Giacomo Leopardi: vita e opere

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Testo

GIACOMO LEOPARDI

Nasce il 29 giugno del 1798 a Recanati in una famiglia gretta e chiusa che lo preservò dalle relazioni con gli altri coetanei
Egli si rende conto di essere un genio fuori dal comune, ma capisce anche che questa sua genialità non lo porterà alla felicità perché questa gli è preclusa da un aspetto fisico orripilante, e da una salute molto cagionevole: in una società tanto imperniata su valori estetici non potrà mai essere riconosciuta la straordinaria bellezza del suo animo. Infatti tutti i suoi amori si riveleranno dei fallimenti
Leopardi è come Foscolo un classicista, un illuminista e un ateo convinti. Contrasta i romantici vede nelle loro illusioni un modo per sfuggire alla realtà; per lo stesso motivo condanna i cattolici e i credenti in generale: la fede è un modo per sfuggire alla realtà, ritiene che i religiosi non abbiano il coraggio di accettare che dopo la morte non c’ è nulla.
Fino al 1809 la sua educazione è affidata a dei precettori, dai quali all’ età di 11 non aveva ormai più nulla da imparare, per questo continuò da solo la sua educazione nella biblioteca paterna
Tra il 1809 e il 1816 Leopardi lesse quasi tutti i 16.000 testi della biblioteca in quelli che egli stesso chiamò i “sette anni di studio matto e disperatissimo”. Imparò il greco, il latino e l’ ebraico, si formò una prodigiosa cultura da filologo e da erudito settecentesco e scrisse dissertazioni filologiche, traduzioni di opere classiche…ma questo periodo di studio esagerato gli rovinò la salute (cominciò ad avere i primi problemi agli occhi) e compromise l’ equilibrato sviluppo nel periodo più delicato della formazione psicofisica
Nel 1816 Leopardi stringe amicizia con Pietro Giordani, un classicista che si accorse subito del grande genio del ragazzo, e che lo spinge ad entrare attivamente nella polemica tra classicisti e romantici scoppiata a seguito dell’ articolo di Madame de Stael “Sulla maniera e l’ utilità delle traduzioni”, Leopardi scrive così un articolo in merito rimasto pressocchè ignorato intitolato “Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica”
In Leopardi filosofia ed opera letteraria andranno sempre di pari passo, egli oltre che come grandissimo letterato sarà considerato anche per la validità del suo pensiero filosofico
Nel 1823, ottenuto il permesso dal padre, si allontana per la prima volta da Recanati per recarsi a Roma, ospite di uno zio. Il viaggio si rivela una grande delusione: il mondo fuori da Recanati non era come se lo era immaginato. L’ unica esperienza di questo viaggio che ricorderà con piacere sarà la visita alla tomba del Tasso.
Tra il 1827 e il 1833 Leopardi è a Bologna, Pisa e Firenze (dove conosce Fanny Targioni Tozzetti, Viesseux e gli intellettuali del giornale “L’ Antologia”)
Nel 1833 va definitivamente via da Recanati, recandosi a Napoli dall’ amico Ranieri
Muore a Napoli il 14 giugno 1837 probabilmente di colera
La divisione tra GRANDI e PICCOLI IDILLI risale al Croce, ed è pertanto superata.
La vita del Leopardi viene solitamente divisa in 4 fasi:

A. PRIMA FASE (1816-1819): DALL’ ERUDIZIONE AL BELLO (=alla poesia)

1. Elabora la teoria del PESSIMISMO STORICO: prima credeva che l’ infelicità riguardava solo se stesso (per la sua infermità, infanzia recanatese…), poi vede che invece era una costante in tutta l’ umanità e ne ritrova la causa dapprima nella ragione (si parla di pessimismo storico) e poi nella natura (pessimismo cosmico)
2. La natura è vista in chiave positiva, come datrice di illusioni e fonte dell’ immaginazione
3. La ragione è vista come elemento negativo perché allontana l’ uomo dallo STATO DI NATURA. Leopardi riprende le concezioni roussoniane secondo cui il progresso sarebbe la causa dell’ infelicità umana perché avrebbe creato una frattura tra l’ uomo e la natura, frattura che nello stato primigenio non esisteva: l’ uomo nello stato di natura viveva in armonia con la natura
4. Secondo una posizione apertamente CLASSICISTA Leopardi afferma che la natura è il riferimento dell’ uomo ed è datrice di immaginazione ed illusioni
5. La POESIA è l’ attività che permette all’ uomo il recupero di quell’ immaginazione corrotta con il progresso. La forma preferita di poesia è la LIRICA considerata da Leopardi “voce del cuore e dell’ anima” poiché si presta molto all’ introspezione, e il tipo di componimento lirico preferito da Leopardi è l’ IDILLIO. L’ IDILLIO è un genere di origine greca, che ha in Mosco e Teocrito i suoi maggiori esponenti, nella classicità esso aveva però carattere esclusivamente pastorale, bucolico, vi si rappresentava quindi la natura (Virgilio si ispirerà a Teocrito per le Bucoliche), mentre Leopardi alla rappresentazione della natura aggiunge il dato introspettivo.
6. Nello Zibaldone definisce l’ Idillio come esprimenti, situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo

