:17; Isaia 10:16,33). Per quello che Egli è, e per ciò che ha fatto, Egli richiede il servizio e la fedeltà del Suo popolo. Nel Nuovo Testamento questo nome viene applicato al Cristo glorificato.
e. Padre
Usato nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Nel suo significato più ampio definisce Dio quale Produttore di tutte le cose e Creatore dell'uomo; cosicché, in rapporto a tale opera creatrice, tutto può essere chiamato progenie di Dio (Atti 17:18). Questa relazione però non garantisce la salvezza; solo coloro che sono stati rigenerati dal Suo Spirito sono Suoi Figliuoli in senso intimo (Giovanni 1:12,13).
2. Teorie errate
Vi sono altre opinioni su Dio, oltre a quella della Scrittura. Di queste, alcune sono verità sulle quali si è insistito troppo, altre sono verità inadeguate, altre ancora sono verità pervertite o svisate. Perché impiegare del tempo a considerarle? Perché è difficilissimo descrivere alla perfezione l'essere di Dio; studiando ciò che Egli non è, abbiamo una migliore conoscenza di ciò che Egli è.
a. Agnosticismo
b. Politeismo (l'adorazione di molti dèi)
c. Panteismo (formato da due parole di origine greca, significa «tutto è Dio»)
d. Materialismo
e. Deismo
a. Agnosticismo
Derivato da due parole greche, questo termine significa «non conoscere»: l'agnosticismo nega che l'uomo possa conoscere Dio. «La mente finita non può afferrare l'infinito», dichiara l'agnostico. Ma egli non vede che vi è differenza fra il conoscere Dio in modo assoluto e il conoscere alcuni aspetti di Dio. Noi non possiamo comprendere Dio, cioè conoscerLo perfettamente, ma possiamo conoscere qualcosa di Lui. Il Dott. Clarke scrive:
Noi possiamo sapere che Dio è, senza sapere tutto ciò che Egli è. Possiamo toccare la terra, mentre non possiamo abbracciarla con le nostre braccia. Il bambino può conoscere Dio, mentre il filosofo non sa spiegare perfettamente l'Onnipotente.
La Scrittura è basata sul presupposto che Dio si può conoscere, ma, allo stesso tempo, ci avverte che per ora «conosciamo in parte» (cfr. Esodo 33:20; Giobbe 11:7; Romani 11:33,34; I Corinzi 13:9-12).
b. Politeismo (l'adorazione di molti dèi)
Era caratteristico delle religioni antiche ed è tuttora praticato in molti paesi pagani. È basato sull'idea che l'universo non è governato da un Dio, ma da molte forze, cosicché vi è un dio dell'acqua, un dio del fuoco, un dio delle montagne, un dio della guerra, ecc. Era una conseguenza naturale del paganesimo, che degli oggetti finiti e delle forze naturali faceva degli dei: «hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore» (Romani 1:25).
Abramo fu chiamato a separarsi dal paganesimo e divenne un testimone dell'Iddio vero; la sua chiamata fu l'inizio della missione di Israele, che era quella di predicare il monoteismo (l'adorazione di un solo Dio) in opposizione al politeismo delle nazioni che lo circondavano.
c. Panteismo (formato da due parole di origine greca, significa «tutto è Dio»)
È quel sistema di pensiero che identifica Dio con l'universo: alberi e pietre, uccelli ed animali, terra ed acqua, rettili ed uomini, tutti sono dichiarati parti di Dio; Dio vive e si esprime attraverso il creato.
Come ebbe origine questo sistema? Romani 1:20-23 ci può essere di guida. Può darsi che, nell'oscuro passato, dei filosofi pagani avendo perduto di vista Dio ed avendoLo bandito dai loro cuori, vedessero la necessità di trovare qualche cosa che prendesse il Suo posto.
Il posto di Dio nel cuore dell'uomo doveva essere occupato da qualche cosa di grande come Dio. Poiché Dio era andato via dal mondo, perché non fare del mondo un dio? Così ragionarono, e cominciarono ad adorare le montagne e gli alberi, gli uomini e le bestie e tutte le forze della natura.
A prima vista questo culto della natura può sembrare bello, ma comporta una conclusione assurda. Infatti se l'albero, il fiore, la stella sono Dio, allora devono esserlo anche il verme, il microbo, la tigre ed il più vile dei peccatori: una conclusione impossibile!
Il panteismo confonde Dio con la natura, ma il poema non è il poeta l'arte non è l'artista, la musica non è il musicista e la creazione non è Dio. Una bella tradizione giudaica ci racconta come Abrahamo notò questa differenza.
Quando Abrahamo cominciò a riflettere sulla natura di Dio, elesse le stelle come divinità, per il loro splendore e per la loro bellezza; ma quando vide che erano oscurate dalla luna, elesse questa come divinità. La luce della luna però scomparve davanti alla luce del sole e questo fece pensare ad Abrahamo di eleggere il sole come divinità. Ma alla notte, anche il sole scomparve: «Ci deve essere qualche cosa nel mondo più grande di queste cose», pensò Abrahamo. Così, dal culto della natura, salì all'adorazione dell'Iddio della natura.
Le Scritture correggono l'errata concezione del panteismo. Mentre insegnano che Dio è in parte rivelato attraverso la natura, Lo distinguono dalla natura. Il panteismo afferma che Dio è l'universo; la Bibbia dice che Dio ha fatto l'universo.
Dove si professa oggi il panteismo? Fra certi poeti che parlano della natura come divina. Inoltre, è la base della maggior parte delle religioni dell'India, che con questa teoria giustificano l'adorazione degli idoli: «Non è l'albero parte dell'immagine di Dio?», dicono. Poi, ancora, la Scienza Cristiana è una forma di panteismo, perché uno dei suoi fondamenti è: «Dio è tutto e tutto è Dio»; in termini tecnici è panteismo «idealistico», perché insegna che tutto è mente o «idea» e, pertanto, La materia è irreale.
d. Materialismo
Nega ogni distinzione tra lo spirito e la materia ed afferma che ogni manifestazione di vita è una semplice proprietà della materia. «Il cervello produce i pensieri, come il fegato secerne la bile», «l'uomo è una macchina»: sono alcuni dei detti preferiti dai materialisti. «L'uomo è semplicemente un animale», dichiarano per sfuggire al pensiero della natura più elevata e del destino ultraterreno dell'uomo.
Questa teoria sembra così barbara ed assurda da non meritare una confutazione. Eppure in decine di università, in centinaia di opere scritte ed in molti altri luoghi viene discussa ed accettata l'idea che l'uomo è un bruto o una macchina, che non è responsabile delle sue azioni e che non esiste né il bene né il male.
