L'energia nucleare

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Energia nucleare Energia sprigionata nella fissione o nella fusione di nuclei atomici. La quantità di energia ottenibile dal nucleo è di gran lunga maggiore di quella che si può ricavare da qualunque trasformazione chimica che coinvolga solo la zona più esterna dell'atomo.
Fino al 1800 circa, il combustibile principale era il legno, quindi si sfruttava l'energia solare immagazzinata dagli alberi nel corso della loro vita. Dalla rivoluzione industriale in poi, la società cominciò a utilizzare combustibili fossili, come il carbone e il petrolio, che sono anch'essi, in ultima analisi, riserve di energia solare immagazzinata nel tempo. Quando si brucia un combustibile fossile, ad esempio il carbone, gli atomi di idrogeno e di carbonio che lo compongono si combinano con quelli di ossigeno presenti nell'aria, producendo anidride carbonica e acqua; in questa reazione chimica viene prodotta una quantità di calore che corrisponde a circa 6500-9500 kcal/kg. Una parte dell'energia termica che si sviluppa viene assorbita dal combustibile stesso e rende possibile la prosecuzione della reazione.
L'atomo
L'atomo è costituito da un piccolo e massivo nucleo positivamente carico, circondato da elettroni. Il nucleo, in cui è concentrata la maggior parte della massa dell'atomo, è composto a sua volta da neutroni e protoni legati da forze di interazione nucleare forte, molto più intense rispetto a quelle di natura elettrica che vincolano gli elettroni al nucleo. Il numero di massa A di un atomo è il numero totale di nucleoni, cioè neutroni o protoni, che esso contiene; il numero Z specifica invece il numero di protoni del nucleo. Vedi Isotopo.
L'energia di legame media per nucleone, che equivale all'energia necessaria per rimuovere un nucleone dal nucleo, è una funzione del numero di massa A. Dalla curva dell'energia di legame media per nucleone si desume che se due nuclei leggeri si fondono a formare un nucleo più pesante, o se un nucleo molto pesante si spezza in due nuclei più leggeri, si ottengono in entrambi i casi specie atomiche più stabili.
Ad esempio, dalla reazione di fusione di due nuclei di deuterio, o idrogeno pesante (H 2),

si ottiene un nucleo di elio 3, un neutrone libero (n), e una quantità di energia nucleare pari a 3,2 MeV, cioè 5,1 × 10-13 J. Dalla fissione del nucleo U 235, indotta dall'assorbimento di un neutrone,

si ottiene invece cesio 140, rubidio 93, tre neutroni e un'energia nucleare di 200 MeV, cioè 3,2 × 10-11 J. Vedi Chimica nucleare.
Energia nucleare dalla fissione
La reazione dell'uranio consente di sottolineare due caratteristiche di tutti i processi di fissione nucleare. In primo luogo la quantità di energia prodotta da ogni singola fissione è molto grande; in termini pratici, la reazione di 1 kg di uranio 235 sviluppa 18,7 milioni di kilowattora, sotto forma di calore. Inoltre, il processo di fissione innescato dall'assorbimento di un neutrone dal primo nucleo di uranio 235 continua in modo autonomo: i neutroni emessi in ogni fissione possono indurre la fissione in quasi altrettanti nuclei di uranio 235, ciascuno dei quali si spezza in due frammenti, con produzione di neutroni e sviluppo di energia; così ha luogo un processo a catena che si autoalimenta, garantendo una produzione continua di energia nucleare.
Dell'uranio presente in natura, solo lo 0,7 per cento è uranio 235; il resto è costituito dall'isotopo non fissile uranio 238 e da quantità minime di uranio 234. Poiché la percentuale di materia fissile, cioè con elevata probabilità di dare luogo a un processo di fissione in seguito a bombardamento con neutroni, è molto bassa, una massa di uranio naturale non è in grado di sostenere una reazione a catena. Per aumentare la probabilità che un neutrone emesso in una reazione di fissione induca lo stesso processo in altri nuclei, esso viene rallentato mediante una serie di collisioni elastiche con nuclei leggeri, di idrogeno, deuterio o carbonio.
