Catullo

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Testo

CATULLO
LA DEDICA DEL LIBER- CARMEN 1
Cui dono lepidum novum libellum
arida modo pumice expolitum?
Corneli, tibi: namque tu solebas
meas esse aliquid putare nugas
iam tum, cum ausus es unus Italorum
omne aevum tribus explicare cartis
doctis, Iuppiter, et laboriosis.
quare habe tibi quidquid hoc libelli
qualecumque; quod, o patrona virgo,
plus uno maneat perenne saeclo.
ANALISI
Carmen di dedica del libretto: per la prima volta fa parte del liber. si apre con un’interrogativa: il fatto che utilizzi il verbo “dono” all’indicativo ci fa capire che è una domanda retorica.
Lepidum: fa riferimento al lepos, la grazia, qualcosa che va oltre la semplice forma esteriore. La grazia percorre tutta l’opera di Catullo.
Novum: non solo che il libretto è inedito, ma anche una novità nel panorama della poesia latina.
Libellum: diminutivo, elemento significativo della poetica catulliana. È un diminutivo proprio e affettivo.
Aggettivi in asindeto + omoteleuto (ripreso in expolitum).
Secondo verso che richiama una dimensione realistica.
Pumice: lo usa al femminile.
Riferimento prezioso all’azione dello scrivere.
Expolitum: la limatura del materiale scrittorio allude al labor.
Limae: levigatura alessandrina.
Corneli: destinatario, in vocativo; è Cornelio Nepote. Il dedicatario è sottolineato dal poliptoto tibi-tu.
Solebas: testimonia un rapporto di lunga data.
Nel verso 4 vi è un iperbato a cornice.
Nugas: “cosucce”, leggerezza apparente con cui i neoteroi si dedicano alla propria opera. È scelta di volersi allontanare dalla poesia importante e seria.
Accumulo delle preposizioni temporali, che rallentano il ritmo e ci riportano al rapporto di vecchia data dei due, al verso 5.
Verso 5: complimento all’amico, sottolineato dall’ ausus est, dal coraggio, tipico anche dei neoteroi, che si distaccarono dalla tradizione.
Omne aevum: “tempo intero”.
Tribus… cartis: iperbato.
Cartis: metonimia per “rotolo”, si sottolinea la brevità dell’opera di Nepote.
Doctis… laboriosis: elementi riconducibili a Nepote e Catullo; iperbato a cornice; “piene di dottrine” (alla base dell’opera dev’esserci la conoscenza profonda della letteratura precedente), devono costare fatiche, lacrime, sudore (si ritorna al labor limae).
Habe tibi: formula all’imperativo, tibi è un dativo etico, che indica la compartecipazione affettiva.
Hoc libelli: attenuazione data dalla costruzione col genitivo partitivo.
Patrona virgo: richiamo alla Musa, non si sa quanto sia serio.
Desiderio di eternità.
Plus: regge l’ablativo, ma di solito si costruisce con il quam.
Perenne: per + annus, “che sopravvive agli anni”.
Maneat: congiuntivo desiderativo.
Saeclo: sincopato; “generazione” e poi “100 anni”. Catullo non vuole intendere 100 anni.
Il desiderio di eternità è per la propria opera.
CARMEN DI SMIRNA
Zmyrna mei Cinnae nonam post denique messem
quam coepta est nonamque edita post hiemem,
milia cum interea quingenta Hortensius uno
* * * * * * * *
Zmyrna cavas Satrachi penitus mittetur ad undas,
Zmyrnam cana diu saecula pervolvent.
at Volusi annales Paduam morientur ad ipsam
et laxas scombris saepe dabunt tunicas.
Parva mei mihi sint cordi
at populus tumido gaudeat Antimacho.