Per confutare questa teoria osserviamo:
1. La nostra coscienza ci dice che siamo più che materia, che siamo diversi da un albero o da una pietra, ed un soldo di buon senso vale più di molta filosofia. Ci viene detto che Daniel O'Connel, l'oratore irlandese, una volta si incontrò con una vecchietta che era temuta a causa della sua lingua tagliente e del suo vocabolario troppo mordace. Ma l'oratore la sopraffece con una valanga di termini trigonometrici: «Voi miserabile romboide», gridò, «voi ipotenusa senza vergogna! Tutti sanno che tenete un parallelogramma in casa vostra» e così continuò finché la povera donna si confuse e si imbrogliò. Allo stesso modo i filosofi moderni vorrebbero tentare di spaventarci con parole altisonanti; ma l'errore non diventa verità perché esposto con paroloni di cinque sillabe.
2. L'esperienza e l'osservazione mostrano che la vita può venire solo da una vita già esistente; dunque, la vita di questo mondo deve avere una causa vivente. Non è stato dimostrato nessun esempio di vita che sia venuto dalla materia morta. Anni fa, degli scienziati credettero di aver fatto questa scoperta, ma quando fu scoperta l'esistenza di microbi nell'aria, la loro teoria andò in fumo.
3. L'evidenza dell'intelligenza e del disegno nell'universo contraddice il cieco materialismo.
4. Ammettendo che l'uomo sia una macchina, noi sappiamo che una macchina non si fa da sé. La macchina non ha prodotto l'inventore, ma è stato l'inventore a creare la macchina.
Il materialismo distrugge il fondamento della moralità; infatti, se l'uomo è solo una macchina, non è responsabile delle sue azioni. Di conseguenza, non potremo chiamare l'eroe nobile e il furfante malvagio, perché essi non possono fare a meno di agire come fanno, né un uomo potrà condannarne un altro, perché sarebbe come se la sega circolare dicesse alla ghigliottina: «Perché sei così crudele?».
Qual è l'antidoto al materialismo? L'Evangelo predicato nella potenza dello Spirito Santo con i segni che Lo seguono!
e. Deismo
Ammette che vi è un Dio personale, il quale creò il mondo, ma insiste che dopo la creazione Egli lo ha lasciato al governo delle leggi naturali. In altre parole, Dio ha caricato il mondo come un orologio e poi lo ha abbandonato senza interferire ulteriormente. Di qui l'impossibilità della rivelazione o del miracolo. Questo sistema viene chiamato, a volte, Razionalismo, perché fa della ragione la guida suprema dell'uomo; viene anche definito come Religione Naturale, in opposizione alla Religione Rivelata. Esso è contraddetto dall'evidenza dell'ispirazione della Bibbia e dalle prove dell'opera di Dio nella Storia.
La concezione dei deisti, come pure quella dei panteisti, è unilaterale. Le Scritture insegnano due importanti verità circa la relazione di Dio con il mondo: primo, la Sua trascendenza, cioè la Sua separazione e la Sua superiorità al di sopra del mondo e dell'uomo (Isaia 6:1); secondo, la Sua immanenza, cioè la Sua presenza nel mondo e la Sua vicinanza all'uomo (Atti 17:28; Efesini 4:6). Il deismo insiste troppo sulla prima verità, il panteismo sulla seconda. Le Scritture danno il vero ed equilibrato pensiero: Dio è veramente separato dal mondo e al di sopra del mondo; ma, d'altra parte, Egli è nel mondo. Egli mandò il Figliuolo perché fosse con noi e il Figliuolo mandò lo Spirito Santo perché fosse in noi. Pertanto la dottrina della Trinità evita i due estremi. Alla domanda: Dio è fuori del mondo o è nel mondo? La Bibbia risponde: Egli è fuori del mondo ed è nel mondo.
III. GLI ATTRIBUTI DI DIO
Poiché Dio è infinito nel Suo essere, è impossibile a qualunque creatura conoscerLo esattamente quale Egli è. Eppure, nella Sua benignità, Egli ha voluto rivelarsi in una lingua che noi comprendiamo: questa rivelazione è contenuta nelle Scritture. Ad esempio, Dio dice di Se stesso: «Io sono santo»; quindi noi possiamo dire che Dio è santo e che la santità è un attributo di Dio, perché è una qualità che possiamo attribuirGli. Così possiamo regolare i nostri pensieri su Dio grazie alla rivelazione che Egli ci ha dato di Se stesso.
Quale differenza vi è tra i nomi e gli attributi di Dio? I nomi di Dio esprimono l'intero Suo essere, mentre gli attributi indicano vari aspetti del Suo carattere.
Vi sono molte cose che si possono dire di un Essere grande come Dio e il nostro compito sarà più facile, se classificheremo i Suoi attributi. Il voler comprendere Dio completamente sarebbe come voler trasportare l'Atlantico in una tazza da tè; ma Egli si è rivelato quanto basta per riempire la nostra capacità.
La seguente classificazione può essere utile. Distinguiamo:
1. Attributi non relativi, o ciò che Dio è in Se stesso, separatamente dalla creazione. Essi rispondono alla domanda: quali sono le qualità che caratterizzavano Dio prima che venissero in essere le cose esistenti?
2. Attributi attivi, o ciò che Dio è in relazione all'universo.
3. Attributi morali, o ciò che Dio è in relazione alle Sue creature morali.
1. Attributi non relativi (natura intima di Dio)
a. Dio è Spirito (Giovanni 4:24)
b. Dio è Infinito
c. Dio è Uno
a. Dio è Spirito (Giovanni 4:24)
Dio è Spirito ed ha una personalità, Egli pensa, sente, parla; quindi può avere comunione diretta con le Sue creature, fatte secondo la Sua immagine. Essendo Spirito, non è soggetto alle limitazioni umane. Egli non possiede parti e passioni corporali, è composto di elementi non materiali e non è soggetto alle condizioni dell'esistenza naturale. Per questo non può essere visto con gli occhi naturali, né può essere inteso con i sensi naturali.
Ciò non vuol dire che Dio viva un'esistenza oscura e non sostanziale, perché Gesù parla del «sembiante» di Dio (Giovanni 5:37; cfr. anche Filippesi 2:6). Dio è una persona reale, ma di una natura così infinita, che non può essere perfettamente compresa dalla mente umana, né adeguatamente descritta dalla lingua umana.
«Nessuno ha mai veduto Iddio», dichiara Giovanni (Giovanni 1:18; cfr. Esodo 33:20); ma pure in Esodo 24:9 è detto che Mosè e certi anziani «videro Dio». Non vi è contraddizione. Giovanni vuol dire che nessuno ha mai visto Dio come Egli è, mentre noi sappiamo che Egli può manifestarsi in forme corporali (Matteo 3:16) in modo da essere compreso dall'uomo. Dio ha descritto la Sua personalità infinita in un linguaggio compreso dalla mente finita; per questo la Bibbia parla di Dio che ha mano, braccio, occhi ed orecchie e Lo descrive come un Essere che vede, sente, ode, si pente e così via. Ma Dio è imperscrutabile e inscrutabile. «Puoi tu arrivare a conoscere appieno l'Onnipotente?» (Giobbe 11:7). La nostra risposta deve essere: «Non abbiamo nulla per attingere e il pozzo è profondo» (Giovanni 4:11).
b. Dio è Infinito
Egli non è soggetto a limitazioni naturali ed umane. L'infinità di Dio può essere vista in due modi:
1. In relazione allo spazio. Dio è caratterizzato dall'immensità (I Re 8:27), cioè la natura della Trinità è ugualmente presente nell'intero spazio infinito e in ogni parte di esso. La Sua presenza ed energia toccano ogni parte dell'esistenza e non vi è punto dello spazio che sfugga alla Sua influenza, «il Suo centro è ovunque e la Sua circonferenza in nessun luogo». Non dobbiamo però dimenticare che in un particolare luogo la Sua potenza e gloria sono rivelate in modo straordinario, cioè in cielo.
