L'atomo e le teorie atomiche

Materie:Appunti
Categoria:Fisica
Download:467
Data:07.03.2001
Numero di pagine:21
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
atomo-teorie-atomiche_1.zip (Dimensione: 30.07 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_l-atomo-e-le-teorie-atomiche.doc     78 Kb


Testo

Se numerose evidenze sperimentali avevano permesso di trovare l'esistenza delle particelle subatomiche, le loro dimensioni, cosí infinitamente piccole, non permettevano di visualizzarne la disposizione all'interno dell'atomo. Gli scienziati, pertanto, a partire dalla fine del XIX secolo sentirono l'esigenza di ideare dei modelli.
I modelli atomici nacquero, dunque, dall'intuizione di alcuni scienziati di fronte all'impossibilitá di interpretare in modo semplice i fenomeni complessi.
Inizialmente un modello si basa su un numero limitato di fenomeni, ma quando ulteriori fenomeni non trovano in esso apprezzabile riscontro, é necessario perfezionarlo o addirittura sostituirlo con un altro che risulti più aderente alla realtà .
LA TEORIA ATOMICA DI DALTON
Lo studioso inglese J.Dalton all'inizio del XIX secolo, attraverso l'ingegnosa interpretazione delle leggi fondamentali della chimica a quel tempo note (la legge della conservazione della massa e la legge delle proporzioni definite), alle quali aggiunse quella da lui stesso formulata (la legge delle proporzioni multiple) arrivó alla conclusione che la materia é discontinua cioé formata da particelle. Sulla base di queste tre leggi Dalton nel 1803 formuló la prima teoria atomica della materia. Tale teoria puó essere cosí schematizzata:
- la materia non é continua, ma é composta da particelle che non possono essere ulteriormente divisibili né trasformabili, gli atomi;
- gli atomi di un particolare elemento sono tutti uguali tra loro e hanno la stessa massa;
- gli atomi di elementi diversi hanno massa e proprietá differenti;
- le reazioni chimiche avvengono tra atomi interi e non tra frazioni di essi;
- in una reazione chimica tra due o piú elementi gli atomi, pur conservando la propria identitá, si combinano secondo rapporti definiti dando luogo a composti.
ATOMO
L'atomo è la più piccola quantità di materia contenuta in una sostanza che rimane invariata qualunque sia la reazione chimica cui quella sostanza partecipa.
L'atomo però non rappresenta il costituente ultimo della materia. Globalmente neutro, l'atomo è infatti sostanzialmente formato da tre tipi da particelle: elettroni con carica elettrica negativa; protoni con carica elettrica positiva, uguale in valore assoluto a quella dell'elettrone; neutroni di massa leggermente superiore a quella del protone ed elettricamente neutri. I protoni e i neutroni occupano la parte centrale dell'atomo, il nucleo, nel quale è quindi concentrata la quasi totalità della massa atomica. La più piccola quantità di una sostanza che mantiene le proprietà della sostanza stessa si chiama molecola ed è costituita da un certo numero di atomi (da uno a diverse centinaia) che possono essere identici tra loro (ELEMENTI) oppure diversi (COMPOSTI).
Si conoscono più di un milione di composti ma solo 108 elementi. Ne segue che 108 sono i tipi diversi di atomi oggi conosciuti.

AVOGADRO AMEDEO
Il fisico e chimico italiano A. Avogadro, nel 1811 formulò un'ipotesi dalle sue considerazioni teoriche in seguito alle enunciazioni, nel 1808, della legge delle combinazioni gassose di L.J. Gay-Lussac. Nel 1811 e nel 1814 pubblicò due famose memorie sul "Journal de physique" di Jean-Claude de Lamétherie (1743-1817).
In esse A. formulò i criteri di distinzione fra atomi e molecole ed enunciò la sua ipotesi che costituisce uno dei principali fondamenti della chimica: "Volumi uguali di gas nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione contengono un eguale numero di molecole". Se ne deduce subito che lo stesso rapporto in peso che corre tra volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione, corre pure tra i pesi delle molecole. La legge quindi offre un mezzo semplice e sicuro per determinare il peso molecolare (detto anche massa molecolare) dei gas e delle sostanze che possono essere trasformate in vapore senza decomporsi. Questa ipotesi fu, tuttavia, molto avversata dai suoi contemporanei, ma venne pienamente accettata dal 1860, quando comincerà a essere considerata come l’ipotesi unificante di una estesa mole di risultati sperimentali. Il merito va riconosciuto a S. Cannizzaro che la pose alla base del suo ragionamento di determinazione di pesi atomici, da lui presentato al congresso di Karlsruhe, svoltosi nello stesso anno.
