Analisi metrica e retorica

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Testo

ANALISI METRICA:
Endecasillabo: tradizioni della lirica maggiore così come il settenario (Petrarca). Trisillabo solo con Ungaretti.

Il verso
1. Si ha SINERESI quando all’interno di una parola due o tre vocali contigue vengono computate come una sillaba sola; es. e da’ suoi (conta come una sillaba) preghi per fuggir si sciolse, l’avea (1 e 2 sillabe) poscia in battaglia, incontra gente
2. Si ha invece la SINALEFE accorcia la frase unione di due sillabe che finiscono e iniziano con vocale (s’accorcia la frase); es. d’ogni parte intera…part’intera
3. Meccanismo che allunga è la DIERESI (solitamente indicata con i due puntini sulla vocale)
4. c’è la DIALEFE, che si ha a) dopo vocale finale tonica di parola monosillaba o polisillaba [“Restato m’era, non mutò (conta come una sillaba) / aspetto], b) dopo dittongo discendente finale di parola monosillaba o polisillaba e dinanzi a parola monosillaba o polisillaba [Guar-dai in alto e vidi le sue spalle], c) dinanzi e dopo monosillabi, senza riguardi alla finale della parola precedente, specialmente quando s’incontrano parole monosillabe (interiezioni, oh, ah,), congiunzioni , pronomi personali, forme verbali
La dieresi rallenta il ritmo, la sinalefe l’accelera (Foscolo), così come la prima è usata per descrivere pacatezza e la seconda per descrivere angoscia.
Figure metriche:
• Può esserci anche ELISIONE quando due vocali si incontrano nell’interno del verso e se ne può eliminare una; es. “Ov’Amor , te sol Natura mena”, “Certo omai non tem’io”…
• Nell’interno del verso si presentano altri casi di caduta della vocale finale; questo viene chiamata APOCOPE; a) caduta della vocale dopo –r, -l, -m, -n… [parlar…], b) dopo dittongo discendente [in Petrarca e Carducci, Dante: se’ (sei), sta’ (stai)…], c) dell’intera sillaba finale [arcaica, Vo’ il tuo campo e la donna e la virtude, per voglio…].
• Dal toscano antico sono passati nella lingua poetica alcuni casi di AFERESI, vale a dire di caduta della vocale iniziale in seguito ad enclisi (quando la parola si appoggia alla parola precedente); i casi più frequenti sono: l’articolo Il; il pronome accusativo il corrispondente al moderno lo; in preposizione e prefisso , alquanto spesso in presenza di e congiunzione e no = non; es. Ma s’io no ‘l dissi, chi sì dolce apria
Nella poesia italiana si ha un enjambement quando ad esempio il sostantivo viene separato dall’aggettivo o il complemento dal predicato, ovvero quando il discorso termina in pieno endecasillabo o solo una parola di una frase viene relegata nel verso seguente. Esempi in “Voi ch’ascoltate…”.
RITMO: all’interno di un verso oltre all’accento principale fisso ve ne sono diversi altri. La posizione di questi accenti determina il ritmo del verso.
Versi piani: se alla fine del verso si trova una parola piana, cioè con l’accento sulla penultima sillaba. Sono da considera così anche quei versi che si chiudono con un dittongo atono in –i, -io, -ia, -ie…
Versi sdruccioli: se alla fine del verso si trova una parola sdrucciola, cioè con l’accento sulla terzultima sillaba
Versi tronchi: se alla fine del verso si trova una parola sdrucciola, cioè con l’accento sull’ultima sillaba per caduta della sillaba finale (es. città…)
La rima
1. Baciate (AA BB CC)
2. Alterne (AB AB)
3. Invertite (CDE EDC nelle terzine di un sonetto)
4. Incrociate o abbracciate (ABBA ovvero CDC CDC)
5. Difficili: quelle che rimano parole con terminazioni scarsamente frequenti (abbo-gabbo…)
6. Facili: mettono in rapporto terminazioni frequenti come suffissi o desinenze verbali
7. Equivoche: quelle che fanno rimare due parole tonicamente eguali ma semanticamente diverse (danno voce verbale e danno sostantivo), cioè sono uguali di suono ma diverse di significato
8. Derivate: rimano voci diverse ma derivate dalla stessa radice (guardi, sguardi….)
9. Ricche: quelle in cui sono identici altri fonemi che precedono l’ultima vocale tonica
10. Rime al mezzo o rime interne: quando a rimare non sono due parole poste a fine verso ma due parole di cui una almeno è posta all’interno del verso. Se la parola interna chiude il primo emistichio si dice rimalmezzo; se la parola si trova in altra posizione si dice rima interna.