2. In relazione al tempo Dio è eterno (Esodo 15:18; Deuteronomio 33:27; Nehemia 9:5; Salmo 90:2; Geremia 10:10; Apocalisse 4:8-10). Egli è esistito dall'eternità ed esisterà nell'eternità. Il passato, il presente ed il futuro sono presenti alla Sua mente. Essendo eterno, Egli è immutabile: «Lo stesso ieri, oggi e in eterno». Questa è una verità confortante per il credente, che può riposare nella fiducia che «Iddio ab antico è il tuo rifugio; e sotto a te stanno le braccia eterne» (Deuteronomio 33:27).
c. Dio è Uno
(Esodo 20:3; Deuteronomio 4:35-39; Deuteronomio 6:4; I Samuele 2:2; II Samuele 7:22; I Re 8:60; II Re 19:15; Nehemia 9:6; Isaia 44:6-8; I Timoteo 1:17).
Il versetto: «Ascolta Israele: il Signore nostro Dio è l'unico Signore» era un fondamento della religione dell'Antico Testamento ed era anche il messaggio distintivo di Israele al mondo, che adorava molti dèi falsi.
Questo insegnamento dell'unità di Dio è in contrasto con il Nuovo Testamento, che insegna la Trinità? Dobbiamo distinguere tra due specie di unità: unità assoluta e unità composta. L'espressione «un uomo» esprime il concetto di un'unità assoluta, perché ci riferiamo ad una persona. Ma quando leggiamo che l'uomo e la sua moglie saranno «una carne» (Genesi 2:24), troviamo un'unità composta, perché significa l'unità di due persone. Cfr. anche Esdra 3:1 ed Ezechiele 37:11, che, per dire «uno» (Echad), usano la stessa parola usata in Deuteronomio 6:4. Una parola diversa (Yachidh) viene usata per esprimere l'idea dell'unità assoluta (Genesi 22:2,12; Amos 8:10; Geremia 6:26; Zaccaria 12:10; Proverbi 4:3; Giudici 11:34).
A quale specie di unità si riferisce Deuteronomio 6:4? Dal fatto che la parola «nostro Dio» è al plurale (Elohim), deduciamo che si riferisce ad un'unità composta. La dottrina della Trinità insegna l'unità di Dio come un'unità composta, che comprende tre Persone Divine unite in una unità essenziale ed eterna.
2. Attributi attivi (Dio e l'universo)
a. Dio è Onnipotente
b. Dio è Onnipresente
c. Dio è Onnisciente
d. Dio è Savio
e. Dio è Sovrano
a. Dio è Onnipotente
(Genesi 1:1; Genesi 17:1; Genesi 18:14; Esodo 15:7; Deuteronomio 3:24; Deuteronomio 32:39; I Cronache 16:25; Giobbe 40:2; Isaia 40:12-15; Geremia 32:17; Ezechiele 10:5; Daniele 3:17; Daniele 4:35; Amos 4:13; Amos 5:8; Zaccaria 12:1; Matteo 19:26; Apocalisse 15:3; Apocalisse 19:6).
L'onnipotenza di Dio significa due cose:
1. La Sua libertà e potenza di fare tutto ciò che è conforme alla Sua natura. «perché nulla è impossibile a Dio». Naturalmente, questo non significa a che Egli può e vuol fare cose contrarie alla Sua propria natura (ad esempio, mentire) o che Egli faccia delle cose assurde ed in contraddizione con Se stesso.
2. Il Suo controllo e la Sua sovranità su tutto ciò che è o può essere fatto. Ma se è così, perché viene praticato il male nel mondo? Perché Dio ha dotato l'uomo del libero arbitrio, che Egli non vuol violare; pertanto permette degli atti malvagi, ma per uno scopo saggio e con la prospettiva di sottomettere, alla fine, il male. Solo Dio è Onnipotente ed anche Satana non può far nulla senza il Suo permesso (cfr. Giobbe 1 e Giobbe 2).
Tutta la vita viene sostenuta da Dio (Ebrei 1:3; Atti 17:25,28; Daniele 5:23); l'esistenza dell'uomo è come la nota di un organo, che dura finché le dita di Dio sono sui tasti. Quindi, ogni volta che uno pecca, usa la potenza del Creatore per oltraggiarLo.
b. Dio è Onnipresente
Cioè illimitato nello spazio (Genesi 28:15,16; Deuteronomio 4:39; Giosuè 2:11; Salmo 139:7-10; Proverbi 15:3,11; Isaia 66:1; Geremia 23:23,24; Amos 9:2-4,6; Atti 7:48,49; Efesini 1:23).
Qual è la differenza fra immensità ed onnipresenza? L'immensità è la presenza di Dio in relazione allo spazio, mentre l'onnipresenza è la Sua presenza vista in relazione alle creature. Egli è presente alle Sue creature nei modi seguenti:
1. In gloria, agli eserciti adoranti nel cielo (Isaia 6:1-3).
2. Effettivamente, nell'ordine naturale (Nahum 1:3).
3. Provvidenzialmente, nelle vicende degli uomini (Salmo 68:7,8).
4. Con la Sua attenzione verso coloro che Lo cercano (Matteo 18:19,20; Atti 17:27).
5. Con il Suo giudizio, è presente alla coscienza degli empi (Genesi 3:8; Salmo 68:1,2). L'uomo non può sperare di trovare un angolo, nell'universo, nel quale possa sfuggire alla legge del suo Fattore. «Se il vostro Dio è ovunque, deve essere anche all'inferno», disse un cinese ad un cristiano suo connazionale. «All'inferno c'è la Sua ira», fu la pronta risposta.
6. Corporalmente nel Figliuolo (Colossesi 2:9), «Dio con noi».
7. Presenzialmente, nella Chiesa (Efesini 2:12-22).
8. Con la Sua potenza, per sovvenire i Suoi operai (Matteo 28:19,20).
Mentre Dio è ovunque, Egli non dimora ovunque. Solo quando entra in relazione personale con un gruppo o un individuo, si dice che dimora con loro.
c. Dio è Onnisciente
(Genesi 18:18,19; II Re 8:10,13; I Cronache 28:9; Salmo 94:9; Salmo 139:1-16; Salmo 147:4,5; Proverbi 15:3; Isaia 29:15,16; Isaia 40:28; Geremia 1:4,5; Ezechiele 11:5; Daniele 2:22,28; Amos 4:13; Luca 16:15; Atti 15:8,18; Romani 8:27,29; I Corinzi 3:20; II Timoteo 2:19; Ebrei 4:13; I Pietro 1:2; I Giovanni 3:20) La conoscenza di Dio è perfetta. Egli non ha bisogno di ragionare, o di scoprire le cose, o di apprenderle gradualmente; la Sua conoscenza del passato, del presente e del futuro è istantanea.
