Oratoria - Menandro - Callimaco

Materie:Riassunto
Categoria:Letteratura Greca

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Testo

ORATORIA
▼ ▼ ▼
Giudiziaria Deliberativa Epidittica
Relativa alle contese Relativa alle contese Relativa alle orazioni
processuali. politiche. d’occasione + discorsi
didattici.
ORATORIA GIUDIZIARIA
Tra V e IV secolo a.C. ad Atene, erano gli stessi cittadini a pronunciare i discorsi nelle cause in tribunale, per questo nacque una nuova, redditizia ma malfamata professione: il logografo, che componeva i discorsi ad arte. Una volta pronunciati, i discorsi entravano nel mercato librario, spesso sotto il falso nome di autori importanti per attrarre gli acquirenti. Inoltre lo stile e le posizioni ideologiche di volta in volta adattati alla causa del cliente, rendono l’attribuzione dei discorsi molto problematica. A ciò si aggiungono le manipolazioni dei librai o del cliente, e i dubbi sulla reale presentazione in tribunale del discorso.
LISIA
NOTE BIOGRAFICHE: nacque nella metà del V secolo a.C., figlio di un siracusano trasferitosi ad Atene. In seguito si spostò nella colonia di Turii (in Puglia) dove studiò retorica. Rimase meteco per uno scontro politico con i Trenta tiranni che lo cacciarono da Atene, dove era tornato pochi anni prima. Dopo la confisca dei suoi beni da parte dei tiranni, si diede alla carriera di logografo, essendo già oratore affermato.
Solo una delle centinaia di orazioni che gli antichi assegnavano a Lisia (a noi ne sono giunte 34) è di certa attribuzione, perché da lui stesso pronunciata: la 12 Contro Eratostene. A causa di questi problemi di attribuzione è stato istituito un “corpus” che raccoglie gli scritti aventi stile lisiano, anche se composti in parte o per nulla da Lisia.
La tradizione parla di Lisia anche come oratore dei generi deliberativo ed epidittico.
EPIDITTICO:
- Epitafio: elogio dei caduti + imprese di Atene (leggendarie e non) + rievocazione guerre persiane + elogio politici democratici. Il testo è ricco di pathos creato abilmente e si conclude con struttura ad anello, riprendendo il motivo dell’encomio iniziale ai caduti.
- Olimpico: pronunciato in occasione delle Olimpiadi che interrompevano i conflitti, vuole invitare alla concordia, ma anche ad un maggior impegno bellico contro i Persiani.
DELIBERATIVO:
- L’orazione 34: probabilmente un opuscolo politico da far pronunciare ad un cittadino di Atene.
GIUDIZIARIO: la parte più massiccia della produzione, dove si ritrova la “creazione dei caratteri” che consisteva nel creare uno stile, non solo del discorso ma anche del cliente, adatto alla causa. Le parti delle orazioni seguivano uno schema fisso→ Exordium (con espressioni per ottenere la benevolenza dei giudici)
Propositio
Narratio (esposizione puntigliosa dei fatti in questione)
Argumentatio (parte tecnica sulla legislazione + testimonianze)
Peroratio (conclusioni sull’imputato + ricapitolazione dei fatti)
Lisia si afferma primo indiscusso fra tutti nel genere giudiziario; utilizza infatti uno stile piano, chiaro, credibile e conciso (le tre virtù della narrazione). Il suo lessico è “puro”, usa infatti l’Attico per arrivare a tutti. Per tutte queste ragioni viene contrapposto a Demostene, il migliore invece a trascinare l’uditorio. In ogni caso lo stile lisiano varia moltissimo a seconda della causa e del cliente. In seguito al suo successo si creò una “maniera lisiana”, di coloro che lo adottavano come modello di composizione.

ISOCRATE
L’intento primario di Isocrate fu quello di fornire discorsi universali ed efficaci non solo per un breve tempo.
Genere: oratoria deliberativa fittizia per la diffusione principalmente scritta.
NOTE BIOGRAFICHE: nacque ad Atene nel 436 a.C. e fu educato precocemente da grandi maestri. Iniziò la carriera di logografo per successivi problemi economici della famiglia, però la sua più grande attività fu la scrittura di orazioni per fini scolastici. Morì molto probabilmente nel 338 a.C.
Isocrate costruisce un metodo didattico originale, che impone al maestro di staccarsi dalla meccanica applicazione della tecnica. Il buon insegnante deve essere un modello per l’allievo e deve eccellere nei metodi persuasivi, inoltre deve adattare i suoi metodi didattici alla soggettività di ogni allievo e deve saper “plasmare” il discepolo. Il successo dei suoi allievi dimostra l’efficacia dei suoi metodi.
