Positivismo, naturalismo e verismo

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Testo

STORIOGRAFIA E LETTERATURA:
Positivismo, naturalismo, realismo
Dall’inizio dell’800 si registra un forte sviluppo industriale in alcune zone dell’Europa (parte della Francia, Belgio, Germania, Moravia, Boemia, piccole zone del sud-Polonia), sulla spinta della precedente rivoluzione industriale inglese.
POSITIVISMO
Nel 1830 il filosofo Auguste Comte afferma che è giunta l’età della scienza, il Positivismo, ovvero il ritorno alla ragione ed alla sua applicazione, età che ha il potere e le capacità di risolvere le miserie umane e portare alla felicità. Comte, fondatore di questa corrente filosofica che si annovera tra le più importanti del XIX secolo, pose a fondamento di tutte le sue ricerche la convinzione che il metodo da seguire in ogni campo per giungere a conoscenze attendibili, fosse il metodo delle scienze matematiche e delle scienze naturali. Partendo da questo presupposto, Comte attribuì alla filosofia il compito di riflettere ed organizzare secondo un sistema le conoscenze parziali conquistate dalle scienze, in maniera da evitare il rischio di una eccessiva specializzazione. Secondo la “legge dei tre stadi” solo nel terzo stadio di conoscenza, quello positivo, l’uomo rinuncia a conoscere le cause dei fenomeni e si occupa di verificare ed osservare quanto accade, cercando di cogliere il modo con cui i fenomeni si presentano, le regolarità che offrono, così da poter stabilire delle leggi in grado di far prevedere il futuro e metterlo così in grado di controllare secondo i propri fini le forze naturali. Inoltre Comte formulò anche un’enciclopedia delle varie scienze, disposte secondo un ordine logico e storico ben preciso: all’inizio l’uomo conobbe gli oggetti più semplici, procedendo via via alla conoscenza di fenomeni sempre più complicati.Questa dottrina, e soprattutto l’importanza attribuita al sapere scientifico ebbe grandissima diffusione non solo in Francia, ma anche in Inghilterra (J. Stuart Mill e l’evoluzionismo di H Spencer e C.R. Darwin), in Germania, ed anche in Italia (Cattaneo, Ardigò). Il positivismo attraverserà tutto l’800,e solo alla fine del secolo, la crisi nella fiducia indiscussa verso le scienze naturali portò alla revisione ed alla correzione del positivismo (Nietzsche che attaccherà tale filosofia, rifiutando peraltro di creare un sistema filosofico alternativo organizzato). La reazione antipositivista diede origine al Neoidealismo. Nel ‘900 avremo il Neopositivismo (fiducia nella scienza e nella tecnologia tipica del 20° sec., ma che presenterà, come altra faccia della medaglia, roventi polemiche etiche sull’applicazione dei risultati degli studi scientifici).
REALISMO
Al positivismo corrisponde in arte il Realismo (la scienza si basa sugli strumenti del realismo quali l’indagine delle leggi che dominano la realtà), stile che si propone di aderire all’aspetto esteriore delle cose e della vita, di descriverle nei particolari, di fissarle in una tela o in una pagina di romanzo, così come sono nella realtà, processo ordinatore della realtà di matrice quindi classica (ordine, dal tutto all’uno, dal caos alle leggi). In letteratura emergono scrittori quali Hugo, Balzac, Dickens, Flaubert Tolstoi, Zola, ed in Italia Verga, che dettero vita ad importantissimi movimenti letterari chiamati, in Francia, Naturalismo ed in Italia, Verismo. In questi autori, lo studio del reale puntò soprattutto alla raffigurazione dell’ambiente e della società del tempo, scoprendo spesso in essa, come oggetto dell’opera d’’arte, le grandi masse popolari, dei derelitti, degli sfruttati, degli umili che l’arte, per la prima volta, riconosceva tra i protagonisti della storia, Il realismo ha radici di tipo storico ed economico derivanti dal pensiero positivo di matrice borghese. Il realismo verrà messo in crisi circa alla fine del secolo. In Italia resterà invece prioritaria la spinta romantico/sentimentale.
1848 – Inizia la lotta tra la borghesia ed il proletariato (lotta vinta alla fine del 20 secolo dall’ideologia borghese-capitalista)
1848 - Marx pubblica il “MANIFESTO DEL COMUNISMO” presentando il nuovo concetto di CLASSE ovvero un gruppo omogeneo interno alla società che possiede una propria ideologia (modo di vedere, di sentire le cose).