ANALISI
Testo pieno di dichiarazioni di poetica. Saluta la pubblicazione di un epillio pubblicato da Evio Cinna, neoterico. Smyrna è il titolo del poemetto, e prende il nome dalla protagonista. Le sue dimensioni erano ridotte, e narrava un mito fuori dagli schemi: amore incestuoso di Mirra per il padre, da cui nascerà Adone. Durante l’ellenismo il mito non è più paradigma, ma curiosità e sfoggio di erudizione; si ricercano miti rari e particolari. La Smyrna appariva un po’ come un manifesto del neoverismo. Nell’ambiente catulliano tutti gli eventi del “circolo” vengono vissuti intensamente, così come dimostra il carmen. In questo saluto egli ha modo di precisare quali sono i suoi canoni eccellenti, e lo fa tramite opposizioni: contrapposizione tra Smyrna (scritto in 9 anni) e un certo Ortensio (forse Ortensio Ortalo, che scrisse un poema molto lungo), che compose in un solo anno 500000 versi (forse iperbole). Nella prima parte la contrapposizione è a livello della cura formale.Nella seconda parte (vv.5-8) la contrapposizione avviene sulla base della fama: il modello eccellente Smyrna e gli annales di Volusio. Verso 5: la fama della Smyrna si estende a livello spaziale; nel verso 6 la sua fama si estende nel tempo. Nei versi 7 e 8 torna lo spazio (v.7), riferito però agli Annales di Volusio, e il tempo (v.8) (i rotoli degli Annales non verranno usati se non per “far da cartoccio agli sgombri”). L’opera di Cinna è contrapposta a quella di Antiloco di Colofonie, noto per essere molto pesante. È forse l’iniziatore della poetica ellenistica. La contrapposizione tra Cinna e Antimaco è sulla base del gusto: raffinatezza quando si parla di Cinna, gonfiezza quando parla di Antiloco. Il testo è scandito dall’anafora+ poliptoto di Smyrna, sempre in posizione iniziale.
Zmyrna: grecizzante.
Mei: possessivo di forte valore affettivo.
Scandito lentamente il tempo di elaborazione dell’opera.
Messem: metonimia per “estate”.
Messem+hiemem: metonimia per “anno” + omoteleuto.
Nonam: anafora.
Edita: si suppone un “est”.
Nel verso 5 vi è un’opposizione disposta a cornice: “milia” all’inizio”, “uno” alla fine.
Milia cum interea: anastrofe.
Interea: avversativo.
Cavas… ad undas: iperbato + anastrofe.
Cana: indica “canuti” (il tempo che invecchia).
Specula: personificati da “cana”.
Cana: riprende, con l’assonanza, “cavas” del verso 5 (vi è anche la simmetria).
Pervolvent: crea l’immagine delle generazioni che srotolano i papiri.
At: crea una forte contrapposizione.
Paduam… ad ipsam: anastrofe+ iperbato.
Laxas: riprende l’assonanza con “cavas” e “cana”.
L’avverbio saepe è ancora collocato al cuore del verso.
Parva… monumenta: iperbato a cornice.
Monumenta: qualcosa di grande, che è destinato ad insegnare, deriva da “moneo”.
Parva-monumenta: ossimoro.
Ricompare il possessivo “mei”.
Mei- mihi: poliptoto.
Mihi sint cordi: costruzione col doppio dativo.
Gaudeat: colloquiale rispetto a “mihi sint cordi”.
Da una parte vi è un atteggiamento di cura per quel piccolo monumento, dall’altra il lessico scade.
CARMEN 5- GODIAMOCI LA VITA!
Vivamus mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis!
soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
ANALISI
Probabilmente un testo appartenente al periodo felice con Lesbia.
Verso 1: esprime la concezione della vita di Catullo: vita=amore; l’amore riempie integralmente la sua vita. Il verso ha due congiuntivi esortativi a cornice con omoteleuto; al centro il nome della donna amata.
Vivamus: verrà sviluppato nei versi successivi.
Amemus: si rafforza nella sua manifestazione fisica con quel turbinio di baci.
I congiuntivi esortativi si alternano spesso a forme dell’imperativo: lasciano trasparire un colloquio che non è simulato.
