Carmine 1-14, Catullo

Materie:Appunti
Categoria:Latino
Download:183
Data:24.09.2001
Numero di pagine:9
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
carmine-1-14-catullo_1.zip (Dimensione: 10.74 Kb)
trucheck.it_carmine-1-14,-catullo.doc     36 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

CARMINA DI CATULLO:
NUMERI 1-2-3-5-7-8-9-11-12-13-14

I
cui dono lepidum novum libellum
arida modo pumice expolitum.
Corneli tibi namque tu solebas
meas esse aliquid putare nugas
iam tum cum ausus es unus Italorum 5
omne aevum tribus explicare cartis
doctis Iuppiter et laboriosis.
quare habe tibi quidquid hoc libelli
qualecumque quidem est. patroni et ergo
plus uno maneat perenne saeclo. 10
A chi dono il nuovo piacevole libretto
appena levigato dalla ruvida pomice?
A te Cornelio: infatti eri solito ritenere
che i miei componimenti valessero qualcosa,
già allora quando osasti unico tra gli italici
svolgere la storia di un secolo, o Giove?
In tre libri dotti ed elaborati. Per questo,
accetta questo libretto, qualunque cosa sia
e per quello che è. E questo, o musa,
possa sopravvivere per un secolo.
II
passer. deliciae meae puellae.
quicum ludere. quem in sinu tenere.
cui primum digitum dare appetenti.
et acres solet incitare morsus.
cum desiderio meo nitenti 5
carum nescio quid libet iocare
et solaciolum sui doloris
credo ut tum gravis acquiescet ardor.
tecum ludere sicut ipsa possem
et tristes animi levare curas. 10


Passero, delizia della mia ragazza,
che ci gioca e lo tiene sul grembo,
gli dà la punta del dito
e stà a provocare i morsi
acuti, quando il mio fulgido amore
è in vena di scherzi che diano
conforto al suo dolore,
credo, riposo alla passione dura
potessi anch'io giocare con te come fa lei,
e alleviare le tristi angosce dell'animo.

III
lugete o Veneres Cupidinesque
et quantum est hominum venustiorum.
passer mortuus est meae puellae.
passer deliciae meae puellae.
quem plus illa oculis suis amabat. 5
nam mellitus erat suamque norat
ipsam tam bene quam puella matrem.
nec sese a gremio illius movebat
sed circumsiliens modo huc modo illuc
ad solam dominam usque pipilabat. 10
qui tunc it per iter tenebricosum
illuc unde negant redire quemquam.
at vobis male sit malae tenebrae
Orci. quae omnia bella devoratis.
tam bellum mihi passerem abstulistis. 15
o factum male. o miselle passer.
tua nunc opera meae puellae
flendo turgiduli rubent ocelli.
Piangete o veneri amori e tutti voi
uomini un po’ gentili.
E' morto il passero della mia fanciulla,
il passero gioia della mia fanciulla,
che ella amava più dei suoi occhi;
infatti era dolce come il miele e conosceva la sua
stessa padrona tanto bene quanto una fanciulla sua madre
e non si allontanava dal suo grembo
ma saltellando attorno ora qua e ora là
pigolava sempre soltanto alla sua padrona.
Ma ora esso va per un cammino buio,
là dove dicono che nessuno ritorna,
ma voi siate maledette crudeli tenebre
dell’orco che divorate tutte le cose graziose;
mi avete portato via un passero così grazioso.
O che disgrazia! O povero passerotto!
Per causa tua i begli occhi della mia fanciulla
sono gonfi e rossi a furia di piangere.
V
vivamus mea Lesbia. atque amemus.
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis.
soles occidere et redire possunt.
nobis cum semel occidit breuis lux 5
nox est perpetua una dormienda.
da mi basia mille. deinde centum.
dein mille altera. dein secunda centum.
deinde usque altera mille. deinde centum.
dein cum milia multa fecerimus 10
conturbabimus illa ne sciamus
aut ne quis malus invidere possit
cum tantum sciat esse basiorum.
Godiamoci la vita mia Lesbia, e amiamoci
e non teniamo in alcun conto
le critiche dei vecchi più severi.
I giorni possono tramontare e rinascere:
noi, non appena è tramontata la nostra breve vita,
dobbiamo dormire un'unica notte senza fine.
Dammi 1000 baci poi 100
poi di nuovo 1000 poi ancora altri 100,
poi ancora altri 1000, poi altri 100,
poi quando ne avremo accumulati molte migliaia
li confonderemo per non sapere la somma
o perché nessun maligno possa gettarci il malocchio,
sapendo che è cosi grande il numero dei nostri baci.
VII
quaeris quot mihi basiationes
tuae Lesbia sint satis superque.
quam magnus numerus Libyssae harenae
lasarpiciferis iacet Cyrenis
oraclum Iovis inter aestuosi 5
et Batti veteris sacrum sepulcrum.
aut quam sidera multa cum tacet nox
furtivos hominum vident amores.
tam te basia multa basiare
vesano satis et super Catullo est 10
quae nec pernumerare curiosi
possint nec mala fascinare lingua.


