Sintassi latina

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Testo

SINTASSI LATINA
ABLATIVO ASSOLUTO
L’ablativo assoluto è un sintagma privo di legami grammaticali con la reggente, con la quale ha una relazione temporale e logica. Esso svolge la funzione di una subordinata circostanziale implicita, con valore temporale, causale, concessivo, ipotetico.
È formato da un sostantivo o pronome in funzione di soggetto e da un participio in funzione di predicato, entrambi in ablativo.
Ablativo assoluto con il participio presente:
L’ablativo assoluto è ammesso con il participio presente di tutti i verbi ed esprime un rapporto di contemporaneità con la reggente.
Ablativo assoluto con il participio perfetto:
L’ablativo assoluto è ammesso con il participio perfetto dei verbi transitivi attivi e dei verbi intransitivi deponenti ed esprime un’azione anteriore a quella della reggente.
Ablativo assoluto nominale:
L’ablativo assoluto si può trovare in sintagmi nominali costituiti da un sostantivo in ablativo e da un nome in funzione predicativa.
ATTRAZIONE MODALE
Una subordinata il cui verbo normalmente andrebbe all’indicativo, se è dipendente da un’altra subordinata al congiuntivo o all’infinito, assume il verbo al congiuntivo.
o Congiuntivo obliquo: esprime il pensiero
o Congiuntivo eventuale: esprime l’eventualità dell’azione
o Congiuntivo caratterizzante: esprime una qualità specifica
o Congiuntivo letterario
L’attrazione modale non è una regola rigorosa, ma dipende dalle scelte stilistiche dell’autore.
CONGIUNTIVO CONCESSIVO
Il congiuntivo, preceduto da sane, ut, licet con valenza avverbiale, è usato nelle proposizioni indipendenti concessive con cui è concesso che un fatto sia vero anche se non lo si ritiene tale. La negazione è ne. I tempi usati sono:
o Il presente, per una concessione nel presente;
o Il perfetto, per una concessione nel passato.
CONGIUNTIVO DESIDERATIVO OD OTTATIVO
Il congiuntivo è usato per esprimere il desiderio che una cosa avvenga o che sia avvenuta. L’espressione del desiderio può essere esplicitata dal solo congiuntivo in formule d’augurio o deprecazione; più spesso il congiuntivo è preceduto dagli avverbi asseverativi ut e utinam. I tempi precisano se il desiderio è ritenuto realizzabile o irrealizzabile:
o Il presente esprime un augurio, un desiderio considerato realizzabile nel presente o nel futuro;
o Il perfetto esprime l’azione compiuta o l’augurio che la cosa desiderata si sia realizzata nel passato. È usato anche con valore aoristico per esprimere l’azione in sé.
o L’imperfetto esprime un desiderio irrealizzabile nel presente, il rimpianto per qualcosa che si desidererebbe ma che non potrà avverarsi.
o Il piuccheperfetto esprime il rimpianto per qualcosa che non si è realizzato nel passato nonostante il desiderio.
La forma negativa è introdotta da ne o non, preceduto o no da utinam.
Per esprimere il desiderio si possono usare i congiuntivi di volo, nolo e malo in funzione servile:
o I congiuntivi presenti velim, nolim, malim introducono un desiderio realizzabile o realizzato.
o I congiuntivi imperfetti vellem, nollem, mallem esprimono un desiderio irrealizzabile o irrealizzato.
Sono seguiti dall’infinito quando c’è identità di soggetto, con soggetti diversi sono seguiti dal congiuntivo senza congiunzioni.
CONGIUNTIVO DUBITATIVO O DELIBERATIVO
Il congiuntivo è usato per esprimere, in forma interrogativa, un dubbio reale o fittizio circa una decisione da prendere nel presente o nel futuro, o il dubbio che accompagna decisioni prese nel passato. La negazione e non. I tempi usati sono:
o Il presente, per un dubbio nel presente o nel futuro
o L’imperfetto, per un dubbio che riguarda il passato
CONGIUNTIVO ESORTATIVO
Il congiuntivo è usato, in concorrenza o in sostituzione dell’imperativo, per esprimere esortazione, ordine, divieto. Il tempo usato è il presente e la negazione è ne. E’ usato alla 2a persona per sottolineare il carattere d’esortazione e di preghiera. La coordinazione fra due esortative negative avviene con neve o neu, se la prima è positiva e la seconda negativa, con nec/neque.
