Il tema del vino

Materie:Altro
Categoria:Greco

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Testo

IL TEMA DEL VINO

Nel mondo della Grecia arcaica, il vino riunisce in sé una serie di importanti valori sociologici e simbolici ed è soprattutto una componente importante della cultura maschile; il vino, precluso alle donne, si beve infatti collettivamente e secondo un preciso codice di comportamento nell’ ambito del simposio, ed è attraverso l’intimità psicologica favorita dal vino che il gruppo alimenta i vincoli di familiarità. Tuttavia il rapporto con questa bevanda assume di volta in volta funzioni diverse.

Archiloco

Nel fr. 120 si vanta di saper comporre il ditirambo quando è in preda all’ eccitazione indottagli dal vino.

Intonar so il ditirambo di Dioniso mio signore,
il bel canto io so, dal vino folgorato nel mio cuore.

Anche in Omero il vino era ispiratore di canti, ma in un senso notevolmente diverso.
Dice Odisseo:

Il vino, folle, mi spinge, che fa cantare anche l’ uomo più saggio e lo costringe a ridere di cuore e a danzare, e suscita parola che è meglio non detta.

Tra l’ ispirazione che viene dalla Musa e il canto suscitato dal vino vi è in Omero una differenza sostanziale, come tra sacro e profano. In Archiloco vi è invece identità: come la Musa ispira un canto, il vino suscita il ditirambo.

Dunque Archiloco celebra il vino come ispiratore del canto dionisiaco ed ha anche affermato lo stretto rapporto tra Dioniso e le Muse: egli intuì, prima di Democrito, che la poesia è figlia di un divino entusiasmo e ardì equiparare alla ispirazione poetica la follia scatenata dal vino. Punto di partenza fu la stretta somiglianza tra gli effetti del vino e del canto, ambedue causa di oblio e ristoro dai mali. Ma la concezione della poesia come oblio e ristoro implica valenze religiose che la differenziano nettamente dalla tradizionale valutazione del vino. Come il dono delle Muse, anche quello di Dioniso procura l'oblio; non procura però la memoria delle imprese del passato e degli dei beati. La dinamica oblio-memoria, che è propria del canto, manca nel vino; chi ne beve, dimentica gli affanni, ma attinge una gioia cieca e smemorata. È a questo punto che si inserisce la nuova intuizione di Archiloco, ribadita dal suo definire bello il ditirambo e dall'orgoglio con cui afferma di saperlo intonare.
Alceo
In ogni stagione e in ogni circostanza, il poeta Alceo lo troviamo che beve.

Questo giudizio di Ateneo coglie uno degli aspetti più caratteristici della poesia di Alceo e pone il problema del significato che ebbe il vino nella società di cui egli insieme fu lo specchio e la coscienza: perché Alceo non lo troviamo a bere da solo, ma insieme ai compagni del suo gruppo, nobili come lui e come lui partecipi della lotta civile. In questa società equilibrata e omogenea, il simposio fu un rito e il vino lo strumento per esaltare la personalità e per verificare la coralità dei singoli, svelando il compagno ai compagni. Dice Alceo: Il vino è lo specchio dell'uomo, a indicare la bevanda come specchio dell'intera personalità, non della parte istintiva soltanto.
Così il rapporto con questa bevanda assume di volta in volta sfumature diverse:
il vino è una consolazione alle sventure (fr. 1-2), è lo strumento per temperare i disagi del freddo o esaltare lo stordimento prodotto dalla stagione estiva.

Anacreonte

In nessun poeta arcaico il nome di Dioniso ricorre più frequentemente che in Anacreonte: nessun altro l'ha concepito alla stessa maniera, non soltanto come signore del simposio, ma anche come persuasore d'amore.
Anacreonte rifiutava i valori eroici e l'epica che li celebrava, ma li rifiutò in nome di un interiore equilibrio, che si manifesta gioiosamente nel canto, nell'amore e nella compostezza simposiaca (fr. 56).

Non amo chi trinca accanto a un pieno cratere
E parla di stragi e guerre crudeli,
ma chi delle Muse e d’ Afrodite i doni belli
mescendo s’ abbandona all’ amabile gioia.

Nel frammento viene denunciato l’ atto del “tracannare” il vino. Chi infatti lo fa è probabilmente in solitudine, senza condividere con i compagni di convivio i “doni” delle Muse e di Afrodite.

Esempio