Lungo l'Affrico nella sera di giugno dopo la pioggia

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

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Testo

Gabriele d'Annunzio
da Alcyone
Lungo l'Affrico nella sera di giugno dopo la pioggia.
Grazia del ciel, come soavemente
ti miri ne la terra abbeverata,
anima fatta bella dal suo pianto!
O in mille e mille specchi sorridente
grazia, che da la nuvola sei nata
come la voluttà nasce dal pianto,
musical nel mio canto
ora t'effondi, che non è fugace,
per me trasfigurata in alta pace
a chi l'ascolti.
Nascente Luna, in cielo esigua come
il sopracciglio de la giovinetta
e la midolla de la nova canna,
sì che il più lieve ramo ti nasconde
e l'occhio mio, se ti smarrisce, a pena
ti ritrova, pel sogno che l'appanna,
Luna, il rio che s'avvalla
senza parola erboso anche ti vide;
e per ogni fil d'erba ti sorride,
solo a te sola.
O nere e bianche rondini, tra notte
e alba, tra vespro e notte, o bianche e nere
ospiti lungo l'Affrico notturno!
Volan elle sì basso che la molle
erba sfioran coi petti, e dal piacere
il loro volo sembra fatto azzurro.
Sopra non ha susurro
l'arbore grande, se ben trema sempre.
Non tesse il volo intorno a le mie tempie
fresche ghirlande.
E non promette ogni lor breve grido
un ben che forse il cuore ignora e forse
indovina se udendo ne trasale?
S'attardan quasi immemori del nido,
e sul margine dove son trascorse
par si prolunghi il fremito dell'ale.
Tutta la terra pare
argilla offerta all'opera d'amore,
un nunzio il grido, e il vespero che muore
un'alba certa.
In questo testo, composto a Settignano nel giugno 1902, lo scambio tra interiorità e paesaggio è evidente fin dai primi due versi: il paesaggio si trasforma in musicale stato d’animo. È una sera di giugno. Dopo la pioggia, il cielo si riflette in limpide pozzanghere, sorge la luna; il fiume scorre silenzioso; nel crepuscolo sfrecciano rapide rondini. Vengono presentate tutte sensazioni di freschezza e di quiete. Nel paesaggio cova infatti una segreta aspettativa: l’attesa dell’estate che sta per cominciare; per questo il tramonto può apparire “un’alba certa”.
METRICA: quattro strofe di dieci versi ciascuna (otto endecasillabi, un settenario in settima posizione, un quinario in decima), con rime secondo lo schema ABCABCcDDx
PARAFRASI:
[O] grazia del cielo come ti specchi dolcemente nella terra bagnata, quasi fossi un’anima fatta bella dal suo pianto! O grazia sorridente in mille e mille pozzanghere, tu che sei nata dalla nuvola come il piacere nasce dal dolore, ora ti diffondi come musica nel mio canto, che non è fuggevole, divenuta grazia a me quiete profonda in chi lo ascolta.
[O] luna nascente, sottile in cielo come il sopracciglio di una giovinetta e l’interno di una canna giovane, al punto che il ramo più esile ti nasconde e il mio sguardo ti ritrova con fatica se ti smarrisce a causa del trasognamento che lo offusca, o luna, anche il fiume che silenzioso scorre a valle erbosi ti ha visto; e ti sorride in ogni filo d’erba, [lui] solo a te sola.
O rondini nere e bianche, [che volate] tra la notte e l’alba, tra il crepuscolo e la notte, o bianche e nere ospiti lungo l’Affrico di notte! Elle [: le rondini] volano così in basso che sfiorano con i petti l’erba bagnata, e dal piacere il loro volo sembra divenire azzurro. Il grande albero in cime non stormisce, anche se ondeggia costantemente. Il volo non intreccia fresche ghirlande intorno alle mie tempie?
E ogni loro breve grido non promette un bene che il cuore forse ignora ma forse prevede se nel sentirlo sussurrata? [le rondini] si trattengono [in volo] quasi dimentiche del nido, e sul margine dove sono passate volando sembra prolungarsi il battito veloce delle ali. Tutta la terra sembra argilla offerta all’opera d’amore [la creazione], il grido [delle rondni sembra] un annuncio [di gioia] e il crepuscolo che finisce [sembra ] un’alba certa.

Esempio



  


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