Esempio:
Mai non v’ più cantar com’io soleva
Ch’altri no m’intendeva; ond’ebbi scorno:
E puossi in bel soggiorno esser molesto.
Il sempre sospirar nulla releva.
Già su per l’alpi neva d’ogn’intorno;
Et è già presso al giorno ond’io son desto
Sono detti versi sciolti questi versi che non sono legati reciprocamente alla rima.
La strofa:
La forma della strofa è determinata dal tipo di versi usati (endecasillabo, settenario, ecc.), dal numero dei versi e dalla disposizione delle rime.
Le strofe della lirica antica
Canzone: può dirsi composto da un numero variabile di stanze (due o più), a loro volta distinte in fronte e sirma. La fronte di solito si divide in due piedi identici, mentre la sirma può più o meno dividersi in due volte identiche e simmetriche. Il numero delle strofe è vario; esso va da cinque a sette, raramente di più (eccezionalmente lunga la canzone “Vergine bella” del Petrarca). La canzone di può chiudere con un’ulteriore strofa che si chiama commiato.
La sestina: ABABCC
Sonetto: composto da due quartine (corrispondenti ai piedi della fronte) e da due terzine (14 versi). Le quartine presentano rime alterne ovvero incatenate (ABAB, ABAB) o rime abbracciate (ABBA, ABBA). Le terzine presentano questi schemi: CDC, DCD [rime alternate], CDE, CDE,[rime replicate], CDE, EDC [rime alternate].
Madrigale: formate da due o tr strofette di tre versi ciascuna seguita da uno o due coppie di versi a rima baciata; i versi sono tutti endecasillabi, complessivamente almeno sei e sempre di numero inferiore a 14.
Ballata: identica alla canzone ma con ritornello. Consta solo o di endecasillabi o di settenari ovvero di endecasillabi con settenari.
I metri non lirici della poesia antica:
a) La terzina (o terza rima): metro continuo in cui ogni unità è legata alla precedente mediante rime incatenate ABA BCB CDC. Usato da Dante ma anche da Petrarca…
b) L’ottava (ottava rima o stanza): schema ABABABCC
c) Il distico: coppia di versi a rima baciata
Forme liriche dal Rinascimento all’età moderna:
a) Canzone a strofe libere (Monti, Alfieri, Foscolo, Mazoni, Leopardi per la poesia patriottica, Petraia per le canzoni politiche)
b) Ode: formata da strofe di cinque o sei versi, tutti endecasillabi o settenari, secondo lo schema: aBbAcC ovvero aBabB…(da Orazio)
c) Ballata romantica: per il Carmagnola…Adelchi…: Le strofe sono per lo più sei, sette o versi versi…
ANALISI RETORICA:
Fra i tropi (traslati):
Metafora: sostituzione di una parola con un'altra il cui significato letterale da in relazione di somiglianza col significato letterale della prima. In altri casi è descrivibile come una similitudine abbreviata, privata cioè degli elementi che renderebbero esplicito il paragone.
Esempi:
• Ridon or per le piagge erbette e fiori (Petrarca)
• Non accorgendosi dell’amoroso veleno, che con gli occhi bevea (Boccaccio)
• Sparge un fiume di lacrime nel petto (Ariosto)
• La fera (= donna) che scolpita nel cor tengo
• Rimira…tra le ninfe del ciel (=stelle) danzar la luna (Marino)
• Così tra questa immensità s’annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mare (Leopardi)
Sinestesia: forma particolare di metafora che implica il trasferimento del significato da un dominio sensoriale a un altro accostando un aggettivo pertinente alla sfera sensoriale dell’udito a un nome pertinente alla sfera sensoriale della vista o viceversa
Esempi:
• d’ogne luce muto…
• dove ‘l sol tace (Dante)
• Fresche le mie parole ne la sera ti sien come il fruscio che fan le foglie (D’Annunzio)
Metonimia: sostituzione di un termine con un altro che rispetto al primo sta in un rapporto di contiguità di tipo logico o materiale:
• causa per effetto: “vivere del proprio lavoro”, “di meraviglia credo mi dipinsi” (Dante) “che a sì dolce plettro”
• effetto per la causa: “guadagnarsi la vita col sudore”, “alquanto del color cosperso, che fa l’uom di perdon talora degno”
• materia per l’oggetto: “Fatto segretamente un legno armare…si mise in mare”
• contenente per il contenuto: “bere un bicchierino”
• concreto per astratto: “messagger, che porta olivo” (Dante), “a chi piace la chierica, a chi la spada” (Ariosto)
• astratto per concreto: “le grandi potenze”, “Fiorenza…si stava in pace…” (per indicare i cittadini), “povertà di Catalogna” (Dante per indicare i miserabili catalani)
Sineddoche: si ha quando la relazione tra i termini è di tipo estensionale (specie per il genere, la parte per il tutto)
Esempi:
• La specie per il genere: “avere il pane per vivere” (invece degli alimenti)
• La parte per il tutto: “una vela solcava il mare”, ciglia per occhi
• Il tutto per la parte: ho dipinto casa
Perifrasi: circonlocuzione, un giro di parole usato in sostituzione di un termine singolo o di un’espressione più sintetica.
