Quelli dalle labbra bianche

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura
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Testo

Indice
• Autore;
• Analisi del titolo;
• Analisi del testo e sintesi;
• Schedatura dei personaggi;
• Rapporto tra soldati italiani e soldati russi;
• Il ritorno ad Arasolè, la memoria dei morti.

Autore
Il libro “Quelli dalle labbra bianche”, è stato scritto da Francesco Masala, nel 1962. Quest’ultimo, è nato a Nughedu San Nicolò, un villaggio di contadini e pastori, in provincia di Sassari, nel 1916; dopo aver trascorso l’infanzia ad Ozieri, il suo paese natio, frequenta il Liceo Classico a Sassari, per poi laurearsi in Lettere a Roma. Erano i tempi della Seconda Guerra Mondiale, e, il giovane Masala, fu spedito, in compagnia di alcuni suoi compagni, dapprima in Jugoslavia, poi in Russia, dove venne ferito ad una gamba. Tornato solo, ma eroicamente in patria, per circa cinquant’anni, fa il giornalista pubblicista, collaborando a giornali e riviste con articoli di critica letteraria, artistica e teatrale. Nel 1951, vince il Premio Grazia Deledda per una raccolta di poesie inedite e, nel 1956, gli viene assegnato il premio Chianciano, per la raccolta “Pane nero”. Scrittore bilingue, ha pubblicato libri di poesia, di narrativa, di teatro e di saggistica. Le sue opere più importanti sono: Quelli dalle labbra bianche (1986); Pane nero (1956); Il vento (1960); Lettere della moglie dell’emigrato (1968).
Analisi del titolo
Il libro, è stato intitolato: “Quelli dalle labbra bianche”.
Perché la scelta di questo titolo? La scelta di questo titolo, perché, “quelli dalle labbra bianche”, era il nome di un partito di Arasolè, il partito dei poveri, quel partito che parte per la Seconda Guerra Mondiale. I componenti del gruppo: Daniele Mele, Efisio Pestamuso, Antonio Nèula, Peppe Brinca, Gavino Malìa, Michele Girasole, Salvatore Mèrula, i gemelli Andrea e Matteo Cocòi e, per finire, Don Adamo; ricevettero la notizia per la partenza verso il fronte russo, in una bella giornata, in cui tutto, seguiva il giusto ordine… finché, non comparve, sotto gli occhi sbigottiti di quest’ultimi, la cartolina rossa, quella cartolina, forse l’unica, che fa tremare le gambe. A mio parere, Masala, dedica proprio alla sua squadra, ai suoi amici, questo libro, il libro dei poveri, perchè la guerra è affare di poveri e proletari, sfruttati e angariati sul fronte, quanto lo sono nella vita civile; quasi come la festa, ad Arasolè, dell’ultimo giorno di carnevale, dove sfilano fianco a fianco i mammutones, ossia i vinti, i prigionieri, i poveri, quelli dalle labbra bianche; con gli insocatores, i vincitori, gli aguzzini, i ricchi.

Critica del testo e sintesi
Il libro, racconta la vicenda, del campanaro di Arasolé, che chiama a raccolta i suoi compaesani per rendere omaggio, dopo vent'anni, ai caduti in guerra.
Lui, è l'unico sopravvissuto, fra i richiamati alle armi, e racconta e rievoca la trincea..
Nel 1942, dieci uomini di Arasolè: Daniele Mele, Efisio Pestamuso, Antonio Nèula, Peppe Brinca, Gavino Malìa, Michele Girasole, Salvatore Mèrula, i gemelli Andrea e Matteo Cocòi, e Don Adamo, partono per la guerra, destinazione Russia. Una volta arrivati in Russia, i compagni della squadra di ferro, affrontano l’impresa più ardua della loro vita; la Russia era, un avversario difficile da combattere, con il vento gelido, e la neve che ti trafiggeva la pelle; li, i dieci compaesani sentirono, dal primo istante, la mancanza della loro Sardegna, o meglio, del loro paese, Arasolè; quel piccolo paese, dove la neve, era soffice e morbida come il cotone. Ad Arasolè regnavano due partiti: “Quelli dalle labbra bianche”, composto dai poveri, e, dall’altra parte, il partito “Della decima e della camorra” composto dai più ricchi, il partito dei vestiti di nero, di Orvenza e di Prete Fele. Molti si odiavano tra loro, ma ora, anche quella vita miserabile che conducevano al paese, diventa materia di rimpianto e di sogno. Ora però, era troppo tardi, e il freddo del caposaldo tre, una trincea in mezzo alla pianura russa, non permetteva neanche di pensare. I compagni, morivano uno dopo l’altro, e, dal boschetto di Betulle, li dove si era appena svolta una battaglia, se ne salvarono solo tre: Daniele e i fratelli gemelli Andrea e Matteo.