Vi è grande conforto nel considerare questi attributi, poiché in tutte le prove della vita il credente può essere certo che «il Padre vostro sa» (Matteo 6:8).
A certuni si presenta la seguente difficoltà: dal momento che Dio conosce ogni cosa, Egli sa chi si perderà; allora, una persona come potrà evitare di perdersi? Ma, se Dio conosce la maniera in cui un individuo userà il suo libero arbitrio, ciò non significa che Egli forzerà la scelta di quella persona. Dio antivede ma non «stabilisce».
d. Dio è Savio
(Salmo 104:24; Proverbi 3:19; Geremia 10:12; Daniele 2:20,21; Romani 11:33; I Corinzi 1:24,25,30; I Corinzi 2:6,7; Efesini 3:10; Colossesi 2:2,3).
La sapienza di Dio è una combinazione della Sua onniscienza e della Sua onnipotenza Egli ha la possibilità di applicare la Sua conoscenza in modo tale, che i migliori scopi possibili possono essere raggiunti con i mezzi migliori. Dio fa sempre la cosa giusta, nel modo giusto ed al momento giusto. «Egli ha fatto ogni cosa bene» (Marco 7:37).
Quando Dio disegna o programma tutte le cose, e predispone il corso degli eventi per il Suo scopo buono, questa azione si chiama provvidenza. La provvidenza generale di Dio riguarda il governo dell'universo nel suo assieme; la provvidenza particolare, i dettagli della vita dell'uomo.
e. Dio è Sovrano
Egli ha il diritto assoluto di governare e di disporre delle Sue creature come vuole (Daniele 4:35; Matteo 20:15; Romani 9:21). Possiede questo diritto in virtù della Sua infinita superiorità, della Sua assoluta proprietà di tutti e dell'assoluta dipendenza di tutte le cose da Lui per la loro continuazione. È, pertanto, sciocco ed empio chi critica le Sue vie. Osserva D.S. Clarke:
La dottrina della sovranità di Dio è molto incoraggiante e di grande aiuto. Se potessimo scegliere, che cosa sceglieremmo? Di essere governati da un destino cieco, dal caso capriccioso, o da una irrevocabile legge naturale, o dal nostro io miope e pervertito? Colui che rigetta la sovranità di Dio, può scegliere tra ciò che rimane.
3. Attributi morali (Dio e le creature morali)
Esaminando la relazione di Dio con l'umanità, impariamo che:
a. Dio è Santo
b. Dio è Giusto
c. Dio è Fedele
d. Dio è Misericordioso
e. Dio è Amore
f. Dio è Buono
a. Dio è Santo
(Esodo 15:11; Levitico 11:44,45; Levitico 20:26; Giosuè 24:19; I Samuele 2:2; Salmo 5:4; Salmo 111:9; Salmo 145:17; Isaia 6:3; Isaia 43:14,15; Geremia 23:9; Luca 1:49; Giacomo 1:13; I Pietro 1:15,16; Apocalisse 4:8; Apocalisse 15:3,4).
La santità di Dio è la Sua assoluta purezza morale; Egli non può peccare, né può tollerare il peccato. Il significato originale della parola «santo» è «separato».
In quale senso è separato Iddio? Egli è separato dall'uomo nello spazio: Dio è in cielo, l'uomo è sulla terra. È separato dall'uomo nella natura e nel carattere: Dio è perfetto, l'uomo è imperfetto; Dio è Divino, l'uomo è umano; Dio è moralmente perfetto, l'uomo è peccatore. Vediamo pertanto che la santità è l'attributo che salvaguarda la distinzione fra Dio e la creatura e non denota solamente un attributo di Dio, ma la stessa natura divina. Pertanto, quando Dio si rivela in modo da impressionare l'uomo con la Sua Divinità, si dice che Egli santifica Se stesso (Ezechiele 36:23; Ezechiele 38:23), cioè si rivela come il Santo. Quando i serafini descrivono lo splendore che emana da Colui che siede sul trono, gridano: «Santo, santo, santo è l'Eterno degli eserciti» (Isaia 6:3).
Si dice che gli uomini santificano Dio quando Lo onorano e Lo riveriscono come Divino (Numeri 20:12; Levitico 10:3; Isaia 8:13). Quando Lo disonorano violando i Suoi comandamenti, si dice che «profanano» il Suo nome, il che è l'opposto del santificare (Matteo 6:9) il Suo nome.
Solo Dio è santo in Se stesso. Le persone, gli edifici e gli oggetti che sono detti santi lo sono perché Dio li ha fatti santi, o li ha santificati. La parola «santo» applicata ad una persona, o ad un oggetto, è un termine che esprime relazione con Yahwê(h), significando che sono stati messi da parte per il Suo servizio. Essendo stati così messi da parte gli oggetti devono essere puri e le persone devono consacrarsi per vivere secondo le leggi della santità. Questi fatti costituiscono la base della dottrina della santificazione.
b. Dio è Giusto
Quale differenza vi è tra la santità e la giustizia? «La giustizia è la santità in azione», è la santità di Dio manifestata nei rapporti con le Sue creature: «Il Giudice di tutta la terra non farà egli giustizia?» (Genesi 18:25). La giustizia è la conformità ad una giusta regola ed una condotta diritta in relazione agli altri.
Quando Dio manifesta questo attributo?
1. Quando giustifica l'innocente e condanna l'empio, facendo sì che venga messa in atto la giustizia. Dio non giudica come i giudici umani, sulla base di prove prodotte da altri; Egli scopre da Sé la prova. Così il Messia, pieno dello Spirito Divino, «non giudicherà dall'apparenza, non darà sentenza stando al sentito dire» (Isaia 11:3).
2. Quando perdona il penitente (Salmo 51:14; I Giovanni 1:9; Ebrei 6: 10).
3. Quando castiga e giudica il Suo popolo (Isaia 8:17; Amos 3:2).
4. Quando salva il Suo popolo. L'intervento di Dio a favore del Suo popolo viene chiamato la Sua giustizia (Isaia 46:13; Isaia 45:24,25). La salvezza è il lato negativo, la giustizia quello positivo: Egli libera il Suo popolo dai loro peccati e dai loro nemici e il risultato è la giustizia del cuore (Isaia 60:21; Isaia 54:13; Isaia 61:10; Isaia 51:6).
5. Quando fa prevalere la causa del Suo fedele servitore (Isaia 50:4-9). Dopo che Dio avrà liberato il Suo popolo e avrà giudicato gli empi, avremo «nuovi cieli e nuova terra, ne' quali abita la giustizia» (II Pietro 3:13).
