idealismo tedesco

Materie:Tesina
Categoria:Filosofia

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Testo

L’ IDEALISMO TEDESCO
Il periodo che va dalla fine del Settecento all’inizio dell’Ottocento è molto fecondo per la filosofia tedesca. Nel Settecento l’Illuminismo francese aveva monopolizzato i dibattiti culturali svilendo l’identità nazionale dei vari paesi europei che pensavano tutti ormai alla maniera dei phylosophes.
Kant verrà considerato come il primo rappresentante di un pensiero più squisitamente tedesco.
Anche se alcuni degli ideali illuministici sopravvivranno nel Romanticismo, la sensibilità romantica si distacca dal classicismo francese soprattutto per una nuova concezione dell’estetica: essa, infatti, non è più vista come una scienza che deve dettare le regole all’opera d’arte dato che sarà il genio a creare il bello senza copiare gli antichi.
Il tema centrale del Romanticismo e dell’Idealismo che ne rappresenta l’espressione filosofica è incentrato sul rapporto tra finito ed infinito nel perenne tentativo di liberare il finito dai suoi limiti perché possa cogliere l’infinito. Questa ansia di infinito fornisce una spiegazione alla nuova concezione della religione intesa come rapporto immediato con Dio, fondato sulla fede e non sulla ragione, che aveva mostrato i suoi limiti nell’età illuministica.
L’ Idealismo si inserisce nella questione lasciata insoluta da Kant, cioè l’ inconoscibilità da parte della ragion pura della cosa in sé, del noumeno. Il noumeno non poteva essere oggetto della conoscenza perché il concetto finito dipendeva dalle forme a priori del soggetto legislatore della realtà che non può andare oltre il solo fenomeno.
I tre grandi filosofi dell’idealismo Fichte, Schelling ed Hegel faranno dell’IO la realtà per eccellenza mentre l’oggetto diventerà una produzione del soggetto.
La ricerca di un principio unitario sul quale basare la filosofia sarà per Fichte il modo per superare i dualismi kantiani tra fenomeno e noumeno e tra ragion pura e ragion pratica. Tutti gli idealisti tenteranno di fare della filosofia la scienza prima, la scienza perfetta, alla quale tutte devono rifarsi con sistematicità. Per questo motivo Fichte intitolerà una sua opera principale “dottrina della scienza“.
L’Idealismo che in Kant era stato puramente formale (nel senso che la forma della natura dipende dal modo di conoscerla del soggetto) con i filosofi post-kantiani si fa totale: la realtà dipende per loro in ogni suo aspetto del pensiero, ma per questo il pensiero non può essere visto come pensiero del singolo bensì come un pensiero unico e universale, quello che si chiama l’ IO puro.

FICHTE
Vita
Nasce nel 1762 da una famiglia molto povera e inizialmente non ha la possibilità di studiare. Due episodi segnano la sua vita in modo decisivo: il primo avviene quando ha dodici anni , un ricco signore di Lipsia aveva sentito nel paese di Fichte il sermone di un pastore e gli era talmente piaciuto che la domenica successiva si reca ancora al paese per farsela di nuovo raccontare. Fichte incontra per primo questo signore che gli espone il problema e Fichte gli ripete esattamente parola per parola il sermone. Colpito dal fatto, il ricco signore porta a Lipsia Fichte e gli paga gli studi. Il secondo episodio avviene quando Fichte ha circa trent’anni ed è l’incontro con Kant; Fichte aveva letto la critica della ragion pratica ed era rimasto colpito; scrive a Kant e si danno appuntamento. Fichte porta il suo scritto che piace molto a Kant e gli chiede i soldi per la pubblicazione; Kant rifiuta di fare prestito, però cerca di convincere un editore che vuole pubblicarlo anonimo. Lo scritto ha un enorme successo e tutti credono che lo abbia scritto Kant che però rivela il vero autore e Fichte diventa libero docente all’università di Iena ed inizia l’insegnamento nel 1794. Le sue lezioni hanno grande successo ma soprattutto Fichte diventa famoso grazie ad una serie di conferenze pubbliche nelle quali divulga la filosofia idealistica; queste conferenze sono note come “Lezioni sulla missione del dotto”.
Fichte oltre a sottolineare l’importanza della Germania per la rinascita culturale e spirituale europea afferma che “La filosofia che si sceglie dipende dall’uomo che si è”, cioè la nostra personalità è coinvolta nella filosofia.
L’idealismo non è un sistema filosofico a cui aderire, ma un qualcosa che coinvolge profondamente l’animo umano. Il nucleo stesso della sua filosofia non può essere ne interamente compreso, ne detto, bensì intuito per “scintille”; Fichte infatti afferma: “Leggete e rileggete la mia opera fin tanto che non scoccherà la scintilla”.