Tutte le orazioni di Isocrate sono state scritte in occasioni particolari, ma per spiegare argomenti generali e classici in modo esemplare. Il suo obiettivo è sempre il “lungo termine”.
Per raggiungere il successo, Isocrate stesso elenca i requisiti necessari: disposizione naturale, educazione ed esercizio. Non esiste una conoscenza a cui l’uomo può arrivare, ci si deve accontentare delle opinioni di volta in volta migliori, in questo senso il filosofo (come lui stesso si definisce) è colui che aiuta i suoi discepoli a sfruttare le opinioni, senza il falso miraggio della verità assoluta.
DEMOSTENE
Seconda metà del IV secolo a.C.
Demostene opera in un panorama decisamente mutato: la retorica aveva preso il posto del teatro nell’educazione dei cittadini, che a loro volta erano diventati più esperti e competenti, inoltre la diffusione generalizzata della scrittura implicava uno stile più elaborato. Anche la convivenza della retorica con i generi tradizionali (epica, filosofia, tragedia) comportava delle difficoltà.
A ciò si aggiunge la sconfitta ateniese di fronte ai Macedoni (338 a.C.: battaglia di Cheronea contro Filippo) che segna la fine dell’indipendenza e la perdita di significato dell’oratoria. Le orazioni giudiziarie divennero un genere solo tecnico, dove contavano l’abilità dialettica e legale. I discorsi deliberativi non avevano più importanza; solo il genere epidittico continuò a svilupparsi. I grandi oratori si salvarono solo sui testi scritti.
NOTE BIOGRAFICHE: nacque ad Atene nel 384 a.C. e divenne logografo molto presto in seguito ad una causa contro i suoi tutori, alla morte del padre. Raggiunse la fama con le orazioni contro Filippo, che lo videro attivo anche nella politica antimacedone. Venne poi accusato di corruzione e imprigionato perché non aveva pagato la multa impostagli. Fuggì dal carcere, ma venne inseguito dai soldati macedoni che lo avevano condannato a morte; Demostene si uccise in un’isoletta per evitare la cattura.
PRIMA FILIPPICA: orazione deliberativa finalizzata a spronare gli Ateniesi contro il nemico, avvantaggiato dalla caratteristica inerzia dei cittadini. Demostene critica aspramente la politica dei “prudenti” che sfiora la passività ed aggrava l’inerzia di Atene. Ci sono poi le proposte (sia militari sia economiche) per fronteggiare la situazione e un appello finale al popolo. Fortissimo è l’effetto di persuasione dell’assemblea.
SULLA CORONA: discorso giudiziario dove Demostene riepiloga la sua carriera politica al fine di ottenere la corona onorifica proposta per lui da Ctesifonte e ritenuta illegale da Eschìne. Demostene cita tutti i suoi precedenti interventi benefici per Atene e fa costanti riferimenti al suo disinteresse e alla sua coerenza. Passa poi alla confutazione delle tesi di Eschìne e alla denuncia dei traditori che hanno portato Atene alla rovina.
La sua ideologia sembra basarsi sull’equilibrio e sull’equità sociale, ma in realtà difende prevalentemente gli aristocratici. Vuole assicurare un sostegno pubblico ai poveri e difendere saldamente la proprietà privata. Il suo nazionalismo s’ispira alla passata e grande Atene, che lui vuole far rivivere anche con iniziative militari.
Demostene eccelle nel genere deliberativo, dove si ha più libertà perché non condizionati dalla legislazione o dalla contesa; inoltre si possono sfruttare di più le armi emotive per trascinare l’assemblea. La strategia è più complessa e comprende colpi di scena e provocazioni. Demostene era poi abilissimo nell’improvvisazione: di fronte ai differenti stati d’animo dell’assemblea inseriva elementi estemporanei di grande efficacia.
COMMEDIA
S’individua una commedia “di mezzo”, le cui caratteristiche sono valutate in relazione alle opere tarde di Aristofane e alle prime di Menandro, in quanto degli autori propri del tempo rimangono pochissime tracce.
- Il coro perse la sua antica funzione, determinando la scomparsa di parabasi e canti corali;
- Le trame si schematizzarono e i personaggi acquisirono una fisionomia tipica;
- La rappresentazione divenne più oggettiva e perse importanza il rapporto con il pubblico;
- Gli attacchi diretti a personaggi pubblici e il tema politico vennero meno;
- Il linguaggio si fece meno aggressivo e scurrile, perdendo di vivacità e ilarità;
- Divenne centrale il tema della parodia mitologica, già tuttavia presente nella commedia antica.
