Apparire ed essere

Materie:Tesina
Categoria:Multidisciplinare
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Testo

Apparire ed essere
Tesina pluridisciplinare
A cura di Marco A.
Motivazione
Prima di cominciare mi preme motivare questa scelta.
Sono stato colpito dal pensiero di Pirandello, e ho cercato di rapportarlo ai giorni nostri, rendendomi conto di come fosse sempre più moderno, in quanto egli basa il suo pensiero tra il contrasto tra Vita e Forma, maschera e volto, apparire ed essere, contrasto che oggi viene accentuato dalla tecnologia che, sostituendo alla nostra realtà un’altra virtuale ci propone una realtà fittizia che troppo spesso prende il posto di quella reale. Si sa che spesso il “tele-venditore” che illustra un prodotto come pressoché perfetto ed i media che propongono dei modelli laccati di simpatia e sfavillio, mostrano realtà apparenti per lo più vuote.
E’ la stessa televisione che usando unicamente immagini per proporti delle realtà, è più facilitata ad ingannarti proponendoti personaggi che vorresti raggiungere, oggetti che vorresti avere e situazioni in cui ti vorresti trovare, ponendo dentro di te una bramosità di desiderio ed aspirazione d’essere.
Non potendo realizzare questa aspirazione irrealizzabile perché caduca, l’uomo s’accontenta d’apparire agli agli come si vorrebbe essere, dando l’impressione, almeno agli altri, d’essere così. Fino a quando, i più bramosi decidono di cambiare i propri tratti semantici, decidendo di plasmare anche il loro corpo (oltre al comportamento) per tendere a quel modello di bellezza e simpatia che si legge su Novella 2000 o si vede nei Tg rosa.
Ma è lo stesso bisogno che spinge l’uomo alla socialità che costringe lo stesso a darsi regole sociali e morali, da rispettare come un copione dove tutti recitano un ruolo che si acquisisce per volontà o per costrizione.Tutti ci ritroviamo condizionati a recitare, per non stonare in un contesto armonioso già scritto dal conformismo e a proporre delle apparenze che, diciamolo francamente, ingannano, ma che sono sempre più facili da sovrapporre a genuinità.
La cosa più brutta è sentirsi soffocati dai nostri ruoli ma allo stesso tempo non avere il coraggio di contraddirli, fino ad identificarci con essi, alienandoci da ciò che siamo. Ci vuole forza di carattere a farsi vedere per quello che si è: piccoli, spesso spaventati dalle circostanze, insicuri, titubanti, ma anche spontanei, a volte ingenui.
Se solo ognuno di noi non desse tanta importanza alle convenzioni sociali forse salveremmo almeno i nostri rapporti personali, anch’essi viziati dalla volontà d’apparire
Tutto ciò sembra essere una rassegnazione dell’uomo ad apparire invece che ad essere, forse perché il nostro essere è troppo complicato anche per noi, infatti ci sono domande sull’esistenza in cui non troviamo ancora risposta (chi siamo?), allora, per non impazzire ripiegandoci su noi stessi, decidiamo di intraprendere una vita tesa all’apparire.
Per quanto sia impossibile non apparire, l’uomo dovrebbe anche prendere coscienza del proprio essere, ed è appunto per questo che l’uomo si trova dinanzi ad un bivio: da una parte farsi inglobare dalla società delle apparenze e diventarne leone, dall’altra continuare da soli nella ricerca della propria esistenza escludendosi dalla socialità.
Questi due stili di vita sono nettamente separati, anzi in continua opposizione, e, non ne è possibile una sintesi, perché non c’è un punto di convergenza, e non esiste nessun momento di superamento che includa entrambe. Sono semplicemente: tesi e antitesi, due diverse possibilità di realizzazione del l’uomo sulla terra, in eterna contraddizione e in eterna lotta. L’unica soluzione fra le due e che una caschi o muoia nell’altra, in modo che una coincida nell’altra.
Per questo, ho riportato, sempre in rapporto tesi\antitesi, fortissimi tendenze all’apparire e all’esssere della storia: L’estetismo e il Dannunzianesimo e l’esistenzialismo.
Comincio però illustrando come il pensiero dello stesso Pirandello che ha basato il suo pensiero sul rapporto forma e vita, apparire ed essere, maschera e volto e, mi consentirà di APRIRE IL DUALISMO E MOSTRARE L’OPPOSIZIONE tra questi due aspetti.
