Prevenzione e Nascita

Materie:Riassunto
Categoria:Cultura Medica
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La prevenzione del rischio alla nascita:

Il parto: evento spontaneo che porta alla fine della gravidanza, all’espulsione del feto e degli annessi embrionali. Per verificarsi devono esserci delle trasformazioni all’apparato genitale femminile. Il feto, alla 40° settimana, attraversa il canale del parto grazie alle contrazioni.
Il parto si distingue in:
abortivo (entro il sesto mese dal concepimento);
prematuro (28°/38° settimana);
pre-termine (38°/40° settimana);
a termine (40° settimana) e
post-termine (oltre 42° settimana). Il parto naturale, o eutocico, è determinato da fattori, tra cui gli ormonali verso la fine della gravidanza che aumentano il tono della muscolatura uterina. Viene stimolato il lobo posteriore dell’ipofisi a produrre ossitocina, ormone che provoca le contrazioni. Nel parto ci sono 4 fasi:
Periodo prodromico, breve o assente nelle pluripare. I primi segni sono deboli e distanziate contrazioni uterine e un inizio di dilatazione del collo dell’utero preceduta dall’espulsione di muco sanguinolento;
Periodo dilatante, contrazioni più intense, ravvicinate e dolorose. I dolori accentuano la dilatazione. Il sacco amniotico e la placenta cominciano a staccarsi dall’utero formando la “borsa delle acque” che spinge il bambino verso il basso. Si ha la scomparsa del collo uterino e la dilatazione della bocca uterina. Il periodo termina con la rottura delle acque;
Periodo espulsivo, la dilatazione del collo dell’utero è completa. Il feto percorre le vie genitali per nascere. Le contrazioni sono vicine, intense e prolungate. La partoriente deve collaborare attivamente. Avvenuta l’espulsione, il bambino è ancora attaccato alla madre per il cordone ombelicale che verrà reciso. Il bambino emette il suo primo vagito;
Periodo del secondamento o di espulsione degli annessi, alcuni minuti dopo il parto, si staccano gli annessi dalla parete uterina e vengono espulsi. L’utero comprime i vasi uterini impedendo un’emorragia. Una volta espulsa la placenta viene osservata perché alcune caratteristiche possono essere importanti per le condizioni del neonato.

Il momento del parto e la documentazione per il ricovero: paura ed ansia di non riconoscere il momento del travaglio possono spingere a presentarsi in anticipo al pronto soccorso. L’avvicinarsi del travaglio è caratterizzato da: contrazioni regolari, 40 secondi circa, con un intervallo di 5/10 minuti presenti da 2 ore; la rottura delle acque; la perdita del tappo mucoso. La durata del parto è di 6-8 ore. La partoriente deve portare con sé: documento d’identità, codice fiscale, coprocultura per la ricerca delle salmonella e delle shigelle, markers anti-epatite B e C, test HIV, gruppo sanguigno e fattore Rh.

I fattori di rischio del parto:
Parto multiplo: gravidanza con 2 o più feti. Sono di 2 tipi: monozigota (un ovulo è stato fecondato da uno spermatozoo e la divisione è avvenuta nelle prime fasi dello sviluppo embrionale; nascono gemelli molto simili) bizigoti (2 o più ovociti sono stati fecondati da altrettanti spermatozoi; nascono con patrimoni cromosomici diversi). Una gravidanza gemellare ha degli inconvenienti ma risolvibili. Il rischio maggiore rimane il parto pre-termine, si hanno neonati piccoli. Una parto gemellare naturale ha 2 rischi: la collisione (i 2 feti si impegnano contemporaneamente per nascere) l’uncinamento (una parte di un bambino blocca l’altro). Per evitare questi si preferisce il parto cesareo.
Parto prematuro: nasce dalla 26° alla 38° settimana. Prima di 26 settimana sopravvivere è impossibile. Il parto prematuro è un fattore di rischio per il bambino, le ripercussioni possono scoprirsi anche a distanza. Le cause sono: insufficienza placentare; difetti uterini; malattie materne; stress. In alcuni casi è visto come prevenzione verso un fattore di rischio.
Parto post-termine: oltre la 42° settimana. È un fattore di rischio perché avviene l’invecchiamento della placenta che può portare alterazioni dell’ossigenazione e del trasporto di nutrienti. Si può prevenire con un monitoraggio della gravidanza al momento della data presunta. Se il parto non inizia spontaneamente sarà indotto con la somministrazione di ossitocina sintetica.
Parto distocico: è necessario l’intervento ostetrico o strumentale. Il parto cesareo o l’uso di strumenti diventano prevenzione. I fattori di rischio sono: la presentazione anomala del bambino al momento del parto; la valutazione ostetrica della posizione del feto per poter programmare u parto cesareo; il gigantismo fetale, il bambino pesa più di 5 kg. La presenza nella madre di una struttura ossea non nella norma, congenita o acquisita da patologie o fratture, determina un fattore di rischio. La prevenzione consiste nella valutazione tempestiva tramite l’ecografia. Ci sono delle condizioni distociche che si determinano durante il parto: ipocinesia uterina (contrazioni deboli; può richiedere l’uso del forcipe o ventosa) e ipercinesia uterina (frequenza e durata delle contrazioni eccessiva; c’è il rischio della rottura dell’utero con anossia, si deve ricorrere al cesareo). Il parto cesareo programmato è uno strumento di prevenzione perché ha contribuito alla riduzione della mortalità e morbilità. Oggi viene scelto un parto cesareo per: posizione anomala del bambino, gigantismo fetale, cardiopatie e patologie materne, gemellarità ecc.

