Il "giorno" del Parini e la letteratura illuministica italiana

Materie:Tema
Categoria:Letteratura Italiana
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Testo

TEMA:
Il “Giorno” del Parini e la letteratura illuministica italiana.

“Sapere aude” disse un tempo il celebre poeta latino Orazio.
Chi mai avrebbe pensato che l’esortazione sarebbe, secoli più tardi, valsa a sintetizzare un intero periodo storico?
E l’uso della ragione è proprio l’elemento dominante, “l’abito mentale” , per così dire, di tutto l’Illuminismo, sia nelle sue forme più radicali, che hanno trovato diffusione nella feconda Francia, sia in quelle più attenuate, o meglio “filtrate” dalla lunga tradizione classica profondamente insediata in Italia.
Sintesi di questa commistione tra classicità e istanze innovatrici è proprio Giuseppe Parini, l’intellettuale milanese, che, in virtù del precetto oraziano “Utile dulci miscere”, ha saputo unire, in campo letterario, i temi della battaglia civile al “ lusinghevol canto”, dando vita ad una poesia in ugual misura fatta di “cose”, come volevano i più radicali illuministi del “Caffè”, ma anche di “parole”.
E il “Giorno”, il suo capolavoro, si propone proprio questo intento, rinnovare senza, tuttavia, sradicare e contemporaneamente esprimere il tutto attraverso forme altamente dignitose.
Attraverso l’opera l’intellettuale, un moderato riformatore, che non esita a collaborare con il potere locale, si propone di colpire, facendo ricorso alla tecnica dell’ironia, l’aristocrazia a lui contemporanea, quei “giovin signori da tutti serviti e che a nullo servono”, incipriati e oziosi , presi solo da dame, feste e banchetti, mirando non a distruggere quella realtà, bensì a “rieducarla”, a “riformarla”, a restaurare la nobiltà che un tempo cooperava per il raggiungimento della prosperità e del benessere, come si diceva allora della “felicità pubblica”, una nobiltà pronta a scendere tra il fumo dei cannoni per difendere la patria e i propri concittadini.
Il suo vagheggiamento è , infatti, una società in cui ognuno, con le necessarie differenze sociali, esplichi attivamente il proprio compito, tanto il nobile, facendo fruttare le proprie terre, gestendo la cosa pubblica e dedicandosi agli studi, quanto il laborioso contadino, costretto invece,più spesso, ad elemosinare o ad accalcarsi dinanzi alle mura dei palazzi signorili soltanto per annusare i dolci profumi provenienti dalle cucine.
In questo senso l’autore si fa portavoce, sulla scia della Rivoluzione francese, dei principi illuministici dell’uguaglianza, dei pari diritti e delle pari dignità degli uomini, indipendentemente dalla classe di appartenenza, mostrando contemporaneamente quell’amore per la specie umana in quanto tale: il filantropismo illuministico.
Allo stesso modo il confronto tra il vuoto e noioso mondo aristocratico e il laborioso e zelante mondo popolare, offre al Parini la possibilità di tradurre con le parole la sua condanna della pratica sociale del cicisbeismo, dell’esistenza del “ cavalier servente”, e quindi della legalizzazione effettiva dell’adulterio, che distruggeva il valore cardine per eccellenza della società: la famiglia.
Il tutto, come già detto, è espresso attraverso forme altamente dignitose, uno stile improntato al moderato riformismo così com’era la sua posizione ideologica, in cui l’uso di parole nuove, tratte anche dal linguaggio scientifico, icastiche, che evocano immagini plastiche, è mitigato dal ricorso a figure retoriche, che rivelano ancora il perdurare della tradizione classica.
Parini, dunque, si delinea come il poeta della moderazione, del giusto mezzo, che rinnova senza, tuttavia, rivoluzionare; una posizione che può trovare analogie nella realtà contemporanea, dove, tuttavia, il moderatismo diventa spesso sinonimo , al negativo, di “galleggiamento”, di mancata presa di posizione, fondamentale ,invece, per giovare alla società.

ANNA AMORICO IV E

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