PESO ATOMICO
Dal momento che la massa di un atomo è concentrata nel nucleo e sia la massa del protone sia quella del neutrone valgono, con buona approssimazione, una (unità di massa atomica), ci si aspetterebbe che la massa di un certo tipo di atomo, espressa in unità di massa atomica, sia un numero intero. In effetti, sarebbe proprio così se non esistessero gli isotopi. In realtà, la maggior parte degli elementi è presente in natura con due o più isotopi.
Per peso atomico si intende quindi l'insieme sia delle masse atomiche che delle abbondanze relative dei suoi vari isotopi presenti in natura. Non va comunque dimenticato che le grandezze da trattare sono in realtà delle masse. Ricordando il significato di unità di massa atomica, è quindi possibile definire il peso atomico (o massa atomica) di un elemento come la massa relativa media riferita a un dodicesimo della massa dell'atomo di carbonio - 12.
NUMERO ATOMICO
Il numero atomico (che si indica genericamente con la lettera Z) di un elemento è il numero di protoni contenuti nel nucleo di ogni atomo di quell'elemento.
Pertanto, due atomo che hanno diverso numero atomico possiedono anche un diverso numero di protoni e devono quindi essere atomi di due elementi diversi. Inoltre, poiché un atomo, essendo elettricamente neutro, contiene tanti elettroni quanti sono i suoi protoni, il numero atomico corrisponde anche al numero di elettroni presenti nell'atomo.

NUMERO DI MASSA
Dato che pressoché tutta la massa di un atomo è concentrata nel nucleo, la somma del numero dei protoni e dei neutroni contenuti nel nucleo di un atomo viene chiamata numero di massa (che si indica genericamente con il simbolo A) di quell'atomo.

ISOTOPI
Si dicono isotopi atomi i cui nuclei sono costituiti da uno stesso numero di protoni e da un differente numero di neutroni.
Gli isotopi hanno quindi diverso numero di massa e uguale numero atomico. La parola isotopo deriva dal greco e significa stesso posto, perché gli atomi con lo stesso numero atomico appartengono ad un elemento che occupa lo stesso posto nella tabella degli elementi.
Generalmente si usa rappresentare un determinato isotopo con il nome o il simbolo dell’elemento di appartenenza e col numero di massa.
La scoperta della radioattività, alla fine del XIX secolo, e le conseguenti ricerche sugli elementi prodotti in processi naturali di disintegrazione radioattiva permisero di mettere sperimentalmente in evidenza la possibilità che atomi costituenti uno stesso elemento potessero avere masse atomiche diverse.
Studiando i prodotti associati alla radioattività degli elementi uranio, torio e attinio, furono individuati alcuni gruppi di elementi, ciascuno costituito da atomi con identiche proprietà chimiche ma diverse masse atomiche. Risultò evidente che gli atomi appartenenti a ciascun gruppo costituivano uno stesso posto nel sistema periodico degli elementi. Nel 1913, F. Soddy propose di chiamare gli atomi aventi questa proprietà isotopi.
Le prime ricerche sull'esistenza di isotopi di elementi non radioattivi furono condotte da Thomson a partire dal 1910.
In natura sono stati riconosciuti 290 differenti isotopi variamente distribuiti tra tutti gli elementi: mentre pochi elementi sono presenti in natura con un solo isotopo, come il fluoro e l’oro, la maggioranza vi sono presenti con vari isotopi, fino a dieci nel caso dello stagno. Oltre agli isotopi naturali , vi sono isotopi artificiali prodotti attraverso opportune reazioni nucleari.
Gli isotopi di un elemento possono essere stabili o instabili (radioattivi).
Ad esempio, gli isotopi dell'idrogeno sono:
- l'idrogeno comune (1H) che ha 1p (Z=1) e 1n (A=2) ed è il più abbondante in natura;
- il deuterio (2H) che ha 1p (Z=1) e 2n (A=3) ed è presente in natura anche se raro (lo 0.8% dell'idrogeno naturale);
- il trizio (3H) che ha 1p (Z=1) e 3n (A=4), esiste solo perché prodotto artificialmente ed è fisicamente instabile.
Una sostanza radioattiva può emettere tre tipi di radiazioni che vengono indicate con le lettere greche a, b, g. La radiazione alfa è costituita da particelle formate da due protoni e due neutroni, che hanno quindi complessivamente una carica elettrica positiva. Le particelle della radiazione alfa possono essere fermate da un foglio di carta di giornale. La radiazione beta è costituita da elettroni, con carica elettrica negativa. La radiazione gamma è invece un particolare tipo di radiazione che ha la stessa natura delle onde radio o della luce, ma, rispetto a queste, ha una lunghezza d'onda molto più piccola; questo rende i raggi gamma molto penetranti tanto che possono superare l'asse di piombo spesse vari centimetri. Quando il nucleo di un atomo emette particelle alfa, beta o gamma, varia di conseguenza il numero di cariche elettriche che lo costituiscono; si ha quindi la formazione di un nuovo atomo, con caratteristiche diverse da quelle dell'atomo di partenza.
