Tomasi di Lampedusa

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Testo

Giuseppe Tomasi di Lampedusa

BIOGRAFIA
1896 Giuseppe Tomasi di Lampedusanasce a Palermo il 23 dicembre da una facoltosa famiglia di antica nobiltà. Dell'infanzia manterrà un vivo ricordo.
1915-1918 Interrompe gli studi e partecipa alla prima guerra mondiale.
1932 Sposa la baronessa lettone Alessandra Wolff-Stomersee, conosciuta a Londra in casa di uno zio, ambasciatore italiano in Gran Bretagna.
1933 Viene divisa l'eredità del nonno. A Giuseppe Tomasi rimane solamente il palazzo nel centro di Palermo. Gli affitti però gli permettono di condurre una vita discretamente agiata.
1940-1943 E' richiamato sotto capitano di artiglieria.
1943 Un bombardamento distrugge il palazzo Lampedusa a Palermo.
1954 Nell'estate Lampedusa accompagna il cugino Lucio Piccolo al convegno letterario di San Pellegrino Terme e vi conosce alcuni scrittori. L'incontro con questo mondo lo stimola a scrivere il romanzo cui pensava da molti anni, il Gattopardo.
1955 Prosegue la scrittura del Gattopardo.
1956 Il Gattopardo è inviato in lettura all'editore Mondadori, che lo rifiuta. Prosegue la scrittura dei Racconti.
1957 Il manoscritto è rifiutato da Elio Vittorini, direttore per la casa editrice Einaudi della collana "Gettoni".
1957 (23 luglio) Giuseppe Tomasi di Lampedusa muore di cancro in una clinica romana.
1958 Giorgio Bassani pubblica il Gattopardo, nella collana che dirige per l'editore Feltrinelli, presentandolo con una sua prefazione. Il successo è grande, ma "post-mortem".
1959 Vengono pubblicate sulla rivista "Paragone" le "Lezioni su Stendhal".
1961 Escono postumi i Racconti.
1963 Luchino Visconti trae dal Gattopardo un celebre film. Il Gattopardo diviene anche un'opera musicale.
LA FAMIGLIA
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, di antica nobiltà, discendeva da una famiglia che annoverava tra i suoi membri santi, cardinali, grandi diplomatici. Gli avi, proprietari di numerosi feudi sparsi all'interno della Sicilia, oltre che dell'isola di Lampedusa, fondatori, nel 1637, della città di Palma di Montechiaro, ne tennero per secoli la baronia.
Giuseppe era l'unico figlio maschio di Giulio Maria Tomasi, nipote di Giulio Fabrizio di Lampedusa (1815 - 1885), astronomo, a cui Tomasi si ispirò per la figura del principe di Salina. La madre era Beatrice Tasca e Filangeri di Cutò.
Dal padre ereditò il titolo di Duca di Palma e Principe di Lampedusa. Lo stemma di famiglia è rappresentato da un leopardo.
LO SPIRITO ARISTOCRATICO
Giuseppe Tomasi di Lampedusa si è sempre sentito un aristocratico, benché non gli sfuggissero e lo irritassero i vizi dell'aristocrazia, l'inintelligenza, la miopia, la sciatteria che le avevano tolto definitivamente la possibilità di svolgere un ruolo attivo nella società. Il suo aristocraticismo non può comunque essere dimenticato: è una componente essenziale della sua persona e serve anche a capire il suo romanzo. Scomparso o minacciato il primato sociale ed economico della sua classe, rimaneva per Tomasi insopprimibile " la qualità di una specialissima educazione, talmente speciale che poteva passare anche inavvertita davanti ad occhi ordinari, mentre doveva rivelarsi senza fallo a chi l'avesse ricevuta identica ". Di conseguenza Tomasi detestava la borghesia, la sua goffaggine, la sua meschinità, l'assenza in essa di profondi ideali.
LA MEMORIA DEL PASSATO
Per Giuseppe Tomasi di Lampedusa, diversamente da altri scrittori, riveste una grande importanza l'infanzia. Non a caso lui stesso interruppe la stesura del Gattopardo per compilare i "Ricordi di Infanzia", opera in cui descrive ed evoca case, giardini e consuetudini appartenenti alla famiglia e presenti anche nel suo romanzo. Nell'opera, che non fu poi terminata, è dedicato un ampio spazio ai palazzi che fungevano da residenze familiari, e la cui memoria è caratterizzata da una nota di nostalgia accorata, per l'impossibilità del ritorno ad un "paradiso perduto". La casa assume dunque un ruolo simbolico di ritorno alle origini e la sua distruzione sembra voluta e perseguita con intenzionalità da una volontà ostile (dai Ricordi: "..le bombe trascinate da oltre Atlantico la cercarono e la distrussero"). C'è una specie di rifugio autoconsolatorio nella memoria, con la consapevolezza dell'irrecuperabilità del tempo passato.