Nel dicembre del 1942, all'università di Chicago, il fisico italiano Enrico Fermi riuscì a produrre la prima reazione nucleare a catena controllata, utilizzando frammenti di uranio naturale distribuiti all'interno di un blocco di grafite pura (una forma di carbonio). Nella "pila", o reattore nucleare di Fermi, la grafite fungeva da moderatore per rallentare i neutroni, rendendo così possibile la reazione a catena.
Reattori nucleari
I primi reattori su larga scala, costruiti per la produzione di armi nucleari, usavano come combustibile uranio metallico naturale e come moderatore grafite.
Reattori ad acqua leggera o pesante
Esiste in tutto il mondo una gran varietà di reattori per la produzione di energia nucleare, che differiscono l'uno dall'altro per il tipo di combustibile, il moderatore o il sistema di raffreddamento. Nei reattori moderati e refrigerati ad acqua, viene generalmente usata acqua naturale (non pesante) e questo richiede l'impiego, come combustibile, di uranio arricchito.
Nel reattore ad acqua pressurizzata (Pressurized Water Reactor, PWR), l'acqua viene portata a una pressione di circa 150 atm, pompata nel nocciolo del reattore, quindi immessa in un generatore di vapore per mezzo di un circuito secondario. Il vapore così prodotto aziona uno o più generatori a turbina e poi viene pompato nuovamente nel generatore di vapore. Il circuito secondario è isolato dal nucleo del reattore, perciò non è radioattivo. Un terzo circuito di acqua, proveniente da un fiume, un lago o una torre di raffreddamento, serve per condensare il vapore.
Nel reattore ad acqua bollente (Boiling Water Reactor, BWR), l'acqua refrigerante è mantenuta a una pressione inferiore, e portata all'ebollizione nel nocciolo. Il vapore prodotto viene mandato direttamente nel generatore a turbina, condensato, e quindi ripompato nel reattore. Sebbene il vapore sia radioattivo, non c'è bisogno di alcuno scambiatore di calore intermedio tra reattore e turbina, con il conseguente guadagno in efficienza. Come nel PWR, l'acqua di raffreddamento del condensatore proviene da un'altra fonte, come un fiume o un lago.
Il livello di potenza di un reattore in funzione viene costantemente controllato da una serie di strumenti di vario genere. La potenza in uscita viene regolata mediante l'inserimento o la rimozione dal nocciolo del reattore di barre di controllo, cioè di elementi costituiti da un materiale capace di assorbire neutroni molto efficientemente. La posizione delle barre viene determinata in modo che la reazione a catena proceda a ritmo costante.
Durante il funzionamento, e anche dopo l'interruzione, un grosso reattore da 1000 Mw ha una radioattività di miliardi di curie. Le radiazioni emesse dal materiale radioattivo vengono assorbite da opportune schermature poste intorno al reattore e al circuito di raffreddamento primario. Altre strutture di sicurezza sono un sistema di raffreddamento del nucleo, che evita che quest'ultimo raggiunga temperature pericolosamente elevate in caso di avaria dei sistemi di raffreddamento principali, e, nella maggior parte dei casi, una struttura di contenimento di tutto il materiale radioattivo che eviti qualunque fuga radioattiva in caso di rottura.
Sebbene all'inizio degli anni Ottanta fossero già operanti negli Stati Uniti più di 100 impianti per la produzione di energia nucleare, in seguito all'incidente di Three Miles Island (vedi oltre) le preoccupazioni per la sicurezza e vari fattori di tipo economico hanno bloccato ogni ulteriore sviluppo nel campo dell'energia nucleare. Dal 1978 in poi non sono stati messi in cantiere altri impianti nucleari, e alcuni di quelli completati dopo quella data non sono stati resi operativi. Nel 1990 circa un quinto dell'energia elettrica prodotta negli Stati Uniti e ben i tre quarti di quella prodotta in Francia veniva da impianti nucleari.
Nei primi anni Cinquanta, quando iniziò lo sfruttamento dell'energia nucleare, l'uranio arricchito era disponibile solo negli Stati Uniti e nell'allora Unione Sovietica; di conseguenza i primi programmi di produzione di energia nucleare di Canada, Francia e Gran Bretagna prevedevano l'impiego di uranio naturale. Questo tipo di combustibile, meno efficace dell'uranio arricchito, richiede l'uso di ossido di deuterio (D2O), o acqua pesante; l'acqua naturale, infatti, ha la caratteristica di catturare un numero eccessivo di neutroni che d'altra parte sono necessari in elevate quantità a causa del basso rendimento del combustibile.