Esempi:
• “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole (in cielo)
• “l’inclito verso di colui che l’acque cantò fatali” (Omero)
Iperbole: che è un’espressione che implica l’esagerazione di una qualità, di un’azione, di un concetto portata al limite del verosimile.
Esempi:
• Uno spirto celeste, un vivo sole fu quel ch’io vidi (Petrarca)
• Fracassa l’acciaio e la testa e l’ossa / Entrambi gli occhi gli fece schizzar fuori dal capo
Ironia: espressione che lascia intendere che chi parla o scrive vuol significare l’opposto o un concetto molto diverso dal senso letterale dell’espressione utilizzata.
Esempi:
• Godi, Fiorenza, poi che sei sì grande che per cielo batti l’ale e per lo ‘inferno tuo nome si spande (Dante)
• Signor, ch’io spero un dì veder maestro e dittator di graziosi modi all’alma gioventù che Italia onora (Parini)
• Dipinte in queste rive son dell’umana gente le magnifiche sorti e progressive (Leopardi)
Antonomasia: sostituzione di un nome proprio con un termine che ne indichi la funzione, l’attività e comunque l’elemento caratterizzante.
Esempi:
• Lo Nemico per indicare il Demonio
• Una forma di antonomasia è l’uso del patronimico, ad esempio Tidide, per designare Diomede, figlio di Tideo…
Fra le figure:
Allitterazione: ripetizione di una lettera o di un gruppo di lettere in una o più parole successive
Esempi:
• E caddi come corto morto cade (Dante)
• Parea posar come persone stanca (Petrarca)
Anacoluto: frase in cui la seconda parte non è connessa alla prima in modo sintatticamente corretto.
Esempi:
• Giugnendo egli alla casa, ricevuto solo dentro dall’uscio, il chierico l’ammazzò
• Pigli adunque Vostra Magnificenza questo piccolo dono con quello animo che io lo mando: el quale se da quella gia diligentemente considerato e letto, vi conoscerà dentro uno estremo mio desiderio (Machiavelli dove “el quale” è soggetto lasciato in sospeso, mentre il costrutto più regolare vorrebbe: “el quale se Vostra Magnificenza leggerà”
Anadiplosi o reduplicatio che è una forma di ripetizione e in particolare la ripetizione della parte terminale di un sintagma o di una frase, all’inizio del sintagma o della frase successiva (…x / x…).
Esempi:
• “…come calore in clarità di foco / Foco d’amore in gentil coro s’aprende (Guinizzelli)
Anafora: ripetizione di una o più parole all’inizio di periodi, frasi e magari versi successivi
Esempi:
• Per me si va nella città dolente / per me si va nell’etterno dolore
• Ora c’insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri (Leopardi)

Anastrofe o inversione di due o più parole rispetto all’ordine abituale o normale in cui si dispongono nella frase (affine all’iperbato, frequentissima in poesia e nella prosa latineggiante).
Esempi:
• Convenevole cosa è, carissime donne (Boccaccio)
• O anime affannate, venite a noi parlar (Dante)
• E pianto, ed inni, e delle Parche il canto (Foscolo)
• Allor che all’opre femminili intenta (Leopardi)
• E profondissima quite io nel pensier mi fingo (Leopardi)
Antitesi che è la contrapposizione di concetti opposti o comunque fortemente divergenti.