Alcuni scritti di Fichte del 1802 che seguono il suo capolavoro “La dottrina della scienza”, determinano l’accusa di deismo da parte della chiesa luterana e questo interrompe la sua brillante carriera accademica anche se continuerà in parte a scrivere e ad occuparsi di filosofia, filosofia che gli procurerà la rottura ufficiale con Schelling (1803) e l’allontanamento da Hölderlin (maggior poeta tedesco del romanticismo). Culturalmente isolato e in difficile situazione economica muore a Iena nel 1814.
Pensiero Filosofico
La filosofia di Fichte prende le mosse dal pensiero kantiano: vuole essere un approfondimento e un compimento del pensiero di Kant. Dice Fichte: “Kant non ha portato fino alle estreme conseguenze della filosofia trascendentale e quindi il kantismo manca, secondo Fichte, di una fondazione rigorosa e sistematica”. Egli vuole dare fondamento e sistematizzazione, assolute alla filosofia kantiana.
Con Fichte l’ Idealismo assume un significato globale investendo l’intera concezione del mondo e della vita ed esprimendo quindi un orientamento complessivo al tempo stesso teoretico e morale. Contrappone l’Idealismo al Dogmatismo: l’oggetto dell’Idealismo è l’IO IN SE, cioè la realtà della coscienza, mentre l’oggetto del Dogmatismo è la COSA IN SE. La scelta tra l’uno e l’altro dipende dai valori e dagli atteggiamenti che si scelgono. Il dogmatico ritiene che vi sia una realtà che sovrasta l’uomo e che gli è estranea, l’ idealista invece coglie in sé stesso la presenza del sovrasensibile di una realtà spirituale che vuole affermarsi nel mondo. L’ assolutezza dell’ IO da Kant affermata nell’imperativo categorico viene assunta da Fichte come postulato valido per la conoscenza e la facoltà a cui dobbiamo i principi della conoscenza a priori. Il principio della scienza è pratico, non teoretico: è un “Io infinito che è un atto e non un essere”.
L’ opera “la dottrina della scienza” si riassume in tre principi:
1. l’ IO pone se stesso
2. l’ IO pone il non io
3. l’ IO oppone, nell’ IO, ad un non io divisibile un io divisibile
Il processo conoscitivo muove dalla coscienza dell’oggetto come altro rispetto all’IO. L’atto morale, invece, considera l’IO che limita il non io: la libertà è la lotta contro gli ostacoli e impegno e sforzo interiore. L’affermazione della libertà umana nel mondo è incessante attraverso cui l’ IO si sforza di realizzare continuamente se stesso, ma la libertà in campo morale implica il fatto che il fine ultimo dell’ IO sia quello di realizzare la ragione in una comunità di essere liberi. L’io fichtiano tenderà sempre più ad assumere i caratteri della trascendenza. Sul piano del diritto la molteplicità degli individui si configura come coesistenza di soggetti regolata da leggi. A loro vanno riconosciuti i diritti alla vita, alla libertà, alla proprietà ma anche il diritto al lavoro. I diritti richiedono un potere statuale che va esteso e rafforzato. Fichte sostiene la necessità di uno Stato commerciale chiuso, tendenzialmente autosufficiente nella produzione di beni necessari e aperto al commercio estero solo per i beni che non è in grado di produrre. Egli sostiene inoltre l’idea di una missione del dotto come educatore dell’umanità, giacchè la cultura è il mezzo fondamentale con cui l’uomo può realizzare i propri fini. La comunità dei dotti è costituita da tutti coloro che pongono la loro esistenza al servizio della conoscenza e di una prospettiva di progresso e di liberazione umana. Nei “Discorsi alla nazione tedesca”, Fichte afferma l’identità spirituale del popolo tedesco e la sua superiorità sugli altri popoli. Fondamentale è il ruolo che l’educazione nazionale potrà svolgere per costituire l’unità del popolo tedesco.
SCHELLING.
Vita
Nato nel 1775 da un pastore protestante che coltiva studi di orientalistica e critica biblica e avvia fin dall'infanzia Friedrich alla conoscenza del mondo antico.
Frequenta una scuola teologica dove instaura la prima amicizia importanti per il suo pensiero filosofico: il poeta Holdering.
Viene ammesso a soli 15 anni (con tre anni di anticipo sulla norma) allo Stift di Tubinga, dove e' compagno di camera (ma non di corso) di G.W.F. Hegel e dello stesso Hoelderlin.
Schelling ha comunque modo di entrare in contatto con le dottrine fichtiane e le idee politiche rivoluzionarie provenienti dalla Francia. Dopo aver incontrato Johann Gottlieb Fichte e aver letto la prima parte (quella teoretica) della Dottrina della scienza, Schelling pubblica nel 1794 Sulla possibilità di una forma della filosofia in generale e nel 1795 Sull'Io come principio della filosofia.