Quando un atomo si trasforma in un altro, emettendo radiazioni, si parla di decadimento radioattivo.
I nuclei instabili, prima di decadere a un livello energetico più basso, rimangono nel loro stato di radioattività per un periodo di tempo variabile da una frazione di secondo fino a molti milioni di anni, secondo la loro specie atomica. Il fenomeno non è in alcun modo influenzabile dall'esterno (variazioni di pressione, di temperatura, ecc.).
Le sostanze radioattive in natura sono una decina. Quelle artificiali sono invece molte di più.
Sostanze radioattive in natura sono ad esempio le seguenti:
- Radio (Ra)
- Uranio (U)
- Torio (Th)
- Attinio (Ac)
- Polonio (Po)
Quelle artificiali sono, ad esempio, il plutonio (Pu) e i prodotti di fissione formati dal bombardamento neutronico di certi elementi pesanti in un reattore nucleare (radioelementi), nonché i radioisotopi prodotti dall'uomo.
FUSIONE NUCLEARE
La Fusione Nucleare consiste nel fondere due nuclei leggeri per formarne uno pesante. Il processo è analogo a quello che avviene nel Sole e nelle stelle e potrebbe essere prodotto artificialmente anche sulla Terra.
Per poter fondere due nuclei bisogna avvicinarli vincendo la forza di repulsione che esiste tra i protoni. Per far sì che la fusione avvenga, sono necessarie temperature elevatissime, che ancora oggi è quasi impossibile raggiungere.
Dalla fusione nucleare si ottiene un'enorme quantità di energia, dovuta al difetto di massa: una volta che i due atomi si fondono, la loro massa non è pari alla somma delle masse dei due nuclei, ma minore. La differenza tra la somma delle masse di partenza e la massa finale si è convertita in
energia seguendo la legge di Einstein la quale afferma che l'energia prodotta è uguale alla massa per il quadrato della costante c (velocità della luce: 300.000 Km/s).
Gli elementi più idonei per la fusione sono gli isotopi dell'idrogeno (Deuterio e Trizio);
dalla loro fusione si formerebbe un atomo di elio ed un neutrone libero. L'importanza della Fusione non consiste solo nell'energia prodotta che risulta essere maggiore di quella della fissione nucleare, ma consiste nel fatto che è un energia pura ovvero i prodotti della fusione non sono radioattivi come quelli della fissione, inoltre l'idrogeno è un elemento che sul nostro pianeta si può trovare facilmente e con i minimi costi(si pensi al mare che ne è pieno).
La prima produzione di energia da fusione nucleare risale al 9 novembre 1991 in Gran Bretagna dove il reattore a fusione sperimentale europeo (Jet) produsse, per la prima volta, energia da fusione nucleare.
In passato infatti la fusione era raggiungibile solo in maniera non controllata nelle Bombe H (chiamate bombe a idrogeno o termonucleari).

FISSIONE NUCLEARE
La disgregazione del nucleo di un isotopo può essere provocata artificialmente utilizzando con velocità opportuna. Nel caso dell'uranio (U235) esso viene spaccato in due frammenti, più o meno delle stesse dimensioni, e in due o tre neutroni secondari. Questo fenomeno si chiama fissione nucleare. I frammenti e i neutroni prodotti hanno un'elevata velocità, possiedono cioè energia cinetica.
Con la rottura del nucleo di uranio si ha liberazione di energia cinetica. I frammenti prodotti sono nuclei di atomi radioattivi, il cui numero atomico è circa la metà di quello dell'uranio. La produzione di neutroni secondari rende possibile lo stabilirsi di una reazione a catena, cioè i neutroni prodotti da una fissione possono, a loro volta, produrre altre fissioni.
Affinché possa avvenire la fusione è necessario che i due nuclei di partenza siano dotati di una velocità elevata, per vincere la notevole forza di repulsione elettrostatica fra i due protoni. Tale velocità si ottiene portando i gas di deuterio a una temperatura elevatissima, di milioni di gradi, e questo ora in natura avviene solo all'interno delle stelle.
IL MODELLO ATOMICO DI THOMSON
Nel modello atomico di Thomson, formulato nel 1898, da J.J.Thomson, si ammetteva che l'atomo, piuttosto che la sferetta solida e compatta ipotizzata da Dalton, fosse un aggregato di particelle piú semplici. Alla luce dei pochi dati sperimentali in suo possesso, J.J.Thomson ipotizzó che l'atomo fosse costituito da una sfera omogenea carica di elettricitá positiva in cui gli elettroni erano distribuiti in maniera uniforme e senza una disposizione spaziale particolare.