Anossia ed asfissia da parto: anossia è la mancanza di ossigeno nel sangue mentre ipossia la sua diminuzione. Se si ha anche un aumento dell’anidride carbonica si ha asfissia. Il passaggio dalla funzione respiratoria placentare a quella polmonare autonoma è delicato. Durante il parto, accade sempre, una limitata anossia momentanea che ha la funzione di fare da stimolo per attivare la respirazione agendo sui centri respiratori che si trovano nel bulbo. Se l’anossia si prolunga il bambino diventa asfissia mettendo a rischio le condizioni di vita. È importante definire i problemi che possono impedire la respirazione autonoma per prevenire ad un soccorso urgente. Ci sono 2 gruppi di fattori: legati alla dinamica del parto (ipocinesia uterina, gigantismo fetale…) e legati alla mancata espansione polmonare. Le cause possono essere: danni funzionali dei centri respiratori bulbari; malformazioni delle vie respiratorie, ostruzione delle vie aeree. È importante la conferma della funzione respiratoria autonoma con il vagito.

La prevenzione del rischio nel neonato:
Prevenzione neonatale: I primi minuti dopo la nascita sono cruciali per la vita del bambino ed è necessaria la presenza di medici e paramedici, strutture e attrezzature adeguate, un neonatologo e infermieri professionali e tutto ciò per facilitare l’adattamento alla vita extrauterina.
Gli ambienti indispensabili sono: l’isola neonatale (adiacente la sala parto; è per l’assistenza immediata ed è attrezzata per un’eventuale rianimazione); zona di osservazione transizionale (i neonati che vengono dalla sala parto devono essere sottoposti ad un controllo intensivo); ambiente di degenza per i neonati normali (può essere lo stesso dove è ricoverata la madre o il nido); reparto di patologia neonatale (assistenza e trattamento dei bambini con patologie). Alla nascita le prime procedure fatte in sala parto sono: recisione del cordone ombelicale, aspirazione del muco dal cavo orale e dalle narici, lavaggio degli occhi e collirio antibiotico. Il neonato asciugato viene posto nella culletta dell’isola neonatale per la prima osservazione del pediatra. Si utilizza il punteggio di Apgar che ha funzione di prevenzione e valuta le condizioni di vitalità osservando e valutando l’attività cardiaca, l’attività respiratoria, il tono muscolare, l’eccitabilità dei riflessi e il colorito cutaneo. Ad ognuno si da un punteggio da 2 a 0. in caso il punteggio sia insufficiente si procederà alla rianimazione. Il valore normale è tra 7 e 10. tra 4 e 6 il neonato va tenuto in osservazione nelle ore successive. Fra 0 e 3 indica neonati gravemente compromessi ed è necessaria la rianimazione. Nel bambino ci sono dei riflessi: di suzione (provocato da lievi stimolazioni delle labbra e della zona peri-labiale); di pressione (determinato da piccole pressioni sulla superficie interna della mano che suscitano la flessione delle dita); di abbrancamento (causato da un’improvvisa e simulata caduta all’indietro del bambino che provoca un’ estensione delle braccia con un movimento di ravvicinamento); della marcia automatica (quando il bambino retto per le ascelle appoggia su un piano rigido i piedi e cerca di sollevarli alternativamente).

Bagno del neonato: effettuato con acqua a 37° C. serve per allontanare la vernice caseosa e i residui di sangue e meconio. Il bambino viene asciugato, misurato e pesato. Le misurazioni saranno registrate. Il bagno sarà poi una pratica fondamentale per l’igiene. Bisogna iniziare il più presto possibile, una volta caduto il moncone ed avvenuta la cicatrizzazione, per non far perdere il ricordo di quanto bene stesse in un ambiente liquido prima di nascere.