Tu mi domandi,Lesbia, quanti baci,
di quelli tuoi,potrebbero bastarmi.
Tanti,quanti sono i granelli di sabbia dei deserti
nelle distese della Cirenaica, ricca di silfio,
tra l'oracolo torrido di Giove
e la venerabile tomba dell'antichissimo Batto;
o quante sono le stelle che nei silenzi
della notte vedono i furtivi amori degli uomini.
Il numero è questo, dei baci con cui devi baciare
il tuo pazzo Catullo perchè ne abbia abbastanza.
I curiosi non possano contarli, nè stregarci
una lingua incantatrice.

VIII
miser Catulle. desinas ineptire.
et quod vides perisse perditum ducas.
fulsere quondam candidi tibi soles.
cum ventitabas quo puella ducebat
amata nobis quantum amabitur nulla. 5
ibi illa multa cum iocosa fiebant
quae tu volebas nec puella nolebat
fulsere vere candidi tibi soles.
nunc iam illa non vult. tu quoque impotens noli
nec quae fugit sectare. nec miser vive. 10
sed obstinata mente perfer. obdura.
vale puella. iam Catullus obdurat.
nec te requiret. nec rogabit inuitam.
at tu dolebis cum rogaberis nulla.
scelesta. vae te. quae tibi manet vita. 15
quis nunc te adibit. cui videberis bella.
quem nunc amabis. cuius esse diceris.
quem basiabis. cui labella mordebis.
at tu Catulle desinatus obdura.
Disgraziato Catullo, smetti di essere folle
E ritieni perso ciò che vedi andato perduto
un giorno per te brillarono giorni luminosi,
quando eri solito andare dove la fanciulla ti conduceva
amata da noi quanto nessun altra sarà mai amata.
Là allora si facevano molti giochi d'amore, che
tu volevi e la fanciulla non rifiutava
veramente brillarono per te giornate luminose
ora ella non vuole più: anche tu, per quanto
a fatica, non volere e non inseguire lei che fugge, e non vivere
da infelice, ma con animo fermo resisti, sopporta.
Addio, fanciulla, ormai Catullo resiste,
non ti cercherà più ne ti supplicherà se tu non vuoi;
ma tu soffrirai quando non sarai più supplicata,
sciagurata, guai a te, quale vita ti aspetta?
Chi ora si avvicinerà a te? A chi sembrerai attraente?
Chi ora amerai? Di chi si dirà che sei?
Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
Ma tu, Catullo, ostinato resisti.
IX
Verani omnibus e meis amicis
antistans mihi milibus trecentis.
venistine domum ad tuos penates.
fratresque unanimos. anumque matrem.
venisti. o mihi nuntii beati. 5
visam te incolumem audiamque Hiberum
narrantem loca facta nationes
ut mos est tuus. applicansque collum
iucundum os oculosque suaviabor.
o quantum est hominum beatiorum. 10
quid me laetius est beatiusve.
O Veranio, che tra tutti i miei amici
tu stai davanti di trecento miglia,
sei tornato a casa, ai tuoi penati
e ai fratelli concordi alla vecchia madre?
Sei tornato. O notizia a me lieta!
Ti vedrò incolume, ti ascolterò narrare dei luoghi visitati,
delle tue avventure, dei costumi dei popoli,
come è tua abitudine, e con le braccia intorno al tuo collo
ti bacerò il volto giocondo e gli occhi.
O quanto c'è di uomini felici,
chi è più gioioso e beato di me?
XI
Furi et Aureli comites Catulli.
sive in extremos penetrabit Indos
litus ut longe resonante Eoa
tunditur unda.
sive in Hyrcanos Arabesve molles 5
seu Sacas sagittiferosve Parthos
sive quae septemgeminus colorat
aequora Nilus.
siue trans altas gradietur Alpes
Caesaris visens monumenta magni 10
Gallicum Rhenum horribilesque ulti
mosque Britannos.
omnia haec quaecumque feret voluntas
caelitum temptare simul parati.
pauca nuntiate meae puellae 15
non bona dicta.
cum suis viuat valeatque moechis
quos simul complexa tenet trecentos
nullum amans vere sed identidem omnium
ilia rumpens. 20
nec meum respectet ut ante amorem.
qui illius culpa cecidit velut prati
ultimi flos praetereunte postquam
tactus aratro est.
Furio e Aurelio, voi che siete disposti ad accompagnare
Catullo, sia che voglia giungere fra gli Indiani
ai confini del mondo, dove il lido è battuto dalle onde
orientali che risuonano di lontano,
sia tra gli Ircani o fra gli Arabi effemminati
o presso i Saggi e i Parti armati di frecce,
sia (presso) le acque che il Nilo dalle sette bocche
colora,
sia che voglia valicare le alte Alpi,
per visitare le testimonianze del grande Cesare,
o il Reno dei Galli, l'oceano spaventoso e i Britanni
posti ai confini del mondo,
pronti ad affrontare tutti questi rischi insieme a me,
tutti quelli che porterà la volontà dei celesti:
annunciate alla mia ragazza poche
non buone parole.
Con i suoi amanti viva e stia bene,
che, abbracciandoli insieme, tiene nel numero di trecento,
senza amarne davvero nessuno, ma rompendo i lombi
di ognuno senza tregua;
e non guardi, come prima, il mio amore,
che è caduto per colpa sua, come un fiore posto
al margine di un prato, che è toccato dall'aratro
che passa.
XII
Marrucine Asini. manu sinistra
non belle uteris in ioco atque vino.
tollis lintea neglegentiorum.
hoc salsum esse putas. fugit te inepte.
quamvis sordida res et invenusta est. 5
non credis mihi. crede Pollioni
fratri. qui tua furta vel talento
mutari velit. est enim leporum
disertus puer ac facetiarum.
quare aut hendecasyllabos trecentos 10
exspecta aut mihi linteum remitte.
quod me non movuet aestimatione.
verum est mnemosynum mei sodalis.
nam sudaria Saetaba ex Hiberis
miserunt mihi muneri Fabullus 15
et Veranius. haec amem necesse est
ut Veraniolum meum et Fabullum.