Dio non solo agisce giustamente, ma richiede la giustizia dall'uomo; ma l'uomo ha peccato e non può essere giusto. Allora, nella Sua misericordia, Dio dà la giustizia al penitente, ovvero giustifica il penitente (Romani 4:5). Questa è la base della dottrina della giustificazione.
E da notare che la natura divina è la base dei rapporti di Dio con gli uomini. Egli agisce come è: il Santo santifica, il Giusto giustifica.
c. Dio è Fedele
Egli è assolutamente degno di fiducia. Le Sue parole non falliranno pertanto i Suoi possono star saldi sulle Sue promesse (Esodo 34:6; Numeri 23:19; Deuteronomio 4:31; Giosuè 21:43,45; Giosuè 23:14; I Samuele 15:29; Geremia 4:28; Isaia 25:1; Ezechiele 12:25; Daniele 9:4, Michea 7:20; Luca 18:7,8; Romani 3:4; Romani 15:8; I Corinzi 1:9; I Corinzi 10:13; II Corinzi 1:20; I Tessalonicesi 5:24; II Tessalonicesi 3:3; II Timoteo 2:13; Ebrei 6:18; Ebrei 10:23; I Pietro 4:19; Apocalisse 15:3).
d. Dio è Misericordioso
La misericordia di Dio è la divina bontà esercitata nei riguardi delle Sue creature, avendo compassione di loro e provvedendo un aiuto che, nel caso di peccatori impenitenti, Lo porta alla longanimità e alla pazienza (Hodges).
Questa verità è espressa in maniera molto chiara dai seguenti versetti: Tito 3:5; Lamentazioni 3:22; Daniele 9:9; Geremia 3:12; Salmo 32:5; Isaia 49:13; Isaia 54:7. Per una delle più belle descrizioni della misericordia di Dio, vedi Salmo 103:8-18. La conoscenza della Sua misericordia diviene fonte di speranza (Salmo 130:7) e di fiducia (Salmo 52:8). La misericordia di Dio è stata soprattutto manifestata nel mandare Cristo sulla terra (Luca 1:78).
e. Dio è Amore
L'amore è l'attributo di Dio per il quale Egli desidera avere relazione con coloro che recano la Sua immagine, specialmente con coloro che sono stati santificati e che sono come Lui nel carattere. Notate come è descritto l'amore di Dio (Deuteronomio 7:8; Efesini 2:4; Sofonia 3:17; Isaia 49:15,16; Romani 8:39; Osea 11:4; Geremia 31:3); a chi è manifestato (Giovanni 3:16; Giovanni 16:27; Giovanni 17:23; Deuteronomio 10:18); come è stato mostrato (Giovanni 3:16; I Giovanni 4:9,10; Romani 9:11-13; I Giovanni 3:1; Isaia 43:3,4; Isaia 63:9; Tito 3:4-7; Isaia 38:17; Efesini 2:4,5; Osea 11:4; Deuteronomio 7:13; Romani 5:5).
f. Dio è Buono
La bontà di Dio è quell'attributo per il quale Egli impartisce la vita ed altre benedizioni alle Sue creature (Salmo 25:8; Nahum 1:7; Salmo 145:9; Romani 2:4; Matteo 5:45; Salmo 31:19; Atti 14:17; Salmo 68:10; Salmo 85:5). Il Dott. Howard Agnew Johnson scrive:
Alcuni anni fa fui invitato a pranzo. Il padrone di casa mi chiese di ringraziare il Signore ed invocare la Sua benedizione sopra i cibi. Dopo che ebbi reso grazie per i doni che erano davanti a noi, egli disse piuttosto ironicamente: «Veramente non mi sembra tanto logico tutto questo, perché il pasto l'ho provveduto io». Come risposta gli chiedemmo: «Vi siete mai soffermato a pensare che se mancassero una sola volta la semina e la raccolta su tutta la terra, metà della popolazione morirebbe prima che arrivasse un'altra raccolta? Avete mai pensato che se la semina e la raccolta dovessero mancare per due anni di seguito su tutto il pianeta, ogni essere vivente morirebbe prima che arrivasse un'altra raccolta?».
Evidentemente sbalordito, egli ammise di non aver mai pensato ad una simile possibilità. Poi aggiungemmo che era in gravissimo errore, quando affermava che aveva fornito il cibo che ci stava davanti. Dio gli aveva dato la vita e la possibilità di guadagnarlo, Dio aveva messo la vita nel grano e negli animali che stavamo usando per cibarci; lui non avrebbe mai potuto fare tutto questo.
Gli dicemmo che era stato collaboratore di Dio, essendo entrato nella legge da Dio stabilita per provvedere ciò che ci occorre. Gli dicemmo ancora: «Se qualcuno vi desse qualche cosa, voi direste: "Grazie!". E se i doni venissero ripetuti due o tre volte al giorno, voi direste ogni volta: "Grazie"». Egli ne convenne. «Ora comprenderete perché diciamo a Dio, ogni volta che riceviamo le Sue benedizioni: "Grazie!"». Al che egli esclamò: «Questa è solo questione di educazione, per non dire che bisogna essere intelligentemente riconoscenti!».
Per alcuni l'esistenza del male e della sofferenza costituisce un ostacolo a credere nella bontà di Dio. «Perché un Dio d'amore ha creato un mondo nel quale vi è tanta sofferenza?», domandano. Le seguenti considerazioni possono gettare un po' di luce sul problema.
1. Dio non è responsabile del male. Se un operaio trascurato gettasse della sabbia in una macchina delicata, dovrebbe esserne ritenuto responsabile il fabbricante? Iddio ha fatto ogni cosa buona, ma l'uomo ha rovinato l'opera Sua; togliete dalla sofferenza del mondo tutto quello che è dovuto al peccato volontario dell'uomo e vedrete che cosa resterà.
2. Essendo Iddio onnipotente, il male esiste con il Suo permesso. Noi non possiamo, in ogni caso, comprendere perché Egli permette il male, poiché «le Sue vie sono incomprensibili» (Romani 11:33); a colui che eccede nello speculare Egli dice: «Che t'importa? Tu seguimi!» (Giovanni 21:22). Possiamo però comprendere le Sue vie abbastanza per sapere che Egli non sbaglia. Stevenson, il noto scrittore affermò:
Se nella mia piccolezza, guardando con i miei occhi miopi sopra l'infima parte di una frazione dell'universo, pur percepisco nel mio destino le prove frazionate di un piano ed i segni di una bontà che tutto guida, sarò così sciocco da lamentarmi che non posso decifrare tutto? Non mi meraviglierò, piuttosto, con un'infinita e grande sorpresa che, in uno schema così vasto, sembra che io sia stato capace di leggere anche soltanto un poco e quel poco sia incoraggiante alla fede?
3. Dio è così grande che può governare il bene e il male; ricordate come Egli utilizzò l'empietà dei fratelli di Giuseppe, l'empietà di Faraone, di Erode e di quelli che rigettarono e crocifissero Cristo. Disse bene un antico studioso che:
Dio Onnipotente non avrebbe mai permesso che il male si intromettesse nelle Sue opere, se non fosse stato così onnipotente e buono da ricavare il bene anche dal male.