IL MODELLO ATOMICO DI RHUTERFORD
Rhuterford ipotizzó che la massa e la carica positiva fossero concentrate in una parte molto piccola dell'atomo chiamata nucleo, e che gli elettroni si trovavano nella zona periferica, a grande distanza dal nucleo.
Questa ipotesi nasceva da un'importante esperienza, effettuata da due allievi di Rutherford. Una lamina sottilissima di metallo veniva bombardata con particelle alfa veloci; uno schermo rivelatore indicava poi i punti di arrivo della particelle alfa, permettendo quindi di stabilirne la traiettoria dopo il passaggio attraverso la lamina.
Se fosse stato valido il modello di Thomson, cioé se l'atomo avesse avuto una struttura omogenea, le particelle alfa avrebbero dovuto comportarsi tutte nello stesso modo, perché in qualunque punto avessero colpito la lamina metallica avrebbero trovato situazioni equivalenti.
In realtá le particelle alfa si comportarono in modo diverso: per la maggior parte passarono senza subire nessuna deviazione, ma alcune vennero deviate secondo vari angoli e alcune vennero addirittura respinte. Questo comportamento spinse Rutherford a formulare la sua ipotesi; le perticelle che non venivano deviate erano quelle che passavano abbastanza distanti dai nuclei. Quelle che si avvicinavano ai nuclei venivano deviate per effetto della repulsione elettrica, visto che sia le particelle che i nuclei sono positivi; tanto piú si avvicinavano ai nuclei, tanto piú fortemente venivano deviate. Quelle che andavano direttamente verso i nuclei venivano respinte: queste ultime erano poche, perché il il nucleo occupa una parte molto piccola rispetto allo spazio
occupato da un atomo e quindi la probabilità che una particella si dirigesse proprio contro un nucleo era bassa.
IL MODELLO ATOMICO DI BOHR
Il nuovo modello di atomo fu proposto da Niels Bohr nel 1913.
Esso si basa su alcune ipotesi fondamentali:
- PRIMA IPOTESI: Nell'atomo gli elettroni ruotano intorno al nucleo su orbite circolari. Ognuna di queste orbite ha un raggio ben determinato.
- SECONDA IPOTESI: Il momento angolare degli elettroni é quantizzato. Esso puó assumere soltanto certi valori (valori permessi), ma non puó assumere i valori intermedi fra quelli permessi.
Dopo aver introdotto queste ipotesi, Bohr studia la situazione dell'elettrone utilizzando le leggi della fisica classica. L'elettrone é soggetto alla forza di attrazione del nucleo. Questa forza provoca il suo moto di rotazione e quindi costituisce la forza centripeta. Gli elettroni nelle loro orbite possiedono una certa quantitá di energia; essi infatti sono in moto, e quindi hanno energia cinetica; inoltre hanno energia potenziale dovuta all'attrazione elettrostatica tra elettrone e nucleo.
- TERZA IPOTESI: Finché un elettrone rimane nella sua orbita, non emette e non assorbe energia.
Per passare da un'orbita con energia minore a un'orbita con energia maggiore (cioé da un'orbita piú interna a una piú esterna), l'elettrone deve ricevere dall'esterno una quantitá di energia corrispondente alla differenza di energia fra le due orbite; se invece passa da un'orbita con energia maggiore a un'orbita con energia minore, l'elettrone emette una quantitá di energia pari alla differenza di energia fra le due orbite. L'energia viene emessa o assorbita sotto forma di radiazione elettromagnetica.
L'ipotesi di Bohr sulla struttura dell'atomo spiega quindi perché gli spettri di emissione degli atomi sono spettri discontinui, a righe: ogni riga corrisponde a un ben determinato valore di energia, che a sua volta corrisponde alla differenza di energia fra due orbite.
LA TEORIA MODERNA
Il principio di indeterminazione di Heisemberg e la scoperta della doppia natura dell'elettrone da parte di de Broglie indicavano chiaramente una cosa: non era piú possibile trattare l'elettrone come una particella classica.
Bohr nel suo modello, aveva introdotto l'ipotesi della quantizzazione, ma per il resto aveva trattato l'elettrone come una particella classica, che si muove su orbite ben determinate il cui raggio puó essere calcolato in base a semplici considerazioni meccaniche sulle forze in gioco. Le nuove scoperte peró imponevano un modo completamente diverso di affrontare il problema, che portó all'elaborazione di una nuova fisica, la meccanica quantistica.
Il termine orbitale indica le funzioni che si ottengono come soluzione dell'equazione di Schrodinger, che sono visualizzabili come regioni dello spazio intorno al nucleo, nelle quali é possibile trovare l'elettrone. Si puó dire che gli orbitali hanno varie forme e si protendono lontano dal nucleo in modo diverso.