I tre sardi, furono portati a Krinovaia, in Siberia, assieme ad altri prigionieri, e fatti vivere in baracche di legno, mentre i russi vivevano in alcune casette di mattoni. La fame, a Krinovaia, si faceva sentire, tanto che i soldati italiani si mangiavano i topi, i pidocchi, la carne dei loro stessi fratelli; in un modo o nell’altro si moriva, si aveva solo l’imbarazzo della scelta: c’era chi moriva di freddo, chi di fame, chi si faceva fucilare dai russi, chi mangiava saponette e chi moriva perché mangiava carne di cadavere.
Alla fine della guerra, solo Daniele Mele, detto Culobianco il campanaro, torna a casa, nella sua Arasolè, per suonare le sue amate campane; ma, questa volta, in onore dei suoi compagni, della sua classe di ferro.
“Quelli dalle labbra bianche”, appena ho letto il nome di questo libro, ho pensato che fosse uno di quei tanti libri che non ti dicono niente, incomprensibili; beh, in questo caso, mi sono ricreduta. Il romanzo di Masala, è un libro stupendo, ricco di emozioni e sentimenti, che ti arriva dritto al cuore e ti commuove, ti trasporta in Russia, ti fa “vivere” quelle paure, quelle esperienze.
Il capolavoro, è senza dubbio drammatico, con qualche battuta che fa tornare il sorriso dopo le brutte cose che si leggono, dopo che si viene a conoscenza di cos’è veramente la guerra; perché la guerra, non è solo quello che si legge nei libri, la guerra, è morte e distruzione, paura e sangue, dove non c’è distinzione tra ricchi e poveri; sul fronte, tutti sono uguali. Ed è proprio in certe situazioni, che emerge il vero carattere delle persone, i veri sentimenti; perché, anche il più forte, il più “duro”, si dispera davanti a certe situazioni.
Le parti che mi sono piaciute di più, sono innumerevoli, ma mi limiterò, a citarne solo alcune: al primo posto, la figura di Matteo, esso infatti, dimostra il suo infinito amore nei confronti del fratello, il suo amore così forte, che gli dice di rimanere li fuori, al freddo, a fargli la guardia, in modo che nessuno dissotterri il suo cadavere e se lo mangi; Matteo, era disposto a morire assiderato per Andrea.. avrebbe voluto rimanergli accanto fino a morire con lui: “Non mi muovo”-“Non mi muovo, aspetterò che se lo mangino i vermi”.
Dopo i gemelli, la lettera della madre di Sciarlò, Maria Girasole. La lettera di una madre affranta dal dolore per il marito, che cerca di salvare con determinazione il figlio dalla morte, quella morte che proprio a causa sua, si porterà via Sciarlò.
Atti di coraggio: “Non ho pelle da eroe gente, credetemi, ma presi la decisione di uscire dalla fossa, strisciare fino a loro, per vedere se era possibile che fossero ancora vivi e trascinarli dentro”; “Peppe Brinca, non volle abbandonare il principale di Orvenza, e se lo caricò sulle spalle, ma ritardò troppo la sua marcia verso il rifugio degli alberi di betulle, un carro armato lanciafiamme li raggiunse lungo il camminamento e li incenerì; il fantino, chissà, forse, volle fasi perdonare dal principale, con un atto di cui solo il povero di Arasolè poteva essere capace”; ma anche frasi che fanno ridere: “Un soldato della nostra baracca mangiò due saponette. Non morì di fame come altri, morì di saponette.”; “Io sono Dio. Dar da mangiare agli affamati, il filo spinato diventerà pasta asciutta; non facemmo in tempo a fermarlo, il professore voleva fare il miracolo dei maccheroni: trasformare il filo spinato in spaghetti, fu allora che la sentinella lo stecchì con una scarica di mitra”.
Schedatura dei personaggi
Nomi
Carattere
Descrizione fisica
• Daniele Mele
Noto come Culobianco, il campanaro. Perché aveva urlato al prete “Fuori Culbianco, dalle culotte delle bigotte”. Uomo di buon cuore, con un animo gentile, rispettoso e fragile. E’ amico di tutti, e tiene unito il gruppo di ferro, lo dimostra in particolar modo, quando si offre in sostituzione a Matteo, per far la guardia al cadavere del fratello.
Caterina
Moglie di Daniele.