CONGIUNTIVO IRREALE
Indica che un’azione non avviene o non è avvenuta, mentre avrebbe potuto realizzarsi in altre condizioni; si tratta di un’apodosi di periodo ipotetico del III tipo paratattico o con la protasi implicita o sottintesa. La negazione è non. I tempi usati sono:
o L’imperfetto, per l’irrealtà nel presente
o Il piuccheperfetto per l’irrealtà nel passato
Gli imperfetti vellem, nollem, mallem sono usati come servili per esprimere un desiderio irrealizzabile o irrealizzato nel passato.
CONGIUNTIVO POTENZIALE E DI MODESTIA
Il congiuntivo è usato per esprimere la possibilità che un’azione si verifichi o che si sia verificata. La negazione è non. I tempi usati sono:
o Il presente o il perfetto, per esprimere la possibilità nel presente
o L’imperfetto, per esprimere la possibilità nel passato
Il congiuntivo di modestia è utilizzato alla 1a persona per attenuare l’affermazione: i tempi usati sono il presente o il perfetto con valore aoristico.
CONGIUNTIVO SUPPOSITIVO O IPOTETICO
Enuncia un’ipotesi realizzabile o irrealizzabile; rappresenta la protasi di un periodo ipotetico paratattico, nel quale la protasi non è subordinata all’apodosi. I tempi usati sono:
o Il presente, per una supposizione possibile
o Il piuccheperfetto o l’imperfetto, per una supposizione irreale
CONSECUTIO TEMPORUM DEL CONGIUNTIVO
La scelta dei tempi del congiuntivo dipende dalla presenza di un tempo principale o di un tempo storico nella sovraordinata. I tempi principali sono quelli che esprimono un presente o un futuro; sono tempi storici quelli che esprimono un passato.
Espressione della contemporaneità:
o Tempo principale: congiuntivo presente
o Tempo storico: congiuntivo imperfetto
Espressione dell’anteriorità:
o Tempo principale: congiuntivo perfetto
o Tempo storico: congiuntivo piuccheperfetto
Espressione della posteriorità:
o Tempo principale: congiuntivo presente della coniugazione della perifrastica attiva
o Tempo storico: congiuntivo imperfetto della coniugazione della perifrastica attiva
Le subordinate di grado superiore al primo e dipendenti da un indicativo o da un congiuntivo regolano il loro tempo in base a quello della sovraordinata. Le subordinate di grado superiore al primo che dipendono da un infinito presente o futuro regolano il loro tempo su quello della principale; se dipendono da un infinito perfetto seguono la consecutio temporum dei tempi storici. Le subordinate dipendenti da un altro nome verbale regolano il loro tempo su quello della principale.
Osservazioni sull’uso della consecutio temporum:
La consecutio temporum è osservata nelle:
o Interrogative indirette;
o Completive introdotte da quin;
o Completive dichiarative introdotte da ut/ut non (contemporaneità e anteriorità);
o Completive volitive introdotte da ut/ne (contemporaneità);
o Completive introdotte da ne dipendenti da verba timendi, e introdotte da quominus dipendenti da verba impedienti e recusandi (contemporaneità e anteriorità);
o Finali (contemporaneità);
o Cum narrativo (contemporaneità e anteriorità).
Sfuggono alla consecutio temporum le:
o Parentetiche come quod sciam, quod meminerim;
o Consecutive, esprimono un rapporto di causa ed effetto;
o Periodo ipotetico del III tipo o dell’irrealtà;
o Congiuntivi dubitativi e potenziali nel passato.
Ammettono libertà le:
o Concessive;
o Avversative.
La consecutio temporum interessa anche le subordinate che, normalmente all’indicativo, assumono il congiuntivo obliquo, eventuale, caratterizzante o per attrazione modale, ad eccezione della legge di Reusch.
CUM NARRATIVO
Ha valore temporale e causale e descrive fatti avvenuti nel passato. I tempi usati sono il congiuntivo imperfetto e piuccheperfetto.
DETERMINAZIONI DI TEMPO
Determinano il momento in cui si svolge l’azione e ne descrivono la durata. Viene usato l’ablativo locativo per localizzare l’azione in un momento determinato ed in un periodo circoscritto, l’ablativo di origine e allontanamento per indicare il punto di partenza di un periodo di tempo, e l’accusativo di estensione quando prevale l’idea di movimento nel tempo.