Isernia 2.3.2001 Marica Di Ciurcio

Se numerose evidenze sperimentali avevano permesso di trovare l'esistenza delle particelle subatomiche, le loro dimensioni, cosí infinitamente piccole, non permettevano di visualizzarne la disposizione all'interno dell'atomo. Gli scienziati, pertanto, a partire dalla fine del XIX secolo sentirono l'esigenza di ideare dei modelli.
I modelli atomici nacquero, dunque, dall'intuizione di alcuni scienziati di fronte all'impossibilitá di interpretare in modo semplice i fenomeni complessi.
Inizialmente un modello si basa su un numero limitato di fenomeni, ma quando ulteriori fenomeni non trovano in esso apprezzabile riscontro, é necessario perfezionarlo o addirittura sostituirlo con un altro che risulti più aderente alla realtà .
LA TEORIA ATOMICA DI DALTON
Lo studioso inglese J.Dalton all'inizio del XIX secolo, attraverso l'ingegnosa interpretazione delle leggi fondamentali della chimica a quel tempo note (la legge della conservazione della massa e la legge delle proporzioni definite), alle quali aggiunse quella da lui stesso formulata (la legge delle proporzioni multiple) arrivó alla conclusione che la materia é discontinua cioé formata da particelle. Sulla base di queste tre leggi Dalton nel 1803 formuló la prima teoria atomica della materia. Tale teoria puó essere cosí schematizzata:
- la materia non é continua, ma é composta da particelle che non possono essere ulteriormente divisibili né trasformabili, gli atomi;
- gli atomi di un particolare elemento sono tutti uguali tra loro e hanno la stessa massa;
- gli atomi di elementi diversi hanno massa e proprietá differenti;
- le reazioni chimiche avvengono tra atomi interi e non tra frazioni di essi;
- in una reazione chimica tra due o piú elementi gli atomi, pur conservando la propria identitá, si combinano secondo rapporti definiti dando luogo a composti.
ATOMO
L'atomo è la più piccola quantità di materia contenuta in una sostanza che rimane invariata qualunque sia la reazione chimica cui quella sostanza partecipa.
L'atomo però non rappresenta il costituente ultimo della materia. Globalmente neutro, l'atomo è infatti sostanzialmente formato da tre tipi da particelle: elettroni con carica elettrica negativa; protoni con carica elettrica positiva, uguale in valore assoluto a quella dell'elettrone; neutroni di massa leggermente superiore a quella del protone ed elettricamente neutri. I protoni e i neutroni occupano la parte centrale dell'atomo, il nucleo, nel quale è quindi concentrata la quasi totalità della massa atomica. La più piccola quantità di una sostanza che mantiene le proprietà della sostanza stessa si chiama molecola ed è costituita da un certo numero di atomi (da uno a diverse centinaia) che possono essere identici tra loro (ELEMENTI) oppure diversi (COMPOSTI).
Si conoscono più di un milione di composti ma solo 108 elementi. Ne segue che 108 sono i tipi diversi di atomi oggi conosciuti.

AVOGADRO AMEDEO
Il fisico e chimico italiano A. Avogadro, nel 1811 formulò un'ipotesi dalle sue considerazioni teoriche in seguito alle enunciazioni, nel 1808, della legge delle combinazioni gassose di L.J. Gay-Lussac. Nel 1811 e nel 1814 pubblicò due famose memorie sul "Journal de physique" di Jean-Claude de Lamétherie (1743-1817).
In esse A. formulò i criteri di distinzione fra atomi e molecole ed enunciò la sua ipotesi che costituisce uno dei principali fondamenti della chimica: "Volumi uguali di gas nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione contengono un eguale numero di molecole". Se ne deduce subito che lo stesso rapporto in peso che corre tra volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione, corre pure tra i pesi delle molecole. La legge quindi offre un mezzo semplice e sicuro per determinare il peso molecolare (detto anche massa molecolare) dei gas e delle sostanze che possono essere trasformate in vapore senza decomporsi. Questa ipotesi fu, tuttavia, molto avversata dai suoi contemporanei, ma venne pienamente accettata dal 1860, quando comincerà a essere considerata come l’ipotesi unificante di una estesa mole di risultati sperimentali. Il merito va riconosciuto a S. Cannizzaro che la pose alla base del suo ragionamento di determinazione di pesi atomici, da lui presentato al congresso di Karlsruhe, svoltosi nello stesso anno.
PESO ATOMICO
Dal momento che la massa di un atomo è concentrata nel nucleo e sia la massa del protone sia quella del neutrone valgono, con buona approssimazione, una (unità di massa atomica), ci si aspetterebbe che la massa di un certo tipo di atomo, espressa in unità di massa atomica, sia un numero intero. In effetti, sarebbe proprio così se non esistessero gli isotopi. In realtà, la maggior parte degli elementi è presente in natura con due o più isotopi.