Con la commedia “nuova” di Menandro non c’è più quel fortissimo legame cittadino-polis e il tema dell’attualità politica scompare. Viene privilegiata la storia dell’individuo e non più la realtà comunitaria.
Scompare l’eroe comico e i protagonisti diventano persone comuni che si muovono nel privato; l’attenzione si sposta sui loro affetti e sulle scelte etiche che compiono, lontani dalle imprese eccentriche tipiche della commedia antica. Il lieto fine non è grandioso ma è il semplice esito della solidarietà tra i personaggi.
MENANDRO
NOTE BIOGRAFICHE: nacque ad Atene intorno al 341 a.C. da famiglia nobile. Fu amico di Demetrio Falèreo, il capo del regime oligarchico moderato, instauratosi dopo le lotte interne successive alla morte di Alessandro Magno (323) e rischiò l’esilio, poi scampato, a causa del successivo governo democratico, ostile al precedente. Morì intorno al 292 a.C. all’età di 52 anni.
Non fu il preferito del pubblico visto l’esiguo numero di vittorie agli agoni, nonostante l’enorme produzione.
IL MISANTROPO: unica commedia giuntaci pressoché intera e avente datazione precisa: 316 a.C.
Il protagonista è il vecchio Cnemone, solitario e tanto misantropo da arrivare ad atti violenti per evitare il contatto umano. Il pubblico è portato a giudicare negativamente questo personaggio, senza che però ci sia l’aggressione di tipo aristofaneo. La tolleranza etica verso tutti gli uomini (misantropi compresi) è centrale, e nonostante la caduta nel pozzo e la riconciliazione con Gorgia, il vecchio resterà solitario. Molte scene sembrano fini a se stesse e hanno carattere digressivo, ma non per esaltare la comicità (come in Aristofane), piuttosto per evidenziare il carattere del protagonista.
L’ARBITRATO: commedia della maturità, lacunosa ma ricostruibile e databile: 304 a.C. circa.
C’è una perfetta integrazione tra personaggi e vicenda. Non c’è più un lieto fine affidato alla sorte, ma è merito dell’etica dei personaggi (rivalutazione della prostituta Abrotono, grazie alla quale tutto finisce bene). Grande umanità sta nella riflessione di Carisio, che ripensando ai suoi errori, giunge ad una profonda consapevolezza della fallibilità sua e del genere umano, e della parità tra uomo e donna.
LO SCUDO: commedia gravemente lacunosa ma con una trama ricostruibile. Composizione: 314 a.C. circa.
Qui è la sorte a regolare gli eventi, comparendo addirittura personificata sulla scena. Stili e temi si alternano tra tragici e comici. Il protagonista attivo è il servo Davo, ideatore dell’intrigo contro Smicrine, ma il vero personaggio centrale è proprio Smicrine, che rappresenta l’avaro ideatore di trame ottuse ed egoistiche.
- Prologo + divisione fissa in 5 atti + trama narrativa + scena-madre del riconoscimento/rivelazione.
- Assenza di parabasi e di parti corali, presenza solo di un intermezzo musicale.
- Assenza dell’eroe comico, il protagonista è sempre un uomo comune affiancato da altre figure.
- I personaggi sono “tipi umani” ben definiti nei loro universali vizi e virtù.
- Messaggio etico che porta a un “sorriso” spesso malinconico per la comune sorte umana.
- Assenza di riferimenti politici o attacchi personali + problematiche universali e non cittadine.
- Dimensione familiare al centro + rapporto paritario vecchi-giovani + rapporti affettivi.
- Vengono esaltate la ragione, intesa come comune buon senso, e la sorte, complice dell’uomo.
- Nel linguaggio evita i colloquialismi ma anche i toni alti: è uno stile medio vicino al parlato dei colti.
L’intento è di rappresentare la nuova realtà cittadino-borghese, distaccandosi dalla grande tradizione letteraria.
CALLIMACO
NOTE BIOGRAFICHE: nacque intorno al 300 a.C. a Cirene. Lavorò alla Biblioteca di Alessandria e fu in stretto contatto con i Tolomei, fu dunque poeta e letterato di corte (carmi celebrativi e cenni encomiastici).
Ignota la data della morte.