Verso 2: presenta il primo ostacolo reale all’equazione vita=amore, lo stridolio della gente, reso foneticamente dall’ allitterazione della “s” e della “r”; ritorna il suono “u”; allitterazione sillabica a cornice di “ru”.
Rumores: “rumor” indica la maldicenza che diventa quasi un rumore di fondo per lui.
Senum: connotazione generazionale.
Severiorum: comparativo assoluto.
Si lega al verso successivo con l’unico enjambement del testo e ancora con l’allitterazione della sibilante.
Verso 3: si trova il terzo esortativo.
Unius… assis: iperbato, genitivo di stima, serve ad avvicinare antiteticamente “unius” a “omnes”. Espressione colloquiale che ci introduce al “linguaggio degli affari”.
Verso 4: parte centrale; emerge la minaccia che rischia di offuscare la felicità, ed è una minaccia naturale: non si può impedire alla natura di seguire il suo corso. Si esprime la ciclicità inarrestabile della natura.
Soles: forse è metonimia. Vi è sì il senso proprio, ma è metonimia per “giorni”.
L’idea dell’eterno ritorno è sostenuta dall’allitterazione della sillaba “re”.
Verso 5: il verso si conclude in modo compiuto al livello del significato.
Nobis: è l’elemento minacciato.
Uccidere- occidit: poliptoto, qua ha compiutezza, è un indicativo perfetto, che indica un’inelutabilità concreta, rafforzato dal “cum semel”.
Sillabe decrescenti che sfumano nella clausola monosillabica.
Lux: metonimia.
Nox: opposto a “lux” del verso 5, crescendo sillabico.
Perpetua: indica la durata interminabile.
Una: indica l’unicità dell’esistenza.
Dormienda: clausola di 4 sillabe che si oppone a “lux”; costruzione con la perifrastica passiva.
Verso 7: si apre la parte dell’”antidoto”. Ritorna l’idea iniziale di “amemus”. Parte scandita da una serie di elementi fonici e lessicali che si ripetono in misura maggiore rispetto alla norma.
Da: imperativo, monosillabico; inizia la forte allitterazione della “d”, che potrebbe richiamare il rumore dei baci.
Basia: compare qui per la prima volta. È un termine di origine settentrionale; prima si diceva “savium” e “osculum”. Definisce il carmen come “aritmetico”, perché la disposizione delle migliaia e delle centinaia rimanda all’abaco: 100 a destra, 1000 a sinistra.
Forte anafora dei “dein”.
Nel verso 8 vi è un chiasmo.
Nel verso 10 c’è la somma finale.
Mille-milia: poliptoto.
Milia-multa: sono foneticamente simili.
Fecerimus: arcaismo, futuro perfetto.
Lessico degli affari.
Fecerimus-conturbabimus-sciamus: omoteleuto.
Ne sciamus: ellittico, sembra quasi imporre il silenzio.
Malus: riprende l’omoteleuto dei 3 verbi precedenti.
Invidere: “fare il malocchio”.
Sciat: riprende il verso 11.
CARMEN 51- SINTOMI D’AMORE
Ille mi par esse deo videtur,
ille si fas est superare divos,
qui sedens adversus identidem te,
spectat et audit
dulce ridentem: misero quod omnis
eripit sensus mihi. Nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
;
lingua sed torpet, tenuis sub artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinnant aures, gemina teguntur
lumina nocte.
Otium, Catulle, tibi molestumst:
otio exultas nimiumque gestis.
Otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.
ANALISI
Catullo affronta il tema da un punto di vista diverso rispetto a Saffo. In Catullo non c’è gelosia per questo ipotetico “ille”; c’è piuttosto invidia: un’invidia per la condizione diversa interiore con cui “ille” sta vicino a Lesbia. Condizione di tranquillità contro il turbamento violentissimo in Catullo alla vista di Lesbia. Incapacità di essere totalmente padrone di sé. L’ultima strofa è molto discussa perché alcuni studiosi non sono propensi ad attribuirla al carmen stesso; in realtà conferma la visione di Catullo. Egli è consapevole del fatto che la sua scelta totalizzante della poesia non è conforme alla tradizione. Fa una scelta che esce da tutti gli schemi.