Per peso atomico si intende quindi l'insieme sia delle masse atomiche che delle abbondanze relative dei suoi vari isotopi presenti in natura. Non va comunque dimenticato che le grandezze da trattare sono in realtà delle masse. Ricordando il significato di unità di massa atomica, è quindi possibile definire il peso atomico (o massa atomica) di un elemento come la massa relativa media riferita a un dodicesimo della massa dell'atomo di carbonio - 12.
NUMERO ATOMICO
Il numero atomico (che si indica genericamente con la lettera Z) di un elemento è il numero di protoni contenuti nel nucleo di ogni atomo di quell'elemento.
Pertanto, due atomo che hanno diverso numero atomico possiedono anche un diverso numero di protoni e devono quindi essere atomi di due elementi diversi. Inoltre, poiché un atomo, essendo elettricamente neutro, contiene tanti elettroni quanti sono i suoi protoni, il numero atomico corrisponde anche al numero di elettroni presenti nell'atomo.

NUMERO DI MASSA
Dato che pressoché tutta la massa di un atomo è concentrata nel nucleo, la somma del numero dei protoni e dei neutroni contenuti nel nucleo di un atomo viene chiamata numero di massa (che si indica genericamente con il simbolo A) di quell'atomo.

ISOTOPI
Si dicono isotopi atomi i cui nuclei sono costituiti da uno stesso numero di protoni e da un differente numero di neutroni.
Gli isotopi hanno quindi diverso numero di massa e uguale numero atomico. La parola isotopo deriva dal greco e significa stesso posto, perché gli atomi con lo stesso numero atomico appartengono ad un elemento che occupa lo stesso posto nella tabella degli elementi.
Generalmente si usa rappresentare un determinato isotopo con il nome o il simbolo dell’elemento di appartenenza e col numero di massa.
La scoperta della radioattività, alla fine del XIX secolo, e le conseguenti ricerche sugli elementi prodotti in processi naturali di disintegrazione radioattiva permisero di mettere sperimentalmente in evidenza la possibilità che atomi costituenti uno stesso elemento potessero avere masse atomiche diverse.
Studiando i prodotti associati alla radioattività degli elementi uranio, torio e attinio, furono individuati alcuni gruppi di elementi, ciascuno costituito da atomi con identiche proprietà chimiche ma diverse masse atomiche. Risultò evidente che gli atomi appartenenti a ciascun gruppo costituivano uno stesso posto nel sistema periodico degli elementi. Nel 1913, F. Soddy propose di chiamare gli atomi aventi questa proprietà isotopi.
Le prime ricerche sull'esistenza di isotopi di elementi non radioattivi furono condotte da Thomson a partire dal 1910.
In natura sono stati riconosciuti 290 differenti isotopi variamente distribuiti tra tutti gli elementi: mentre pochi elementi sono presenti in natura con un solo isotopo, come il fluoro e l’oro, la maggioranza vi sono presenti con vari isotopi, fino a dieci nel caso dello stagno. Oltre agli isotopi naturali , vi sono isotopi artificiali prodotti attraverso opportune reazioni nucleari.
Gli isotopi di un elemento possono essere stabili o instabili (radioattivi).
Ad esempio, gli isotopi dell'idrogeno sono:
- l'idrogeno comune (1H) che ha 1p (Z=1) e 1n (A=2) ed è il più abbondante in natura;
- il deuterio (2H) che ha 1p (Z=1) e 2n (A=3) ed è presente in natura anche se raro (lo 0.8% dell'idrogeno naturale);
- il trizio (3H) che ha 1p (Z=1) e 3n (A=4), esiste solo perché prodotto artificialmente ed è fisicamente instabile.
Una sostanza radioattiva può emettere tre tipi di radiazioni che vengono indicate con le lettere greche a, b, g. La radiazione alfa è costituita da particelle formate da due protoni e due neutroni, che hanno quindi complessivamente una carica elettrica positiva. Le particelle della radiazione alfa possono essere fermate da un foglio di carta di giornale. La radiazione beta è costituita da elettroni, con carica elettrica negativa. La radiazione gamma è invece un particolare tipo di radiazione che ha la stessa natura delle onde radio o della luce, ma, rispetto a queste, ha una lunghezza d'onda molto più piccola; questo rende i raggi gamma molto penetranti tanto che possono superare l'asse di piombo spesse vari centimetri. Quando il nucleo di un atomo emette particelle alfa, beta o gamma, varia di conseguenza il numero di cariche elettriche che lo costituiscono; si ha quindi la formazione di un nuovo atomo, con caratteristiche diverse da quelle dell'atomo di partenza.