• Efisio Pestamuso
Il fabbro ferraio, aveva preso il nomignolo, dai fanciulli di Arasolè, perché egli aveva avuto il compito dai grandi, di pestare il muso ai ragazzini, per renderli più furbi. Era un uomo di carattere molto forte, ma bravo.
Serafina
Moglie di Pestamuso, ha come timore la cartolina rossa, quella cartolina che fece uccidere il marito; e che teme possa arrivare al figlio, ormai in età giusta.
Descritta come una donna molto vecchia, grigia, secca, pelosa, rugosa, con occhi bovini che girano lenti e aridi.
Battista
Figlio di Pestamuso e Serafina; nel libro, è raccontata la vicenda che lo portò in caserma, da piccolino, nelle braccia del padre che non riuscì a ridarlo alla moglie a causa dell’anticipata partenza del treno.
Assunta
Madre di Pestamuso, citata solamente nella lettera di Maria.
• Antonio Nèula
Noto Mammutone, o cornuto, a causa della sua bruttezza e di sua moglie; appare un uomo legato alle tradizioni e agli amici, ma niente per lui, è superiore a sua moglie.
Aveva l’aspetto di uno spaventapasseri, di una zucca intagliata, così brutto, da far girare dall’altra parte tutte le donne di Arasolè.
Giovanna la Rossa
Moglie di Mammutone, aveva condotto una vita da prostituta, fino a sposare Antonio. Era una donna onesta e di cuore, ma, dopo la morte di quest’ultimo, aveva dovuto riprendere la sua vita di prostituta, per riuscire a vivere.
• Peppe Brinca
Noto Automedonte, fantino e domatore di cavalli, e caporalmaggiore.
Incantadonne, tutto nervi, bruno e ricciuto.
Lillia
Madre di Peppe Brinca
• Michele Girasole
Noto Sciarlò, perché, quando una volta, era andato a vedere un film, con i suoi amici, era rimasto così contento, tanto da raccontare a tutti la storia di quel Sciarlò. Michele era distratto, ingenuo e buono; faceva l’aiuto muratore.
Capelli neri, riga in mezzo, viso pallido, sempre rivolto al cielo come per parlare con gli uccelli.
Rosa Fae
Fidanzata di Sciarlò, anche dopo la sua morte.
Zitella scialba e magra, con le mani nodose e grandi per il continuo lavoro, capelli grigi e giallastri, dal viso color cartapaglia.
Maria Girasole
Madre di Sciarlò, la lavandaia. Una donna bravissima, che amava il figlio più di ogni altra cosa, tanto che, aveva lavorato il doppio, per comprare un terreno al figlio.
• Gavino Malìa
Noto Tric-Trac, è un venditore ambulante di angurie. Sa fare bene il suo lavoro, ma non quanto la moglie.
Teodora
Moglie di Tric-trac
• Andrea e Matteo Cocòi
Andrea e Matteo, erano nati per caso ad Arasolè, da una donna fuggita da un paese vicino, nubile e incinta; Zia Filomena, che li portò alla luce e li allevò, appena li vide, disse che sembravano due lumaconi senza guscio; lumaconi, a Arasolè si diceva Cocòi, ed ecco la nascita del loro cognome. Erano due caprai, o meglio, due fratelli uniti nella vita e oltre. Lo dimostra il fatto che, quando Andrea morì, Matteo, rimase una notte intera al freddo, sopra la sua sepoltura, per vegliare su di lui; fin quando un russo non lo riportò nella casetta.
• Salvatore Mèrula
Noto Animamèa, era un uomo famoso ad Arasolè, per il suo carattere generoso e remissivo. Aveva due figli, grossi e robusti come lui, grandi mangiatori di pane. Anche lui, come la moglie, era molto attaccato alla famiglia, perché anche lui, dà la sua fede a Daniele per dar da mangiare ai figli.
Aveva la barba cespugliosa, sempre lunga, mani grandi e piene di calli, era grande e robusto e non aveva paura di niente.
Mariantonia
Moglie di Salvatore Animamèa. Quando il marito era in guerra, ha passato dei brutti momenti, perché il fuoco le ha bruciato i terreni. Una donna che pensa alla sua famiglia, lo rispecchia il fatto che vende il suo anello di matrimonio per comprar da mangiare ai figli.
Donna piccola e magra.
• Don Adamo
Principale di Orvenza.
Filiana di Orvenza
Moglie di Don Adamo, che lo tradì con Peppe.
Grassa e polposa, dal seno gonfio e profumato, biancheria di seta, un neo nella natica destra e una voglia rossa sulla pancia, sopra l’ombellico, collo bianco e capelli tinti.