1857 – Pubblicati a Parigi “Madame Bovary” di Flaubert (primo romanzo NATURALISTA) ed “I Fiori del Male”di Baudelaire (primo testo DECADENTISTA e SIMBOLISTA).
Naturalismo
Il Naturalismo comprese quel movimento letterario che fece capo, nella Francia della seconda metà del XIX sec. a quegli scrittori come il romanziere Zola, che si proponevano di raggiungere l’efficacia artistica attraverso l’imitazione quasi fotografica della vita e della realtà del proprio tempo, colte soprattutto sullo sfondo delle grandi città, del mondo del lavoro e della fatica quotidiana. Fu detto naturalismo perché da questi scrittori i grandi fenomeni della passione, l’odio, l’amore, il delitto, il rimorso e cosi via, vennero considerati come fenomeni “naturali”, da studiare come malattie, come “disordini organici” con la rigorosità scientifica allora esaltata dal positivismo, la filosofia che sembrava aver liberato l’uomo, e quindi anche l’artista, da ogni antico pregiudizio di ordine spirituale o religioso. I naturalisti francesi erano dunque convinti di essere veri e propri scienziati che studiano ed individuano i mali della società al fine di risolverli attraverso i loro scritti, con prevalente attenzione alle classi derelitte; il quadro generale che però si evidenzierà dalle loro indagini sarà a tinte fosche, sconfortante, pieno di miserie, disperazione e male di vivere. Tra i narratori di questa corrente o scuola letteraria, oltre a Zola, vanno citati almeno i fratelli De Goncourt e il novelliere Guy de Maupassant, che riscossero grandissimo successo in tutto il mondo, anche se poi la loro influenza non fu duratura, In Italia il naturalismo ebbe come corrispettivo il Verismo Contemporaneamente al naturalismo/positivismo si sviluppò parallelamente il Decadentismo (o Simbolismo), e l’Estetismo di Wilde. I simbolisti affermavano di analizzare anch’essi la realtà, ma la realtà sensibile, per loro, altro non era che una maschera del vero reale; occorreva quindi la capacità di analisi profonda dell’animo poetico per sondare ciò che è nascosto ai comuni mortali.
1859 – Charles Darwin pubblica “L’Origine della Specie”, vero terremoto ideologico/teologico/scientifico che mette in discussione una delle basi più salde dei dogmi del cristianesimo: la creazione.
..i uguali che però hanno una zione,gere nulla di suo, nessun comento, sia quello di
1870 – PRIMA CRISI DI SOVRAPPRODUZIONE MONDIALE: il mercato non è adeguato ad assorbire tutto il prodotto delle nazioni industrializzate; entra in crisi la dottrina liberista, incapace di arginare la tremenda congiuntura negativa esplicatasi. La risposta del capitalismo a tale crisi è la fase IMPERIALISTICA che si evidenzia nel passaggio dall’economia di mercato al CAPITALISMO, la concentrazione in poche mani della produzione, nel PROTEZIONISMO, la chiusura delle frontiere o perlomeno l’innalzamento di forti dazi doganali sulle merci estere, al fine di salvaguardare il mercato interno, e nel COLONIALISMO, ovvero la corsa all’accaparramento delle colonie in Africa ed Asia, una vera e propria spartizione del mondo tra le potenze occidentali al fine di reperire nuovi mercati di materie prime e di sbocco dei prodotti finiti. L’imperialismo è, per sua natura, aggressivo e quindi per attuarlo occorre perseguire una politica di potenza: di conseguenza nasce l’ideologia NAZIONALISTA che troverà la sua prima compiuta espressione nella 1^ guerra mondiale.
1900 – S. Froyd pubblica “L’interpretazione dei sogni”creando di fatto la PSICANALISI con la scoperta dell’inconscio, esatto contrario del conscio positivista, Froyd rovescia il primato della coscienza, definendola come un elemento marginale della psiche.
La psicanalisi Froydiana afferma che nella psiche esistono 3 soggetti:
1. l’IO l’essere cosciente, la personalità;
2. l’ES l’inconscio, in cui la forza istintiva delle pulsioni e degli impulsi si manifesta, E’ una condizione insondabile, irraggiungibile consciamente, Diviene possibile accedervi solo attraverso il sogno, momento;
3. il SUPER IO ovvero l’insieme delle norme sociali, morali, civili e religiose che ci vengono insegnate dal rapportarci con il mondo esterno e che noi accettiamo.