Prima di Pirandello è stato però un meno noto autore ad aprire il dilemma tra questi due aspetti, da cui Pirandello prenderà spunto, questo è Luigi Chiarelli con la sua commedia.
La Maschera ed il Volto
La maschera e il volto di Luigi Chiarelli.
Dovendo cominciare con Pirandello, mi preme parlare di una commedia che ha ispirato le sue opere.
Questa commedia, di Luigi Chiarelli, s’intitola “La maschera e il volto” e, non solo ha dato fortuna a Pirandello ma aperto anche le porte per il teatro grottesco, corrente molto innovativa in quanto mette fine alle grandi tragedie dannunziane, prende in giro tutta la società borghese, come già era stato per i futuristi, introducendo inoltre un punto di vista più introspettivo dei personaggi.
Il teatro grottesco è definito come un genere composto da un intreccio in cui sono contemporaneamente presenti: paradosso, cinismo, dramma e ironia
Questo si presenta come il terzo momento del teatro italiano nel Novecento iniziato con le tragedie dannunziane appunto, passando per il teatro futurista, fino ad arrivare al teatro grottesco.
Esso si premette inoltre di scardinare la tradizione borghese, capovolgendone i suoi punti fondamentali (ad es. il lietofine), costruendo situazioni tipiche del teatro borghese rappresentandone le relazioni sociali ed i conflitti morali come un gioco di forme insieme patetico e comico in cui si dibattono personaggi-maschera.
I maggiori esponenti di questo periodo oltre Luigi Chiarelli sono: Rosso Sansecondo con “Marionette che passione”, Luigi Antonelli con “L’uomo che incontrò se stesso” ed Enrico Cavacchioli con “L’uccello del Paradiso”.
Tutti gli autori del grottesco trassero ispirazione da quel particolare stato di crisi morale e culturale che investì l’Italia nel dopoguerra, mostrandone gli effetti e smascherando la falsità di una società che avendo smarrito ogni valore e certezza, essendosi resi conto inoltre che la guerra non era quella definita dai futuristi come “igiene del mondo” ma era una catastrofe irreparabile, si sforzava di nascondere il cinismo, l’ipocrisia, la corruzione dietro una facciata perbenista.
Esisteva ormai una profonda frattura tra apparenza e realtà, tra principi ed azioni, tutti giocavano con se stessi per mostrarsi diversi da quelli che realmente erano.
Gli autori del grottesco provarono togliere questa maschera e ne venne fuori una società smidollata e disposta ad ogni sorta di compromesso pur di salvaguardarne l’onore.
Era questo il vero quadro della società di allora: acre e pungente, comico e drammatico, grottesco appunto.
La maschera e il volto:
• La trama.
Il conte Paolo di Grazia durante una serata con amici nella sua villa sul lago di Como, dichiara che egli non esiterebbe ad uccidere la moglie se questa lo tradisse.
La sera stessa egli scopre davanti a tutti i suoi ospiti che lei lo tradisce veramente.
Ora il conte per non potendo tradire quanto detto, ma allo stesso tempo non avendo il coraggio di ucciderla, impone alla moglie di cambiare nome e segretamente la fa scappare di casa, fingendo agli amici d’averla uccisa.
Paolo dovendo sostenere il processo viene assolto per delitto ad onore e così esce dal carcere e torna a casa accolto come un vero trionfatore.Un giorno però, nelle acque del lago viene trovato un corpo di donna e tutti stranamente lo riconoscono come quello di Savina(moglie del conte), così è costretto a preparare in suo onore un solenne funerale.
Ma improvvisamente durante la cerimonia, ricompare Savina ed il conte è costretto, caduta la maschera, a riconciliarsi con la moglie ed a scappare con la moglie per non essere arrestato come simulatore di reato.
• La morale
Nessuno può illudersi di giocare con i propri sentimenti: la faccia si perde proprio quando vogliamo imporci un comportamento che va al di là delle nostre forze. Paolo invece per paura del ridicolo per la parola non rispettata, decide di indossare la maschera di finto assassino; e qui sta il paradosso fra conformismo ed istinto, perché l’agire secondo canoni o “formule” (come dice il conte), aliena l’uomo da quello che realmente è, e Paolo è un uomo debole e fragile.
Paradossale è poi il punto in cui deve essere arrestato per simulazione di omicidio, in cui il conte dice: “ma come l’ho uccisa e mi assolvono, non l’ho uccisa e mi arrestano” che sta a testimoniare come la società fosse comandata da leggi etiche che non dessero possibilità all’uomo di esprimersi con sincerità.
