Ludovico Antonio Muratori

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

Ludovico Antonio Muratori
(Vignola, Modena, 1672 - Modena, 1750)

Ludovico Antonio Muratori nasce a Vignola, presso Modena, il 21 ottobre 1672, da una famiglia di modeste condizioni, che lo avvia agli studi in una scuola dei Gesuiti, dove il giovane si distingue per la pronta intelligenza. Grazie alla sua precoce erudizione, nel 1695 è chiamato a Milano per ricoprire l’incarico di prefetto della Biblioteca Ambrosiana; nello stesso anno viene ordinato sacerdote. È un periodo di studi febbrili, che il Muratori mette a frutto dopo il 1700, quando viene richiamato a Modena come storiografo e archivista della famiglia d’Este: un ufficio che ricoprirà fino alla morte, svolgendo sempre un’intensa attività di ricercatore e di erudito. L’impegno culturale non gli impedisce tuttavia di adempiere con grande scrupolo alla missione sacerdotale, in cui rivela un’acuta sensibilità per i problemi economici e sociali delle classi meno abbienti e per questioni di equità giuridica e fiscale. Muore a Modena nel 1750.
Tra gli scritti del Muratori spiccano i Primi disegni della repubblica letteraria d’Italia, del 1703. In questa opera egli progetta di dar vita ad un’accademia nazionale che raduni i maggiori intelletti della cultura italiana e promuova il progresso letterario dell’intera penisola.
La stessa aspirazione, destinata peraltro a rimanere insoddisfatta, viene ribadita nel trattato Della perfetta poesia italiana, composto nel 1706. Il testo, in tre volumi, delinea e analizza lo sviluppo della storia letteraria dal Petrarca in poi, cercando di chiarire gli scopi educativi e morali ai quali la poesia dovrebbe tendere.
Riguardo alla poesia, è interessante ricordare che il Muratori le affida un posto di rilievo nella formazione dell’individuo, a patto che non sia considerata più importante della conoscenza storica e filosofica. La poesia, insomma, può essere uno strumento per istruire attraverso il piacevole; ma, in quanto frutto della fantasia, avrà pur sempre un ruolo meno rilevante rispetto alla ricerca guidata dalla ragione.
Nelle Riflessioni sopra il buon gusto nelle scienze e nelle arti (1708), l’autore comincia a organizzare un ampio progetto per rinnovare gli “animi impigriti degli Italiani”. Alla base del suo metodo il Muratori pone la nozione di “buon gusto”, che egli definisce “il conoscere e il poter giudicare ciò che sia difettoso o imperfetto o mediocre nelle scienze e nell’arti, per guardarsene, e ciò che sia il meglio e il perfetto per seguirlo a tutto potere”. “Buon gusto”, in altre parole, significa saper scegliere ciò che è meglio in ogni settore della conoscenza, valutando la tradizione e giudicando con equilibrio tra l’antico e il moderno, senza lasciarsi fuorviare né da un eccessivo rispetto della tradizione né dal fascino della novità.
La prima raccolta delle numerosissime ricerche d’archivio compiute dal Muratori è costituita dalle Antichità estensi ed italiane. Parzialmente edite nel 1717 e completate nel 1733 (poi ripubblicate nel 1740), esse comprendono un gran numero di documenti, ritrovati negli archivi in varie parti d’Italia e vagliati con la meticolosa pazienza e la cura che distinguono tutto il suo lavoro di studioso. L’autore ne trae preziose informazioni storiche per ricostruire le origini della casa d’Este e per dimostrare che essa ha pieno diritto al possesso di Comacchio e Ferrara, rivendicate dallo Stato della Chiesa.
Nel Rerum Italicarum scriptores (Scrittori di storia italiana), in ventotto volumi editi tra il 1723 e il 1751, il Muratori raccoglie con metodica cura una mole immensa di materiali, molti dei quali inediti, che comprendono documenti d’archivio, diplomi, statuti, poemi e cronache in latino e in volgare. Illustrato da note introduttive ed esplicative, il testo offre ancor oggi preziosissime informazioni storiche sul periodo compreso tra il 500 e il 1500.
Le Antiquitates Italicae medii aevi (Antichità italiane del Medioevo), pubblicate in sei volumi tra il 1738 e il 1742 e riassunte in italiano nel 1751, ricostruiscono la vita italiana del Medioevo nei suoi vari aspetti: lingua, usi e costumi, leggi e milizia, commercio e monete, atteggiamenti morali e religiosi. L’autore interpreta i fatti in base a rigorose testimonianze storiche e, sebbene credente, non accetta spiegazioni provvidenzialistiche. Anzi, egli ha una posizione fortemente critica verso la Chiesa e i papi, ai quali rimprovera di aver sempre esercitato abusivamente il potere temporale e di aver tenuto un comportamento indegno della loro missione.
Nel 1744 il Muratori si accinge alla stesura di un testo in volgare, che verrà pubblicato nel 1749 in dodici volumi, con il titolo Annali d’Italia. L’opera, che segue anno per anno le vicende italiane dall’inizio dell’era volgare (cioè dalla nascita di Cristo) alla Pace di Aquisgrana (1748), non si rivolge a eruditi o a specialisti della materia, ma vuol divulgare la conoscenza della storia presso i lettori comuni. L’autore lascia quindi in secondo piano l’indagine sulle cause e si limita a narrare gli avvenimenti; lo fa però sempre in modo dettagliato e cercando di rispettare la verità, così da offrire agli Italiani motivi di riflessione sulla loro storia passata e presente, e insegnamenti per un futuro migliore.
Lo stile chiaro e discorsivo, basato su un linguaggio semplice, quasi dimesso, risponde allo scopo di farsi comprendere da molti, per contribuire così ad un’ampia diffusione della conoscenza storica.
Nel 1749 il Muratori dà alle stampe la sua ultima opera, Della pubblica felicità, oggetto de’ buoni prìncipi, nella quale affida ai principi illuminati il compito di garantire la felicità dei sudditi attraverso l’applicazione concreta dei criteri di utilità e di moralità. Egli crede che nel singolo individuo vi sia una spinta naturale verso il bene privato, ma considera socialmente necessario e indice di virtù il fatto che ciascuno sappia rinunciare ad una parte di esso in nome di un più ampio bene pubblico. L’opera è importantissima nella riflessione etica e politica del secolo, perché rappresenta l’anello di congiunzione tra il pensiero del passato e le moderne teorie dell’Illuminismo, riprese pochi decenni più tardi, nel Discorso sulla felicità (1781), da Pietro Verri, uno dei più autorevoli illuministi lombardi.

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