Quando:
o Ablativo senza preposizione;
o Ablativo preceduto dalla preposizione in con sostantivi che indicano momenti o circostanze della vita.
Entro quanto tempo:
o Ablativo, talvolta preceduto da in.
Ogni quanto tempo:
o Ablativo senza preposizione.
Fra quanto tempo:
o Ablativo senza preposizione.
o Ablativo del numerale cardinale o dell’ordinale, aumentato di uno, seguiti dall’avverbio post.
Quanto tempo prima:
o Ablativo del numerale cardinale o dell’ordinale, aumentato di uno, seguiti dall’avverbio ante.
Quanto tempo dopo:
o Ablativo del numerale cardinale o dell’ordinale, aumentato di uno, seguiti dall’avverbio post.
Quanto tempo fa:
o Accusativo (o ablativo) preceduto da abhinc.
Da quando:
o Ablativo (di origine) preceduto da a/ab, e/ex.
Per quanto tempo:
o Accusativo semplice o preceduto da per.
Per quando:
o Accusativo preceduto da in.
Fino a quando:
o Accusativo preceduto da in o ad, talvolta unite a usque.
Da quanto tempo:
o Accusativo preceduto da iam.
GERUNDIO
Il gerundio è un nome verbale con valore attivo che costituisce la declinazione dell’infinito in funzione nominale; indica l’azione in sé, senza determinazioni temporali. La diatesi è attiva o media, quindi posseggono il gerundio tutti i verbi transitivi e intransitivi, attivi e deponenti.
Genitivo:
Si trova in dipendenza di sostantivi e aggettivi che esigono un genitivo. È usato in dipendenza dagli ablativi causa e gratia per esprimere la proposizione finale.
Dativo:
Si trova in dipendenza di nomi e verbi che esigono un dativo (uso raro).
Accusativo:
Non è mai usato come oggetto diretto, ma solo preceduto dalla preposizione ad per esprimere lo scopo dell’azione.
Ablativo:
Si trova usato senza preposizioni, con valore strumentale o per esprimere l’azione concomitante, e con le preposizioni a/ab, e/ex, de, pro.
GERUNDIVO
Il gerundivo è un aggettivo verbale con valore passivo posseduto solo dai verbi transitivi; i verbi intransitivi lo ammettono solo nella forma impersonale. Esso può esprimere l’idea del “non compiuto” o l’idea della necessità e della doverosità.
In unione con le voci del verbo sum, dà origine alla coniugazione perifrastica passiva, che esprime la necessità o la doverosità dell’azione.
Il gerundivo in funzione attributiva è usato in luogo del gerundio quando il verbo è accompagnato da un oggetto diretto.
Genitivo:
È usato con sostantivi e aggettivi che richiedono una determinazione in genitivo secondo la sintassi del caso. È usato in dipendenza dagli ablativi causa e gratia per esprimere la proposizione finale.
Dativo:
è usato per esprimere il fine dell’azione o in dipendenza da sostantivi e aggettivi che richiedono una determinazione in dativo secondo la sintassi del caso.
Accusativo:
Introdotto dalla preposizione ad, esprime lo scopo dell’azione e può corrispondere ad una proposizione finale implicita.
Ablativo:
L’ablativo usato senza preposizioni esprime soprattutto la funzione strumentale o l’azione concomitante. Con le preposizioni in, a/ab, e/ex, de esprime le funzioni di origine e allontanamento e locativa.
NESSO RELATIVO
Si usa un pronome relativo all’inizio di frase o di periodo per marcare la coordinazione con la frase precedente.
PARTICIPIO CONGIUNTO
Il participio è congiunto quando concorda con un altro termine dell’enunciato. Il participio congiunto corrisponde in italiano ad una proposizione circostanziale implicita o esplicita.
Il participio congiunto ha valore temporale, causale, ipotetico e concessivo ma, ai tempi presente e futuro può avere anche valore finale.
PERIFRASTICA PASSIVA
Il gerundivo in unione con le voci del verbo sum dà origine alla coniugazione perifrastica passiva, che esprime la necessità o la doverosità dell’azione. Possiedono tale coniugazione solo i verbi transitivi attivi e transitivi deponenti.