Ritornando al teatro grottesco si ritrova l’influenza del futurismo, ad esempio nella commedia del Chiarelli, proprio nel momento del funerale, riappare, come rinata, Savina, cioè come per i futuristi, nella morte si ritrova un momento di rinascita.
Mentre sono pochi i tratti del futurismo riproposti dagli autori grotteschi, in Pirandello gli elementi ripresi dalla “maschera e il volto” sono diversi ed alquanto visibili.
L’esempio emblematico è il romanzo che diede grande successo a Pirandello: “il fu Mattia Pascal”, nel quale troviamo tratti simili come: il tradimento, la finta morte, il ritorno, lo specchio( Paolo si guarda allo specchio dividendosi in Paolo reale – Paolo uomo di parola) e la maschera che cade dopo un trauma.
Questo romanzo è una sintesi della prima parte del pensiero pirandelliano ed è più impegnativo rispetto alle prime novelle.
IL PENSIERO PIRANDELLIANO si forma sul rapporto dialettico tra vita e forma. Questo rapporto tra vita e forma si divide poi in un relativismo psicologico orizzontale e relativismo psicologico verticale, cioè il primo considera i rapporti con gli altri, il secondo il rapporto con te stesso-subconscio.
Il relativismo psicologico orizzontale
Quando nasciamo, ci troviamo inseriti per puro caso in una società precostituita, regolata da leggi, convenzioni, abitudini già fissate prima della nostra nascita.
Inseriti in questo contesto ci assegniamo una parte(maestro, avvocato, medico, prete), cioè ci fissiamo in una forma che, anche se contrasta con la nostra natura noi accettiamo per pigrizia e per convenienza.
A volte sotto la nostra forma, il nostro vero spirito freme, ma noi lo controlliamo per non urtare contro i pregiudizi della società ed anche perché questa forma è l’unico punto fermo.
A volte capita però che la nostra anima esploda violentemente, lasciando via libera al desiderio a lungo represso. E’ in questo momento che la maschera si spezza.
Ma non possiamo comunque rallegrarci in quanto una volta usciti dalla vecchia forma, in breve tempo il nuovo modo di vivere ci imprigiona in ‘altra forma, diversa dalla prima ma altrettanto soffocante.
Allora tanto vale tornare nella vecchia forma, ma questo diviene impossibile per il continuo mutare della realtà.
Quando l’uomo scopre queste verità, ci sono secondo Pirandello tre modi di reagire:
• La reazione passiva: è la reazione dei deboli, che rassegnandosi alla maschera per la delusione, dopo l’esplosione dell’anima, di una nuova maschera, sono incapaci di reagire e vivono come se fossero staccati da se. Questa è la reazione di Mattia Pascal alla fine del romanzo.
• La reazione ironico-umoristica: è la reazione di chi non si rassegna ma sa di non potersene liberare, decide di accettare il suo ruolo con un atteggiamento ironico, come accade nel “Giuoco delle parti”
• La reazione drammatica: è la reazione di chi né si rassegna né la vive umoristicamente. Sono coloro che si chiudono in una solitudine disperata che porta le persone-personaggi ai drammi, al suicidio ed alla pazzia, come è rappresentato in “Uno, nessuno e centomila”
Il relativismo psicologico verticale
Il disagio dell’uomo non deriva solo dall’urto con la società, ma anche dal continuo mutare e ribollire dello spirito, che non permette all’uomo di conoscere bene se stesso. Infatti dal nostro subconscio affiorano sempre nuovi sentimenti che rendono il nostro spirito sempre diverso (le continue mutazioni dello spirito sono esposte in una sua novella: “La trappola”).
Proprio per questo continuo divenire che l’uomo è uno, perché è quello che di volta in volta pensa di essere, è nessuno perché il suo continuo mutare non gli da il tempo di fissarsi in una personalità, è centomila perché ciascuno lo considera a suo modo e gli fa assumere tante forme.
Da ciò si arriva alla disgregazione della persona umana che costituisce il tema fondamentale del romanzo “Uno, nessuno e centomila”.
Nei due tipi di relativismo psicologico differiscono i due romanzi più importanti e famosi del Pirandello: orizzontale nel “Il fu Mattia Pascal” e verticale in“Uno, nessuno e centomila”
Tramite questi due romanzi Pirandello ci fa capire che:
• L’uomo non può fare a meno di una maschera che gli doni un ruolo o un apparenza
• E’ impossibile mostrarsi agli altri per quello che si è, perché quello che si è neanche noi stessi riusciamo a capirlo.