Profilassi neonatale: è la profilassi congiuntivele; è una pratica obbligatoria per prevenire un’eventuale congiuntivite gonococcica che può essere trasmessa dalla madre infetta al bambino durante la nascita. Si utilizzano colliri antibiotici.

Profilassi della malattia emorragica neonatale: viene somministrata al neonato la vitamina K antiemorragica. Il neonato ne è privo perché gli manca la flora batterica intestinale (si formerà con l’alimentazione) ed è quindi esposto al rischio di emorragie.

Osservazione transizionale: nelle prime 24 ore si ha controllo intensivo per conoscere precocemente qualsiasi deviamento della norma fisiologica. Vengono controllati: attività respiratoria, temperatura, colorito (la comparsa della cianosi neonatale e dell’ittero) e l’emissione di meconio.

Cure successive nel nido o rooming-in: il neonato può essere accudito nel nido o nella stanza della madre (rooming-in). L’assistenza è rivolta all’igiene della cute e al trattamento del cordone ombelicale. In questa fase sono fatti gli screening delle malattie congenite che servono ad identificare precocemente i neonati affetti da malattie genetiche o congenite. Sono malattie autosomiche recessive e le principali sono fenilchetonuria, ipotiroidismo congenito e fibrosi cistica.

Fenilchetonuria: è una malattia ereditaria, autosomica, del metabolismo causata da un gene recessivo. Nella situazione omozigote manca l’enzima fenililanina-idrossilasi necessario perché la fenilalanina si trasformi in tirosina (necessaria per la produzione di melanina che se non posseduta porterà carnagione chiara, capelli biondi ed occhi celesti). Essendo bloccata si ha l’accumulo di fenilalanina a livello epatico e nel sangue e la produzione di acido fenilpiruvico nelle urine. Si ha un ritardo mentale, idiozia fenilpiruvico. Presenta statura e peso inferiori alla norma, crisi convulsive, instabilità ed aggressività; sintomi che compaiono dopo il 6° mese di vita.
Prevenzione: è importante la diagnosi precoce oggi praticata a tutti i neonati tramite il test di Guthrie entro 72 ore dalla nascita. È un prelievo d’alcune gocce di sangue dal tallone; si ricerca la presenza dell’acido fenilpiruvico.
L’intervento: se il test è positivo si inizia una dieta, fino a 5/6 anni, poverissima di fenilalanina eliminando il latte e altri alimenti di origine animale sostituiti da preparati dietetici per un’alimentazione completa.

La galattosemia: Il galattosio, con il glucosio, forma il lattosio. Il galattosio non è fondamentale ma possiamo metabolizzarlo ed usarlo come energia. Nella galattosemia il galattosio non può essere metabolizzato perché manca un enzima. I neonati di genotipo gg che devono latte accumulano galattosio nel sangue e questo porta a vomito, epatomegalia, ritardo mentale e lento accrescimento corporeo, cataratta o morte durante l’infanzia. I neonati con galattosemia sottoposti ad una dieta senza galattosio si sviluppano normalmente. Lo screening ha la funzione di scoprire e impedire la patologia. Il soggetto galattosemico non deve bere latte per tutta la vita.

Fibrosi cistica (fc o mucoviscidosi): è una malattia ereditaria autosomica recessiva dovuta ad un disordine delle ghiandole esocrine, mucipare e sudoripare. Si ha un trasposto anomalo di sodio e cloro. Le ghiandole mucipare emettono un muco denso e appiccicaticciocce impedisce la regolare attività delle cellule. Le ghiandole sudoripare producono sudore che contiene molti sali. La malattia interessa particolarmente polmoni e pancreas. È alterato il trasporto dei sali e così le sostanze secrete hanno più sali e sono anche più dense. I bambini diventano cachetici e spesso muoiono giovani. Il quadro clinico può essere più o meno grave ma è il problema polmonare più serio del bambino. Le vie aeree del polmone vengono ingombrate di muco che ostruisce i bronchioli. La respirazione è difficoltosa. Le infezioni batteriche si verificano facilmente causando ispessimento del muco che ostruisce i polmoni. I sintomi si possono presentare dopo settimane, mesi o anni dopo la nascita. Più precoce è la comparsa dei sintomi più è grave la malattia. I canali dove scorre il succo pancreatico si ostruiscono e si formano delle aree fibrotiche e delle cisti. Nei primi anni ci sono danni a carico dell’assorbimento intestinale poi, successivamente, anche la parte endocrina del pancreas si altera andando incontro a diabete.
Gli screening: BM- test (eseguito sulla 1°/2° scarica di meconio utilizzando una striscia che si colora di blu in presenza della malattia; è di facile esecuzione ed ha un costo basso); il dosaggio ematico del tripsinogeno (una goccia di sangue su carta; più costoso; margine di errore più basso); test del sudore (conferma i precedenti se positivi. È basato sulla concentrazione di cloro e sodio nel sudore).
La terapia: forma di prevenzione terziaria basata su dieta, fisioterapia respiratoria, terapia antibiotica delle infezioni respiratorie, terapia del diabete. La terapia attenua gli effetti ma non c’è una cura.