Nei Ricordi di Infanzia vi è anche la descrizione di due eventi traumatici: l'uno fu l'annunzio da parte del padre dell'assassinio di Umberto I, quando lo scrittore aveva tre anni; l'altro si riferisce al terremoto di Messina, che colpì direttamente la famiglia Lampedusa.
Nel Gattopardo il discorso della memoria, immediatamente soggettivo nei Ricordi, appare dominato, oggettivato e contribuisce al tema della universale caducità di tutte le cose.
LA CASA NATALE
La distruzione del palazzo dei Lampedusa, nel centro di Palermo, in via Lampedusa 17, bombardato e in gran parte distrutto nel maggio del 1943 nel corso dell'avanzata alleata, fu un grave colpo che lasciò nello scrittore tracce indelebili. Abitò poi fino alla morte sempre a Palermo in un vecchio edificio in via Butera 28, adiacente a quello, appartenente da tempo alla famiglia, della casa di mare (ricordata nel Gattopardo durante il colloquio tra il principe Fabrizio e Chevalley). Tuttavia la casa di via Butera non sostituì nel cuore dello scrittore il palazzo in cui era nato, in cui "era lieto di essere sicuro di morire", e che aveva amato "con abbandono assoluto" (dai Ricordi d'infanzia).
Non rivestirono la stessa importanza affettiva neppure la villa Tomasi a San Lorenzo Colli presso il parco della Favorita (villa Salina nel I capitolo del romanzo), o i palazzi di Palma di Montechiaro (della famiglia paterna) e di S.Margherita Belice (della famiglia materna) che ispirarono la ricostruzione romanzesca della residenza di Donnafugata.
GLI STUDI
L'iniziale carriera scolastica di Giuseppe Tomasi di Lampedusa fu abbastanza brillante, tanto che i genitori immaginarono per lui un futuro da diplomatico. Il padre lo distolse dai prediletti studi letterari e pretese che intraprendesse quelli giuridici. Ma il suo curriculum universitario risulterà totalmente fallimentare. Contrariamente a quanto è stato piu’ volte affermato, non consegui’ mai la laurea in Giurisprudenza. Circa vent’ anni dopo averlo lasciato, nel 1942, si sarebbe riavvicinato al mondo accademico iscrivendosi alla facoltà di lettere all’università di Palermo, senza conseguire la laurea neppure in questa circostanza.
Lampedusa possedeva una vastissima cultura acquisita dalla lettura personale e assidua di testi, soprattutto a carattere storico e letterario.
LA I GUERRA MONDIALE
Partecipò alla prima guerra mondiale e venne fatto prigioniero. Evase e raggiunse l’Italia dopo aver attraversato, travestito, l’Europa a piedi. Finita la guerra rimase nell’esercito come ufficiale effettivo fino al 1925. L’esperienza della guerra e della prigionia ebbero ovviamente un’incidenza profonda sul suo carattere e probabilmente non furono estranee al grave esaurimento nervoso da cui venne colpito subito dopo il congedo.
IL MATRIMONIO
Tomasi di Lampedusa conobbe a Londra nel 1925 la futura moglie, Alessandra, figlia di M. Teresa Alice Barbi, di origine italiana, e del barone baltico Boris Wolff. La madre di Alessandra, rimasta vedova, aveva sposato Pietro, marchese della Torretta, zio di Giuseppe Tomasi ed ambasciatore italiano a Londra. Alessandra, studiosa di psicanalisi, conoscitrice di numerose lingue, sopravvisse al marito, morendo nel 1982.
LA II GUERRA MONDIALE (1940 - 1943)
L’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, fu disapprovata da Lampedusa che la considerava un’avventura.
A Ficarra Lampedusa frequentava il gabinetto di lettura, nel circolo dei professionisti. Le testimonianze di chi lo ricorda, così come quella degli antichi commilitoni, concordano nel dipingerlo quale taciturno osservatore, quasi mai coinvolto nelle conversazioni.
