La narrativa filantropico sociale

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IL MANZONISMO. LA NARRATIVA FILANTROPICO – SOCIALE DI CATERINA PERCOTO, DE AMICIS, COLLODI E I DUE LIBRI EDUCATIVI E “NAZIONALI: CUORE E LE AVVENTURE DI PINOCCHIO

La narrativa degli scapigliati restava estranea a un compito educativo nazionale, che rispondesse alle esigenze ideologiche dei ceti dirigenti negli anni difficili successivi all’Unità. Questo compito fu assunto dalla narrativa manzoniana, che vedeva nella questione linguistica e nell’esempio morale dei Promessi sposi uno strumento di unità della nazione, appena costituita e sottoposta a spinte laceranti. La stessa narrativa filantropico – sociale, che fiorì negli anni Cinquanta e Sessanta e che riprendeva i modelli del racconto campagnolo sviluppatosi negli anni Quaranta, affrontava il problema sociale in una prospettiva religiosa e paternalistica che continuava per molti aspetti la lezione manzoniana. Fra questi scrittori di argomento contadino e di ideologia populistica ebbero un ruolo di primo piano Francesco Dall’Ongaro e soprattutto la friulana Caterina Percoto che, dopo aver pubblicato nel 1858 un libro di Racconti, tornò alla ribalta negli anni Ottanta con Novelle scelte e Novelle popolari edite e inedite. Entrambi ebbero una notevole influenza sul giovane Verga fra Storia di una capienza e Nedda. I bozzetti della Percoto sono stati impostati in modo realistico, ma l’adesione sincera al destino dei suoi miseri personaggi popolari non è priva della retorica dei buoni sentimenti.
L’intento pedagogico è più evidente nella narrativa per ragazzi che non casualmente fiorisce in questo periodo e in cui primeggiano due manzoniani moderati come De Amicis e Collodi. Essa nasce in un clima in cui non solo era fortemente diffusa l’esigenza di un’educazione nazionale che formasse gli italiani, ma la scuola e il sistema scolastico nel suo complesso erano fra le maggiori preoccupazioni della classe dirigente.
I centri culturali in cui si sviluppa tale letteratura per l’infanzia sono soprattutto la Torino di De Amicis e la Firenze di Collodi. È in questi due centri che nascono, a poca distanza l’uno dall’altro, due capolavori per l’infanzia che divennero subito famosissimi best sellers: Cuore di De Amicis (1886) e Le avventure di Pinocchio di Collodi (1883).
Edmondo De Amicis fu un intellettuale moderno, capace di capire la politica editoriale spregiudicata di Treves e di adattarvisi, avendone in cambio un enorme successo di pubblico. Egli giocò da subito su due tavoli diversi: quello giornalistico dei reportage e quello del romanzo. I due generi erano unificati dal medesimo editore il milanese Treves, e dal medesimo destinatario di massa: i ceti borghesi e popolari.
Il De Amicis giornalista scrisse libri di viaggio come Spagna (1873), Ricordato di Parigi (1879) e Sull’oceano (1899), resoconto delle terribili condizioni con cui i nostri emigranti affrontavano il viaggio per mare verso l’America.
Il De Amicis narratore e romanziere compose bozzetti sulla vita dei soldati con il titolo di La vita militare (1868) e dedicò molta attenzione al tema della scuola, come mostra Romanzo di un maestro (1890); scrisse però anche opere di vena più ironica e maliziosa, come Amore e ginnastica (1892). Ma il libri più importante resta Cuore (1886), racconto diario di un bambino della buona borghesia torinese che frequenta la terza elementare. Per l’ideologia di cui era espressione e per il tipo di ricezione che ebbe, Cuore fu un vero e proprio “codice della morale laica e progressista” della borghesia postorisorgimentale nell’Italia umbertina. Cuore è innanzitutto il diario su cui Enrico Bottini registra la propria vita scolastica e familiare. I compagni di scuola rappresentano uno spaccato della nuova Italia nelle sue classi sociali, da quelle più umili a quelle più elevate, dai torinesi ai meridionali, dai fanciulli studiosi ai delinquenti.