Il testo riprende la lirica di Saffo: sistema strofico. Dopo i primi due versi e sino alla penultima strofa il verso è percorso da un continuo inarcamento. Rappresentazione espressiva del debordare dei sentimenti, delle passioni, delle emozioni, non solo da un verso all’altro, ma anche da una strofa all’altra.
I primi due versi sono scanditi dall’anafora del pronome “ille”: alterità e diversità di questo personaggio rispetto a Catullo.
Mi: contratto, costruzione personale di videor : stato di beatus di questo uomo, che si oppone a miser del verso 5 Catullo.
Fas est: formula del linguaggio religioso.
Divos: arcaismo per “deos”.
Il primo enjambement si trova nel verso 3 te (la persona di Lesbia).
Adversus: aggettivo maschile, funzione avverbiale, regge l’accusativo “te”.
Te: aggiogato anche ai due versi successivi.
Ridentem: capacità di “ille” di mantenere lo sguardo su Lesbia. Contemplazione continuata.
Spectat et audit: due presenti indicativi per sottolineare la capacità continuata di mantenere il controllo.
Dopo “audit” vi è il primo enjambement fortissimo.
Dulce ridentem: participio predicativo dell’oggetto rispetto a “te”.
Misero… quod: anastrofe.
Mihi: è in profondo iperbato rispetto a “mihi”.
Omnis: arcaismo per “omnes”, riprende “sensus” in iperbato.
Nam: valore avversativo.
Simul: simula c. congiunzione temporale. Regge “aspexi”.
Aspexi: riprende in figura etimologica “spectat”. È un perfetto: rende la momentaneità dell’azione. Ha il significato di “sollevare lo sguardo”.
Te: clausola monosillabica.
Clausola monosillabica “mi” rispetto a “te”. Tmesi di “est super”.
Nihil: regge il genitivo partitivo “vocis” del verso successivo.
Anche Saffo era mutile in questo: stessa integrazione (verso 8 in Catullo).
Sed: in anastrofe.
Torpet: Catullo qui è più lieve e morbido nell’espressione rispetto a Saffo. Sensibilità più complessa.
Allitterazione della “T”.
Rispetto a Saffo (fuoco sotto la pelle), Catullo indica qualcosa di più interiore.
Lingua torpet, flamma demani: soggetto + verbo
Tintinant aures, teguntur lumina: verbo + soggetto.
Chiasmo incorniciato da un parallelismo.
Demanare: molto bello. “Manare” si riferisce ai liquidi. Forse cerca di sintetizzare due espressioni usate da Saffo. Improprio per la fiamma.
Sonitu suopte: forte allitterazione. “Te” è una particella enclitica che rafforza il pronome “suo”.
Tintinant: verbo onomatopeico.
Gemina- nocte: iperbato.
Gemina: in realtà dovrebbe riferirsi a lumina: ipallage.
Nocte: sta per buio.
Ossimoro: lumina vs nocte. Luce vs buio.
Si parte dalla lingua, la parola (facoltà umana), poi si passa ad una corporeità più animale, e si conclude con la facoltà principe dell’uomo: la vista.
Otium: anafora+ poliptoto.
Polisindeto.
Prius e et: anafora.
Prius: si riferisce a “beatas”.
Exultas: composto di “salio”.
Gestis: frequentativo di “gero”.
Beatas-urbes: enjambement.
CARMEN 70
Nulli se dicit mulier mea nubere malle
quam mihi, non si se Iuppiter ipse petat.
dicit: sed mulier cupido quod dicit amanti,
in uento et rapida scribere oportet aqua.
ANALISI
Carmen della terza parte del liber, degli epigrammi. Sembra dare una più composta espressione al verso. Non vi sono enjambement. I carmi 70 e 72 sono complementari e appartengono al così detto discidium in cui comincia a maturare la consapevolezza dell’impossibilità del suo amore con Lesbia.