Prete Fele
Uomo abbastanza determinato e severo,nonché coraggioso. Un uomo senza timore, molto fedele a Dio, ciò, si capisce in particolar modo, quando decide di andare in cimitero, insieme a metà Arasolè, per sconfiggere i presunti spiriti che si sarebbero dovuti trovare in cimitero. Dopo scongiuri e acqua Santa però, si scorge Lellèu, che raccoglieva l’erba per la sua capra.
Pasquale Corru
Postino, vagamente citato nel testo; stava quasi a raffigurare la morte, perché era lui che consegnava le famose Cartoline Rosse. Oltre al lavoro di postino, faceva anche la guardia comunale, il fontaniere e il becchino.
Aveva una bocca furba e sdentata.
Pietro Lellèu
Quest’uomo, era chiamato anche l’Americano, perché partì in America per trovar ricchezza, ma ne tornò più povero di prima. Era un uomo buono, e ospitava in casa: una capra, un cane e un gatto.
Capitano Medico
Noto come caca e suda, nomignolo datogli da Sciarlò, perchè, quando qualche soldato mancava qualche visita, gli dava un’aspirina e un lassativo. Era un uomo antipatico e senza pietà, nonché vendicativo e senza scrupoli.
Grosso e tondo come un maiale, viso senza peli color prosciutto.
Bellicapelli
Non si sa il suo vero nome, infatti Bellicapelli, è il nomignolo datogli da Tric-trac. Il sergente era menefreghista e antipatico.
Aveva la testa completamene pelata, e magro come un fuso.
Professore
Anziano ufficiale di complemento e professore. Era malato, buono e simpatico. Però, la permanenza in Russia, lo portò all’esaurimento, tanto che si credeva Dio; esso, morì fucilato da un russo, perché si stava avvicinando al confine, per cercare di mangiare il filo spinato.
Aveva una brutta cera, viso lungo con una barbetta lunga.
Comandante capo
Noto come polifemo, era un uomo crudele e senza cuore, che pensava solo a se stesso, una vera carogna.
Uomo robusto, altissimo, mani enormi, labbro di sotto molto più lungo di quello di sopra, con una benda nera che gli copriva l’occhio destro, mentre quello sinistro girava rosso e adirato dentro la testa.
Rapporto tra soldati sardi e soldati russi
Il rapporto tra soldati Russi e soldati italiani, era freddo come lo era la Siberia. I russi, pensavano solo a se stessi e a ingolfarsi fino a scoppiare, non avevano pietà per nessuno; lo dimostra il fatto che, mentre loro si abbuffavano, lasciavano gli italiani buttati al freddo, senza nulla da mangiare, in compagnia dei topi e dei pidocchi; quando i due soldati, Peppe e Don Adamo, cercavano di mettersi in salvo, essi, li bruciarono senza nessuna pietà, “Come una lepre che si nasconde nella sua tana in un incendio”, dice Masala.
Ma anche i sardi, non furono di meno, infatti, quando il russo si affacciò nell’ex tomba di Sciarlò, Daniele, gli sparò senza pensarci due volte.
Ovviamente, tutti questi casi, sembrano bizzarri, se ora ci ragioniamo, ma quella era la guerra, la guerra è fatta per uccidere, per vincere; per questo le guerre non dovrebbero esistere.. proprio per questo, perché è stupido ucciderci tra di noi.
Il ritorno ad Arasolè, la memoria dei morti
Dopo la guerra, l’unico che riesce a tornare in patria, è Daniele Mele, il campanaro, Culobianco. Daniele, come ho anticipato prima, svolge in qualche modo, la figura di un personaggio essenziale, che tiene unito il gruppo, colui che è voluto bene da tutti. Il destino lo ha voluto riconsegnare ad Arasolè, per amore dei suoi cari e per amore di tutto il suo paese, perché tutti sentivano la mancanza delle sue campane. Lo esprime, in particolar modo, Maria, nella sua lettera, dove scrive: “Devi dire a Daniele Culobianco, il campanaro, che qui sentiamo tutti la sua mancanza, e che torni presto perché, da quando manca lui, l’orologio del campanile cammina come vuole, o corre troppo, o si ferma; che torni presto dalla guerra, che se no, ad Arasolè, non c’è più né notte ne giorno….”
Il campanaro, rimane commosso dalle parole della madre dell’amico, dalle parole della sua gente, perchè gente che era la sua famiglia…ad Arasolè erano tutti fratelli. Ora, Daniele Mele il campanaro, non è più accanto ai suoi compagni, alla sua squadra; ora, si limita a suonare le campane in loro onore, per ricordare quei momenti, quei momenti in cui erano tutti uniti, senza distinzioni, quei momenti della Seconda Guerra Mondiale.

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