Demetrio e Stilpone, Seneca

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Testo

Demetrio e Stilpone - Seneca
Il possesso di quei soli e veri beni che non possono essere distrutti da nessun evento esteriore, è uno dei temi più cari a Seneca. Il saggio, anche se perde la patria, i figli e le sue sostanze, conserva sempre tutte le sue cose, cioè la sua interiorità
Megaram Demetrius ceperat, cui1 cognomen Poliorcetes fuit. Stilbon philosophus ab hoc2 interrogatus num3 aliquid perdidisset, inquit: "Nihil4; omnia mea5 mecum sunt." Atqui et patrimonium eius in praedam cesserat6 et filias rapuerat hostis et patria in alienam dicionem pervenerat et ipsum rex circumfusus7 victoris exercitus armis ex superiore loco rogitabat. At ille victoriam illi excussit8 et se urbe capta non invictum tantum sed indemnem esse testatus est9; habebat enim vera secum bona, in quae non est manus iniectio, at quae dissipata et direpta ferebantur non iudicabat sua, sed adventicia et nutum fortunae sequentia10. Ideo ut11 non propria dilexerat; omnium enim extrinsecus12 adfluentium lubrica et incerta possessio est.
Seneca, De constantia sapientis 5. 6-7
Demetrio, che fu soprannominato1 Poliorcete, aveva preso Megara. Il filosofo Stilpone, interrogato da costui se avesse perso qualche cosa, disse: "(Non ho perso) nulla; tutti i miei beni2 sono con me". Eppure il suo patrimonio era finito3 nel bottino, il nemico (gli) aveva rapito le figlie, la (sua) patria era caduta4 sotto il dominio altrui e il re, circondato dalle armi dell'esercito vincitore, lo interrogava con insistenza (guardandolo) dall'alto5. Ma egli (= il filosofo) gli (= al re) strappò la vittoria e dimostrò che, anche dopo la presa della città6, era non solo invitto, ma (addirittura) privo di danni; aveva infatti con sé i veri beni, sui quali non è possibile mettere le mani7, mentre quelle cose che venivano portate via, (dopo essere state) disperse e saccheggiate, non (le) giudicava sue ma avventizie e obbedienti al8 cenno della fortuna. Pertanto (le) aveva amate come non sue; infatti il possesso di tutti i beni che affluiscono a noi dall'esterno è labile e incerto.

Esempio