B. SECONDA FASE (1819-1824): Fase intermedia detta DAL BELLO AL VERO (=alla filosofia)

1. Nel 1819, dopo una visita del Giordani, tenta la fuga da Recanati ma senza successo
2. In conseguenza del fallimento si aggravano le sue condizioni fisiche (una malattia agli occhi lo costringe ad una lunga inattività)
3. Il suo interesse si riversa sulla RIFLESSIONE FILOSOFICA, per cui tralascia l’ attività poetica (scrive però canzoni filosofiche). Si chiede se la natura era davvero una realtà così positiva come egli aveva pensato, e se la ragione fosse la vera causa dell’ infelicità umana: rivede le posizioni del pessimismo storico
4. Conversione filosofica al MECCANICISMO e al SENSISMO
5. Meditazione sul DOLORE e sulla NOIA
6. Formula la TEORIA DEL PIACERE: il piacere è appagazione del proprio essere nella sua globalità, ma poiché il piacere è una realtà infinita mentre l’ uomo è finito, esso non è raggiungibile. L’ uomo ha 2 soli modi per raggiungere il piacere: l’ ATTESA di un evento futuro positivo (cfr. Il sabato del villaggio) o la TREGUA tra un dolore e l’ altro (cfr. La quiete dopo la tempesta)
7. Elabora il concetto del RICORDO (o rimembranza), un concetto dal duplice significato: il ricordo è visto come un qualcosa di vago ed indefinito ed in quanto tale esso è fonte di piacere per l’ uomo, anche perché permette di rivivere le piacevoli speranze e illusioni del passato; ma d’ altra parte anche motivo di dolore perché fa acquisire la consapevolezza della vanità delle illusioni nutrite, poiché le speranze passate non si sono attualizzate
8. Tra il 1819 e il 1820 scrive i PICCOLI IDILLI (o semplicemente IDILLI): l’ Infinito, la sera del di di festa, alla Luna, il sogno, la vita solitaria
9. Tra il 1818 e il 1822 compone le CANZONI, un genere poetico di antica tradizione storica (dal ‘300 in poi) per il quale Leopardi si rifà al Petrarca (cfr. Il Canzoniere), egli è quindi un classicista. Ci sono 2 tipi di canzoni, a seconda degli argomenti trattati:
- DI ARGOMENTO CIVILE E PATRIOTTICO: emerge la considerazione del passato come modello etico e culturale positivo in opposizione allo squallore del presente (Ad Angelo Mai, quand’ ebbe ritrovato i libri di Cicerone della repubblica)
- DI ARGOMENTO FILOSOFICO (sono solo 2): è affrontato il tema del suicidio, come atto dettato da ragioni sociali e politiche (è il caso del Bruto minore), o visto dal punto di vista esistenziale (L’ ultimo canto di Saffo)
10. Dal 1823 abbandona la forma poetica dicendo di non avere più ispirazione, moltiplica però le riflessioni nello Zibaldone. Nell’ Epistola al conte Carlo Pepoli parla appunto dell’ aridimento della sua immaginazione. Il silenzio poetico durerà fino al 1827