PERIODO IPOTETICO
Il periodo ipotetico è un enunciato che presenta un fatto o una circostanza la cui esistenza o la cui realizzazione dipendono da alcune condizioni. Il periodo ipotetico è costituito da:
o protasi: è una proposizione subordinata suppositiva, che definisce a quali condizioni è vera l’azione descritta nella sovraordinata. È introdotta dalla congiunzione si, se positiva, e da nisi o ut non, se negativa. La protasi è sempre in rapporto di subordinazione rispetto all’apodosi.
o apodosi: enuncia la conseguenza dell’ipotesi formulata nella protasi.
Tipi di periodo ipotetico:
Si distinguono tre tipi di periodo ipotetico:
o I tipo o dell’oggettività: l’ipotesi è presentata come un dato constatato;
o II tipo o della possibilità: l’ipotesi è presentata come un dato possibile;
o III tipo o dell’irrealtà: l’ipotesi è presentata come impossibile o irreale.
I tipo o dell’oggettività:
o apodosi: costituita da qualsiasi proposizione indipendente all’indicativo, all’imperativo o al congiuntivo;
o protasi: modo indicativo, con i tempi usati con valore proprio o relativo; è al congiuntivo quando si vuole sottolineare l’eventualità o la soggettività, o aggiungere una sfumatura concessiva.
II tipo o della possibilità:
Si usa il congiuntivo presente e perfetto, sia nella protasi, sia nell’apodosi.
III tipo o dell’irrealtà:
Si usa il congiuntivo, sia nella protasi, sia nell’apodosi; i tempi sono l’imperfetto per l’irrealtà nel presente, il piuccheperfetto per l’irrealtà nel passato.
PROPOSIZIONI CAUSALI
Sono proposizioni circostanziali che precisano la causa che determina l’azione descritta nella reggente. Sono espresse con un participio congiunto o con un ablativo assoluto nella forma implicita.
Proposizioni causali introdotte da quod, quia e quoniam:
Quod, quia e quoniam introducono una proposizione causale. Se la causa è oggettiva o constatata, viene usato l’indicativo, il congiuntivo obliquo è usato quando viene riferito il pensiero o il punto di vista di altri.
Proposizioni causali introdotte da altre congiunzioni:
o quando, quandoquidem, seguiti dall’indicativo e dal congiuntivo obliquo; hanno sfumatura temporale.
o cum (talvolta preceduto da quippe), seguito dal congiuntivo; ha sfumatura temporale o avversativa.
PROPOSIZIONI COMPARATIVE
Sono proposizioni circostanziali che costituiscono il secondo termine di paragone in una comparazione. Si dividono in:
o comparative semplici: enunciano un fatto reale, eventuale possibile; il modo usato è l’indicativo, sostituito da congiuntivo per marcare la soggettività, l’eventualità, la possibilità o per attrazione modale;
o comparative ipotetiche: enunciano un fatto supposto; richiedono il congiuntivo e corrispondono a protasi di periodi ipotetici di II o III tipo.
Comparazione di uguaglianza che esprime qualità o modo:
Sono introdotte da ut, sicut, velut, quemadmodum, in correlazione con ita, sic, item, eo modo.
Comparazione di uguaglianza che esprime quantità o intensità:
Sono introdotte da quam, quantus, quantum, quanto, quanti, quot in correlazione con tam, tantus, tantum, tanto, tanti, tot.
Comparazione di uguaglianza che esprime identità e differenza:
Sono introdotte da ac/atque in correlazione con un aggettivo o un avverbio che indica somiglianza o dissimiglianza.
Comparazione di maggioranza e di minoranza:
Sono introdotte da quam dopo un comparativo di maggioranza o di minoranza.
PROPOSIZIONI COMPLETIVE
Sono proposizioni che hanno la funzione di soggetto (soggettive) o di oggetto (oggettive) del verbo della proposizione reggente. Si suddividono in:
o infinitive;
o completive all’indicativo o al congiuntivo introdotte da quod;
o completive al congiuntivo introdotte da ut, ut non, ne, quominus, quin;
o interrogative indirette al congiuntivo, introdotte da pronomi o avverbi interrogativi.
Proposizioni infinitive:
Sono proposizioni subordinate completive caratterizzate dal verbo all’infinito e dal soggetto in accusativo. I tempi dell’infinito sono usati con valore relativo:
o il presente indica che l’azione è contemporanea a quella della reggente;
o il perfetto indica che l’azione è anteriore;
o il futuro indica che l’azione è posteriore.
Le proposizioni infinitive possono fare da soggetto o da oggetto al verbo della sovraordinata (soggettive e oggettive) o possono chiarire quanto viene anticipato con un pronome neutro (epesegetiche).
