opere di Svetonio

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Testo

OPERE DI GAIO SVETONIO TRANQUILLO
Caratteri Generali
Svetonio attinge informazioni utili alla composizione delle sue biografie da varie fonti, quali documenti archivistici, tradizione orale, satire, storiografie, soprattutto anticesaree; egli però non si preoccupa di verificarne la validità. Al giorno d’oggi non si sono riuscite a ritrovare le genesi delle fonti; Svetonio tralasciò sicuramente le opere di Tacito, dal momento che non ne condivideva le idee. La storiografia di quest’ultimo fu definita aristocratica rispetto a quella di Svetonio, definita minore poiché troppo dedita al pettegolezzo; ciò delinea il carattere del destinatario, gli equites, una classe sociale che ama l’esposizione del documento inedito in modo ordinato e preciso, senza ricercatezze nel linguaggio che è molto oggettivo, chiaro e semplice, con un fraseggio rapido e vivace: uno stile, che è [F. Cupaiuolo]; le sue opere possono considerarsi solo un attento lavoro di copiatura e assimilazione. Inoltre l’assenza dei pensieri dell’autore e l’abbondanza delle indiscrezioni, consentono una visione dei fatti con una prospettiva più reale. L’autore si sofferma maggiormente sulla vita privata e sul carattere del personaggio, differenziandone in rubriche le virtutes e i vitia. A ciò può essere dovuto il successo delle opere, perché predilige i pettegolezzi e gli aneddoti, che potevano essere fatti intimi e privati oppure il rapporto coi potenti, in modo da creare un ritratto più completo possibile del personaggio.Le vicende non seguono un ordine logico e cronologico In questo modo rinuncia al classico schema annalistico e scandisce il succedersi dei periodi in base alla durata dei regni degli imperatori, [Funaioli]. Con Svetonio dunque la biografia assume la sua forma definitiva, che fu il modello in base al quale furono raccolte, nel IV secolo, tutte le biografie imperiali sotto il titolo di Historia Augusta. Anche San Girolamo, Petrarca lo presero a modello, altri ne trassero notizie storiche. L’influsso di Svetonio sugli eruditi fu ed è certamente molto rilevante.

Schema Delle Biografie
Lo schema al quale si attiene Svetonio mentre scrive il De viris illustribus e De vita Caesarum è ispirato a quello tracciato da Varrone e Nepote, i primi autori latini che trattarono il genere, di origine greca, della biografia in Roma; per questo motivo le biografie di Svetonio sono definite “alessandrine”. Ecco riportata in seguito il modello invariato al quale l’autore si atteneva per ogni biografia:
- Nome del personaggio trattato (poeta, oratore, scrittore o artista nel De Viris Illusrtibus; imperatore nel De Vita Caesarum);
- Discendenza;
- Infanzia;
- Condizione sociale;
- Studi e formazione letteraria;
- Qualità fisiche, morali ed intellettuali;
- Fatti fondamentali della vita (come attività militari e giochi offerti al popolo nel De Vita Caesarum e opere nel De Viris Illusrtibus);
- Data di morte;
- Dati relativi alle statue dedicate al personaggio trattato.
De Vita Caesarum
Le “Vite dei Cesari” costituiscono l’opera più importante di Svetonio, poiché, oltre a essere giunte ai giorni nostri quasi del tutto intatte, sono un documento ricco di notizie per ricostruire la storia del primo periodo dell’età imperiale. Rappresentano una fonte sostitutiva alle opere non del tutto integre di Tacito, quali gli “annali” e le “storie”. Pubblicate dopo il 121 d.C., le “Vite dei Cesari” sono una raccolta di biografie dei dodici imperatori compresi tra Cesare e Domiziano. Ecco degli esempi di biografia, Nerone paragrafo uno:
Della stirpe Domizia due famiglie si resero famose: quella dei Calvini e quella degli Enobarbi. Gli Enobarbi fanno risalire sia la loro origine, sia il loro soprannome a L. Domizio.
Secondo la tradizione un giorno costui, ritornando dalla campagna, incontrò due giovani, fratelli gemelli, di maestosa bellezza, i quali gli ordinarono di annunciare al Senato e al popolo una vittoria che ancora non era sicura, e per dimostrargli la loro divinità gli accarezzarono così bene le guance che diedero alla sua barba nera un colore rosso, simile a quello del bronzo.
Questo contrassegno particolare si trasmise ai suoi discendenti, dei quali buona parte ebbe la barba rossa.
Quantunque avessero ottenuto sette consolati, un trionfo, due censure e fossero stati elevati al rango dei patrizi, tutti conservarono lo stesso soprannome. Non presero altri prenomi che quelli di Gneo e Lucio; inoltre, particolare significativo, ora ciascuno di questi due prenomi era portato successivamente da tre di loro, ora prendevano alternativamente l’uno o l’altro. La storia infatti ci dice che il primo, il secondo e il terzo degli Enobarbi si chiamavano Lucio, i tre seguenti, l\’uno dopo l’altro, Gneo, e gli altri, alternativamente, Lucio o Gneo.
Personalmente credo che sia importante far conoscere molti membri di questa famiglia, per poter meglio dimostrare che se Nerone degenerò dalle virtù dei suoi antenati, all’incontro i vizi di ciascuno di loro si ritrovano in lui come se glieli avessero trasmessi attraverso il sangue.
Narra la discendenza della famiglia
Questa frase introduce un fatto che naturalmente sarà una leggenda popolare.
Conclude la notizia curiosa, dando la spiegazione della folta barba rossa di Nerone
Spiega la ragione dei nomi della dinastia di Nerone, mischiando talvolta realtà a dicerie.