Il sogno è dunque l’unica finestra sull’ES: Nel sogno, momento in cui dorme i SUPER IO, dall’ES scaturiscono i desideri e le pulsioni ancestrali nascoste, pulsioni talmente terribili da dover costringere il SUPER IO a sedare l’ES e a far dimenticare in gran parte le nefandezze che commettiamo nei sogni, desideri ed azioni che se distintamente ricordate dall’IO, rischierebbero di mettere in serio pericolo la nostra stabilità mentale (in patologia le nevrosi, la schizofrenia derivano dalla manifestazione a livello conscio dell’ES e dalla conseguenti autolimitazioni del SUPER IO ed impossibilità sociali alla realizzazione di questi impulsi.
Nonostante questa dirompente scoperta, il positivismo non muore, ma resta, trovando maggior applicazione nel FUNZIONALISMO ARCHITETTONICO.
EMILE ZOLA
(1840 – 1902) Scrittore naturalista francese (dal 1864) tra i più grandi e fecondi.Vive negli anni della contrapposizione tra positivismo e decadentismo nell’epoca di Napoleone III, la Francia del 2° impero. Il romanzo sperimentale di Zola diviene il laboratorio”clinico”per ricostruire la realtà: egli, infatti, si cala negli ambienti di cui vuol parlare, privilegiando la realtà delle classi più umili, vi vive per alcuni mesi, cerca di conoscerla nella maniera più puntuale possibile quindi riporta nel romanzo ambienti e personaggi derivati dalla situazione sociale vissuta, inserisce dei personaggi adatti alla situazione ed ai luoghi (veri e propri ritratti di gente comune come quella frequentata proprio in quei determinati ambienti) seguendoli poi nello svolgersi degli avvenimenti attraverso rapporti di causa-effetto in un accezione profondamente deterministica. Zola utilizza quindi il romanzo come manifesto di denuncia sociale, cercando, come gli altri scrittori positivisti, di cogliere i mali della società e di trovarne le cure. La “realtà letterale” che ne deriva risponde certamente al vero, ma si rivela costruita da violenze, ingiustizie, sopraffazioni. Zola si ritrova infine a pensare che la soluzione ai problemi delle classi povere possa essere il socialismo. L’accorata difesa data da Zola nel caso Dreyfuss attraverso con la celebre lettera aperta “J’accuse”, dà il segno della grandezza morale e civile, anche a livello europeo, dello scrittore, schierato contro il nazionalismo sciovinista francese (rifiuto e negazione di tutto ciò che non è francese ed esaltazione della francesità) tragicamente infarcito di antisemitismo.
Romanzi: “L’Assomoir” vi si legge l’elemento negativo dell’alcolismo che produce disagi e morte. Hengel asseriva che l’alcool era, per gli operai proletari, l’unico modo per fuggire dalle miserie imposte dalla società industriale;
“Germinal” per la prima volta Zola esalta l’idea socialista quale unico rimedio ai mali del proletariato.

VERISMO
Versione italiana del naturalismo francese, ma da esso discosto per alcuni tratti peculiari derivanti dalla situazione tipica del nuovo Stato Italico immediatamente post-risorgimentale.