Questo carmen sembra agganciarsi all’epigramma greco, genere curatissimo, confluito nell’Antologia Palatina. Il tema è il giuramento degli amanti, affrontato come topos, con leggerezza. Catullo li riempie di significato e di serietà.
Nulli: posto in evidenza, apre il componimento, uso raro di “nemini”. Iperbole in prima posizione.
Dicit: affermazione.
Mulier: significa anche “moglie” oltre che “donna”.
Nubere: può avere un’accezione eroica, ma richiama la considerazione del patto coniugale con Lesbia.
Malle: infinito di “malo” (magis + volo, con la componente comparativa che richiama “quam”)
Mihi: retto da “nubere”
Continua l’iperbole di Lesbia, che ritorna anche nel carmen 72.
Petat: accezione erotica.
Dicit: anafora, qua lapidario e in prima posizione, isolato, ripreso anche successivamente.
Cupido… amanti: iperbato+ anastrofe.
Nell’ultimo verso la sentenza lapidaria con un ritmo scandito dalle dentali.
Rapida: “rapinoso”, √rapio.
CARMEN 72
Dicebas quondam solum te nosse Catullum,
Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem.
Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam,
sed pater ut gnatos diligit et generos.
Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror,
multo mi tamen es vilior et levior.
Qui potis est? inquis, quod amantem inuria talis
Cogit amare magis, sed bene velle minus
ANALISI
Un tempo trascorso e felice, in cui Catullo aveva l’illusione che il suo amore sarebbe stato felice. Alternanza di marche temporali: passato e presente, tempo di disincanto.
Il verbo “dicere” è qui all’imperfetto, ha il senso del trascorso e del ripetuto. Simula un colloquio con Lesbia.
Quondam: “un tempo”.
Solum… Catullum: iperbole.
Nosse: contratto di “novisse”, da “novi”.
Catullum, Lesbia, Iovem: sorta di triangolo amoroso.
Tenere: accezione erotica.
Dall’imperfetto si passa al perfetto, con il secondo avverbio temporale “tum”.
dilexi: accezione affettiva, uno dei verbi più nobili del lessico amoroso.
Forte allitterazione delle dentali.
Vulgus: si riferisce a “tutti gli altri”.
Dilexi- diligit: poliptoto.
Il verso 5 si apre con l’avverbio di tempo, che si oppone ai due precedenti.
Cognomi: è al perfetto perché la conoscenza di Lesbia e avvenuta nel tempo sino ad arrivare ad una attuale, completa conoscenza.
Uror: in omoteleuto con vilior e levior (richiama l’assenza di peso della donna amata)
Multo: posizione iniziale.
Allitterazione con “mi” contratto.
L’interrogativa è immaginaria perché Catullo suppone una possibile domanda da un interlocutore.
Cresce la passione, ma diminuisce l’affetto.
In questi carmi Catullo sta progressivamente acquistando un controllo di sé.
Qui: arcaico, avverbio per “quomodo”.
Potis: utilizza il maschile e non il neutro “pote”.
Amantem-amare: poliptoto.
Magis…minus: simmetria.
CARMEN 85- ODIO E AMO
Odi et amo. quare id faciam, fortasse requiris
Nescio, sed fieri sentio et excrucior
ANALISI
Apparentemente è un tema molto antico: amore e odio, due volti della stessa medaglia. Catullo da quasi una lettura filosofica. I verbi sono privi di complemento oggetto. Lesbia questa volta sembra essere assente, così come non abbiamo nessun elemento per pensare che il destinatario dell’interrogativa sia Lesbia. Procedimento filosofico. Affermazione, interrogativa per stimolare il ragionamento, risposta dubitativa (“nescio”) e conclusiva constatazione. Non può dare risposta.
Quare id faciam: molto prosastica.
Non ci sono molti iperbati.
Faciam: verbo molto concreto e attivo.
Faciam… fortasse: allitterazione.
Nescio: negazione di un perché.
Sed: oppone ciò che non si sa a ciò che si sa.