Ora, non potendo esentarci dall’apparire, converrebbe ad ognuno di noi crearsi una maschera che piaccia, che forse rifletti quello che sentiamo dentro, toglierci quella imposta dalla società e metterci quella che più ci piace, prendendo una piccola rivincita con la nostra assurda situazione di pupazzi.
Così, dalla volontà di apparire e colmare la lacuna del non poter mai essere, quelli che noi chiamiamo “trasgressivi” decidono di imporsi uno stile di vita, unico, stravagante, ma personalissimo che impiegano il proprio tempo unicamente nella ricerca dell’esteriorità.
Infatti se dobbiamo per forza apparire diversi da ciò che siamo, meglio apparire belli e perfetti o, almeno come ci piace, perché almeno il piacere addolcisce la vita.
Allora forse avevano ragione proprio quei personaggi che Pirandello ha tanto criticato, che non s’ interessavano delle cose importanti della vita ma solo delle esteriorità, della forma, dell’estetica, che hanno speso la loro vita creando arte immorale ed inutile al sociale, col solo scopo di imprimere le forme del piacere per comunicare questa sensazione a tutti.
La corrente simbolo di questa ricerca del bello è l’Estetismo.
Atteggiamento del gusto e del pensiero che, ponendo i valori estetici al vertice della vita spirituale, considera la vita stessa come ricerca e culto del bello, come creazione artistica dell'individuo; fa parte del più vasto fenomeno del decadentismo. L'estetismo è un rifiuto reazionario e sdegnoso della realtà, della democrazia. Agli occhi dell'esteta, l'arte è il solo valore autentico dell'esistenza; perciò egli costruisce la propria vita come un'opera d'arte; perennemente alla ricerca della bellezza, egli rigetta ogni considerazione morale, ogni dovere imposto dalla società umana. L'arte è l'unico rifugio, l'unica difesa dalla volgarità della vita normale.. La vita dell'intellettuale deve essere coinvolta nell'arte, farsi arte essa stessa. L’esteta uomo e letterato è una figura complessa e molto intrigante. Lo scrittore si propone, con ogni mezzo, di suscitare nel lettore emozioni rare, forti e sconvolgenti. La letteratura degna si distingue soprattutto in base alla forma: la parola poetica è una rivelazione delle energie interne e ha la funzione di eccitare l’animo del lettore, di accarezzare l’orecchio con la sua musicalità, di comunicare immagini attraverso il suono. Il verso, la rima, la ricercatezza stilistica sono spesso il fine stesso del comporre, che presuppone una sensibilità e un gusto del tutto eccezionali. Infatti la bellezza, per essere tale, è necessario il vizio, il ripugnante, l’orrido. Amare la vita significa renderla unica, perfetta, sovrumana, fino all’esasperazione delle perversioni sadiche che procurano l’estremo e crudele piacere.
Per l’edonista il piacere estetico e quello sensuale sono la realizzazione dell’uomo, ma pochissimi individui sono capaci di raggiungere l’ideale. Esteta non è colui che gode semplicemente delle situazioni della vita, ma chi è in continua ricerca di sensazioni ed esperienze L'esteta ha il compito di tendere alla raffinatezza, all'eroismo, alla gloria, ad un ideale supremo di bellezza; bellezza isolata, preziosa, ambigua, perversa e lussuriosa.
Riassumendo, dovendo racchiudere i punti essenziali di questo movimento, sono:
Il rifiuto della società e per tutte le cose “brutte”, individualismo, la ricerca del piacere, ricerca di un linguaggio perfetto e la concezione dell’arte solo come mezzo di piacere.
INGLESE: il filosofo esteta in Inghilterra è Walter Pater, ma il vero precursore pratico è Oscar Wilde, tipico Dandy inglese, ambiguo ed ironico, mandano e brillante vive tra l’aristocrazia ed i circoli Bohemiani , il loro motto è Art for Art’ Sake, ciò l’arte solo in funzione dell’arte e come culto del bello per salvare il nostro spirito. E’ appunto questa la conclusione del più importante lavoro di Wilde The picture of Dorian Gray, in cui propone personaggi esteti, cinici, amorali, insensibili, ambigui, e descrizioni di aree sensoriali, odori e suoni, tutto in un perfetto gusto estetico.