Molti cristiani sono usciti dal fuoco della sofferenza con il carattere purificato e la fede fortificata: la sofferenza li ha stretti al seno di Dio la fede è stata la moneta con la quale hanno comprato il carattere purificato con il fuoco.
4. Dio ha organizzato l'universo secondo leggi naturali e queste leggi implicano la possibilità di disgrazie. Ad esempio, se una persona, per disattenzione o deliberatamente, si getta in un precipizio, subisce le conseguenze della violazione della legge di gravità. Ma pure siamo contenti di queste leggi, perché sono necessarie.
5. Si dovrebbe sempre ricordare che quello attuale non è l'ordine perfetto delle cose: Dio, in un'epoca futura, renderà nuovo e perfetto il creato. Poiché Egli agisce secondo i Suoi disegni, che trascendono i limiti del tempo, non possiamo pensare che Egli ritardi, ché anzi nella Sua visione egli vendicherà i suoi "prestamente» (Luca 18:7,8). L'opera di Dio non può essere appieno compresa finché non cadrà il sipario sull'ultima scena del Dramma dei Secoli. Allora vedremo che «Egli ha fatto ogni cosa bene».
IV. LA TRINITÀ DI DIO
1. Esposizione della dottrina
2. Definizione della dottrina
3. Prove della dottrina
4. Illustrazioni della dottrina
1. Esposizione della dottrina
Le Scritture insegnano che Dio è Uno e che, all'infuori di Lui, non vi è altra divinità. Può sorgere la domanda: «Come poteva Dio avere comunione con qualcuno prima che venissero in esistenza le creature finite?». La risposta è che l'Unità divina è un'unità composta, e che in questa unità vi sono realmente Tre Persone distinte, Ognuna delle quali è la Divinità pur essendo supremamente cosciente delle altre Due. Pertanto vediamo che vi è stata una comunione eterna prima che fosse creata qualsiasi creatura finita; quindi Dio non è mai stato solo.
Non che vi siano tre dèi, ognuno dei quali sia indipendente ed esistente in se stesso, ma i Tre cooperano con una sola mente ed un solo scopo, cosicché, nel senso più vero della parola, sono «Uno». Il Padre crea, il Figliuolo redime, lo Spirito Santo santifica; ma pure in ognuna di queste operazioni i Tre sono presenti. Il Padre è preminentemente Creatore, ma il Figliuolo e lo Spirito Santo vengono descritti come cooperatori in quest'opera. Tl figliuolo è preminentemente Redentore, ma pure Dio Padre e lo Spirito Santo vengono descritti come cooperatori in quest'opera, come Coloro che mandano il Figliuolo a redimere. Lo Spirito Santo è il Santificatore, ma pure il Padre e il Figlio cooperano in quest'opera.
La Trinità è una comunione eterna e l'opera della redenzione dell'uomo rappresenta la Sua manifestazione storica. Il Figliuolo entrò nel mondo in un modo nuovo quando prese su di Sé a natura umana e ricevette un nome nuovo, Gesù; lo Spirito Santo entrò nel mondo in un modo nuovo, cioè come lo Spirito di Cristo presente nella Chiesa. quando Cristo ebbe compiuto la Sua opera sulla terra. Anche durante questa manifestazione tutt'e Tre lavorarono assieme: il Padre testimoniò del Figliuolo (Matteo 3:17); il Figliuolo testimoniò del Padre (Giovanni 5:19) e dello Spirito Santo (Giovanni 14:26); più tardi lo Spirito testimoniò del Figliuolo (Giovanni 15:26).
Sembra difficile comprendere tutto questo? Come potrebbe essere altrimenti, dal momento che tentiamo di descrivere la vita intima di Dio? La dottrina della Trinità è una dottrina chiaramente rivelata e non concepita dal ragionamento umano. In qual altro modo avremmo potuto apprendere alcunché della natura interiore di Dio se non attraverso la rivelazione? (I Corinzi 2:16). È vero che la parola «Trinità» non compare nel Nuovo Testamento: è un'espressione teologica, coniata nel secondo secolo, per descrivere la Divinità; ma il pianeta Giove esisteva anche prima che fosse chiamato così e la dottrina della Trinità era nella Bibbia prima che fosse tecnicamente chiamata «Trinità».
2. Definizione della dottrina
Si può facilmente comprendere come la dottrina della Trinità sia stata qualche volta mal compresa e citata a sproposito. Era molto difficile trovare dei termini umani con i quali esprimere l'unità della Divinità e allo stesso tempo la realtà e la distinzione delle Persone. Con l'insistere sulla realtà della Deità di Cristo e della personalità dello Spirito Santo certi teologi o studiosi di dottrina, rischiarono di cadere nel Trideismo, cioè nella concezione di tre Dèi. Altri teologi, insistendo sull'unità di Dio, caddero nell'errore di dimenticare la distinzione delle Persone. Quest'ultimo errore è comunemente conosciuto come Sabellianismo, dal vescovo Sabellius il quale insegnò che il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo erano semplicemente tre aspetti o manifestazioni di Dio. Questo errore è apparso molte volte nella storia della Chiesa ed è comune anche oggi.
Tale dottrina non è scritturale ed è esclusa dalla chiara distinzione segnata nelle Scritture fra il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo. Il Padre ama e manda il Figliuolo; il Figliuolo si diparte e ritorna al Padre. Tl Padre e il Figliuolo mandano lo Spirito Santo; lo Spirito Santo intercede presso il Padre. Allora se il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo sono soltanto Dio sotto differenti aspetti o nomi, il Nuovo Testamento è solo una grande confusione. Per esempio, se leggiamo la preghiera di intercessione (Giovanni 17) pensando che il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo sono una sola Persona, ci apparirà evidente l'assurdità di questa teoria: «Poiché Io mi sono dato podestà sopra ogni carne, onde Io dia vita eterna a tutti coloro che mi sono dato... Io ho glorificato Me stesso sulla terra; Io ho finito l'opera che Io mi sono data a fare. Ed ora Io glorifico Me stesso con la gloria che ho avuto con Me avanti che il mondo fosse».