I primi reattori, alimentati con barre di uranio naturale, moderati a grafite e refrigerati con ossido di deuterio, furono in seguito soppiantati da reattori a uranio arricchito, e dai più avanzati AGR (Advanced Gas-cooled Reactor, Reattore avanzato raffreddato a gas). In Francia, in seguito alla costruzione di impianti per l'arricchimento di uranio, sono stati costruiti reattori del tipo PWR. La Russia e gli altri stati dell'ex Unione Sovietica hanno un programma molto ampio di sfruttamento dell'energia nucleare, che prevede sia il sistema PWR sia quello moderato a grafite. All'inizio degli anni Novanta erano in costruzione in tutto il mondo più di 120 nuovi impianti per la produzione di energia nucleare.
Reattori a propulsione
Impianti nucleari vengono utilizzati anche nella propulsione di grandi navi militari, come la portaerei statunitense Nimitz, o di sottomarini. In genere i sottomarini a energia nucleare sfruttano uranio molto arricchito così da permettere una sensibile riduzione delle dimensioni del reattore.
Tre navi nucleari, su iniziativa di Stati Uniti, Germania e Giappone, hanno operato per periodi limitati a scopo di sperimentazione ma, nonostante il successo ottenuto dal punto di vista tecnico, le regolamentazioni portuali restrittive e altri motivi di carattere economico hanno imposto la fine di questi progetti. All'ex Unione Sovietica spetta il merito di aver realizzato la prima rompighiaccio a energia nucleare, la Lenin, impiegata per liberare i canali del mare Artico.
Reattori per la ricerca
I reattori nucleari adibiti alla ricerca hanno come scopo principale la produzione di radiazione o isotopi radioattivi. Essi operano generalmente a livelli di potenza prossimi a 1 Mw, e il loro funzionamento può essere iniziato o interrotto più facilmente che nei grossi reattori per la produzione di energia.
Uno dei più usati in questo settore è il cosiddetto reattore a piscina. Il nocciolo consiste di uranio parzialmente o totalmente arricchito, contenuto in piastre di un'opportuna lega di alluminio immerse in una grande vasca d'acqua, che svolge la doppia funzione di moderatore e refrigerante. I materiali da irraggiare con neutroni possono essere collocati all'interno del nocciolo o nei suoi pressi. Diversi tipi di isotopi radioattivi vengono prodotti a scopi medicinali, per la ricerca e per l'industria. Vedi Tracciante isotopico.
Reattori autofertilizzanti
L'uranio, la risorsa naturale da cui dipende la produzione di energia nucleare, si trova in giacimenti diffusi in tutto il mondo; non se ne conosce con precisione la disponibilità, ma essa sembra essere molto limitata, soprattutto se si trascurano fonti a bassissima concentrazione, quali il granito e le argilliti.
La caratteristica fondamentale di un reattore autofertilizzante è nel fatto che esso può produrre, a partire da sostanze dette fertili, una quantità di materiale fissile superiore a quella che consuma. Il sistema ad autofertilizzazione più diffuso in tutto il mondo usa uranio 238 come materiale fertile. L'assorbimento di un neutrone da parte di un nucleo di uranio 238 dà luogo a un processo radioattivo chiamato decadimento o (beta), durante il quale il nucleo si trasforma nell'isotopo fissile plutonio 239. La sequenza di reazioni nucleari è

Nel decadimento beta un neutrone decade in un protone, una particella beta e un antineutrino elettronico.
La fissione di un nucleo di plutonio 239, innescata da un neutrone, avviene con emissione di una media di 2,8 neutroni, uno dei quali è necessario per indurre la fissione nello stadio successivo della reazione a catena. Circa 0,5 neutroni (in media) vengono persi perché assorbiti dalle strutture del reattore o dal refrigerante e i restanti 1,3 neutroni possono essere assorbiti dall'uranio 238 per la produzione di altro plutonio 239, secondo la reazione (3).