Esempi:
• E se gli altri augelli contenti, a gara insieme per lo libero cielo fan mille giri..tu pensoso in disparte il tutto miri
• Non fronda verde, ma di color fosco /non rami schietti, ma nodosi e ‘involti ( non pomi v’eran, ma stecchi con tosco (Dante)
Apostrofe che è il rivolgersi direttamente a persona o cosa assenti e in genere diverse dal pubblico cui il messaggio nella sua globalità è indirizzato.
Esempi:
• Godi, Fiorenza, poi che sei sì grande (Dante)
• Italia mia, benché il parlar sia indarno (Petrarca)
• O sonno..
• Ahi pazza Italia (Parini)
Asindeto: forma di coordinazione attuata senza esprimere congiunzioni e polisindeto con congiunzioni, specie se ripetute.
Esempi:
• le donne, i cavalieri, l’arme… (asindeto)
• E mangia e bee e dorme e veste panni (polisindeto)
Assonanza e consonanza: figure di rilievo particolarmente nei testi poetici (in relazione alla rima e ad altri aspetti metrici) che consistono nell’identità di vocali in due termini vicini (ma separate da consonanti diverse, altrimenti non si avrebbe rima) e nell’identità di consonanti in due termini vicini (ma in presenza di vocali diverse).
Esempi:
Per il primo caso:
• Dolore / forte / lasso / guardo
Per il secondo caso:
• Morte / conforto, alquanto / talento
Chiasmo: disposizione di parole corrispondenti in ordine invertito (secondo lo schema ABBA o ABBCCBA…) in due frasi successive.
Esempi:
• pace non trovo…e non ò da far guerra…
• segue chi fugge a ci la vuol s’asconde
Climax: enumerazione di termini che hanno significato gradatamente più intenso (climax ascendente) o meno intenso (climax discendente).
Esempi:
• al ciel ch’è pura luce / luce intellettual, pieno d’amore /amor di vero ben pien di letizia / letizia che trascende ogni dolore (Dante)
• un valente uomo di corte e costumato e ben parlante (Boccaccio, che al vertice pone l’eloquenza)
• che voglia alcun così infamare il nome / de la sua donna e crede e brama e spera (discendente, perché segnala in Orlando il passaggio da una certezza a un desiderio intenso a una speranza sempre meno convinta)
Endiadi: consiste nell’uso di due termini coordinati fra loro invece di un’espressione composta da due membri l’uno subordinato all’altro
Esempio:
• nella strade e nella polvere ( invece che nella strada polverosa)
Enumerazione: è una rapida rassegna di oggetti, qualità, individui..Può presentarsi sotto forma di asindeto o di polisindeto o in forma miste.
Esempi:
• Verde river a lei rasembor e l’are tutti color di fior, giano vermiglio, oro ed azzurro e ricche gioi per dare (Guinizzelli)
Ipallage o enallage consiste nell’attribuire un aggettivo a un sostantivo contiguo a quello a cui propriamente andrebbe attribuito.
Esempi:
• il divino del pian silenzio verde (Carducci, può essere anche un iperbato incrociato da intendere: “il divino…silenzio…del prato…verde…”
• Valmorbia, discorrevano il tuo fondo / fioriti nuvoli di piante agli asoli (Montale)
Iperbato: collocazione di alcune parole nella frase secondo un ordine sintattico inconsueto e in particolare l’inserimento, fra due parole che grammaticalmente dovrebbero essere unite, di un’altra o di altre parole (anche anastrofe).
Esempi:
• Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire (Dante)
• Andavano, secondo che mi parve, molto pensosi (Dante)
• Oh dilettose e care / mentre ignote mi fur l’erinni e il fato / sembianze agli occhi miei (Leopardi)
Ossimoro: accostamento di parole fra loro contraddittorie (è un caso particolare di antitesi)
Esempi:
• Questo viver dolce amaro (Petrarca)
• Dolci durezze e placide repulse (Petrarca)
Similitudine: consiste nel mettere in relazione esplicita (utilizzando vari connettivi: così…come, tale…quale…, similmente, sembra…ecc) due fatti o persone o cose o idee.
Esempi:
• Qual si partio Ippolito d’Atene…tal di Fiorenza partir ti convene (Dante)
• E come li stornei ne portan l’ali / nel freddo tempo, a schiera larga e piena / così quel fiato li spiriti mali / di qua, di là, di giù, di su li mena (Dante)
Zeugma: consiste nel far dipendere da un medesimo verbp due o più sostantivi o altre parti del discorso che richiederebbero di essere introdotte da due verbi distinti.
Esempi:
• Parlare e lagrimar vedrai insieme (Dante)
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