Callimaco fu il primo poeta ad essere anche editore della sua opera: curò e costruì così, un monumento letterario che mirava a sostituire l’epica, da lui disprezzata. Ma la società greca non era pronta, né disposta a rinunciare a questo suo importante genere e così Callimaco rimase un poeta d’élite ed ebbe principalmente fortuna a Roma. I generi letterari nel complesso stavano cambiando, divenendo strutture aperte, prive di quei vincoli precedenti: un autore sceglieva da solo quale codice seguire e l’opera letteraria diventò libro con l’affermazione della scrittura. Non c’erano più le composizioni d’occasione e l’autore aveva maggiore libertà. Callimaco teorizza esplicitamente nelle sue opere i metodi nuovi da lui seguiti, divenendo il più grande poeta di metaletteratura. Nel prologo degli Aitia spiega la sua volontà di essere originale rispetto ai “Telchini” (tradizionali demoni che simboleggiano i suoi avversari), non altisonante, fine e di essere conforme al reale. Callimaco vuole innovare infrangendo le leggi tradizionali dei generi.
INNI: composti in esametri e scritti sia nel dialetto ionico dell’epica, sia in dorico letterario. Elementi di innovazione sono presenti anche nei temi: discorsi eruditi e mitografici, scene eroicomiche e di vita quotidiana.
- Inno a Zeus: la scena è quella di un simposio di eruditi lettori (vero pubblico di Callimaco). C’è una contaminazione tra l’inno “omerico”, l’inno lirico e l’elegia.
- Inno ad Apollo: apparentemente sembra una poesia d’occasione (feste Carnee), in realtà mima una funzione religiosa, senza però svolgerla. Contiene il motivo eziologico della fondazione di Cirene.
- Inno ad Artemide: la descrizione delle doti e delle caratteristiche della dea, è inserita in bozzetti di vita quotidiana e familiare.
- Inno a Delo: parla del viaggio di Latona per partorire Apollo e Artemide, sfuggendo all’ira di Era. Con lei anche l’isola di Delo vaga per il Mediterraneo e si ferma solo dopo il parto di Latona. Presente l’encomio al re Tolomeo Filadelfo, pronunciato proprio da Apollo.
- I lavacri di Pallade: in questa elegia contaminata con l’inno (metro: distico elegiaco + mimica dell’inno sacro) viene descritto l’accecamento di Tiresia per aver visto il bagno di Atena nuda.
- Inno a Demetra: durante la processione per i doni alla dea (motivo mimetico), si racconta l’episodio di Erisìttone, punito con la fame perenne per aver abbattuto il pioppo sacro di Demetra.
AITIA: quattro libri di elegie (metro: distico elegiaco) contenenti il motivo eziologico. I temi sono i più vari, ma le elegie ci sono arrivate in forma molto frammentaria. I componimenti dei primi due libri erano le risposte delle Muse alle domande del poeta. La presenza delle Muse richiama l’epica e a questa si sostituisce proponendo un’enciclopedia del mito. Secondo Callimaco infatti, la storia si basava sul mito. I miti presenti però non sono varianti remote scelte dal poeta, ma motivi ben noti ad un pubblico dotto.
(Esempi: la novella di Aconzio e Cidippe + la Chioma di Berenice).
GIAMBI: sono la prima raccolta poetica organizzata dallo stesso autore. I temi sono molto vari e la grossa novità sta nel trattare tematiche tradizionalmente legate a generi molto distanti dal giambo. Inoltre c’è una grande varietà di dialetti, distribuiti in maniera apparentemente casuale. Importante è la parte dedicata alla metapoesia, che fa dei giambi un vero e proprio manifesto di poetica callimachea.
L’aspetto dell’invettiva personale mista agli argomenti più vari e popolari, sembra aver fatto da modello per la satira di Lucilio e Orazio.
ECALE: epillio giuntoci frammentariamente, dove Callimaco rinnova profondamente l’epica nella forma e nel contenuto. Alla base del contenuto c’è l’origine (motivo eziologico) del demo di Ecale: Teseo, colto da un temporale mentre cerca il toro che devastava Maratona, trova rifugio presso una vecchia di nome Ecale. L’indomani, dopo aver ucciso il toro, Teseo torna nella dimora della vecchia, ma la trova morta e così, in sua memoria, fonda un demo con il nome di lei.
La novità sta nella compresenza di epica ed elegia eziologica; inoltre qui il personaggio principale è la vecchia e umile Ecale, che sostituisce l’eroe epico tradizionale. Lo stile è raffinato pur partendo dalla vita quotidiana.

Esempio