Il reattore che sfrutta il sistema autofertilizzante più avanzato è l'LMFBR (Liquid Metal Fast Breeder Reactor, Reattore autofertilizzante rapido a metallo liquido), in cui la velocità dei neutroni destinati alla produzione di plutonio viene mantenuta alta, per massimizzare l'efficienza del sistema. Va quindi escluso qualunque materiale moderatore, come ad esempio l'acqua, che rallenterebbe i neutroni. Come refrigerante viene usato un metallo liquido, generalmente sodio. Il tempo di raddoppiamento, cioè il tempo in cui il reattore produce una quantità di combustibile doppia rispetto a quella originaria, è di circa 10 anni.
Lo sviluppo del sistema LMFBR è iniziato negli Stati Uniti prima del 1950, con la costruzione del primo reattore autofertilizzante sperimentale, EBR-1. Sono stati poi installati reattori autofertilizzanti operativi in Gran Bretagna, Francia, Russia e altri paesi dell'ex Unione Sovietica; procede inoltre il lavoro a scopo sperimentale in Giappone e in Germania.
In un grosso impianto LMFBR, il nucleo del reattore consiste di tubi sottili di acciaio inossidabile contenenti il combustibile costituito di ossido di plutonio per il 15-20% e di ossido di uranio per la parte rimanente. Tutto l'apparato centrale contenente il nucleo del reattore misura circa 3 m di altezza e 5 m di diametro ed è sospeso in un grosso contenitore di sodio liquido che, grazie a un sistema di pompe e scambiatori di calore, mantiene il reattore a una temperatura di circa 500 °C. Il vapore viene prodotto in un altro circuito di sodio, separato dal circuito di raffreddamento radioattivo dagli scambiatori di calore intermedi. Tutto il sistema è contenuto in una grande struttura di calcestruzzo e acciaio.
Il primo importante impianto di questo tipo per la generazione di elettricità, chiamato Super-Phénix, è entrato in funzione in Francia nel 1984. Un impianto di medie dimensioni, il BN-600, è stato costruito sulle coste del mar Caspio per la produzione di energia e la desalinizzazione dell'acqua.
Combustibili e scorie radioattive
Lo sfruttamento di combustibili come uranio e plutonio impone un'analisi dettagliata del problema dello smaltimento e dell'immagazzinamento delle scorie radioattive, che costituiscono il sottoprodotto dei processi nucleari.
Il ciclo del combustibile nucleare
Il ciclo di combustibile consiste di tre stadi fondamentali: il trattamento di preparazione degli elementi combustibili di un reattore, la fase di sfruttamento, e l'immagazzinamento o il riciclaggio del combustibile usato. Nei reattori ad acqua leggera l'uranio naturale, che contiene circa lo 0,7% di uranio 235, viene estratto da giacimenti superficiali o sotterranei. Il minerale viene concentrato per macinazione e poi trasportato in un impianto di conversione, in cui viene trasformato in esafluoruro di uranio gassoso (UF6). Nell'impianto di arricchimento isotopico, questo gas viene indirizzato contro una barriera porosa che funge da setaccio: l'uranio 235, più leggero, vi penetra più facilmente dell'uranio 238. Il prodotto arricchito viene mandato a un impianto di fabbricazione del combustibile, dove il gas di UF6 viene trasformato in polvere di ossido di uranio, e quindi nelle pastiglie di cui sono composte le barre di combustibile. Queste ultime vengono assemblate e trasportate al reattore, pronte per essere utilizzate.
Parte del combustibile deve essere sostituito ogni anno a causa dell'impoverimento in uranio 235 e dell'accumulo di prodotti di fissione che assorbono neutroni. Il combustibile usato viene generalmente conservato entro un tubo pressurizzato per circa un mese e mantenuto per circa un anno all'interno di vasche di raffreddamento presso il reattore.
Al termine del periodo di raffreddamento le barre vengono trasportate, all'interno di barili fortemente schermati, in strutture di immagazzinamento permanenti o in impianti di riprocessamento chimico; in questi ultimi l'uranio e il plutonio vengono separati dal resto delle scorie radioattive e in parte recuperati per la produzione di nuovo combustibile.
In alcuni paesi non è consentito il riprocessamento del combustibile, per timore che il plutonio 239 venga utilizzato illegalmente per la fabbricazione di armi nucleari.