Come è stata preservata la dottrina della Trinità dal duplice pericolo di cadere nelle false concezioni dell'Unità (Sabellianismo) o della Trinità (Trideismo)? Con la formulazione dei Dogmi, cioè interpretazioni che definiscono la dottrina e la «recingono» contro gli errori. Il seguente esempio di dogma si trova nel credo di Atanasio, formulato durante il quarto secolo:
Noi adoriamo un Dio in trinità, e trinità in unità. Senza confondere le persone, né separare la sostanza. Perché la persona del Padre è una, quella del Figliuolo un'altra, e quella dello Spirito Santo un'altra. Ma nel Padre, nel Figliuolo e nello Spirito Santo vi è una divinità, eguale gloria e maestà coeterna. Ciò che è il Padre, lo stesso è il Figliuolo e lo Spirito Santo. Il Padre non è stato creato, il Figliuolo non è stato creato e lo Spirito Santo non è stato creato. Il Padre è immenso, il Figliuolo è immenso e lo Spirito Santo è immenso. Il Padre è eterno, il Figliuolo è eterno e lo Spirito Santo è eterno. Ma pure non vi sono tre eterni, ma un eterno. Così non vi sono tre (esseri) non creati, né tre immensi, ma un essere non creato e un immenso. Allo stesso modo, il Padre è onnipotente, il Figliuolo è onnipotente, lo Spirito Santo è onnipotente. Eppure non vi sono tre onnipotenti, ma un onnipotente. Pertanto il Padre è Dio, il Figliuolo è Dio, lo Spirito Santo è Dio. Eppure non vi sono tre Dèi, ma un Dio. Pertanto il Padre è Signore, il Figliuolo è Signore e lo Spirito Santo è Signore. Ma pure non vi sono tre Signori, ma un Signore. Noi siamo, quindi, obbligati dalla verità cristiana a confessare che ogni persona, separatamente, è Dio e Signore; così ci viene proibito di dire che vi sono tre Dèi o Signori. Il Padre non è stato fatto da nessuno, né creato, né generato; il Figliuolo è dal Padre solamente, né fatto, né creato, ma generato. Lo Spirito Santo è dal Padre e dal Figliuolo, né fatto, né creato, né generato, ma procedente. Pertanto vi è un Padre e non tre Padri, un Figliuolo e non tre Figliuoli, uno Spirito Santo e non tre Spiriti Santi. E in questa trinità non vi è né primo, né ultimo; niente di maggiore o di minore. Ma tutte e tre le coeterne persone sono coeguali fra loro; cosicché, attraverso tutte, come è detto più sopra, deve essere adorata sia l'unità della trinità, che la trinità nell'unità.
Questa esposizione può apparire arida, imbrogliata e tale da farci cercare il pelo nell'uovo, ma allora fu un mezzo efficace per preservare l'esposizione corretta di verità che erano preziose e vitali per la Chiesa.
3. Prove della dottrina
Poiché la vera dottrina riguarda la natura intima della Trinità, non avrebbe potuto essere conosciuta se non attraverso la rivelazione. Tale rivelazione si trova nelle Scritture.
a. Nell'Antico Testamento
b. Nel Nuovo Testamento
a. Nell'Antico Testamento
L'Antico Testamento non insegna chiaramente e direttamente la Trinità e la ragione è evidente. In un mondo nel quale era comune l'adorazione di molti dèi, era necessario imprimere in Israele il concetto che Dio era Uno e che non ve n'era nessun'altro. Se la Trinità fosse stata direttamente insegnata dal principio, avrebbe potuto essere compresa e interpretata male.
Tuttavia, anche se non viene esplicitamente menzionata, la dottrina della Trinità nell'Antico Testamento si può vedere in germe. Ogni volta che un ebreo pronunciava il nome di Dio (Elohim), in realtà egli diceva «Dèi», perché la parola è al plurale ed a volte in ebraico viene usata con l'aggettivo al plurale (Giosuè 24:18,19) e con il verbo al plurale (Genesi 35:7).
Immaginiamo un ebreo devoto ed illuminato che ponderi il fatto che Yahwê(h) è Uno eppure è Elohim, ossia «Dèi». Si può logicamente immaginare che egli concluda che vi sia una pluralità di persone in quel Dio Uno. Paolo l'apostolo non cessò mai di credere nell'unità di Dio, come era stato ammaestrato fin dalla sua giovinezza (I Timoteo 2:5; I Corinzi 8:4); infatti egli insisteva che non aveva insegnato altre cose, all'infuori di quelle che si trovano nella Legge e nei Profeti. Il suo Dio era l'Iddio di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe Ma pure egli predica la deità di Cristo (Filippesi 2:6-8; I Timoteo 3:16) e la personalità dello Spirito Santo (Efesini 4:30) e mette le tre Persone insieme nella benedizione apostolica (II Corinzi 13:13).
Ogni membro della Trinità viene menzionato nell'Antico Testamento:
1. Il Padre (Isaia 63:16; Malachia 2:10).
2. Il Figliuolo di Yahwê(h) (Salmo 45:6,7; Salmo 2:6,7,12; Proverbi 30:4). Il Messia viene definito con titoli divini (Geremia 23:5,6; Isaia 9:5). È fatta menzione del misterioso Angelo di Yahwê(h), che porta il nome di Dio ed ha potenza di rimettere e di ritenere i peccati (Esodo 23:20,21).
3. Lo Spirito Santo (Genesi 1:2; Isaia 11:2,3; Isaia 48:16; Isaia 61:1; Isaia 63:10).
Riferimenti alla Trinità sono stati visti nella triplice benedizione di Numeri 6:24-26 e nella triplice Dossologia di Isaia 6:3.
b. Nel Nuovo Testamento
I primi cristiani avevano per fondamento della loro fede l'unicità di Dio: sia i Giudei che i cristiani potevano testimoniare: «Noi crediamo in un solo Dio». Ma, allo stesso tempo, avevano le chiare parole di Gesù che provavano come Egli si attribuiva una posizione ed un'autorità, che sarebbe stato blasfemo da parte Sua ascriversi se non fosse stato Dio. Gli scrittori del Nuovo Testamento, riferendosi a Gesù, usavano termini che indicavano il fatto che essi Lo riconoscevano come «sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno» (Romani 9:5). E l'esperienza spirituale dei cristiani appoggiava e rafforzava queste affermazioni, perché quando conoscevano Gesù Lo conoscevano come Dio.
La stessa cosa si può dire per lo Spirito Santo. I cristiani primitivi non potevano credere che lo Spirito Santo, che abitava in loro, li ammaestrava, li guidava e li ispirava a vivere una vita nuova, fosse una semplice influenza o sensazione; per loro era un Essere che potevano conoscere e con il quale l'anima loro poteva avere una vera comunione. Inoltre, quando si rivolgevano al Nuovo Testamento, trovavano che Egli veniva descritto come avente gli attributi della personalità.
Pertanto la Chiesa del tempo apostolico si trovò di fronte a due fatti: che Dio è Uno e che il Padre è Dio, il Figliuolo è Dio e lo Spirito Santo è Dio. Questi due grandi fatti relativi a Dio costituiscono la dottrina della Trinità. Dio Padre era una realtà, per i cristiani primitivi, come lo era il Figliuolo e lo Spirito Santo. La sola conclusione che si poteva trarre da questi fatti era che nella Divinità vi è una vera, ma misteriosa distinzione di Persone, distinzione che si manifestò nell'opera divina per la redenzione dell'uomo.
Diversi passi del Nuovo Testamento fanno menzione delle Tre Persone Divine (cfr. Matteo 3:16,17; Matteo 28:19; Giovanni 14:16,17,26; Giovanni 15:26; II Corinzi 13:13; Galati 4:6; Efesini 2:18; II Tessalonicesi 3:5; I Pietro 1:2; Efesini 1:3,13; Ebrei 9:14).