I servizi sanitari specifici per la prevenzione: consultori famigliari: sono un servizio socio-sanitario pubblico di assistenza alle famiglie e alla maternità. Sono istituiti dai Comuni o consorzi o enti pubblici o privati con finalità socio-sanitarie-assistenziali. Svolgono compiti assistenziali e sanitari a favore della famiglia e di ogni suo componente. Gli scopi sono: assistenza psicologica e sociale per una maternità/paternità responsabile e per problemi di coppia, famiglia minori; tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; diffusione delle informazioni per promuovere a gravidanza o per prevenirla consigliando farmaci, mezzi e metodi. La donna in gravidanza può rivolgersi per ricevere informazioni sui suoi diritti e sulle norme della lavoratrice, e aiuto a superare le cause che potrebbero portare ad un aborto. Le prestazioni fornite dai consultori sono gratuite per tutti i cittadini residenti o che soggiornino in Italia.

Ambulatorio genetico: è opportuno, delle volte, fare un’indagine cromosomica per prevenire delle patologie genetiche impedendone la comparsa negli individui. Il compito degli ambulatori genetici è di individuare soggetti o coppie con rischio di nascita di bambini malati. Lo studio dei cromosomi viene fatto su cellule con una crescita rapida come quelle del sangue e del midollo osseo. Nel feto, anche sulle cellule nel liquido amniotico. Queste cellule bloccate chimicamente mostreranno i cromosomi e le mutazioni. Un soggetto una volta informato potrà decidere di rinunciare ad avere un figlio. Può essere possibile una diagnosi prenatale in modo da permettere alla donna di decidere se continuare o no la gravidanza.

Ambulatori polispecialistici: per la prevenzione prenatale è necessaria la presenza di specialisti, attrezzature adeguate. In molti ospedali ci sono centri di diagnosi precoce e cura della donna gravida e del feto. Alcune indagini per una diagnosi prenatale precoce sono: ecografia, amniocentesi, prelievo dei villi coriali, fetoscopia e funicolocentesi.

Ecografia: è una tecnica non invasiva che sfrutta gli ultrasuoni per osservare, su un monitor, l’evolversi della gravidanza. È l’indagine più usata in gravidanza perché non ha controindicazioni, è semplice da eseguire e ha un’interpretazione diagnostica immediata. Ci sono 3 tipi di ecografia: transaddominale, transvaginale, transrettale. Quella transvaginale ha migliore qualità delle immagini utile per individuare il sacco gestazionale. Da questo esami si ottengono informazioni riguardo la determinazione dell’ età gestazionale, informazioni sulla placenta, possibilità di individuare malformazioni uterine, fibromi, gravidanza multipla ecc. e individuare malformazioni fetali.

Amniocentesi: tecnica diagnostica prenatale invasiva eseguita alla 13°/15° settimana. È un prelievo di 15 ml di liquido amniotico (composto di acqua, sali minerali, proteine, glucidi, enzimi, ormoni, cellule in desquamazione) tramite puntura del sacco amniotico. Comporta un rischio di aborto. la parte liquida viene utilizzata per il dosaggio dell’alfa-proteina che aumenta nei difetti di chiusura del tubo neurale. La parte corpuscolata è usata per lo studio dei geni. L’amniocentesi è usata: età materna avanzata, precedente figlio Down, genitori affetti da alterazioni cromosomiche, sospetti difetti di chiusura del tubo neurale...

Prelievo dei vili coriali: tecnica diagnostica che permette di determinare il carotipo fetale dal 2° mese di gravidanza. Consiste nel prelievo di villi coriali. È presente il rischio di aborto.

Fetoscopia: indagine invasiva praticata tramite l’introduzione in cavità di uno strumento a fibre ottiche per vedere direttamente il feto ed eventuali malformazioni. Permette il prelievo di sangue fetale o di frammenti di cute. È eseguito nella 15°/22° settimana e comporta rischio di aborto. E’ utilizzata per la diagnosi precoce di emoglobinopatie e coagulopatie ma è una tecnica attualmente superata.

Funicolocentesi: indagine invasiva; introduzione di un ago sottile in un’arteria o in una vena ombelicale. È fatto attraverso la guida ecografia per non danneggiare il feto. È meno invasiva della fetoscopia e può essere fatta fino a termine gravidanza.

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