Nel ciclo del combustibile dell'LMFBR, il plutonio prodotto nel reattore viene sistematicamente riciclato. Per la fabbricazione degli elementi combustibili si usa uranio 238 riciclato, uranio impoverito dalla separazione isotopica, e parte del plutonio 239 recuperato dalle barre usate. Il processo di recupero e riciclaggio fornisce quantitativi sufficienti di combustibile senza che siano necessarie ulteriori attività di estrazione.
Lo stadio finale di qualunque ciclo di combustibile è l'immagazzinamento a lungo termine delle scorie altamente radioattive, che rimangono biologicamente pericolose per migliaia di anni. Gli elementi combustibili possono essere immagazzinati in depositi adeguatamente schermati e sorvegliati, in attesa di ulteriori disposizioni, oppure possono essere convertiti in composti stabili, inglobati in vetri o ceramiche, incapsulati in contenitori di acciaio inossidabile, e infine seppelliti sottoterra a profondità opportune, in formazioni geologiche particolarmente stabili.
Energia nucleare e sicurezza
Negli anni Cinquanta e Sessanta l'energia nucleare era considerata una forma di energia economica, disponibile e poco inquinante. La possibilità di trovare una fonte alternativa all'uso dei combustibili fossili suscitò l'interesse sia dell'industria energetica, attenta alla riduzione del costo dell'elettricità, sia degli ecologisti, che vedevano in essa un'opportunità di salvaguardare l'ambiente dal rischio di inquinamento atmosferico causato dall'attività delle comuni centrali elettriche. Cionondimeno nell'opinione pubblica, cessato l'entusiasmo iniziale, maturarono le prime riserve sull'energia nucleare prodotta nei reattori a fissione e nel corso di pochi anni si verificò un brusco rallentamento dei progetti di realizzazione di nuove centrali. I movimenti contro lo sfruttamento delle reazioni nucleari che si diffusero su scala mondiale sensibilizzarono l'opinione pubblica sugli effettivi problemi di sicurezza connessi all'alto livello di radioattività presente a vari stadi del ciclo nucleare e sul rischio di proliferazione di armi nucleari. Vedi Fallout radioattivo.
L'Italia, in seguito al referendum del novembre 1987, ha bloccato la realizzazione e l'installazione di nuove centrali nucleari sul suolo nazionale e ha sospeso l'attività di quelle già funzionanti; per contro, Gran Bretagna, Francia, Germania e Giappone stanno procedendo con notevole impulso nel potenziamento degli impianti nucleari.
Pericoli radiologici
I pericoli della radioattività derivano dal fatto che le cosiddette sostanze radioattive emettono radiazioni ionizzanti molto penetranti che possono danneggiare i tessuti biologici, in particolare quelli in rapido sviluppo. L'unità di misura per la dose di radiazione assorbita dal corpo è il millisievert; essa viene corretta e adattata al grado di dannosità dei diversi tipi di radiazione.
Per chi lavora all'interno di industrie nucleari sono calcolati in media 4,5 millisievert annui e questa stessa dose vale anche per il personale degli aerei, costantemente esposto alla radioattività dei raggi cosmici. L'esposizione a una dose di 5 sievert è da considerarsi fatale. Vedi Effetti biologici delle radiazioni.
I rischi radiologici possono insorgere a diversi stadi del ciclo del combustibile nucleare. Il gas radon è un comune inquinante delle miniere di uranio sotterranee. Le operazioni di estrazione e di macinazione lasciano nel suolo una gran quantità di scorie, contenenti piccole concentrazioni di uranio, che vanno tenute in bacini impermeabili e coperte da uno spesso strato di terra per evitare che rilascino radioattività nella biosfera.
Gli impianti di arricchimento dell'uranio e di fabbricazione degli elementi combustibili contengono grandi quantità del gas corrosivo UF6. Il rischio radiologico però è basso: le normali misure adottate nell'ambito di rischi di natura chimica sono infatti sufficienti a garantire la sicurezza.
