Il cavaliere inenistente, di Italo Calvino

Materie:Scheda libro
Categoria:Generale
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Testo

NOME DELL’AUTORE: Italo Calvino
TITOLO DEL LIBRO: Il cavaliere inesistente
CASA EDITRICE: Garzanti

SINTESI

Sotto le mura di Parigi, un pittoresco Carlo Magno, oramai un po’ avanti con l’età, ispeziona come al solito il suo esercito. Il serrafila è un cavaliere con un’armatura perfetta: il suo nome è Agilulfo. Ha un unico difetto: non esiste. La sua armatura è tenuta insieme solo dalla forza di volontà e dalla fede nella santa causa. Al campo una notte Agilulfo, che non dorme mai, incontra Rambaldo, un giovane figlio di un generale ucciso dai Mussulmani in battaglia. Per vendicare suo padre, Rambaldo deve trovare e uccidere l’argalif Isoarre.
Nella loro lenta cavalcata verso il luogo dello scontro, l’imperatore e il suo esercito attraversano varie contrade, incontrando un curioso personaggio: Gurdulù, detto anche Omobò, Gurdurù, Gudi-Ussuf, Pestanzùl, Omobon, Omobestia, ecc. Si tratta di un uomo provvisto solo di un “corpaccione carnoso”, privo di volontà e di coscienza. L’imperatore, divertito dal fatto di avere un cavaliere che non c’è ma sa d’esserci e di un suddito che c’è ma non sa di esserci, assegna ad Agilulfo Gurdulù, in veste di scudiero. L’omaccione non capisce e finisce per scomparire, senza che Agilulfo riesca a rintracciarlo.
All’inizio del capitolo IV si giunge a scoprire che il romanzo è narrato da una suora, Suor Teodora.
Il capitolo tratta della battaglia in cui Rambaldo vendica il padre, uccidendo, tra mille situazioni comiche cui si contrappongono scene drammatiche, Isoarre. Il giovane è poi coinvolto in un’imboscata, dove è salvato da un cavaliere, che poi si scopre essere la terribile e bellissima Bradamante, di cui s’innamora. Per conquistarla, Rambaldo si propone di diventare un perfetto paladino.
Di lì a poco, Rambaldo scopre che la sua cara Bradamante è in realtà innamorata d’Agilulfo, che non contraccambia; nel frattempo Agilulfo ritrova Gurdulù. Accade poi che ad un banchetto l’onore d’Agilulfo sia messo in dubbio da Torrismondo, coetaneo di Rambaldo. Egli dichiara, infatti, che l’impresa per con la quale Agilulfo è stato fatto cavaliere (il salvataggio di una vergine indifesa) non è valida, perché la dama salvata era sua madre (non era più vergine); nel narrare la storia però, Torrismondo implicitamente svela che la sua origine non è nobiliare. Entrambi hanno però la possibilità di farsi riabilitare alla cavalleria: Agilulfo deve dimostrare la verginità di Sofronia (la madre di Torrismondo), Torrismondo deve far riconoscere, invece, da parte dell’Ordine dei cavalieri del Gral, la loro paternità (era un cavaliere di quest’ordine il padre di Torrismondo). Così Agilulfo, con Gurdulù, e Torrismondo partono, seguiti da Bradamante e Rambaldo. Le loro strade però si dividono.
Agilulfo finisce prima in Inghilterra, scoprendo di doversi recare in Marocco. Agilulfo e Gurdulù partono per il Marocco, fanno naufragio, ma entrami giungono nel paese loro meta, Agilulfo camminando sul fondo del mare, Gurdulù trasportato da un tartaruga. In Marocco scoprono che Sofronia è diventata una della mogli del sultano. Agilulfo riesce a farsi trasportare dentro alla stanza di Sofronia e la salva, scappando con Gurdulù su una nave. Naufragano di nuovo.
Sofronia è stanca, e Agilulfo la fa riposare in una grotta, mentre cerca Carlo Magno per annunciare che la verginità è ancora intatta. Nella grotta giunge anche Torrismondo, che, dopo aver scoperto che l’Ordine dei Cavalieri del Gral non è formato che da una manica di manigoldi, s’innamora di Sofronia, contraccambiato. I due sono scoperti durante l’amplesso, ma la situazione si risolve in meglio: Sofronia non è la madre, ma la sorellastra di Torrismondo. Purtroppo Agilulfo non può saperlo perché è subito scappato, convinto di non poter più dimostrare la verginità della donna. Nonostante ciò, Rambaldo, mandato a cercare Agilulfo, trova la sua armatura vuota, con un biglietto che lo designa nuovo possessore: con questa riuscirà a possedere Bradamante, che però, scoperto l’inganno, scapperà. Il libro ha però un colpo di scena finale: suor Teodora, che scrive, è in realtà Bradamante che decide infine di scappare dal convento con Rambaldo.