In Italia in questo periodo una vera e propria moda spopola nella Roma aristocratica e nella stessa Parigi, anch’essa infettata dal Dannunzianesimo. Questi atteggiamenti del D’annunzio influenzarono la vita Pratica, Letteraria e Politica degli Italiani.
Nella vita pratica, D’annunzio influenzò l’aristocrazia nei suoi atteggiamenti estetizzanti, narcisisti, edonistici ed immorali. Gli anni romani (1881-1891) vedono D’Annunzio astro nascente non solo del firmamento letterario, ma anche di quello mondano della capitale: un personaggio ricercato nei salotti dell’aristocrazia, nelle redazioni dei giornali, al centro di amori teatrali, duelli clamorosi, imprese sportive, che fanno notizia, scandalo e tanta pubblicità allo scrittore e alle sue opere, produttore letterario che ben conosce i prodotti preferiti dal pubblico ed è pronto a muovere incontro alle esigenze di mercato.
Grazie alla testimonianza di Tom Antognini, il suo stretto collaboratore, si sa che D’annunzio consumava mezzo litro di profumo al giorno, che cambiava le camicie almeno due volte al giorno ed erano sempre perfettamente stirate, continua dicendo che aveva un guardaroba con non meno di vestiti, vestiti da sport, da sera, da mattina e da pomeriggio, pellicce, soprabiti ed uniforme militari.
Per quanto riguarda il suo ruolo d’amatore Isadora Duncan ci dice che D’annunzio è l’amante più meraviglioso del nostro tempo, nonostante fosse piccolo e calvo ed avesse l’alito cattivo, quando parla ad una donna , è simile al serpente che parlò ad Eva nel Paradiso, adulatore di primo ordine egli da l’impressione a ciascuna donna l’impressione che essa sia al centro dell’universo.
Nella vita letteraria, con i suoi virtuosismi stilistici e lessicali diventò il modello di tanti poeti del suo tempo. Nella primavera del 1910 Gabriele D’annunzio partiva per Parigi, egli fu accolto come un eroe e per un po’ di tempo scrisse in francese, ottenendo la stima dei più celebri artisti francesi, come Anatole France che di lui disse un giorno:- Doveva venire un poeta dall’Italia per insegnarci a scrivere in francese-. Egli sceglie la parola più per il suo valore evocativo e musicale che per il suo significato logico, come vediamo nel Piacere prima, nell’Alcyone poi.
Nella vita politica, Gabriele D'Annunzio divenne un personaggio di primo piano nella nostra storia nazionale per la sua azione favorevole all'intervento italiano nella prima guerra mondiale: Il celebre discorso La sagra dei mille, pronunciato sullo scoglio di Quarto il 5 maggio 1915, fu come una scintilla che percorse tutta l'Italia ed infiammò i giovani alla lotta. Quando l'Italia entrò in guerra, D'annunzio aveva 52 anni, ma partecipò alla lotta prima fra i Lancieri di Novara, poi in marina e quindi in aviazione. Compì molte imprese eccezionali, dalla beffa di Buccari al volo su Vienna. Alla fine della guerra non fu soddisfatto della cessione di Fiume alla Jugoslavia e perciò occupò la città dalmata costituendovi un governo. Influenzò il fascismo al quale il dannunzianesimo fornì schemi delle celebrazioni esteriori, dei discorsi reboanti e vuoti, l’uso del gagliardetto, la teatralità dei gesti, nonché il saluto col braccio alzato, il grido alalà. Ma esso non fornì soltanto gli schemi esteriori ma gli lasciò anche le eredità più nefaste come il disprezzo per l’umile, l’improvvisazione, la sottovalutazione ed il disprezzo per gli avversari.
Storia
Importanza d’apparire diverso da com’era, aiutò non poco Mussolini nel diventare capo del governo, anzi della dittatura, la sua ambiguità deriva dalla sua volontà di conquistare il potere, così egli, come conveniva mutava i suoi piani politici.
I trascorsi politici di Mussolini lo vedono militante nelle file socialiste, neutralista ed interventista a seconda dell’opportunità politica, ed infine, dopo la guerra, sempre più ostile ai socialisti e vicino ai nazionalisti.
Creato il movimento fascista, egli formò anche un piano politico, il programma di San Sepolcro, programma alquanto ambiguo ma che puntava essenzialmente al decentramento ed alla diminuzione del potere degli aristocratici e degli industriali, a vantaggio della media borghesia e del proletariato.