Lampedusa e la moglie abbandonarono Ficarra dopo l’arrivo delle truppe alleate e la firma dell’armistizio, l’8 settembre; ritornarono a Palermo a metà ottobre.
Nella durissima situazione di quegli anni, in cui vi era carenza persino dei generi alimentari di prima necessità, un conoscente ricorda come Lampedusa fosse "gongolante" un giorno che era riuscito a procurarsi un libro in un’edizione straniera.
IL CONVEGNO LETTERARIO DI S. PELLEGRINO TERME
Nel corso del convegno letterario dieci autorevoli rappresentanti della letteratura italiana avrebbero presentato altrettanti autori ancora sconosciuti. Eugenio Montale faceva da padrino al poeta barone Lucio Piccolo, cugino di Giuseppe Tomasi.

Il Gattopardo

Trama e personaggi
Don Fabrizio Salina è un ricco siciliano appartenente ad una nobile casata che da secoli gode del rispetto indiscusso degli abitanti dei propri feudi , nemmeno la notizia dello sbarco a Marsala di Garibaldi sembra intaccare la dura scorza del Principe, che è ben consapevole del carattere avverso a ogni mutamento dei siciliani. La vita sua e quella della sua numerosa famiglia scorre monotona e tranquilla : per i suoi familiari il Principe prova persino un lieve sentimento di disprezzo per la loro piattezza morale , con la sola eccezione di Tancredi, il nipote, preferito allo stesso primogenito Paolo per vivacità, imprevedibilità e prontezza di spirito : un vero, giovane Gattopardo, così com'era stato lui in passato. E' alla residenza dei Salina nel feudo di Donnafugata che si snodano gran parte delle vicende del romanzo : qui Don Fabrizio deve affrontare l'ascesa di Don Calogero Sedara, il sindaco, che in breve tempo aveva saputo raccogliere, grazie alla propria arguzia , un patrimonio tanto vasto da sfiorare quello del Principe. La affronta, a dire la verità, con un pizzico di sdegno per quell'omino tanto piccolo ma tanto intelligente, ma tant'è : di lì a poco , inoltre, Tancredi conoscerà Angelica, la figlia di Don Calogero, e se ne innamorerà follemente. Il Principe, che voleva bene a Tancredi e rispettava le sue scelte, non se la sente di impedire questo amore e a poco a poco comincia a scoprire nel rozzo Sedara delle qualità di amministrazione non comuni, oltre che a godere della bellezza della splendida Angelica.. Il sentimento di stima e rispetto è naturalmente reciproco anche da parte dei Sedara. D'altronde il matrimonio fra Tancredi e Angelica rappresenta il mutamento dei tempi, cioè l'unione di un nobile di stirpe e una popolana , tra l'altro - dato non trascurabile - " a dote invertita ": Tancredi è infatti squattrinato per la scellerata gestione del patrimonio del defunto padre ( cognato del Principe ), Angelica invece gode di una più prospera situazione economica . Tutto ciò sarebbe stato impensabile solo fino a qualche anno prima.
Una digressione è poi dedicata a Padre Pirrone, sacerdote di casa Salina. Prima del suo ritorno al paese natale di S.Cono, non si può dire certo che l'autore lo presenti in modo molto positivo : sembra infatti condurre una vita piuttosto sciatta, senza nerbo , passata a concedere assoluzioni al Principe per le sue scappatelle notturne. E invece, a sorpresa, la sua figura è di molto rivalutata a S.Cono, quando grazie alla sua proverbiale sagacia (o piuttosto grazie al caratteristico spirito di conciliazione tipico di un sacerdote ), riesce a dirimere un' intricata lite familiare fra popolani.
Don Fabrizio intanto sente a poco a poco affievolirsi il suo spirito vitale : probabilmente l'ultimo momento di apparente felicità è rappresentato dal ballo concessogli da Angelica, in cui, per l'ultima volta, si tuffa in un mondo, quello dei giovani, che non gli apparterrà più. Inizia dunque la parabola discendente del romanzo : il Principe, dopo delle brevi considerazioni sulla sua vita, in cui afferma di averne vissuta veramente poca, spira acciaccato dai malanni ma circondato dai parenti. La descrizione da anziane delle tre figlie del Principe, Concetta, Caterina e Carolina, rimaste signorine per via del loro carattere riservato , un tempo elogiato e ormai divenuto antiquato e scorbutico, ricorda al lettore il lento ma inesorabile trascorrere del tempo ; e infine, l'ordine da parte di Concetta di buttare la carcassa imbalsamata di Bendicò, cane dei Salina un tempo fedele e gioioso, facendola precipitare nel vuoto e riducendola a un mucchio di polvere, ricorda mestamente la triste natura dell'uomo, destinata alla scomparsa e all'oblio. Si chiude così il romanzo, in netta contrapposizione con come era iniziato, vale a dire con il farso e il lusso della residenza palermitana dei gloriosi Salina.