CARATTERI GENERALI
• GENERE DEL LIBRO
Romanzo d’avventura
• AMBIENTE
Tutta l’Europa, dal Sacro Romano Impero di Carlo Magno, all’Inghilterra, al Marocco.
Il luogo dove si svolgono le avventure è puramente fantastico, visto che sono pochi i riscontri geografici, che si ritrovano solo nelle prime pagine; si potrebbe ipotizzare sotto i Pirenei, traendo spunto dall’Orlando Furioso dell’Ariosto. È sicuro che le prime avventure si svolgano in Francia, visto che il contado riconosce Carlo come imperatore, o che Gurdulù accenna alla città di Bayonne, canticchiando una celebre canzone. Per il resto la nostra fantasia è lasciata libera di vagare a piacimento, e di immaginare come in una favola.
• TEMPO
Il tempo della vicenda è ovviamente l’inizio del IX secolo, dopo parecchi anni dall’incoronazione della notte di Natale dell’800 di Carlo Magno (l’imperatore è molto vecchio); si guerreggia, come già aveva fatto il padre di Carlo, contro i Mori, anche se la guerra si rivela essere una farsa. È il tempo dei Paladini, dei cavalieri vassalli dell’imperatore. I conventi sono assaltati dai pirati, e, come scrive Suor Teodora, “…fuor che finzioni religiose, tridui, novene, lavori dei campi, trebbiature, vendemmie, fustigazioni di servi, incesti, incendi, impiccagioni, invasioni d’eserciti, saccheggi, stupri, pestilenze, noi non si è visto niente”.
• ANALISI DEI PERSONAGGI
 Agilulfo: è il cavaliere inesistente che dà il nome al romanzo, ed uno dei protagonisti. Ha l’età dagli altri Paladini. Si tratta di una figura simbolica, che incarna coloro i quali sono talmente presi dalla loro funzione da immedesimarsi con essa. Nonostante ciò, la sua figura arriva, con lo scorrere delle pagine, ad avere una sua consistenza ed una sua profondità. Lui, che è libero da un corpo che brama ma che disprezza contemporaneamente, è il perfetto cavaliere, perché capace di compiere le sue funzioni come pochi altri. È fissato sui regolamenti, sul codice cavalleresco, proprio perché, a differenza degli altri, può vivere di sola ragione e non di sentimenti, perché null’altro è che forza di volontà e lamiere metalliche. La sua figura ha però anche connotati positivi: Agilulfo rappresenta la razionalità nella confusione del campo e della guerra; rappresenta la necessità di lasciare un segno nella storia. La sua figura assume quasi una connotazione mitica quando salva Sofronia dal palazzo del sultano, abbattendo un’intera torma di cavalieri. Alla fine, però scompare, perché costretto ad affrontare una realtà per lui insopportabile, e che invece gli altri riescono a vivere trasformandola in una situazione a lieto fine.
 Rambaldo: è un giovane cavaliere, partito per vendicare la morte del padre e che poi si invaghisce di Bradamante, inseguendola per mari e per monti finché, proprio alla fine del libro, sarà lei ad andare da lui. È irrequieto, impulsivo, un po’ come tutti i giovani, e impaziente: quando arriva per vendicare la morte del padre, il suo entusiasmo è fermato prima da Agilulfo, troppo freddo e metallico per percepire i sentimenti del ragazzo, poi dall’ordine precostituito, che, rappresentato dalla burocrazia, lo avverte che non potrà consumare la sua vendetta. Il ragazzo compie lo stesso la sua missione, fedele più ai suoi ideali che agli ordini; ma l’aver compiuto la vendetta del padre lo “svuota”: non ha più un motivo per il quale combattere. È il caso a fornirglielo: vede Bradamante in parte nuda che si rinfresca e se ne innamora. Da ora in poi la sua unica missione sarà quella di conquistare la fanciulla. Quando però eredita l’armatura di Agilulfo, a Rambaldo non resta soltanto la sua armatura, ma una parte di Agilulfo: lo vediamo combattere con un foga e un’abilità non sue. Con il tempo, anche Bradamante vede in lui un po’ di Agilulfo, e, finalmente, lo segue.
 Gurdulù: in un racconto con un cavaliere inesistente non poteva non esserci il suo alter ego, colui che c’è ma non sa d’esserci. Gurdulù è un personaggio pittoresco, caratterizzata dalla completa incapacità di intendere e volere, tanto che spesso arriva a credere di essere ciò che vede. Nei movimenti ricorda un animale, e così nel comportarsi e nel vestire. È un personaggio meno sciocco di quanto sembri: dimostra, ad esempio, di avere una visione del mondo ben più profonda e meno egoistica di Agilulfo e di Rambaldo nell’episodio della tumulazione dei cadaveri dei morti in battaglia; sa che la morte di un individuo è la vita di altri, e giunge ad affermare che è il morto ad essere più vivo di lui. Il suo ragionamento si ferma qui, senza cogliere le possibilità di un’etica del vivere: dopotutto è Gurdulù, in grado di confondersi e di seppellirsi al posto del morto.
 Bradamante: l’eroina della vicenda, bravissima in combattimento, bramata da tutto l’esercito e innamorata, invece, dell’unico che non vuole contraccambiarla. È una donna nel senso proprio della parola, capace sì di uccidere, ma ciononostante caratterizzata da una forte femminilità. Brama più di tutto quello che non riesce ad avere, ossia la razionalità e la freddezza di Agilulfo. Non riuscirà però ad averlo mai e, resasi conto del profondo sentimento di Rambaldo, se ne innamora e scappa con lui.
 Torrismondo: cavaliere coetaneo di Rambaldo, si rivela diversissimo da lui: è infatti deluso da tutto ciò che lo circonda, perennemente critico nei confronti dei Paladini e dell’esercito, senza, tra l’altro, averne tutti i torti. È un ragazzo inquieto non per scelta o per amore, come Rambaldo, ma a causa del suo passato, sul quale vuole far luce. Si mette così alla ricerca dell’Ordine dei cavalieri del Sacro Gral, ma scopre che, mascherandosi con la loro fama e la loro disciplina ascetica, compiono misfatti tremendi, che non giudicano tali perché si sentono guidati dal Santo Gral, e non dalla volontà propria. Il caso lo porta poi a incontrare ed ad innamorarsi della sorellastra, con la quale verrà a nozze, ponendo fine così alla sua ricerca.
 Carlo Magno: è la parodia del re che siamo abituati ad immaginare: vecchio, rimbambito, poco regale nei modi e, anzi fanciullesco nei comportamenti. I suoi Paladini sono ancora più ridicolizzati: loro, orgoglio dell’impero e protagonisti nei secoli di moltissime avventure, sono sol dei pigri individualisti, sempre bravi a guerreggiare, ma capaci di rendere la guerra una farsa. Nessuno di loro è perfetto come Agilulfo, nessuno ha più gli ideali di cavalleria, come Torrismondo e Rambaldo.

