J. J. Rousseau: il pensiero

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Testo

J. J. Rousseau: il pensiero.
Un posto a parte nell’Illuminismo francese ha Rousseau. L’illuminismo non aveva fatto della ragione la sola realtà umana ,aveva riconosciuto i limiti di essa ,nonché il volume e la forza dei bisogni, degli istinti e delle passioni. Aveva però posto nella ragione la vera Natura dell’uomo ed è su questo punto che Rousseau infrange l’ideale illuministico. Per lui ,infatti, la vera Natura dell’uomo non è ragione, bensì spontaneità, impulso e passione. La stessa ragione devia e si travia se non assume come guida l’istinto naturale. Nell’opera di Rousseau l’oratoria e l’entusiasmo prevalgono sul ragionamento e la dimostrazione .
È lecito chiedersi se esiste un’unità di fondo del suo pensiero che garantisca l’unità della sua personalità di filosofo: in alcune opere (come “La nuova Eloisa”) egli si fa banditore di un individualismo radicale, per il quale l’uomo non può e non deve riconoscere altra guida che il suo sentimento interiore; in altre (come il “Contratto Sociale”) elogia un comunitarismo radicale, nel quale lo Stato civile è posto al di sopra del singolo.
Discorso sull’origine della disuguaglianza.
Punto cardine del pensiero rousseauiano è il contrasto tra uomo allo stato naturale e uomo lo stato civile. La storia della civiltà e del progresso, secondo Rousseau, hanno alienato la mente dell’uomo e gli hanno procurato infelicità.
“Tutto è bene” egli dice all’inizio dell’“Emilio” “quando esce dalle mani dell’Autore delle cose; tutto degenera tra le mani dell’uomo.”
Tutti i beni che abbiamo conquistato, i tesori del sapere non hanno contribuito alla felicità dell’uomo, anzi lo hanno allontanato dalla sua origine ed estraniato dalla sua natura.
Le scienze e le arti sono nate dai nostri vizi e hanno contribuito a rinforzarli.
La nascita della civiltà, allontanando l’uomo dallo stato di Natura, ha generato la disuguaglianza e con essa tutti i mali sociali, per combattere i quali è necessario ripristinare le caratteristiche dello stato naturale, pur in quello civile.
Questo è lo scopo che egli si propone nello scrivere il Contratto Sociale.

Contratto Sociale.
Nel “La nuova Eloisa” si narra di due giovani amanti contrastati dai parenti e dalle convenzioni sociali: è l’affermazione della santità del vincolo familiare fondato sugli istinti naturali.
Il C.S. vuol essere per la politica ciò che la “La nuova Eloisa” è per la famiglia: il riconoscimento delle condizioni per le quali la comunità può ridursi alla Natura, cioè ad una forma di fondamentale giustizia.
Il problema che R. si pone è: “trovare una forma di associazione che tuteli l’associato e i suoi beni con la forza comune, e nella quale l’associato pur unendosi con tutti, non obbedisca tuttavia che a se stesso.”
L’opera è, infatti, la delineazione di un organismo etico-politico nel quale l’individuo non obbedisce ad alcuna volontà estranea, ma ad una volontà generale che egli riconosce per propria e quindi, in ultima analisi a se stesso.
Tale forma di associazione è il contratto, nel quale l’uomo aliena tutti i suoi diritti al corpo politico, esprimente la volontà generale.
Essa non è la somma delle volontà particolari, ma un unico pensiero diretto all’utilità generale. Atti della v.g. sono le leggi, cioè i mezzi per giungere al bene comune.
Intermediario tra il corpo politico e i sudditi è il governo, che ha il compito di eseguire le leggi.
Talvolta accade che i governi degenerino opponendo alla volontà generale una loro volontà particolare, ma in definitiva non hanno alcun’autorità verso il popolo, che è il vero detentore della sovranità.
Un patto sociale stabilito a tali condizioni garantisce, secondo Rousseau, la libertà dei cittadini, in quanto l’individuo obbedendo alla v.g non subisce alcuna limitazione o diminuzione. Infatti, questa legge generale corrisponde alla legge naturale che guidava l’uomo pre-civile: seguendola, l’uomo segue la sua origine.
Lo scopo di questo stato non è di riproporre la libertà naturale, ma una libertà sua sostituta, disciplinata e moralizzata, la quale garantisca nello stato civile ciò che la prima garantiva in quello naturale: la felicità.
La libertà è perciò la vera Natura dell’uomo.
Il pensiero di Rousseau è dunque molto profondo, mirando egli a definire l’essenza dello Stato, che scopre essere l’identificazione della libertà con la legge.

Democrazia e totalitarismo in Rousseau.
Il C.S. rivela un’ambiguità di fondo in Rousseau: da un lato egli si propone come un teorico della democrazia e un filosofo della libertà per l’esplicita affermazione che la sovranità appartiene al popolo e per l’idea di una comunità di cittadini liberi ed eguali; dall’altro egli si fa sostenitore di una democrazia totalitaria e di un collettivismo dispotico, per l’asserita idea di uno stato prevaricante il singolo. Tale contrapposizione troverà esemplificazione nella Rivoluzione Francese, dilaniata tra la proclamazione della libertà e la pratica del Terrore, secondo uno schema che si riproporrà durante l’avvento del comunismo e del nazismo.

L’influenza di Rousseau fu importantissima nella stesura della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”. In particolare cito:
ART.3: “IL PRINCIPIO DI OGNI SOVRANITA’ RISIEDE ESSENZIALMENTE NELLA NAZIONE.”
ART.6: “LA LEGGE E’ ESPRESSIONE DELLA VOLONTA’ GENERALE.TUTTI I CITTADINI, PERSONALMENTE O MEDIANTA I LORO RAPPRESENTANTI CONCORRONO ALLA SUA FORMAZIONE.”

La religione naturale.
Il punto di vista di Rousseau a proposito della religione è espresso nel “Espressioni di fede del vicario Savoiardo”. R. ritiene che la religione, testimoniata oscuramente dal sentimento e dall’istinto, vada legittimata con l’uso della ragione.
Il vicario, infatti, interroga il lume della ragione affinché analizzi le varie opinioni della fede interiori, e accetta solo quelle che dimostrano la massima verosimiglianza.

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