Fieri: infinito speculare rispetto a “faciam”. “Fio” è sentito come il passivo di “facio” dai Romani. “Faciam” attivo, “Fieri” passivo, “Excrucior” medio.
Excrucior: esser messo in croce.
La forma media è una mediazione: un sentimento che lo coinvolge come soggetto e come oggetto.
CARMEN 87
Nulla potest mulier tantum se dicere amatam
vere, quantum a me Lesbia amata mea est.
Nulla fides ullo fuit umquam foedere tanta,
quanta in amore tuo ex parte reperta mea est.
ANALISI
Primo distico: assoluta irripetibilità dell’amore per Lesbia. Catullo usa “mulier”, termine che indica la compagna.
Nulla: iniziale, è simmetrico al “nulla” successivo sempre iniziale.
Amatam mea est… reperta mea est: simmetria
La parte più importante in questo rapporto è quella di Catullo.
Secondo distico: unicità e irripetibilità della fides e foedus: figura etimologica(hanno la stessa radice).
Questi due concetti dell’etimo amoroso di Catullo sono a breve distanza.
Fides-fuit-foedere: allitterazione.
Tanta… quanta= qui + vicine.
In amore tuo: “tuo” è un genitivo oggettivo.
Tuo: opposto a mea.
A SIRMIONE
Paene insularum, Sirmio, insularumque
Ocelle, quascumque in liquentibus stagnis
Marique vasto fert uterque Neptunus,
Quam te libenter quamque laetus inviso,
Vix mi ipse Thyniam atque Bithynos
Liquisse campos et videre te in tuto.
O quid solutis est beatius curis,
Cum mens onus reponit, ac preregrino
Labore fessi venimus larem ad nostrum
Desideratoque acquiescimus lecto.
Hoc est, quod unumst pro laboribus tantis.
Salve, o venusta Sirmio, atque ero gaude:
Gaudete Vosque, o Lydiae lacus undae:
Ridete, quidquid est domi cachinnorum.
ANALISI
Ritorno a casa dopo il viaggio in Bitinia al seguito di Gaio Memmio. Per Catullo questo viaggio rappresenta solo una seccatura. Il ritorno a casa è vissuto con grande sollievo. Ci mostra la passionalità di Catullo anche in cose diverse dall’amore o dall’amicizia.
Si alternano due campi semantici: aspetti negativi, fatica, e aspetti positivi, affetto. Contesto di umanizzazione dei luoghi, della casa, di Sirmione. Durante il viaggio in Bitinia visita la tomba del fratello.
Sirmio: località sul lago di Garda, una “penisola”.
Insularum: anafora.
Ocelle: tenero appellativo, diminutivo di “cuore” tipicamente catulliano, sinonimo della cosa più preziosa che ci sia.
Liquentibus stagnis, marique vasto, uterque Neptunus : doppio chiasmo.
Uterque Neptunus : metonimia, essendo Nettuno la divinità dei mari, si riferisce ai mari e ai laghi o ai due mari, il Tirreno e l’Adriatico.
Neptunus: metonimia per “distesa d’acqua”.
Il quarto verso è rallentato perché separa “libenter” e “laetus”, che generalmente erano accostati.
Quam: anafora.
Inviso: verbo derivato da “video”, frequentativo ed intensivo.
vix… credens: espressione colloquiale.
Thuniam e Bithunos: grafia rara, elementi dotti,che rallentano il ritmo. (Con campos vi è un iperbato + enjambement).
Liquisse: da “linquo”, forma rara, sostituito poi da “delinquo”.
In tuto: espressione colloquiale.
Parte centrale in cui contrappone il ritorno a casa al travaglio del viaggio.
Solutis… curis: ablativo di paragone.
Solutis: ablativo del participio perfetto.
Campo semantico negativo.
Curis: “affanno”.
Onus: “fardello”.
Peregrino: in terra straniera.
L’enjambement contrappone in clausola “peregrino”, negativo, e “nostrum”, positivo.
Larem: metonimia per “casa”.