Fabula e intreccio
Fabula e intreccio nella maggior parte dei casi coincidono, fatta eccezione per alcuni momenti nel corso della narrazione, quando gli eventi preludono al ricordo di quanto avvenuto solo poco tempo prima (tecnica del flash-back). Nel capitolo I, ad esempio, accade che Don Fabrizio, trovandosi a contemplare la bellezza primaverile del suo giardino, rammenta che appena un mese prima lo spettacolo non era ugualmente apprezzabile, per via del ritrovamento nel medesimo luogo del cadavere di un giovane soldato.
Narratore e focalizzazione
Chi narra le vicende di casa Salina è un narratore onniscente, che conosce in partenza il reale svolgimento dei fatti. La focalizzazione è dunque di tipo "zero", caratteristica di un narratore esterno alla vicenda ( nel nostro caso identificabile con l'autore stesso), che si limita solo a raccontarla, non rimanendo però totalmente al di sopra dei personaggi: non è escluso infatti qualche intervento del narratore magari a sfondo comico-sensuale, come quando esso ci rivela un segreto dell'intimo di Don Fabrizio, vale a dire che anche al principe di Salina sarebbe piaciuto odorare il "profumo" delle lenzuola della bella Angelica, sollecitato a farlo da Don Ciccio Tumeo.
Livello temporale e spaziale
Per buona parte dell'opera, l'autore fa cenno a eventi svoltisi in un lasso di tempo compreso tra il 1860 e il 1862, concentrando l'attenzione in modo particolare sugli avvenimenti di alcuni mesi. Solo nell'ultima parte del romanzo si nota un forte scarto temporale: dal 1862 si passa al 1883 e per finire si arriva addirittura al 1910 . Probabilmente è intenzione dell'autore chiudere in modo mesto il suo romanzo, rappresentando così proprio alla fine il lento e inesorabile scorrere del tempo e l'oblio a cui inevitabilmente le vicende narrate prima saranno soggette. Anche i luoghi dello svolgimento delle vicende sono molto significativi : spazi aperti e spazi chiusi si alternano creando notevole continuità, i primi rappresentati dalla selvaggia bellezza della Sicilia, i secondi dalle magnifiche residenze dei Salina, sia a Palermo che a Donnafugata. Le svolte narrative ( incontro fra Tancredi e Angelica, ad esempio )avvengono in prevalenza in questi ultimi , non limitando però,d'altro canto, la funzione della natura paesaggistica siciliana a quella di semplice "cartolina".
Referente storico
Il referente storico in questo romanzo è ben chiaro e definito : le vicende narrate si svolgono nel quadro di una Sicilia "immobile" e indifferente agli importanti mutamenti politici dell'epoca, quale ad esempio lo sbarco dei Mille di Garibaldi, che sancisce l'avvio del processo di unificazione dell'Italia. I cambiamenti sociali del periodo sono altrettanto evidenti : l'ascesa della borghesia e la corrispondente diminuizione di importanza dei nobili casati, a scapito appunto delle persone più intraprendenti e spregiudicate.
Conclusioni personali
Probabilmente il successo di questo libro sta tutto nella capacità di Tomasi nel creare una storia straordinariamente verosimile, calata nel contesto di un epoca che lo sfiora ma che non gli appartiene del tutto,abbellendola delle caratteristiche tipiche di un romanzo, quali ad esempio le liriche descrizioni dei paesaggi,le sfumature caratteriali di alcuni personaggi talvolta ironiche, la passione amorosa che non guasta mai. Tutti questi elementi, uniti alla varietà e all'imprevedibilità degli eventi, fanno sì che il lettore tenga viva la propria attenzione fino al termine della narrazione. Come se non bastassero già le implicazioni storiche e liriche a rendere grande questo romanzo, ecco che l'intera opera è permeata anche da un sottile ma sensibile velo di malinconia, che viene acuito proprio nel finale : dal Gattopardo si evince dunque anche una problematica di carattere esistenziale, tesa a dimostrare come nulla sia duraturo e tutto destinato all'oblio perpetuo.

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