Il Regno d’Italia è uno stato realizzato da una minoranza alto borghese settentrionale, fautori di un risorgimento dell’Italia per risollevarsi dalla frammentazione politica e dal giogo straniero e tornare all’antica grandezza. La borghesia “spingeva” per il realizzarsi di questo progetto in quanto era realmente indispensabile il formarsi di un forte stato nazionale solido e concreto, moderno, per poter sviluppare l’economia ed i commerci in un ottica liberista, quindi spinta ideale e concretezza real-economica. Il progetto si realizzò però tramite l’espansione militare dello Stato Sabaudo, sotto la guida di Cavour (il quale oltretutto aveva pensato ad uno stato settentrionale senza il centro-sud). In meridione l’unificazione non era certamente la prima istanza da soddisfare, quanto la lotta alla miseria ed alla fame. Cavour, vista l’estrema diversità delle situazioni socio economiche tra le regioni d’Italia tendeva ad uno stato decentrato, con leggi ad hoc per soddisfare le esigenze diversissime di ogni zona, ma nel giugno’61 dopo la sua morte, venne disgraziatamente attuata una scelta centralista. I Prefetti e gli inviati del governo, non si confrontarono con le realtà locali in cui si trovarono ad operare, ma estesero la legislazione piemontese con il suo carico di tasse alte e regolari e la famigerata leva obbligatoria: soprattutto quest’ultima norma, terribile per le famiglie dei contadini e dei braccianti meridionali che si videro portar via per un lungo periodo di tempo le forze migliori della famiglia, crearono il fenomeno della renitenza alla leva ed ingrossarono le fila del brigantaggio. La risposta governativa fu durissima sia sul lato sociale che economico: vennero impiegati centinaia di migliaia di soldati nella repressione mettendo il meridione in stato d’assedio; alla fine delle operazione belliche risultarono più spese e perdite umane nella lotta contro il brigantaggio che in tutte le guerre d’indipendenza! Queste spese, più i vari deficit dei bilanci degli Stati regionali assorbiti, portarono in rosso il bilancio del Regno. La soluzione adottata dalla destra storica consistette in un drastico aumento delle imposte indirette per raggiungere in 15 lunghi anni di sacrifici il pareggio del bilancio, pareggio raggiunto drenando ricchezza al paese, colpendo peraltro anche i ceti più poveri, e immobilizzando, di fatto, l’economia italiana, nel frattempo l’Italia combatté in altre due guerre per il completamento (o quasi…) del suo territorio nazionale.
Il meridione quindi paga pesantemente il prezzo dell’Unità; la letteratura verista indaga a fondo questo disagio e mette in luce cosa significa la realtà i quegli anni al sud, cosa significhino la leva obbligatoria, la fame, la guerra, il brigantaggio, la povertà quasi assoluta. Il verismo si differenzia però dal naturalismo francese, che cercava di fornire anche risposte e soluzioni ai problemi riscontrati, con un atteggiamento distaccato di sola e mera cronaca, di pura rappresentazione della realtà qual è, manca l’istanza di denuncia del naturalismo.
Il verismo in realtà non fu una letteratura di successo lo stesso Verga il suo esponente più rappresentativo in campo letterario, smise di scrivere dopo i primi due romanzi veristi “I Malavoglia” e “Mastro Don Gesualdo” e i primi due capitoli del terzo romanzo “La Duchessa di Leyra”; vista la non rispondenza dei gusti della borghesia, e quindi l’insuccesso letterario di questa corrente.
VERGA
E’ senza dubbio l’autore più rappresentativo del verismo letterario, anche se non ne è il vero teorico.
Canone dell’impersonalità
Nel caso di Verga è difficile affermare che egli si spersonalizzi completamente dai suoi personaggi, Lui vive e lavora a Milano, fuori dalla Sicilia e quindi ci descrive nelle sue opere una regione basata sui ricordi, sulla sua formazione giovanile, Nella prefazione ad EVA, ci si trova di fronte ad un Verga che ragione sulla situazione socio-economica milanese degli anni ’70, quindi dell’area più economicamente e socialmente avanzata del periodo in Italia. Egli si produce in una specie di denuncia morale su di una società che si basa esclusivamente sui piaceri della carne e della tavola, situazione totalmente diversa da quella della sua isola, in quanto, priva di valori; egli così rimpiange la società che ha lasciato, più arretrata, ma imperniata su reali valori. Verga alfine si muove solo su una spinta moralistica, manca la denuncia del male sociale.