La proposizione infinitiva con funzione soggettiva si trova:
o dopo verbi apparentemente impersonali o usati impersonalmente;
o dopo espressioni formate da un sostantivo, un aggettivo, un pronome neutro, un avverbio e il verbo sum.
Esigono dopo di sé una proposizione infinitiva oggettiva:
o i verba dicendi e declarandi;
o i verba sentiendi;
o i verba affectuum;
o i verba voluntatis.
Proposizioni interrogative indirette:
Sono proposizioni completive introdotte dagli stessi pronomi, aggettivi, avverbi interrogativi o dalle stesse particelle che introducono le interrogative dirette. I tempi del congiuntivo sono usati con valore relativo secondo la consecutio temporum.
Le interrogative indirette si dividono in:
o interrogative indirette semplici;
o interrogative indirette disgiuntive, introdotte da utrum… an, -ne… an, an.
Proposizioni dichiarative introdotte da quod:
Sono proposizioni soggettive, oggettive o epesegetiche che completano il significato del verbo, precisando un fatto o una circostanza. Sono introdotte da quod, il modo usato è l’indicativo, sostituito dal congiuntivo eventuale, obliquo o per attrazione modale.
Si può trovare una completiva soggettiva o oggettiva introdotta da quod:
o dopo verbi che significano “aggiungere” o dopo verbi di avvenimento, accompagnati da un avverbio che esprime un giudizio;
o dopo i verba affectuum.
Proposizioni dichiarative introdotte da ut/ut non:
Sono proposizioni completive soggettive o epesegetiche che enunciano un fatto. Sono introdotte da ut/ut non, i tempi usati sono quelli della contemporaneità e dell’anteriorità, secondo la consecutio temporum.
Le completive dichiarative introdotte da ut si trovano:
o dopo verbi impersonali di avvenimento;
o dopo verbi che indicano conseguenza, aggiunta, risultato;
o dopo espressioni formate dal verbo sum in unione con sostantivi o aggettivi neutri.
Proposizioni volitive introdotte da ut/ne:
Sono proposizioni completive soggettive, oggettive o epesegetiche che esprimono una manifestazione di volontà. Sono introdotte da ut/ne, i tempi usati sono quelli della contemporaneità, secondo la consecutio temporum.
Le completive volitive introdotte da ut si trovano:
o dopo i verba rogandi;
o dopo i verba hortandi;
o dopo i verbi che significano “esigere”, “comandare”, “decidere”;
o dopo i verbi che significano “ottenere”, “meritare”, “concedere”;
o dopo i verba curandi.
Proposizioni completive con i verba timendi:
Sono proposizioni completive volitive con funzione di oggetto, introdotte da ne, ne non, ut. I tempi usati sono quelli della contemporaneità e dell’anteriorità, secondo la consecutio temporum.
La completiva è introdotta da ne quando si teme che accada una cosa che non si desidera; è introdotta da ne non o da ut quando si teme che non accada ciò che si desidera. La coordinazione avviene con et o et ne.
Proposizioni completive introdotte da quin e quominus:
Sono introdotte da quin le completive oggettive dopo espressioni come non dubito; i tempi del congiuntivo sono usati secondo la consecutio temporum.
Sono introdotte da quin o quominus le completive oggettive dopo i verba impedienti e recusandi. Se la sovraordinata è negativa, quin e quominus si alternano; se la sovraordinata è positiva si trovano quominus e ne.
Sono introdotte da quin o quominus le completive dopo espressioni come:
o nihil abest quin: nulla manca che
o nulla causa est quin: non c’è ragione che non
o non possum facere quin: non posso fare a meno di
o fieri non potest quin: non può accadere che non
o praetermittere non possum quin: non posso tralasciare che
o per me stat quominus: dipende da me che non
PROPOSIZIONI CONSECUTIVE
Sono proposizioni circostanziali che esprimono l’effetto dell’azione descritta nella reggente. Sono introdotte da ut in correlazione con avverbi, mentre in forma negativa la congiunzione è ut non. La consecutiva non esprime rapporti di tempo, ma di causa ed effetto; per questo, i tempi del congiuntivo sono usati con valore proprio e non seguono la consecutio temporum.
o conseguenza nel presente: congiuntivo presente;
o conseguenza nel passato: congiuntivo imperfetto, per esprimere la durata o l’eventualità;
congiuntivo perfetto, per esprimere l’azione in sé.