Sistema di sicurezza dei reattori
Gli impianti nucleari sono provvisti di diverse strutture di sicurezza atte a controllare le possibili fughe radioattive e a ridurre il rischio e l'effetto di eventuali incidenti o mal funzionamenti del reattore. Nella maggior parte dei casi, un sistema di schermature impedisce che i prodotti di fissione si liberino nella biosfera: il combustibile è rivestito di materiale anticorrosivo; le pareti del sistema di raffreddamento primario del PWR sono realizzate in acciaio per formare una seconda barriera; l'acqua refrigerante stessa assorbe alcuni degli isotopi radioattivi biologicamente pericolosi, come lo iodio; infine la struttura esterna di acciaio e calcestruzzo rappresenta una terza barriera.
Durante il normale funzionamento di un reattore sfuggono inevitabilmente piccole quantità di sostanze radioattive; esse fanno salire la dose annua assorbita dalla popolazione residente nei pressi di un reattore di qualche punto percentuale rispetto a quella dovuta al fondo di radioattività naturale. Ben più preoccupante è il rilascio imprevisto di sostanze radioattive in caso di incidenti; il maggior pericolo è costituito da una perdita del refrigerante, poiché in questo caso la temperatura può raggiungere addirittura il punto di fusione del combustibile.
In ogni reattore è prevista un'elaborata strumentazione di controllo che esamina il buon funzionamento del reattore stesso e dei sistemi di sicurezza. Nei PWR uno di questi sistemi consiste nell'immissione di boro all'interno del refrigerante in caso di emergenza; questo elemento assorbe i neutroni interrompendo così le reazioni a catena e spegnendo il reattore. Per i reattori ad acqua leggera, in cui il refrigerante è tenuto ad alta pressione, una rottura del condotto principale causerebbe la perdita totale del refrigerante. Questi reattori sono quindi dotati di un sistema di raffreddamento di emergenza, che entra in funzione automaticamente quando si abbassa la pressione all'interno del circuito primario. Nell'eventualità di una perdita di vapore all'interno della struttura di contenimento, intervengono automaticamente refrigeranti spray che condensano il vapore evitando che la pressione all'interno dell'edificio aumenti fino a raggiungere livelli pericolosi.
Gli incidenti di Three Miles Island e di ernobyl
Nonostante tutti i sistemi di sicurezza sopra descritti, nel 1979 si verificò un incidente nel reattore PWR di Three Miles Island, vicino a Harrisburg, in Pennsylvania. Sebbene fosse fuoriuscita solo una piccola quantità di gas radioattivi, il danno economico fu enorme e grande fu l'impatto psicologico sull'opinione pubblica.
In seguito a questo evento furono approvati provvedimenti legislativi con i quali si istituiva una Commissione per la regolamentazione nucleare, che garantisse l'adozione di regole molto più restrittive per la costruzione di nuovi impianti e che aiutasse i governi locali a preparare piani di emergenza per la protezione della popolazione.
Il 26 aprile 1986 un altro grave incidente allarmò il mondo intero. Uno dei quattro reattori nucleari della centrale di ernobyl, nell'allora Unione Sovietica, esplose e si incendiò. Secondo il rapporto ufficiale emesso l'agosto seguente, l'incidente fu causato da un esperimento non autorizzato sul reattore, effettuato dagli operatori addetti. Venne perso il controllo del reattore e si verificarono due esplosioni; il tetto del reattore venne eiettato e il nucleo si incendiò, bruciando a temperature elevatissime. La popolazione residente nella zona fu sottoposta a una quantità di radiazioni 50 volte superiore a quella dell'incidente di Three Miles Island e una nube di materiale radioattivo mise in allarme molte regioni. A differenza di tutti i reattori funzionanti nei paesi occidentali, quello di ernobyl non aveva un edificio di contenimento, che avrebbe potuto evitare che il materiale radioattivo si diffondesse al di fuori della zona del reattore. Vennero fatte evacuare circa 135.000 persone dalla zona intorno al reattore, entro un raggio di 1600 km e più di 30 persone morirono nell'incidente. I resti dell'impianto furono poi incapsulati in una struttura di calcestruzzo. A partire dal 1988, comunque, gli altri tre reattori dell'impianto hanno ripreso a funzionare.
Riprocessamento del combustibile
Tra i rischi tipici dello stadio di riprocessamento ci sono il rilascio accidentale dei prodotti di fissione nel caso di rottura delle strutture di processamento chimico o dell'edificio che le contiene, e il rilascio sistematico di piccole quantità di gas inerti radioattivi quali kripto e xeno. Una struttura britannica chiamata THORP (Thermal Oxide Reprocessing Plant) opera a Sellafield, e riprocessa combustibili usati provenienti da impianti nazionali ed esteri. Anche in Francia esistono impianti di riprocessamento, e il Giappone ne sta costruendo uno.