Malgrado Verga adotti dal punto di vista della poetica una tecnica di narrazione precisa, è distante anni luce dalle idee del positivismo, non crede nel progresso da lui conosciuto dei ricchi borghesi privi di valori, e crede così nei valori propri sella sua Sicilia, definisce eroismo l’accettare il proprio stato in quanto, ideologicamente, tentare di modificare il destino è un delitto contro l’ordine naturale e divino precostituito. Quindi Verga non tollera il mettersi in discussione, vi è la costante del dolore, del pessimismo profondo, una sorta di rigidità assoluta,

In “Rosso Malpelo”, Verga costruisce un narratore popolare interno alle vicende, che ragiona come i personaggi della vicenda, non ha niente a che fare con l’autore, che deve compiere un’opera di regressione per arrivare a questo livello di registro linguistico (ma il pensiero di Verga è comunque presente, porta il lettore ad un preciso ragionamento); alla fine della novella emerge comunque prepotente il punto di vista di Malpelo. Emerge l’idea della legge della selezione naturale (il forte vince sul debole), della dura legge economica che tutto governa, anche la vita degli uomini, determinandone il valore esclusivamente in base alla loro utilità ed abilità al duro lavoro della cava; quindi la vita è vista unicamente come dolore, sofferenza, ma la società in cui vigono queste leggi è da essa dominata, da “leggi naturali ed immodificabili”, un ordine strutturato su cui è impossibile intervenire, e la morte è considerata come la liberazione da ciò. I rapporti umani, affettivi vengono, se vengono, dopo tutto ciò Ormai a fine novella, Malpelo, accettato in toto il suo ruolo di emarginato, di diverso, accetta anche un incarico-suicidio, scomparendo in una galleria da esplorare: si rivela così come l’eroe tragico, colui che si carica dei peccati della società per redimerla.
I Malavoglia
Prefazione
Vi è presentato il progetto editoriale di Verga: la stesura di un ciclo di 5 romanzi che esaminino il costo del progresso umano sui vinti dalla vita. Come afferma l’autore “ vista da lontano, la fiumana del progresso è uno spettacolo impressionante; i risultati sono di portata storica, eccezionale, ma guardando bene attraverso quali sacrifici, passioni, soperchierie è passata questa fiumana, essa ha lasciato innumeri spoglie di vite strappate, disfatte, vinte”. Il compito da osservatore assuntosi da Verga sta appunto nel fermarsi ad esaminare i vinti, ovvero chi è caduto nella fiumana, attraverso la redazione di questi romanzi, partendo dalle classi sociali più basse, (i popolani Malavoglia), per salire man mano verso le classi più benestanti ed agiate. Verga però si ferma dopo i primi due romanzi “I Malavoglia” e “Mastro Don Gesualdo” e i primi due capitoli del terzo romanzo “La Duchessa di Leyra” (“L’Onorevole Scipioni” e “L’uomo di lusso”, i restanti due romanzi non vennero nemmeno abbozzati); la borghesia, ovvero la classe che più di tutte le altre acquistava e leggeva libri, non apprezzava tale corrente letteraria (in quel periodo andava per la maggiore piuttosto un genere didattico-didascalico-moralistico quale quello di “Cuore” di De Amicis, libro che doveva solo insegnare come comportarsi in età Umbertina); il verismo verrà riscoperto, nei fatti, solo nel secondo dopoguerra.
I Malavoglia sono una famiglia di pescatori di tipo patriarcale, peraltro proprietari di un’imbarcazione, e quindi con un ruolo di buon livello sociale nell’organizzazione umana di Aci Trezza, che si basa su un ordine immutabile, che si perpetua di generazione in generazione; i ruoli sono fissati, vi è una sorta di continuità assoluta. La convinzione di Verga che emerge dalla narrazione, è che tale immutabile tradizione di schemi ed intenti sia ciò che fa prosperare il nucleo familiare. La vicenda non è identificata in un tempo storico preciso, almeno non ancora, l’aspetto storico non ha importanza, l’ordine immutato ed immutabile trascende la storia, va oltre, la supera e la domina come un disegno divino. La rottura di quest’ordine, effettuata nell’ottica “blasfema” di tentare arricchirsi e cambiar stato sociale, da parte del patriarca della famiglia, sarà l’elemento dirompente, una specie di peccato contro natura, contro la perfezione di quell’immutabile ordine naturale, che porterà alla rovina del clan.