Tra il 1796 e il 1797si dedica all'interpretazione di Fichte nei Trattati per la chiarificazione dell'idealismo della Dottrina della scienza. Ma, soprattutto, in questi anni getta le basi della propria filosofia della natura con le Idee per una filosofia della natura e la prima versione di Sull'anima del mondo.
Nell’estate del 1798 si trasferisce da Lipsia a Jena, chiamato dalla locale Universita' (grazie anche ai buoni uffici di Goethe), di fatto in sostituzione di Fichte, costretto a dimettersi in seguito alla polemica sull'ateismo. Qui entra in contatto con i principali esponenti del circolo romantico. Fonda la rivista "Zeitschrift fuer spekulative Physik", progettata come strumento di diffusione della nuova filosofia della natura, e nel 1802, con Hegel, il "Kritisches Journal der Philosophie". Pubblica il Primo abbozzo di un sistema di filosofia della natura (1799), con la relativa Introduzione (1799),
Nel 1841, Schelling, anche a motivo della situazione non proprio favorevole ai Protestanti determinatasi in Baviera, accetta l'invito di Federico Guglielmo IV di Prussia e si trasferisce a Berlino come libero docente (con il compito, probabilmente, di arginare il successo dilagante della filosofia di Hegel, deceduto dieci anni prima)
Il 20 agosto 1854 muore a Bad Ragaz in Svizzera, dove si trovava in villeggiatura.
Pensiero Filosofico
Schelling si distacca dall’Idealismo di Fichte perché vuole comprendere nell’idealismo anche la natura. La natura non è solo il non io perché in se contiene il principio del suo farsi; è come un’io oggettivo che gradualmente prende coscienza di sé. La filosofia della natura si contrappone al meccanicismo, infatti Schelling respinge sia il materialismo che riduce la realtà organica a quell’inorganica, sia il dualismo materia-spirito. La natura è una gerarchia di gradi, ciascuno dei quali esprime un livello strutturale e di organizzazione della materia. Ogni piano di realtà è come un momento di arresto dell’infinito processo di autoproduzione della natura che si svolge secondo il conflitto tra le due forze fondamentali dell’attrazione e della repulsione. Se la natura è un processo infinito dello spirito che vi agisce procedendo dall’oggetto verso il soggetto, cioè verso la conoscenza, la vita dello spirito che opera nel soggetto (l’uomo), procede in senso opposto verso la natura. Il sapere è vita che perviene alla conoscenza, la vita è come un sapere nascosto che non è ancora giunto alla coscienza di se. Anche nello spirito, come nella natura, esiste un principio di polarità tra forza creativa, forza produttiva e forza di limitazione di tale attività. Sensazione, riflessione e volontà, sono i gradi del processo di liberazione dello spirito, processo analogo a quello attraverso cui la natura procede dalla materia inorganica a quella organica. La storia dell’umanità è incrocio, scontro, ma anche combinazione di volontà individuali. La moralità è espressione e affermazione della libertà dell’uomo: essa richiede l’etica, cioè una libertà generale capace di garantire le libertà individuali. La natura e lo spirito possono armonizzarsi, ma solo al livello dell’Assoluto che è identità di spirito e natura, di soggettivo e oggettivo. Non la filosofia, ma l’arte ci consente di cogliere l’assoluto, poiché nel genio artistico, come nell’assoluto, si saldano la creazione cosciente, prodotto della libertà, e la creazione inconscia, prodotto della natura. L’arte è quindi “l’organo generale della filosofia”.
Nella filosofia dell’identità resta un interrogativo su come sia possibile che da una unità indifferenziata di natura e spirito possa sorgere il mondo del finito. Schelling affronta questo tema nella sua “filosofia della religione”. In essa il finito è concepito come il frutto di una caduta da una condizione originaria, il frutto di una rottura dell’identità. Questa non è tanto effetto del peccato originale, quanto della presenza di una originaria contrapposizione tra bene e male nel divino stesso. Caos e ordine, male e bene, vengono descritti con la metafora dell’oscurità e della luce che esprime la stessa opposizione di inconscio e coscienza. Dio è talmente partecipe della vicenda umana da vivere anche egli la passione e il dramma dell’esistenza. L’uomo a sua volta contiene in sè “l’intera potenza del principio tenebroso” e “tutta la forza della luce”. Schelling distingue la razionalità come pura possibilità logica del reale, da un’esistenza effettiva della realtà stessa: questo lo porta a sostenere una filosofia positiva nella quale il reale viene concepito non come espressione della ragione, ma come frutto di un atto creatore da parte di Dio, di un atto di volontà spogliato di ogni necessità razionale.
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