Con queste parole conferma che le informazioni che va riportando sono tratte da qualche documento imperiale.
Piccola e rara espressione personale.

Nerone, paragrafo ventisei:
Manifestò l’impudenza, la libidine, la lussuria, l’avarizia e la crudeltà dapprima gradualmente e di nascosto e come se si trattasse di errori giovanili, ma in un modo tale che anche allora nessuno aveva dubbi che quei vizi fossero di natura (e) non per l’età.
Subito dopo il crepuscolo, calzato un berretto o una parrucchino, entrava nelle taverne e vagabondava per le strade in vena di follie, d'altronde non inoffensive, visto che era solito picchiare (la gente) che ritornava da cena, ferirla e buttarla nelle fogne se opponevano resistenza, e anche sfondare le porte delle botteghe e saccheggiarle. Mise nel suo palazzo una cantina dove si prendeva il frutto del bottino diviso e messo all'asta.
E spesso, nelle risse di questo genere, corse il rischio di (perdere) gli occhi e la vita, ferito quasi a morte da un tale rivestito del laticlavio (il laticlavio era un distintivo dei senatori), del quale aveva messo le mani sulla moglie, per questo, in seguito, non si avventurò mai più in pubblico a quell'ora senza i tribuni, che lo seguivano da lontano e con discrezione.
Anche in pieno giorno, fattosi trasportare di nascosto in teatro su una lettiga, assisteva dall'alto del proscenio alle dispute dei pantomimi, nel contempo come antesignano e come spettatore, e poiché si era venuti alle mani e si combatteva con e con pezzi di sgabelli, ne gettò anch'egli molti sulla gente e ferì pure gravemente alla testa un pretore.
Espone i vizi di Nerone, dicendo che non erano i normali capricci dovuti all’età ma propri della personalità di colui.
Espone un fatto molto indiscreto e insolito per la vita di un imperatore, in questo modo ne definisce un aspetto molto più realistico e crea un’immagine del Nerone che, assetato di ricchezze, è disposto a tutto.
Così dopo aver corso un grave rischio decide di andare sempre in giro con la scorta. Questo è uno dei piccoli aneddoti di Svetonio.
Ora riporta una sorta di voce, cioè che anch’egli finì per ferire la testa un pretore con uno sgabello.

Tito, paragrafo tre:
Organizzò spettacoli molto spesso stupendi e sontuosi, non solo all’Anfiteatro, ma anche al Circo Massimo. E lì fece eseguire, oltre alle solenni corse di bighe e quadrighe, anche un doppio combattimento terrestre ed a cavallo; tuttavia nell’Anfiteatro organizzò persino un combattimento navale. Inoltre spettacoli di gladiatori e cacce anche notturne, illuminate dalle torce; e non solo combattimenti fra uomini, ma anche fra donne.
Inoltre con le cariche di questore – che, un tempo trascurate, aveva fatto tornare ad essere importanti – fu sempre così presente da dare il potere al popolo di richiedere il bis del suo spettacolo e di introdurre quelli più nuovi con splendore regale. Creò combattimenti navali delle flotte quasi al completo, dopo aver fatto scavare e costruire un lago vicino al Tevere, e stette a guardare sino alla fine dello spettacolo, pur sotto una pioggia scrosciante.
Descrive i giochi organizzati da Tito per il popolo.
Notizia curiosa.
Notizia storica, proveniente probabilmente dell’archivio imperiale.
Presumibile voce popolare.
Diceria.
De Viris Illustribus L'opera sugli "uomini illustri" fu pubblicata dopo il 113 d.C.. Essa comprendeva vari libri dedicati a oratori, poeti, grammatici, rètori e filosofi; di questi, sono sopravvissuti fino ai giorni nostri solamente quelli riguardanti i grammatici e i rètori; altri libri sono stati rinvenuti in frammenti, per altri,invece, è possibile procedere ad una ricostruzione, poiché furono citati da molti scrittori. Il più importante fu Gerolamo che, nel suo libro “Cronaca” fornì informazioni su Terenzio, Virgilio, Orazio e Lucano.
Opere Minori Altri libri scritti da Svetonio sono presenti nella “Suda” ossia il lessico greco - bizantino composto intorno al 1000. Naturalmente le opere sono molto incomplete, ma ne conosciamo i titoli:
• "Historia ludicra", sui giochi romani;
• "De anno romanorum", sul calendario;
• "De genere vestium", sull'abbigliamento;
• "De notis", sulle abbreviazioni e sui segni diacritici usati dagli editori;
• "De republica Ciceronis", sul pensiero politico appunto dell'Arpinate;
• "De regibus", sui re stranieri;
• "De institutione officiorum", sui pubblici incarichi;
• "De rebus variis";
• "De vitiis corporalibus", sui difetti fisici;
• "De rerum natura";
• "De animalium naturis";
• "Roma"enciclopedia sulla vita pubblica e privata dei Romani;
• "Prata", enciclopedia sul mondo umano e su quello del fisco.

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