La proposizione consecutiva può anche essere espressa da una relativa al congiuntivo (relativa impropria).
PROPOSIZIONI FINALI
Sono proposizioni circostanziali che esprimono il fine dell’azione descritta nella reggente. Sono introdotte da ut e quo (in presenza di un comparativo) se positive, da ne (o ut ne) se negative. I tempi usati sono quelli della contemporaneità (presente e imperfetto) secondo la consecutio temporum.
Forma implicita:
o ad e l’accusativo del gerundio e del gerundivo
o il gerundio e il gerundivo al genitivo accompagnato da causa e gratia
o il participio congiunto, ai tempi presente e futuro, con valore circostanziale
o il supino in –um dopo un avverbio di movimento o un verbo di moto
La proposizione finale può anche essere espressa da una relativa al congiuntivo (relativa impropria).
PROPOSIZIONI INTERROGATIVE DIRETTE
Sono proposizioni indipendenti all’indicativo o al congiuntivo, quando esprimono dubbio, eventualità o possibilità.
Sono introdotte da pronomi, aggettivi e avverbi interrogativi, oppure dalle particelle –ne, per le interrogative reali, num per le interrogative retoriche che presuppongono una risposta negativa e nonne per le interrogative retoriche che presuppongono una risposta positiva. L’interrogativa retorica si trova introdotta da an, per conferire una sfumatura dubitativa.
Interrogative dirette disgiuntive:
L’interrogativa disgiuntiva è formata da due membri, il secondo dei quali costituisce un’alternativa al primo ed è introdotto da an, che è correlato, nel primo membro, alle particelle utrum o –ne. Il secondo membro può essere costituito da an non o da necne.
PROPOSIZIONI INTERROGATIVE INDIRETTE
Sono proposizioni completive e sono introdotte da quis/quid, qualis, quantus, ubi, cur, quando e dalle particelle -ne, num, nonne, utrum, an secondo le regole delle interrogative dirette. I tempi del congiuntivo sono usati secondo le norme della consecutio temporum.
PROPOSIZIONI RELATIVE PROPRIE
Sono proposizioni che hanno natura aggettiva poiché precisano e determinano un elemento dell’enunciato, aggiungendo nuove informazioni. Sono introdotte dal pronome relativo qui, quae, quod e dai relativi indefiniti quicumque e quisquis, da alcuni pronomi indefiniti con valore relativo come qualis, qualiscumque, utercumque, quantus e quot, e da alcuni avverbi di modo, di quantità e di luogo.
Le relative proprie al congiuntivo:
La relativa propria è di norma all’indicativo, ma può trovarsi al congiuntivo nei seguenti casi:
o congiuntivo eventuale o indeterminato;
o congiuntivo obliquo o della soggettività;
o congiuntivo caratterizzante;
o congiuntivo per attrazione modale.
VALORI DI CUM
La congiunzione cum introduce numerose proposizioni circostanziali, sia all’indicativo, sia al congiuntivo.
Avversative:
Esprime un fatto o una situazione opposta a quella descritta nella sovraordinata ed introduce una proposizione avversativa.
Causali:
Cum, seguito dal congiuntivo, e preceduto talvolta da quippe, introduce una proposizione causale con sfumatura temporale o avversativa.
Concessive:
Presentano, talvolta, valore concessivo, con una sfumatura avversativa, alcune proposizioni al congiuntivo introdotte da cum.
Narrative:
Ha un valore temporale e causale insieme, ed usa l’imperfetto e il piuccheperfetto.
Temporali:
La congiunzione cum seguita dall’indicativo (o dal congiuntivo obliquo, eventuale o per attrazione modale) stabilisce un generico rapporto cronologico fra due fatti (cum generico). Esso può essere in correlazione con avverbi e locuzioni come tunc, tum, eo tempore.
Cum seguito dall’indicativo o dal congiuntivo può avere anche valore iterativo e indicare un processo verbale ripetuto.
Si parla di cum inversum quando, ad una proposizione principale, segue una proposizione temporale introdotta da cum, che introduce nella narrazione un evento inatteso.
VERBO IUBEO
Il verbo iubeo (“ordinare”) può suggerire un valore causativo, in quanto indica un’azione non eseguita direttamente dal soggetto, ma fatta eseguire da altri.
Il verbo iubeo, usato alla forma passiva, veniva usato con la costruzione personale del nominativo.
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