Le vicende del testo
Il nonno patriarca della famiglia Padron ‘Ntoni, decide di acquistare a credito una grossa partita di lupini e quindi di venderla, ma durante il trasporto, la nave dei Malavoglia cola a picco e con essa il carico di lupini ed il figlio di Padron ‘Ntoni Bastianazzo. Perito il figlio e persa la nave, resta però il debito da pagare. Tutto ciò altera inevitabilmente e tragicamente l’equilibrio della famiglia: senza nave vi è scarsa possibilità di guadagno e sostentamento, uno dei nipoti, Luca, partito militare muore nella battaglia di Lissa (ecco una precisa connotazione storica); i Malavoglia si ritrovano così in condizioni di ristrettezza e dolore, arrivando a vendere la casa del nespolo, abitazione atavica dei Malavoglia, per poter pagare i debiti e sopravvivere. Il figlio maggiore di Bastianazzo, ‘Ntoni è l’esatto contrario del padre e del granitico nonno: partito anch’egli militare, va nella grande città, e si rende ben conto che la vita di pescatore non fa per lui. Tornato a casa inizia una relazione con la gestrice dell’osteria, che parallelamente porta avanti da qualche tempo un’altra relazione con il brigadiere della Guardia di Finanza, che copre le attività di contrabbando della “brava donna”. Inevitabile il duello in cui ‘Ntoni ferisce gravemente il brigadiere e finisce perciò in prigione. Una delle nipoti del patriarca si “perde” nella grande città, finendo prostituta. Padron ’Ntoni si ammala e muore. Uscito di prigione il figlio maggiore di Bastianazzo torna alla sua casa per rivederla un’ultima volta (di sera, giacché a girar di giorno si vergogna), e trova Alessi, il fratello minore, il vero continuatore del pensiero del nonno, che ha tenacemente ricomprato la casa del nespolo e riavviato l’attività, si è sposato, ha generato dei figli e mantenuto in casa una delle sorelle. ‘Ntoni capisce che ormai è alieno a quella famiglia, che non ha più un suo ruolo in quella realtà, in quel rinnovato ordine immutabile, pur ora che ha imparato a caro prezzo il valore delle lezioni del nonno e dell’unita familiare; accolto da Alessi, si sfama, visita la casa e poi se ne va.
Padron ‘Ntoni è quindi un vinto, siccome ha tentato di modificare il suo stato, cosa che nella logica Verghiana non è concepibile né possibile.
Tecnica narrativa
I Malavoglia rappresentano una novità stilistica e tecnica nella letteratura del periodo. La letteratura verista è, come già sopraccitato, fondamentalmente regionalistica, legata alle zone, e quindi utilizza una lingua mediata tra italiano e parlato popolare. L’utilizzo di parole tipicamente dialettali, dei soprannomi ecc. fa sì che la lettura risulti complessa, il linguaggio distante.
Verga assomma in quest’opera tutte le caratteristiche del narratore, quindi sia quelle del narratore onnisciente ottocentesco alla Manzoni, che inizia il racconto conoscendo minuziosamente tutta la storia e sceglie il come il quando ed il perché del racconto, ovvero organizza a suo piacimento i fatti e l’ordine in cui raccontarli, sia quelle del narratore esterno alla vicenda, ovvero colui che fotografa la realtà così com’è e la riporta ai lettori senza aggiungere nulla di suo, nessun commento, sia quello di narratore interno “popolare”, che si rivolge ad un lettore che già deve “conoscere tutto”. Questa voce popolare non guida, ma interagisce con il lettore apostrofandolo come un abitante autoctono, un amico cui raccontare le ultime dicerie di villaggio, o la storia di una famiglia come tante.
Risulta evidente che in un ottica verista o naturalista il narratore onnisciente non c’entra nulla. Infatti se si racconta la realtà nel suo divenire non si può sapere nulla di ciò che avverrà anche solo un attimo dopo. D’altro canto il narratore tende a sparire abbastanza spesso ed a lasciare i personaggi in balia di se stessi, utilizzando spesso il discorso diretto, dando così ai personaggi modo di esprimere il proprio punto di vista e l’opinione diretta. Vi è inoltre l’utilizzo del discorso indiretto libero, (erlebte Rede) semplice elencazione dei :>. senza indicazione del soggetto (sottointeso), che riportano il pensiero dei personaggi (questa è una delle forme di narrazione più classiche che esistano).