Non a caso il luogo dove questi diversi mondi devono incontrarsi e unificasi è la scuola, centro di ogni iniziativa educativa dell’Italia postunitaria. Alle pagine di Enrico si alternano poi racconti edificanti che ogni mese il maestro propone agli alunni e i messaggi educativi che i genitori e la sorella lasciano sul suo diario. Quest’ultimo espediente è la struttura stessa del libro, che contrappone esemplarmente i “buoni”ai “cattivi”, rafforzano ovviamente il messaggio pedagogico del libro che vuole esaltare i valori di fondo della nuova Italia: l’esercito, la famiglia, lo Stato, la solidarietà fra le classi sociali e fra Nord e Sud, l’obbedienza, la laboriosità, e criticare qualunque forma di devianza.
Carlo Collodi è lo pseudonimo di Carlo Lorenzini, nato a Firenze nel 1826 e morto nel 1890. Repubblicano, partecipò alle guerre d’indipendenza praticò il giornalismo. Scrisse per bambini, oltre a Pinocchio, Giannettino (1876) e Minuzzolo (1877). Compose anche racconti, macchiete e bozzetti, alcuni dei quali di notevole valore non solo per l’umorismo e per il gusto della caricatura tipico della tradizione toscana, ma per la simpatia che visi mostra per figure di ragazzi irregolari e picareschi. È un elemento, questo, che torna il Le avventure di Pinocchio, uscite dapprima a puntate sul nel 1881 e poi in volume, ampliate, nel 1883.
Anche la vicenda di Pinocchio, come quella di Enrico in Cuore, è una storia di formazione. Di nuovo, nella formazione di un bambino, si riflette quella della nazione: occorre imparare la disciplina del lavoro e dell’obbedienza. Tuttavia Pinocchio è personaggio più libero e fantastico, e la tentazione della trasgressione, per quanto alla fine repressa, mantiene un suo fascino e un suo spazio.
Cuore e Pinocchio conobbero entrambi grandissimo successo. Il primo ebbe quaranta edizioni nel primo anno di uscita e vendette un milione di copie sino al 1923; il secondo, duecento edizioni in quasi tutte le lingue del mondo. Per quasi un secolo le classi dirigenti italiane si sono riconosciute in questi due libri e nel loro progetto ideologico, volto a persuadere all’obbedienza, al lavoro, ai buoni sentimenti; per quasi un secolo le classi dirigenti italiane si sono riconosciute in questi due libri e nel loro progetto ideologico, volto a persuadere all’obbedienza, al lavoro, ai buoni sentimenti; per quasi un secolo i ragazzi italiani sono stati educati attraverso la lettura, spesso imposta, di questi due libri.
Tuttavia si tratta di due opere assai diverse fra loro. Cuore esprime in modo compiuto un progetto ideologico volto a unificare gli italiani e a risolvere le contraddizioni in modo interclassista e umanitario. In Pinocchio questo stesso progetto, pur presente, è condotto nei termini di una favola che lascia ampia parte alla fantasia, al momento ludico, alla gioia della disobbedienza e della birichinata. Di qui la problematicità del suo messaggio e il conflitto delle interpretazioni su Pinocchio che sarebbero impensabili per altro libro. Anzi, Cuore si presenta in particolare, oggi, al rovesciamento parodico, quale quello che ne ha fatto Eco scrivendo un paradossale Elogio di Franti. È ormai dominate la sensazione che Cuore, con il suo sentimentalismo un po’ facile e lacrimoso, corrisponda a una serie di valori storicamente molto definiti e oggi in buona misura superati. La stessa cosa, invece, non si può dire per Pinocchio, che non solamente è l’opera italiana dell’Ottocento ancor oggi più conosciuta fuori del nostro paese, ma conserva una sua indubbia attualità.

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