Confrontando i versetti di diverse patti delle Scritture si scopre che:
1. Ognuna delle tre Persone è Creatrice, sebbene sia affermato che vi è un solo Creatore (Giobbe 33:4 ed Isaia 44:24).
2. Ognuna è chiamata Yahwê(h) (Deuteronomio 6:4; Geremia 23:6; Ezechiele 8:1), il Signore (Romani 10:12; Luca 2:11; II Corinzi 3:18), l'Iddio di Israele (Matteo 15:31; Luca 1:16,17; II Samuele 23:2,3), il Legislatore (Romani 7:25; Galati 6:8; Romani 8:2; Giacomo 4:12), l'Onnipresente (Geremia 23:24; Efesini 1:22; Salmo 139:7,8) e la Sorgente della Vita (Deuteronomio 30:20; Colossesi 3:4; Romani 8:10). Ma pure è affermato che vi è un solo Essere che si può definire in tali modi.
3. Ognuno di essi creò l'umanità (Salmo 100:3; Giovanni 1:3; Giobbe 33:4), risuscita i morti (Giovanni 5:21; Giovanni 6:44), risuscitò Cristo (I Corinzi 6:14; Giovanni 2:19; I Pietro 3:18), delega al ministerio (II Corinzi 3:5; I Timoteo 1:12; Atti 20:28), santifica il popolo di Dio (Giuda 1:1; Ebrei 2:11; Romani 15:16), compie tutte le operazioni spirituali (I Corinzi 12:6; Colossesi 3:11; I Corinzi 12:11). Ma pure è chiaro che solo Dio è capace di queste cose.
4. Illustrazioni della dottrina
Come possono tre Persone essere un solo Dio? È una domanda a cui molti vorrebbero poter rispondere. Noi non ci meravigliamo della loro perplessità perché, nel considerare la natura intima dell'Iddio eterno, ci troviamo di fronte ad una forma di esistenza molto diversa dalla nostra. Il Dott. Peter Green scrive:
Supponiamo che un essere non terrestre, una specie di angelo o un marziano che non ha mai visto un essere vivente, venga sulla terra: gli riuscirebbe difficile comprendere il mirabile fenomeno della crescita degli esseri viventi. Egli potrebbe comprendere facilmente come qualcosa cresca, per così dire, dall'esterno: come, ad esempio, un mucchio di pietre aumenti sempre man mano che vengono ammucchiate altre pietre. Ma gli sarebbe sicuramente molto difficile comprendere come una cosa possa crescere, per così dire, dall'interno e da sola, gli sarebbe assai difficile afferrare l'idea dello sviluppo. Se è impaziente e non disposto ad essere ammaestrato, quasi certamente non riuscirà mai a comprenderlo.
Ora supponiamo che questo stesso strano essere, dopo aver appreso qualche cosa sulla vita e la crescita così come è manifestata negli alberi e nelle piante, venga iniziato ad un nuovo fatto, e cioè a quello dell'intelligenza manifestata negli animali nobili. Come gli riuscirebbe difficile comprendere che cosa si intende per piacere e non piacere, per scegliere e rifiutare, per aver conoscenza ed essere ignoranti! Se è difficile comprendere la vita, è molto più difficile comprendere la mente. Anche qui gli occorrerebbe essere umile, paziente e pronto a ricevere l'ammaestramento per poter afferrare queste idee. Ma non appena egli cominci a comprendere che cosa si intende per mente e come questa opera, dovrebbe sforzarsi di comprendere qualche altra cosa più elevata ancora della mente, che troviamo negli esseri umani. Anche qui si troverebbe davanti a qualche cosa di nuovo, di strano, che non si potrebbe spiegare facendo riferimento a qualche altra cosa che egli conosca già. Quindi egli dovrebbe essere, di nuovo, attento umile e disposto a ricevere l'ammaestramento.
Pertanto il nostro angelo o marziano deve aspettarsi, e anche noi ci dobbiamo aspettare, che quando dal considerare la natura dell'uomo passiamo a considerare la natura di Dio, ci troviamo di fronte a qualche cosa di nuovo.
Vi è un metodo per il quale anche le verità che sono molto al di sopra del raziocinio umano possono, in un certo senso, essere rese intelligibili alla ragione. Ci riferiamo all'uso delle illustrazioni e delle analogie. Ma queste devono essere usate con precauzione e non si deve insistere troppo su di esse. «Ogni paragone zoppica», disse un antico saggio greco. Nel migliore dei casi, essi sono imperfetti e inadeguati; possono essere paragonati a piccole lampade portatili, che ci aiutano a farci un'idea di quelle verità troppo vaste per essere pienamente comprese.
Le illustrazioni sulla Trinità possono essere prese da tre fonti: la natura, la personalità umana e le relazioni umane.
a. La natura
Fornisce molte analogie:
1. L'acqua è una, ma è conosciuta in tre forme: acqua, ghiaccio e neve.
2. Vi è un'elettricità, ma in un tram essa opera come moto, luce e calore.
3. Il sole è uno, ma si manifesta come luce, calore e fuoco.
4. Quando Patrizio evangelizzava l'Irlanda illustrò la dottrina della Trinità con un trifoglio.
5. È stato spiegato che ogni raggio di luce è diviso in tre raggi: il primo, l'attinico, che è invisibile; il secondo, il lumifero, che è visibile; il terzo, il calorifero, che dà calore e si sente, ma non si vede. Dove sono questi tre raggi vi è luce e dove c'è luce vi sono questi tre raggi. Giovanni Apostolo disse: «Dio è luce». Dio Padre è invisibile, divenne visibile nel Suo Figliuolo; il Figliuolo è operante nel mondo attraverso lo Spirito, che è invisibile, ma esistente.
6. Tre candele in una stanza daranno una sola luce.
7. Un triangolo ha tre lati e tre angoli; togliete un lato ed esso non sarà più un triangolo. Dove sono tre angoli vi è un triangolo.
b. La personalità umana
1. Dio disse: «Facciamo l'uomo alla nostra immagine e a nostra somiglianza» (Genesi 1:26). L'uomo è uno ma è tripartito, consistendo di spirito, anima e corpo.
2. La coscienza umana fa rilevare delle divisioni nella personalità. Non ci è avvenuto a volte di avvederci che stavamo ragionando con noi stessi, oppure che stavamo ascoltando una conversazione in noi? Io parlo a me stesso e ascolto me stesso parlando a me stesso!
c. La relazione
1. Dio è amore. Egli ha amato eternamente. Ma l'amore ha bisogno di un oggetto da amare; essendo eterno, Dio deve aver avuto un oggetto eterno da amare, cioè il Suo Figliuolo. L'eterno Amante e l'eterno Diletto! L'eterno legame e scaturigine di quell'amore è lo Spirito Santo.
2. Il nostro Stato è uno ma formato da tre poteri: legislativo, giudiziario ed esecutivo.

Esempio