Ma occorre distinguere tra l’indiretto libero classico, tradizionale, in cui si ha la certezza che il personaggio sicuramente esprima se stesso, la sua opinione, in quanto il narratore ne è solo il tramite, annullandosi, dall’indiretto libero Verghiano, in cui questa certezza latita, in quanto Verga conosce così intimamente bene i suoi personaggi che può imitare le loro parole, le loro risposte, sostituirsi a loro, togliere loro i pensieri in quanto è assolutamente certo delle loro risposte. Verga di volta in volta indossa la maschera del personaggio in un continuo processo di mimesi, e continuamente presenta una miriade di punti di vista diversi gli uni dagli altri, in quanto assumendo la maschera dei personaggi che si avvicendano, non può più esistere il filtro di una sola logica, e quindi vi è il rischio di un caos apparente, si passa così dal campo delle certezze a quello delle possibilità. Verga introduce nel romanzo anche un singolare processo di straniamento, per cui, all’interno del racconto, il punto di vista narrativo, il modo di vedere la realtà e l’oggettività stessa viene letteralmente ribaltato: una truffa può essere così vista come un atto di bontà ed i Malavoglia, da vittime diventano truffatori. Esponente della borghesia, Verga per poter scrivere di e come il popolo, per poter immedesimarsi così bene nei suoi personaggi, deve sottoporsi ad un processo di regresso, abbandonare il proprio status sociale e regredire sino al livello popolano. Per ciò che riguarda il rapporto con il tempo narrativo, nel romanzo (ma questa è una precipua caratteristica anche del naturalismo) si assiste ad una scarsa “manipolazione” di esso: l’esigenza di vedere il racconto in tempo reale, porta lo scrittore ad utilizzare pochissimo strumenti quali il flash back. Ci possono essere dei salti, ma sono essi stessi consecutivi. Nella fisica classica il tempo è una realtà esterna all’uomo, fissa ed immodificabile, mentre per (………) esiste una durata interiore del tempo, che è quindi una realtà modificabile, fatta di attimi uguali che però hanno una diversa durata all’interno della mente umana: infatti il cervello predilige certi momenti, e ne esclude altri. Sempre più così, la memoria diviene importante come tempo narrativo, E la narrazione di Verga, non dimentichiamocelo, appartiene esclusivamente al tempo della memoria, ai suoi ricordi dell’infanzia e della giovinezza della “sua” Sicilia.

Approfondimento ideologico
Tutta questa miriade di interpreti si aggrega intorno a due gruppi fondamentali: la famiglia dei Malavoglia ed il villaggio, due posizioni contrastanti. Il contrasto inizia quando i Malavoglia iniziano a commerciare: il romanzo, infatti, inizia con la famiglia protagonista perfettamente integrata nella realtà locale del villaggio, con i protagonisti che ricoprono gli stessi ruoli da sempre, quasi fossero immutabili ed eterni. Ciò evidenzia il pensiero di Verga, che non prevede in nessun modo eventuali modifiche al proprio status sociale, il mettersi in discussione, non crede nel progresso, ma ordina i ruoli in un disegno immodificabile, provvidenziale, fissato dalla natura, contro cui è folle lanciarsi in avventure di riscatto sociale: idee rivoluzionarie diventano così fortemente reazionarie, la realtà liberista non è contemplata. Vi è la costante del dolore, del pessimismo profondo, una rigidità assoluta Di fronte a questa logica, ci si rende conto della diversità del verismo, e del pensiero di Verga, dal naturalismo francese: non esiste un’istanza di denuncia sociale, ma esclusivamente un discorso moralistico; Verga, infatti, inizia a scrivere queste storie nel momento in cui conosce la nuova realtà italiana dei ricchi borghesi del nord privi di valori, che ricercano solo il piacere, ritenendo quindi migliore il modello siciliano, intriso di buoni valori e arcaiche ed immutabili tradizioni familiari in cui si è formato, arrivando a definire eroico l’accettare il proprio stato sociale.
PITTURA
IMPRESSIONISMO - Modo di ritrarre la realtà che apre la strada alla trasformazione della pittura. L’impressionismo rifiuta la pittura d’accademia: Manet, il fondatore riconosciuto del movimento, afferma che prima di tutto occorre imparare la tecnica classica, poi, una volta imparata, solo allora si può proporre una tecnica nuova ed anticonformista.
1905 – Picasso dipinge “La demoiselle d’Avignon”, primo quadro cubista. Il CUBISMO consiste n un concetto di visualità e percezione di un oggetto che dipende dall’esperienza cercando di ricondurre l’immagine dal concettuale al visuale; la pittura si appiattisce in uno spazio bidimensionale, c’è una riscoperta della cultura primitiva ed il bisogno di ritrovare percorsi culturali vicini all’uomo. Il cubismo è la prima delle avanguardie, seguiranno il futurismo, l’espressionismo, il surrealismo, la metafisica, il dadaismo.

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