Il libraio di Selinunte

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura

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Data:24.12.2007
Numero di pagine:4
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Testo

Titolo: Il libraio di Selinunte
Autore: Roberto Vecchioni
Casa editrice: Einaudi – Super ET
Anno: 2004
Ambientazione: luoghi reali di un paesino siciliano(Selinunte) in realtà esistente ma in questo libro con trasposizioni surrealistiche
Informazioni sull’autore: Milanese ma dalle origini napoletane, Roberto Vecchioni nasce nel 1943, si laurea nel 1968 in lettere antiche presso la Cattolica di Milano ed insegna greco e latino nella scuola per circa trent’anni,prima di divenire pensionato dopo la carriera di insegnante presso l’università di Torino. Comincia negli anni ’60 a scrivere canzoni per noti artisti come Iva Zanicchi, Ornella Vanoni, Gigliola Cinquetti, Mina. Negli anni ’70 inizia la sua carriera di cantautore partecipando anche nel 1973 al festival di Sanremo. I suoi album prodotti sono circa venticinque, e ne sono state vendute oltre 6 milioni di copie. Oltre al cantautore e all’insegnante, Roberto Vecchioni è anche autore di libri di racconti e poesie.
Trama: Il racconto è direttamente tratto da una canzone dell’autore, intitolata come lo stesso libro.
La storia narra di un libraio sconosciuto e completamente ignoto alla città di Selinunte che decide di aprire qui una libreria, ma non sta in negozio per vendere i libri, ma per leggerli alle persone, quasi a voler “rispolverare” l’interesse per la lettura. Questo modo di fare però non attrae la gente, ma oltre a molta curiosità non suscita altro nella popolazione. Tranne che in un ragazzo, il quale spinto dalla sua inarrestabile curiosità comincia ad andare regolarmente in libreria per ascoltare ciò che il libraio leggeva ad alta voce per un pubblico di sedie vuote. E questo lo fa per moltissimo tempo, finché il libraio non deve chiudere. Man mano che il tempo passa il ragazzo cresce, come la sua cultura e la sua passione verso la letteratura. In un giorno buio si sente tremare la terra e si vede come un insieme di scure copertine volare nel cielo in stormo, come gabbiani. Questi formano un cerchio oscurando il sole, e continuano a muoversi, fino quasi a sembrare un uragano formato anziché da correnti d’aria fortissime, da libri. All’inizio non sembrava ci fosse stata una conseguenza di tutto questo, ma al successivo risveglio gli abitanti di Selinunte si trovarono tutti muti, al limite balbuzienti di parole che non davano senso. Solo il ragazzo non era stato colpito da questa “maledizione”, avendo ancora in sé un interesse sempre più crescente per la cultura.

Riflessioni: L’intento di questo libro, la morale di questa fiaba è chiaro: voler ricordare a noi tutti l’importanza della cultura,dei libri,delle parole in una trasposizione surrealistica che ci mostra come potrebbe diventare e come saremmo costretti a vivere se tutto il sapere contenuto nei libri andasse perduto. Questo è in realtà anche il pretesto per farci guardare dentro (riportando alla luce frammenti da “famigerati” libri della migliore letteratura mondiale come quelli di Manzoni, di Sofocle, di Tolstoj, Leopardi, Shakespeare e tanti altri) e parlare di noi stessi, quasi volessimo controllare noi stessi al fine di non arrivare ad avere un rapporto come quello dei personaggi del libro verso i mattoni di carta dalle scure copertine. La storia ha però un altro senso metaforico,inserendola nel contesto dei nuovi mezzo di comunicazione e dei mass-media: potrebbe essere considerata come un monito per insegnarci che il mezzo di comunicazione anche nell’era moderna( computer,internet,televisione….) non deve essere fine a se stesso ma trasmettere un contenuto ben preciso, ed il contenuto deve stare al centro del significato di tali strumenti: a cosa potrebbe mai servire un televisore senza avere le parole con cui creare un telegiornale,uno spettacolo o un film?! L’uomo ha sempre sentito l’esigenza di una comunicazione con i suoi simili, e nel tempo si è sempre più articolata. La storia ne è testimone, basti pensare all’invenzione (la quale ha segnato addirittura il passaggio dalla preistoria alla storia) della scrittura e alla sua successiva evoluzione: all’inizio era molto
pratica, pittografica (cioè raffigurava semplicemente un oggetto concreto es.leone= leone, non esistevano concetti astratti) poi si è arrivato alla scrittura ideografia (era basata su disegni di oggetti concreti e stilizzati, ma rappresentavano anche un concetto astratto es.leone=leone, forza) fino a giungere alla scrittura fonetica (ovvero a ogni lettera corrisponde un suono) o alfabetica, della quale si pensa sia stata utilizzata primamente dai fenici che la portarono poi in tutta Europa (infatti, l’alfabeto greco deriva direttamente da quello fenicio), ed era formato non da lettere ma da sillabe.
Tutti questi concetti sono racchiusi in un libriccino di appena sessantacinque pagine: questo fa balzare subito all’occhio con quale lessico l’autore abbia scritto tale libro! Questo è dalla comprensione pressoché immediata, ma anche nel complesso dal significato molto profondo.

Commenti: Questo libro devo dire la verità mi è piaciuto molto, per i valori e gli insegnamenti che da.
Anche se ha una svolta surrealistica, è in realtà un racconto attualissimo, visto il grandissimo interesse che alcuni di noi hanno verso la cultura e questi valori.
Ed è inutile prendersi in giro: in alcuni casi, soprattutto nelle società capitaliste (non è una posizione politica, intendiamoci) si sta arrivando ad una “involuzione” della società essendo sempre più in crescita la percentuale di ragazzi che detesta leggere, dato molto allarmante. In questi casi si arriva dal niente all’eccesso, basti pensare che fino al XIX secolo in Italia la scuola fosse diritto di pochi (e ricchi) eletti. Ora invece è (giustamente) un diritto-dovere cui tutti possono accedere. Ovviamente non tutti accedono alle università, vuoi per ragioni economiche, vuoi per ragioni di “testa” qualcuno sceglie di andare a lavorare direttamente dopo la scuola dell’obbligo e su questo non voglio proferir parola perché ognuno di noi è diverso da tutti gli altri. Questo mi sta bene. Ma che i giovani(e mi ci metto anche io pure non essendo di questa manica) inizino ad odiare i libri non mi va giù. Probabilmente sarò io che sono strano, ma adoro la lettura: in casa ho moltissimi libri che vanno da Aristotele a Stephen King. Lasciamo stare quest’argomento, è un tasto dolente. Ritornando al libro, ribadisco che la morale della fiaba raccontataci da Vecchioni riflette molto l’involuzione culturale che si sta cominciando ad avere nelle società consumistiche e “ricche” come ad esempio la nostra. Ed è proprio il significato di questo libro ad avermi colpito molto e ad avermi portato ad avere una posizione positiva verso di esso, rispecchiando (quasi) esattamente il mio pensiero circa la fine delle società dei “muti”: senza parole non ci sono libri, senza libri non c’è cultura.

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