Già quando il movimento divenne partito si ebbero primi rovesciamenti di pensiero, in quanto il suo “movimento d’azione” accettava con logicità il trattato di Rapallo, a discapito dei piani dannunziani.
Mussolini aveva capito che il potere doveva essere acquisito con la legalità e così decise di battere il chiodo sulla controrivoluzione socialista, che gli diede l’appoggio inoltre dell’alta borghesia.
Ma le più grandi incoerenze si ebbero al momento della dittatura fascista, con la volontà di pace di Mussolini, acquisita tramite gli squadristi, e le corporazioni che tolsero la voce alle libertà dei lavoratori tanto esaltate nel San Sepolcro.
Latino
Altro esempio storico, di come le apparenze servano in politica lo abbiamo nell’età di Traiano.
Infatti dopo la morte di Domiziano, lo stesso Tacito era convinto che Traiano fosse un imperator tollerante ed illuminato.Anche se in effetti gli intellettuali si sentirono più liberi d’esprimersi, in realtà la liberats era elargita sempre dal princeps ai suoi sudditi e non era ancora un bene acquisito col diritto dei cittadini.
All’inizio gli intellettuali ottimisti per la libertas, elogiavano il nuovo principe come nelle Historiae di Tacito e nel Panegirico a Traiano di Plinio il Giovane.
Ma col tempo le considerazioni di Tacito e degli altri intellettuali del tempo su Traiano mutarono profondamente, infatti, egli si era promesso, al momento delle Historiae di voler raccontare anche i principati di Nerva e Traiano, promessa che non mantenne perché s’era reso conto di come l’età illuminata di Traiano fosse solo una menzogna, e di come la libertas non fosse stata per nulla elargita. Perciò egli intraprese la stesura degli Annales in cui si promise di ricercare la causa remota di questa crisi, di cui Augusto sarà grande colpevole.
Fino ad ora abbiamo visto come apparire non sia solo “un modo d’essere”, ma sia anche un mezzo astuto per ingannare e per sopravalutarsi.
Nei certi casi questo è un vero e proprio modo di vivere, fino a diventare una filosofia o un continuo tendere in funzione di essa, in altri l’apparenza non è fine a sé ma è all’utilizzo della convenienza.
Ma l’uomo che vuole vivere con coscienza si deve porre quelle domande che sono tanto vecchie quanto irrispondibili, perché ricalcano il dubbio, la giustificazione e l’essenza del nostro essere.
FILOSOFIA
Filosofia che tende a tutto ciò è L’ESISTENZIALISMO: questa filosofia tende a riaffermare non tanto i grandi sistemi spirituali e sociali, ma la modesta realtà dell'individuo limitato, fragile, che sa di "esistere". L'uomo si sente smarrito, in uno stato problematico.. Apparentemente sarebbe più semplice seguire la massa, vivere gli schemi sociali, ma questa è una vita anonima, inautentica, alienata. L'uomo, invece, che vuol vivere con coscienza deve sopportare la sofferenza dell'angoscia esistenziale.
Oltre a parlare dell’esistenzialismo inteso come moda e filosofia, come cause storiche e sociali di questa corrente, sono interessato a mostrare il punto di vista Sartre in un suo saggio “L’Essere e il nulla”, in cui comincia distinguendo l’essere dell’uomo in due parti: essere in sé ed essere per sé, poi chiarisce all’uomo come ogni giustificazione d’esistere, vedi l’amore, sia vana, come l’uomo sia un Dio mancato che inutilmente cerchi la causa e il creatore del suo essere e come l’uomo possa alienarsi e disalienarsi.
LE SCIENZE
L’importanza d’avere coscienza delle cose non come appaiono ma come sono, è la base di fondo della scienza, la quale ha lo scopo di ricercare le pure insite verità delle cose senza farsi ingannare dalla loro caducità, tutta tesa alla ricerca di verità.
Per questo motivo, per ricalcare l’importanza della realtà rispetto all’ingannevole visione di essa, ho riportato in FISICA L’apparente scoperta di Galvani (forza animale o elettricità animale), contrapposta alla reale scoperta di Volta (organo elettrico artificiale o più comunemente: PILA) e di GEOGRAFIA ASTRONOMICA la magnitudine apparente e la magnitudine reale delle stelle, infatti la luce delle stelle che noi vediamo non corrisponde con la grandezza e con la vera luminosità della stella perché in tutto ciò influisce anche la distanza di questi astri dalla terra.

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