La separazione di plutonio 239 costituisce un ulteriore motivo di preoccupazione negli stadi di riprocessamento chimico, dal momento che si tratta del materiale utilizzato per la costruzione delle armi nucleari. In questo caso vengono effettuati severi controlli da parte dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA).
Fusione nucleare
Oltre che nel processo di fissione di un nucleo pesante, si sviluppa energia nucleare anche nel processo di fusione di due nuclei leggeri. L'energia irradiata dal Sole è ad esempio sprigionata nelle reazioni di fusione tra nuclei di idrogeno che avvengono all'interno del suo nucleo.
La prima fusione nucleare artificiale fu realizzata all'inizio degli anni Trenta, mediante il bombardamento di un bersaglio di deuterio, con nuclei di deuterio ad alta energia accelerati in un ciclotrone; tuttavia il bilancio energetico della reazione risultò negativo ed essa non fu sfruttata commercialmente. Un considerevole rilascio netto di energia per fusione fu ottenuto per la prima volta negli anni Cinquanta, nell'ambito delle sperimentazioni sulle armi nucleari da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Francia. In questo caso il bilancio energetico fu positivo, ma il rilascio di energia fu breve e incontrollato, pertanto non sfruttabile per la produzione di elettricità.
Ciò che rende difficile produrre la fusione nucleare artificiale è il fatto che questa reazione consiste nella fusione di due particelle – i nuclei – di carica elettrica uguale. Perché essa avvenga, quindi, i nuclei devono essere dotati di un'energia tale da vincere la forza di repulsione elettrostatica e il gas reagente deve essere riscaldato fino a una temperatura di 50 milioni di gradi. In un gas costituito dagli isotopi pesanti dell'idrogeno, deuterio e trizio, ogni evento di fusione

rilascia un'energia pari a 17,6 MeV, che si manifesta dapprima come energia cinetica del nucleo di elio 4 e del neutrone prodotti, quindi si trasforma in energia termica, determinando un rapido riscaldamento del gas circostante.
Un problema ugualmente complesso è poi quello della cattura dell'energia sprigionata e della sua conversione in elettricità. Per temperature superiori ai 100.000 °C, gli atomi di idrogeno sono completamente ionizzati. Il gas reagente si trova cioè nello stato della materia detto plasma, che consiste in una miscela di cariche libere positive e negative, complessivamente neutra. Perché il processo sia vantaggioso è necessario confinare il plasma entro uno spazio ridotto, così da aumentare il più possibile il numero degli eventi di fusione. Negli attuali reattori per fusione, detti tokamak, la camera di confinamento è di forma toroidale, con il diametro minore di circa 1 m e il diametro maggiore di circa 3 m. Il campo magnetico applicato, di intensità pari a 5 tesla, induce una corrente longitudinale di diversi milioni di ampère all'interno del plasma e le linee del campo magnetico risultante producono il confinamento del plasma.
In seguito ai successi degli esperimenti condotti in diversi laboratori con piccoli tokamak, all'inizio degli anni Ottanta ne vennero costruiti due di grandi dimensioni, di cui uno all'università di Princeton, negli Stati Uniti, e l'altro nell'ex Unione Sovietica.
Un'altra strada percorribile per ricavare energia utilizzabile dalla fusione è quella del confinamento inerziale. Questo sistema prevede che il combustibile, deuterio e trizio, sia contenuto in minuscoli bersagli bombardati da un fascio laser pulsante che innesca la reazione nucleare. Le ricerche nel campo della fusione fanno progressi, ma la prospettiva di un utilizzo pratico di questa fonte di energia pare ancora lontana.
I vantaggi dell'energia ricavata dalla fusione, nell'eventualità di trovare una strada per produrla in modo utilizzabile sono: 1) una fonte inesauribile di combustibile (il deuterio dell'oceano); 2) un basso rischio di incidente all'interno del reattore, che conterrebbe quantità minime di combustibile; 3) residui molto meno radioattivi di quelli della fissione.

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