Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di F. Cristiane

Materie:Scheda libro
Categoria:Generale

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Testo

TITOLO: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
AUTORE: F. Cristiane

Berlino. Atmosfera cupa, poche luci sulle strade, aria gelida tra le austere costruzioni industriali, freddo che insidia i corpi, animi provati di giovani che si prostituiscono per poter continuare a drogarsi. La protagonista è un’adolescente come tanti, con una situazione familiare complicata alle spalle: Cristiane. E’ la sua storia. Triste e sconcertante. E’ la storia del suo abbandono alla droga, voluto un po’ per emulazione del gruppo, un po’ per curiosità, un po’ per esibizionismo e un po’ per desiderio di evadere dalla consapevolezza di un’infima condizione.
Comincia a fumare hascisc a dodici anni, a tredici a iniettarsi l’eroina. Per alcuni anni la sua vita trascorre sui banchi di scuola e sui marciapiedi della stazione della metropolitana, e quasi inconsciamente si vede catapultata nel tunnel della droga, del quale avverte la forza devastante e da cui ne verrà fuori a costo di atroci calvari fisici e psicologici.
La narrazione è condotta con un linguaggio particolarmente crudo, irruento, violento, così come violenta appare la società in cui vive, che lede ogni suo desiderio, ogni suo sogno, la ragione di una vita normale, la voglia di sopravvivere, e di esserci nel domani.
Così, da esso traspare non poco la disperazione e la richiesta di aiuto di un animo lacerato.
Il caso di Cristiane è divenuto emblema di una generazione vuota di ideali, priva di validi esempi e modelli di vita, alla ricerca di qualcosa che sappia soddisfarla. In lei emerge il tentativo di evadere dalle difficoltà e dalle inquietudini imposte dalla società, che non sa incoraggiare il pensiero, l’idea e lo sviluppo della personalità, ma genera la voglia di rifugiarsi in “paradiso” di sensazioni effimere ed illusorie.

TITOLO: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
AUTORE: F. Cristiane

Berlino. Atmosfera cupa, poche luci sulle strade, aria gelida tra le austere costruzioni industriali, freddo che insidia i corpi, animi provati di giovani che si prostituiscono per poter continuare a drogarsi. La protagonista è un’adolescente come tanti, con una situazione familiare complicata alle spalle: Cristiane. E’ la sua storia. Triste e sconcertante. E’ la storia del suo abbandono alla droga, voluto un po’ per emulazione del gruppo, un po’ per curiosità, un po’ per esibizionismo e un po’ per desiderio di evadere dalla consapevolezza di un’infima condizione.
Comincia a fumare hascisc a dodici anni, a tredici a iniettarsi l’eroina. Per alcuni anni la sua vita trascorre sui banchi di scuola e sui marciapiedi della stazione della metropolitana, e quasi inconsciamente si vede catapultata nel tunnel della droga, del quale avverte la forza devastante e da cui ne verrà fuori a costo di atroci calvari fisici e psicologici.
La narrazione è condotta con un linguaggio particolarmente crudo, irruento, violento, così come violenta appare la società in cui vive, che lede ogni suo desiderio, ogni suo sogno, la ragione di una vita normale, la voglia di sopravvivere, e di esserci nel domani.
Così, da esso traspare non poco la disperazione e la richiesta di aiuto di un animo lacerato.
Il caso di Cristiane è divenuto emblema di una generazione vuota di ideali, priva di validi esempi e modelli di vita, alla ricerca di qualcosa che sappia soddisfarla. In lei emerge il tentativo di evadere dalle difficoltà e dalle inquietudini imposte dalla società, che non sa incoraggiare il pensiero, l’idea e lo sviluppo della personalità, ma genera la voglia di rifugiarsi in “paradiso” di sensazioni effimere ed illusorie.

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