Quando un atomo si trasforma in un altro, emettendo radiazioni, si parla di decadimento radioattivo.
I nuclei instabili, prima di decadere a un livello energetico più basso, rimangono nel loro stato di radioattività per un periodo di tempo variabile da una frazione di secondo fino a molti milioni di anni, secondo la loro specie atomica. Il fenomeno non è in alcun modo influenzabile dall'esterno (variazioni di pressione, di temperatura, ecc.).
Le sostanze radioattive in natura sono una decina. Quelle artificiali sono invece molte di più.
Sostanze radioattive in natura sono ad esempio le seguenti:
- Radio (Ra)
- Uranio (U)
- Torio (Th)
- Attinio (Ac)
- Polonio (Po)
Quelle artificiali sono, ad esempio, il plutonio (Pu) e i prodotti di fissione formati dal bombardamento neutronico di certi elementi pesanti in un reattore nucleare (radioelementi), nonché i radioisotopi prodotti dall'uomo.
FUSIONE NUCLEARE
La Fusione Nucleare consiste nel fondere due nuclei leggeri per formarne uno pesante. Il processo è analogo a quello che avviene nel Sole e nelle stelle e potrebbe essere prodotto artificialmente anche sulla Terra.
Per poter fondere due nuclei bisogna avvicinarli vincendo la forza di repulsione che esiste tra i protoni. Per far sì che la fusione avvenga, sono necessarie temperature elevatissime, che ancora oggi è quasi impossibile raggiungere.
Dalla fusione nucleare si ottiene un'enorme quantità di energia, dovuta al difetto di massa: una volta che i due atomi si fondono, la loro massa non è pari alla somma delle masse dei due nuclei, ma minore. La differenza tra la somma delle masse di partenza e la massa finale si è convertita in
energia seguendo la legge di Einstein la quale afferma che l'energia prodotta è uguale alla massa per il quadrato della costante c (velocità della luce: 300.000 Km/s).
Gli elementi più idonei per la fusione sono gli isotopi dell'idrogeno (Deuterio e Trizio);
dalla loro fusione si formerebbe un atomo di elio ed un neutrone libero. L'importanza della Fusione non consiste solo nell'energia prodotta che risulta essere maggiore di quella della fissione nucleare, ma consiste nel fatto che è un energia pura ovvero i prodotti della fusione non sono radioattivi come quelli della fissione, inoltre l'idrogeno è un elemento che sul nostro pianeta si può trovare facilmente e con i minimi costi(si pensi al mare che ne è pieno).
La prima produzione di energia da fusione nucleare risale al 9 novembre 1991 in Gran Bretagna dove il reattore a fusione sperimentale europeo (Jet) produsse, per la prima volta, energia da fusione nucleare.
In passato infatti la fusione era raggiungibile solo in maniera non controllata nelle Bombe H (chiamate bombe a idrogeno o termonucleari).

FISSIONE NUCLEARE
La disgregazione del nucleo di un isotopo può essere provocata artificialmente utilizzando con velocità opportuna. Nel caso dell'uranio (U235) esso viene spaccato in due frammenti, più o meno delle stesse dimensioni, e in due o tre neutroni secondari. Questo fenomeno si chiama fissione nucleare. I frammenti e i neutroni prodotti hanno un'elevata velocità, possiedono cioè energia cinetica.
Con la rottura del nucleo di uranio si ha liberazione di energia cinetica. I frammenti prodotti sono nuclei di atomi radioattivi, il cui numero atomico è circa la metà di quello dell'uranio. La produzione di neutroni secondari rende possibile lo stabilirsi di una reazione a catena, cioè i neutroni prodotti da una fissione possono, a loro volta, produrre altre fissioni.
Affinché possa avvenire la fusione è necessario che i due nuclei di partenza siano dotati di una velocità elevata, per vincere la notevole forza di repulsione elettrostatica fra i due protoni. Tale velocità si ottiene portando i gas di deuterio a una temperatura elevatissima, di milioni di gradi, e questo ora in natura avviene solo all'interno delle stelle.
IL MODELLO ATOMICO DI THOMSON
Nel modello atomico di Thomson, formulato nel 1898, da J.J.Thomson, si ammetteva che l'atomo, piuttosto che la sferetta solida e compatta ipotizzata da Dalton, fosse un aggregato di particelle piú semplici. Alla luce dei pochi dati sperimentali in suo possesso, J.J.Thomson ipotizzó che l'atomo fosse costituito da una sfera omogenea carica di elettricitá positiva in cui gli elettroni erano distribuiti in maniera uniforme e senza una disposizione spaziale particolare.