Asinio Marrucino, tu non usi bene
la mano sinistra nello scherzo e nel vino:
rubi il fazzoletto ai distratti.
Pensi che questo sia spiritoso? Ti inganni, sciocco,
quanto vuoi è cosa ignobile e inelegante.
Non mi credi? Credi a tuo fratello Pollione
che vorrebbe scambiare i tuoi furti con un talento;
è infatti un ragazzo
dotato di garbo e buongusto.
Perciò aspettati trecento endecasillabi
o rendimi il fazzoletto,
il quale non mi muove per il suo valore,
ma è un ricordo di miei amici.
Infatti Fabullo e Veranio mi inviarono
fazzoletti Setabi in dono dall' Iberia;
devo quindi amarli come amo
il mio Veraniolo e il mio Fabullo.


XIII
cenabis bene mi Fabulle apud me
paucis si tibi di favent diebus.
si tecum attuleris bonam atque magnam
cenam. non sine candida puella.
et vino. et sale. et omnibus cachinnis. 5
haec si inquam attuleris venuste noster
cenabis bene. nam tui Catulli
plenus sacculus est aranearum.
sed contra accipies meros amores
seu quid suavius elegantiusve est. 10
nam unguentum dabo quod meae puellae
donarunt Veneres Cupidinesque.
quod tu cum olfacies deos rogabis
totum ut te faciant Fabulle nasum.
Cenerai bene mio caro Fabullo, da me
tra pochi giorni, se gli dei ti sono favorevoli,
se porterai con te una cena gustosa e abbondante
non senza una splendida fanciulla e vino
e sale e ogni genere di allegria.
Se porterai ciò io dico, bello mio
cenerai bene; infatti il borsellino
del tuo Catullo è pieno di ragnatele,
ma in cambio riceverai affetto sincero e
quello che vi è più soave e raffinato:
infatti ti darò un unguento che alla mia
fanciulla donarono le veneri e gli amori.
Quando tu lo annuserai, o Fabullo, pregherai
gli dei che ti facciano diventare tutto naso.
XIV
ni te plus oculis meis amarem
iucundissime Calve munere isto
odissem te odio Vatiniano.
nam quid feci ego. quidve sum locutus.
cur me tot male perderes poetis. 5
isti di mala multa dent clienti
qui tantum tibi misit impiorum.
quod si ut suspicor hoc novum ac repertum
munus dat tibi Sulla litterator
non est mi male sed bene ac beate 10
quod non dispereunt tui labores.
di magni. horribilem et sacrum libellum
quem tu scilicet ad tuum Catullum
misti continuo ut die periret
saturnalibus optimo dierum. 15
non. non hoc tibi salse sic abibit.
nam si luxerit ad librariorum
curram scrinia. Caesios Aquinos
Suffenum omnia colligam venena.
ac te his suppliciis remunerabor. 20
vos hinc interea valete abite.
illuc unde malum pedem attulistis
saecli incommoda pessimi poetae.
Se non ti amassi più dei miei occhi,
amabilissimo Calvo, per questo dono
ti dovrei odiare di un odio Vatiniano;
infatti che cosa ho fatto o che cosa ho detto,
perché tu mi dovessi far male con tanti poeti?
Gli dei mandino molte sciagure a quel tuo cliente,
che ti ha mandato tanti empi.
Se poi, come sospetto, questo regalo insolito
e bizzarro te l'ha fatto Silla il maestro di scuola,
non mi dispiace, ma ne sono lieto e felice,
poiché la tua fatica non va perduta.
O grandi dei, l'orribile e esecrabile libretto!
Che mandasti naturalmente al tuo Catullo
perché morisse di colpo nel giorno più bello,
nei giorni dei Saturnali.
No, non la farai franca, spiritoso;
infatti, se verrà giorno, correrò
alle cassette dei librai, raccoglierò i Cesi, gli Aquini,
i Suffeni, tutta questa robaccia,
e ti ricompenserò con questi supplizi.
Intanto voi, state bene e di qui
andate là dove avete mosso i vostri piedi esecrabili,
sventura della nostra età, pessimi poeti.

Esempio