Peregrino labore… larem ad nostrum… desiderato lecto: doppio chiasmo.
Desiderato: qualcosa di cui si è sentita la mancanza, indica la nostalgia di Catullo.
Il verso 11 conclude un unico pensiero.
Unum: opposto a tantis.
Labore-laboribus: poliptoto.
Nell’ultima parte del testo saluta i suoi luoghi.
Venusta: ha l’etimo di “Venus”, tipicamente catulliano, è un valore per lui.
Ero: da “erus”, più affettivo rispetto a “dominus”
Gaude: imperativo
Gaude-gaudete: poliptoto.
Le onde del lago sono personificate.
Lydiae: attribuito per enallage alle onde, colto; richiama le origini degli etruschi.
Cachinnorum: onomatopeico.
CARMEN 101
Multas per gentes et multa per aequora vectus
advenio has miseras, frater, ad inferias,
ut te postremo donarem munere mortis
et mutam nequiquam alloquerer cinerem,
quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum,
heu misere indigne frater adempte mihi,
nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum
tradita sunt tristi munere ad inferias,
accipe fraterno multum manantia fletu,
atque in perpetuum, frater, ave atque vale.
ANALISI
Compianto per la morte del fratello. Vive con una profonda lacerazione la morte (prematura) del fratello. Durante il viaggio in Bitinia ha modo di visitare la sua tomba.
In età ellenistica si sviluppa il genere letterario dell’epigramma funebre; la maggior parte sono però, pure e semplici invenzioni e non c’è partecipazione soggettiva dell’autore. Catullo mette sofferenza e soggettività che lo fa apparire un unicum.
Instaura una sorta di colloquio che in realtà è un soliloquio: c’è una cesura netta, non c’è possibilità di dialogo con i defunti (ceneri mute). Non traspare nessun aldilà.
Vi sono tre parti:
1. versi 1-4: colloquio con una sua compostezza
2. versi 5-6: sfogo di Catullo
3. versi 7-10: ritrovata compostezza
Quasi assenti gli enjambement, (l’iperbato esprime la sofferenza) che ci fanno notare la sua compostezza.
Multas-multa: poliptoto.
Multa per gentes, multa per aequora: doppia anastrofe.
Questi membri sono rallentati da “et”: hanno la funzione di rappresentare il faticoso viaggio verso la tomba, intensificato dal passivo “vectus”.
Advenio: valore di perfetto, indica il risultato.
Has miseras ad inferias: anastrofe (rallentato da “frater”).
Miseras: Catullo lo usa anche per se stesso, affettivo, qua in senso negativo.
Inferias: da “infero”, le offerte funebri, che vennero poi connesse al mondo degli inferi.
Donarem: accusativo della persona a cui si fa il dono e ablativo della cosa donata.
Postremo… munere: iperbato.
Mutam… cinerem: iperbato a cornice.
Cinerem: è più normale il genere maschile, qui è al femminile.
Mutam: impossibilità del discorso con il fratello.
Mutam nequiquam: omoteleuto.
Il suono “er” è molto ricorrente.
Quandoquidem: congiunzione tipica della prosa arcaica.
Mihi tete: accostati dall’iperbato.
Tete: ulteriormente rafforzato da “ipsum”, si oppone alle ceneri.
Absulit: verbo forte.
Heu: espressione di dolore.
Miser: riprende “miseras”.
Indigne: una morte immeritata perché prematura.
Adempte: vocativo del participio di “adimo”.
Nell’ultima parte sembra con fatica riprendere il controllo, reso da “nunc, tamen, interea”.
Tamen: legato ad “accipe”(verso 9). Anche se il colloquio è impossibile, non può fare a meno delle offerte.
Prisco…parentum: anastrofe
Ritorno di “munere” e “inferias”.
Fraterno… letu: anastrofe + allitterazione chiastica.
Multum: generalmente non si usa con il participio.
Si chiude con l’addio rituale.
Ave atque vale: tipico degli epigrafi tombali.

Esempio