TEMI PRINCIPALI
La ricerca dell’essere, dell’Io sono i temi principali de “il cavaliere inesistente”. Anche non volendo considerare i due casi più estremi del libro, Agilulfo e Gurdulù, tutti i principali protagonisti passano la maggior parte del tempo a cercare il proprio compimento.
Rambaldo, ad esempio, appare nella storia con già un scopo che però, una volta realizzatosi, lo lascia privo di scopo; è solo allora che Bradamante si sostituisce al desiderio, oramai avveratosi, di vendetta paterna. Torrismondo manca già da subito di un compimento, il suo essere è incompleto; si realizzerà solo con la riunione con Sofronia, che a sua volta, si completa solo con il fratello (il richiamo al mito platonico sulle anime come metà di un solo essere è chiaro). L’esercito di Francia manca dell’essere, visto che la “santa missione” ha perso di significati, i valori hanno perso di significato, i Paladini non sono più loro, ma sbiadite ombre di se stessi, come d'altronde il loro imperatore, che da vecchio appare come la propria parodia.
Sono però proprio i due opposti a dare alla vicenda una piega particolare: Agilulfo, che spesso sembra rifugiarsi nelle sue regole più per mantenere la coscienza di sé, più che per altro (come si legge nel capitolo I), esiste solo ed esclusivamente per esse: la sua non è solo la necessità di mantenere la concezione di se stesso, ma sono le regole a farlo esistere. Ciò è rilevabile in più punti: ad esempio, lui si sente più a disagio proprio dove le regole vengono violate; ma ancora più evidente alla fine del V capitolo: Agilulfo non sembra neanche percepire la domanda di Rambaldo, come se tutto ciò che è sentimento, quindi irrazionale, quindi esente dall’essere scritta, documentata, acquisibile, non può entrare in contatto con l’essere di Agilulfo.
Esattamente all’opposto sta Gurdulù, per il quale non vale nessuna regola, neanche la più semplice: quella di riconoscersi. Gurdulù è completamente slegato dalla realtà, vive solo per la sensazione, anzi, la sua comunione con la sensazione è talmente forte che non riesce a distinguerla dal mondo reale.
Calvino, nell’intera composizione del libro si dimostra aristotelico, sa che la virtù sta nel mezzo: nel capitolo V, che contiene un riflessione sull’uomo come essere materiale, destinato alla morte, contiene alcune riflessioni sulla morte, fatte da Agilulfo, Rambaldo e Gurdulù, la migliore, fautrice di un’etica attiva:“…non ci sono altri giorni che questi nostri giorni prima della tomba, per noi vivi e anche per voi morti. Che mi sia dato di non sprecarli, di non sprecare nulla di ciò che sono e di ciò che potrei essere”. Anche se in questo caso, la visione più ampia, più innovatrice, più progressista l’ha Gurdulù, dimostrando che, a volte, i sensi vedono più della ragione.

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