C. TERZA FASE (1824-1830): IL PESSIMISMO COSMICO

1. In seguito alla delusione per il fallimentare viaggio a Roma intrapreso nel 1823, ha una seconda crisi esistenziale che lo porterà al pessimismo cosmico
2. Nel 1824 pubblica le “Operette morali” nelle quali affronta tematiche filosofiche in modo apparentemente scherzoso e satirico, dice infatti di volersi ispirare a Luciano di Samosata, autore greco del III sec. a.C. di dialoghi satirici. I temi trattati sono: dolore, noia, vanità, relativismo etico, infelicità.
3. Approda al PESSIMISMO COSMICO (ufficializzato dal Dialogo tra la Natura e un islandese) capovolgendo drasticamente le sue precedenti riflessioni: è la natura la causa dell’ infelicità umana e la ragione è lo strumento che permette all’ uomo di raggiungere la reale consapevolezza del suo stato, lo strumento che demolisce ogni illusione e che permette di affrontare con coraggio e lucidità la dura realtà (cfr. Pascal). È l’ approdo ad un drastico e doloroso MATERIALISMO.
4. “La natura non da la vita ma solo l’ esistenza” dallo Zibaldone
5. L’ infelicità è parte dell’ essere umano in quanto tale, è insita nella natura stessa dell’ uomo: il dolore è la noia sono ontologici
6. Nel 1828 torna alla lirica dopo l’ abbandono del 1819, quando aveva scritto i piccoli idilli, dedicandosi all’ approfondimento di 2 elementi: il RICORDO e il VAGO E L’ INDEFINITO, si parla così di POESIA DELLA RIMEMBRANZA e di POESIA DEL VAGO E DELL’ INDEFINITO. Compone quelli che vengono chiamati i GRANDI IDILLI o CANTI PISANO-RECANATESI: A Silvia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il passero solitario, Il canto notturno di un pastore errante dell’ Asia, Le Rimembranze (o Ricordanze). In questi canti Leopardi fonde la poetica e la filosofia, infatti in ognuno di essi si può ritrovare una parte riflessiva (consapevolezza del vero) ed una idilliaca (vago e indefinito) eccezione fatta per Il canto notturno di un pastore errante dell’ Asia, l’ ultimo dei canti pisano-recanatesi (ottobre 1829 – aprile 1830), che presenta alcune novità rispetto ai precedenti e alcune analogie con Dialogo tra la Natura e un islandese: è il personaggio stesso a parlare, facendosi portavoce di un messaggio filosofico; il protagonista è un selvaggio (come l’ islandese); la vita è dolore ed è un viaggio verso il nulla (come il viaggio dell’ islandese); l’ uomo non può conoscere il senso della vita; la Natura è ostile ed estranea rappresentata da un paesaggio metafisico e astratto, ma non è più matrigna, piuttosto non può e non deve interferire nel destino degli uomini; la Natura è umanizzata come nel Dialogo.
7. A Silvia è il primo esempio di CANZONE LIBERA, esempio seguito in tutta la successiva poetica leopardiana.
8. Le canzoni, i piccoli idilli (o semplicemente idilli), i canti pisano-recanatesi e le ultime liriche vennero riunite da Leopardi nell’ edizione de “I Canti”

D. QUARTA FASE (1830-1837): L’ ULIMO LEOPARDI

1. Leopardi è più interessato all’ impegno politico e civile, partecipando al circolo fiorentino degli intellettuali che partecipano all’ edizione del giornale “L’ Antologia”
2. Si scaglia contro la cultura progressista del tempo con opere satiriche e ironiche come Paralipomeni della batracomiomachia (1830) e I nuovi credenti (1836)
3. Nel 1831 esce a Firenze la prima edizione de I Canti, nel 1835 viene pubblicata invece l’ edizione napoletana contenente anche le liriche del ciclo d’ Aspasia
4. Nel 1832 scrive le ultime operette morali, il Dialogo di Tristano e di un amico e il Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere, nel quale Leopardi fa una palinodia (ovvero una apparente ritrattazione delle sue posizioni). Il testo risale al periodo del soggiorno fiorentino del poeta, quando egli era in aperto contrasto con i cattolici progressisti riuniti intorno al gabinetto di L. di Viesseux. Cominciano ad affiorare le tematiche che saranno oggetto della Ginestra.
5. Vive una travolgente passione amorosa per Fanny Targioni Tozzetti: è l’ ennesima delusione della sua vita, infatti la ragazza si innamorerà dell’ amico Antonio Ranieri (presso il quale Leopardi nel 1833 andò a vivere a Napoli). Quest’ esperienza lo porta a scrivere intorno al 1833 le liriche del CICLO D’ ASPASIA: Il pensiero dominante, Consaldo, Amore e morte, A se stesso, Aspasia. Aspasia era l’ amante di Pericle.
6. Gli ultimi canti composti dal poeta sono la Ginestra o il fiore del deserto (1836) e il tramonto della Luna (1837, che alcuni dicono essere stato scritto poche ore prima di morire)
7. La Ginestra è il testamento spirituale del poeta, nel quale appare un barlume di ottimismo nella concezione filosofica di Leopardi, egli infatti dice che c’ è un modo per affrontare le avversità e le ingiustizie della vita: l’ alleanza tra gli uomini, la solidarietà. Inoltre in quest’ opera il poeta si produce in una vera e propria esaltazione dell’ illuminismo. Il linguaggio di questa poetica non è più vago e idilliaco, ma più vero e talvolta aspro e duro, non vi è più l’ attenzione esasperata per la scelta di termini soffici, di rime e versi scorrevoli e musicali
L’ ultima poetica leopardiana inizialmente venne considerata inferiore a quella pisano-recanatese, ma venne successivamente rivalutata dal critico W. Binni (nel 1947) che ne mise in luce il forte TITANISMO presente. Il poeta infatti afferma se stesso acquisendo la consapevolezza della realtà e avendo il coraggio di osservarla senza illusioni, ma fa trasparire una luce nell’ oscurità del suo pessimismo, la utopica speranza di unità e di fratellanza auspicata nella Ginestra

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