IL MODELLO ATOMICO DI RHUTERFORD
Rhuterford ipotizzó che la massa e la carica positiva fossero concentrate in una parte molto piccola dell'atomo chiamata nucleo, e che gli elettroni si trovavano nella zona periferica, a grande distanza dal nucleo.
Questa ipotesi nasceva da un'importante esperienza, effettuata da due allievi di Rutherford. Una lamina sottilissima di metallo veniva bombardata con particelle alfa veloci; uno schermo rivelatore indicava poi i punti di arrivo della particelle alfa, permettendo quindi di stabilirne la traiettoria dopo il passaggio attraverso la lamina.
Se fosse stato valido il modello di Thomson, cioé se l'atomo avesse avuto una struttura omogenea, le particelle alfa avrebbero dovuto comportarsi tutte nello stesso modo, perché in qualunque punto avessero colpito la lamina metallica avrebbero trovato situazioni equivalenti.
In realtá le particelle alfa si comportarono in modo diverso: per la maggior parte passarono senza subire nessuna deviazione, ma alcune vennero deviate secondo vari angoli e alcune vennero addirittura respinte. Questo comportamento spinse Rutherford a formulare la sua ipotesi; le perticelle che non venivano deviate erano quelle che passavano abbastanza distanti dai nuclei. Quelle che si avvicinavano ai nuclei venivano deviate per effetto della repulsione elettrica, visto che sia le particelle che i nuclei sono positivi; tanto piú si avvicinavano ai nuclei, tanto piú fortemente venivano deviate. Quelle che andavano direttamente verso i nuclei venivano respinte: queste ultime erano poche, perché il il nucleo occupa una parte molto piccola rispetto allo spazio
occupato da un atomo e quindi la probabilità che una particella si dirigesse proprio contro un nucleo era bassa.
IL MODELLO ATOMICO DI BOHR
Il nuovo modello di atomo fu proposto da Niels Bohr nel 1913.
Esso si basa su alcune ipotesi fondamentali:
- PRIMA IPOTESI: Nell'atomo gli elettroni ruotano intorno al nucleo su orbite circolari. Ognuna di queste orbite ha un raggio ben determinato.
- SECONDA IPOTESI: Il momento angolare degli elettroni é quantizzato. Esso puó assumere soltanto certi valori (valori permessi), ma non puó assumere i valori intermedi fra quelli permessi.
Dopo aver introdotto queste ipotesi, Bohr studia la situazione dell'elettrone utilizzando le leggi della fisica classica. L'elettrone é soggetto alla forza di attrazione del nucleo. Questa forza provoca il suo moto di rotazione e quindi costituisce la forza centripeta. Gli elettroni nelle loro orbite possiedono una certa quantitá di energia; essi infatti sono in moto, e quindi hanno energia cinetica; inoltre hanno energia potenziale dovuta all'attrazione elettrostatica tra elettrone e nucleo.
- TERZA IPOTESI: Finché un elettrone rimane nella sua orbita, non emette e non assorbe energia.
Per passare da un'orbita con energia minore a un'orbita con energia maggiore (cioé da un'orbita piú interna a una piú esterna), l'elettrone deve ricevere dall'esterno una quantitá di energia corrispondente alla differenza di energia fra le due orbite; se invece passa da un'orbita con energia maggiore a un'orbita con energia minore, l'elettrone emette una quantitá di energia pari alla differenza di energia fra le due orbite. L'energia viene emessa o assorbita sotto forma di radiazione elettromagnetica.
L'ipotesi di Bohr sulla struttura dell'atomo spiega quindi perché gli spettri di emissione degli atomi sono spettri discontinui, a righe: ogni riga corrisponde a un ben determinato valore di energia, che a sua volta corrisponde alla differenza di energia fra due orbite.
LA TEORIA MODERNA
Il principio di indeterminazione di Heisemberg e la scoperta della doppia natura dell'elettrone da parte di de Broglie indicavano chiaramente una cosa: non era piú possibile trattare l'elettrone come una particella classica.
Bohr nel suo modello, aveva introdotto l'ipotesi della quantizzazione, ma per il resto aveva trattato l'elettrone come una particella classica, che si muove su orbite ben determinate il cui raggio puó essere calcolato in base a semplici considerazioni meccaniche sulle forze in gioco. Le nuove scoperte peró imponevano un modo completamente diverso di affrontare il problema, che portó all'elaborazione di una nuova fisica, la meccanica quantistica.
Il termine orbitale indica le funzioni che si ottengono come soluzione dell'equazione di Schrodinger, che sono visualizzabili come regioni dello spazio intorno al nucleo, nelle quali é possibile trovare l'elettrone. Si puó dire che gli orbitali hanno varie forme e si protendono lontano dal nucleo in modo diverso.
Isernia 2.3.2001 Marica Di Ciurcio

Esempio